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SALMO 150

(Testo CEI2008)

150
Da tutto il creato salga la lode a Dio

1 Alleluia.

Lodate Dio nel suo santuario,
lodatelo nel suo maestoso firmamento.

2 Lodatelo per le sue imprese,
lodatelo per la sua immensa grandezza.

3 Lodatelo con il suono del corno,
lodatelo con l’arpa e la cetra.

4 Lodatelo con tamburelli e danze,
lodatelo sulle corde e con i flauti.

5 Lodatelo con cimbali sonori,
lodatelo con cimbali squillanti.
6 Ogni vivente dia lode al Signore.

Alleluia.

SUL SALMO 150

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

Simbolismo del numero 150.

1. L’ordine dei salmi contiene, a mio avviso, un sacramento grande e occulto: finora a me non è stato rivelato. Nel loro complesso i salmi sono centocinquanta e, con questo numero, anche a noi che non siamo riusciti a penetrare con l’acume della nostra mente la loro profondità, insinuano qualcosa su cui non sarà azzardato trattenerci alquanto, con l’aiuto del Signore. Iniziamo coll’esaminare il numero quindici, di cui centocinquanta è un multiplo. Ciò che rappresenta il numero quindici nell’ordine delle unità, lo rappresenta il centocinquanta nell’ordine delle decine, poiché centocinquanta è il risultato di dieci per quindici. La stessa cosa esprime il numero millecinquecento nell’ordine delle centinaia: è infatti cento moltiplicato per quindici; e lo stesso ancora è di quindicimila, cioè quindici volte mille. Ebbene, il numero quindici significa l’armonia dei due Testamenti. Nel primo [Testamento] infatti si osservava il sabato, che vuol dire ” quiete ” 1; nel secondo si osserva la domenica, che ricorda la resurrezione. Ora, se il sabato è il settimo giorno e la domenica viene dopo il settimo giorno, cos’è se non il giorno ottavo, ovvero, secondo un’altra valutazione, il primo [della settimana]? Difatti la domenica si chiama anche primo [giorno] dopo il sabato 2, al quale poi seguono il secondo, il terzo, il quarto e così via fino al settimo, che è lo stesso sabato. Da una domenica fino alla successiva domenica ci sono otto giorni, segno che in essa si palesa la rivelazione del Nuovo Testamento, mentre nel Vecchio Testamento la stessa rivelazione era occultata come da promesse terrene. Notate come sette più otto fa quindici e come quindici sono anche i salmi cosiddetti “dei gradini”, proprio perché tanti di numero erano gli stessi gradini del tempio. Inoltre lo stesso numero cinquanta rappresenta di per se stesso un grande sacramento. È infatti la risultanza di una settimana di settimane con l’aggiunta di una unità, come d’un ottavo giorno, per completare la cinquantina: sette per sette fa quarantanove, a cui, per fare cinquanta, occorre aggiungere una unità. E’, questo cinquanta, un numero denso di significato: terminati infatti tutti questi giorni a cominciare dallaresurrezione, cioè nel giorno cinquantesimo, venne lo Spirito Santo su coloro che erano radunati in Cristo 3Ora, lo Spirito Santo nella Scrittura è celebrato in maniera preminente attraverso l’uso del numero sette, e questo tanto in Isaia quanto nell’Apocalisse. In questi passi si descrivono anzi in maniera estremamente chiara sette Spiriti di Dio, a motivo dell’azione che in sette direzioni svolge l’unico e medesimo Spirito 4. Queste sette operazioni così son descritte nel profeta Isaia: Riposerà su di lui lo Spirito di Dio, lo Spirito di sapienza e di intelligenza, lo Spirito di consiglio e di fortezza, lo Spirito di scienza e di pietà, lo Spirito del timore del Signore 5Per ” timore ” deve intendersi il timore casto che sopravvive nei secoli dei secoli 6. Quanto invece al timore servile, la carità perfetta lo esclude: quella carità che ci fa liberi 7, impedendoci di compiere le opere servili proibite di sabato. Ora la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per opera dello Spirito Santo che ci è stato dato 8. Pertanto col numero sette si indica lo Spirito Santo. Anzi, il Signore stesso divise il numero cinquanta in quaranta più dieci. Quaranta giorni dopo la resurrezione infattiascese al cielo e poi, al termine di altri dieci giorni, mandò lo Spirito Santo 9. Voleva, regolandosi così, insegnarci a vedere nel numero quaranta la nostra dimora in questo mondo. Nel numero quaranta prevale il numero quattro: e quattro sono le parti del mondo e le stagioni dell’anno. Aggiungendovi però il dieci, quasi percepita laricompensa dovuta alle opere buone e all’osservanza della legge, si ha la figura dell’eternità. Questo numero cinquanta ha il suo triplo nel numero centocinquanta, quasi che a moltiplicarlo sia stata la Trinità. Sicché sotto questo punto di vista comprendiamo non essere disdicevole che tale sia il numero dei salmi. Ricordiamo il numero dei pesci presi dopo la resurrezione quando [al comando di Cristo] furono calate le reti. A centocinquanta se ne aggiunsero tre 10, come per farci attenti al numero delle parti in cui si sarebbe dovuto dividere il centocinquanta: vale a dire che il numero bisognava prenderlo per tre volte cinquanta. Tuttavia quel numero dei pesci contiene anche un altro computo molto molto più sottile e attraente. Lo si fa disponendo il diciassette a triangolo, cioè computando tutti i numeri da uno fino a diciassette, e si ottiene lo stesso numero centocinquantatre. Ora nel numero dieci si raffigura la legge, nel numero sette la grazia, poiché la legge non si adempie se non per la carità che è stata diffusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo, simboleggiato dal numero sette.

Uno o cinque i libri del salterio?

2. Alcuni hanno ritenuto essere cinque i libri dei salmi, e lo hanno stabilito sulla base della finale di certi salmi, quando cioè vi si dice: Così sia, così sia 11. Quanto a me, per quanto volessi comprendere il motivo di una simile divisione, non c’è l’ho fatta: le stesse cinque parti non sono uguali fra loro, non dico per l’estensione degli scritti, ma nemmeno per il numero dei salmi, che sarebbe dovuto essere di trenta ogni libro. E se la finale di ogni libro è: Così sia, così sia, vien giustamente fatto di chiedersi perché il quinto libro, che è anche l’ultimo, non si chiuda con identica conclusione. Noi seguiamo l’autorità della Scrittura canonica, dove si legge: È stato scritto nel libro dei salmi 12e pertanto riteniamo che il libro dei salmi è uno solo. Vedo però come questa, che è la verità, non sarebbe in contraddizione con l’altra ipotesi, supposta vera. È infatti possibile che, sulla base di un’usanza propria della letteratura ebraica venga chiamato unico libro un libro che effettivamente consta di diversi libri. Come si parla di una Chiesa, la quale tuttavia risulta di più Chiese, e di un unico cielo, anche se formato da moltissimi cieli. Non omise infatti alcuno dei diversi cieli colui che disse: Il mio aiuto [è] dal Signore, che ha fatto cielo e terra 13E, per quanto la Scrittura asserisca: E Dio chiamò il firmamento cielo 14ponendo le acque al di sopra del firmamento, cioè del cielo, tuttavia non mentisce la stessa Scrittura quando dice: E le acque che sono sopra i cieli lodino il nome del Signore 15. Non dice: Il cielo, ma: I cieli. Lo stesso vale per la terra, che è unica e risulta di molte terre. Anche nell’uso comune parliamo infatti di circolo della terra e delle terre. Così colui che dice: È stato scritto nel libro dei salmi 16 può essersi adattato al modo comune di esprimersi e così dare l’impressione che unico è il libro [dei salmi]. Si potrebbe rispondere che è detto: Nel libro dei salmi nel senso di: In uno dei quei cinque. Tuttavia ciò non è nel linguaggio corrente o lo è molto di rado, al segno che la stessa cosa potrebbe, allora, tirarsi in ballo a proposito dei dodici profeti. Ci si potrebbe cioè convincere che unico è il loro libro per il fatto che si legge, come nel caso dei salmi: Come è stato scritto nel libro dei profeti 17Ci son di quelli che chiamano libro unico tutte quante le Scritture, a motivo del loro accordo che davvero è mirabile e divino. Per questo motivo sarebbe stato detto: In apertura del libro è stato scritto di me, che io faccia la tua volontà 18, intendendo con ciò la verità che il Padre creò il mondo mediante il Figlio: della quale creazione si parla nel libro della Genesi, che costituisce l’inizio delle Scritture. Inoltre, questa profezia sembra non raccontare fatti avvenuti ma preannunziare eventi futuri. (Non dice infatti: Ecco io ho fatto, ma: Affinché faccia, o facessi, la tua volontà); per questo sembra piuttosto l’espressione doversi riferire a ciò che è scritto nelle parti iniziali di quel libro, e precisamente alle parole: Saranno due in una carne sola 19. Sacramento grande, questo – al dire dell’Apostolo – in rapporto a Cristo e alla Chiesa 20. A dir il vero poi, nelle parole: In apertura del libro è stato scritto di me, che io faccia la tua volontà, si potrebbe trovare un richiamo proprio a questo libro dei salmi. Continua infatti: Dio mio, ho voluto, e la tua legge è in mezzo al mio cuore 21. La profezia, riguardante lui, si prende cioè proprio dall’inizio di questo libro, ed è esattamente il primo salmo. Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi e non si ferma nella via dei peccatori, e non siede nella cattedra delle pestilenze; ma nella legge di Dio si compiace e nella sua legge medita giorno e notte 22Questo sarebbe il corrispondente di: Dio mio, ho voluto, e la tua legge è in mezzo al mio cuore 23Quanto poi alle parole successive, e cioè: Ho annunziato la tua giustizia in una grande assemblea 24, più opportunamente le si riferiscono all’altro passo: E saranno due in una carne sola 25.

Predestinazione e glorificazione.

3. Le parole: In apertura del libro 26 possono essere intese nell’una o nell’altra maniera. Sta però di fatto che questo libro dei salmi, presi cinquanta per cinquanta, se lo si esamina nelle sue articolazioni di cinquanta per cinquanta, presenta un fenomeno notevole e veramente degno d’essere considerato. Non mi sembra infatti casuale che il salmo cinquantesimo parli della penitenza, il centesimo della misericordia e del giudizio, il centocinquantesimo della lode di Dio nei suoi santi. Questo infatti è l’ordine secondo il quale tendiamo alla vita eterna e beata: prima detestiamo i nostri peccati, poi viviamo rettamente, affinché, disapprovando la vita cattiva e praticando la vita buona, ci meritiamo la vita eterna. Dio infatti, secondo un proposito della sua occultissima giustizia e bontà, quelli che ha predestinati, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati, li ha anche glorificati 27La nostra predestinazione non è avvenuta in noi ma segretamente presso di lui, nella sua prescienza. Le altre tre [componenti del processo], la vocazione, la giustificazione, la glorificazione, avvengono invece in noi. Siamo chiamati attraverso la predicazione della penitenza. Così infatti cominciò il Signore a proclamare la sua lieta novella: Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino 28Quanto alla giustificazione, essa avviene nella chiamata, che è opera della misericordia [divina], e mediante il timore del giudizio. Per questo si dice: Dio, nel tuo nome salvami e nella tua potenza giudicami 29Non teme d’essere giudicato colui che antecedentemente ha ottenuto salvezza. Chiamati, rinunziamo al diavolo nella penitenza, per non restare sotto il suo giogo; giustificati, veniamo risanati dalla misericordia per non dover temere il giudizio; glorificati, passiamo alla vita eterna, dove loderemo Dio senza fine. A questo penso si riferiscano le parole del Signore: Ecco, scaccio i demoni e opero guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno sarò consumato 30La qual cosa egli comprovò anche nei tre giorni della sua passione, dormizione e risveglio. Infatti fu crocifisso, sepolto e risorse. Sulla croce trionfò dei principi e delle potestà [del male], nel sepolcro riposò, nella resurrezione esultò. La penitenza tormenta, la giustizia tranquillizza, la vita eterna glorifica. Voce della penitenza è: Dio, abbi pietà di me secondo la tua grande misericordia, e cancella la mia iniquità secondo la moltitudine delle tue misericordie 31Compito della penitenza infatti è offrire a Dio, come sacrificio, uno spirito contrito, un cuore spezzato e umiliato. Voce della giustizia di Cristo nei suoi eletti è: Signore, celebrerò in te la misericordia e il giudizio; salmeggerò e comprenderò nella via dell’innocenza, quando verrai a me 32Dalla misericordia infatti ci viene l’aiuto per compiere la giustizia e così giungere tranquilli al giudizio. Nel giudizio poi vengono dispersi dalla città del Signore tutti gli operatori d’iniquità 33Con questo verso si chiude il presente salmo: è la voce della vita eterna.

La potenza di Dio in Cristo e nei santi.

4. [vv 1.2.] Lodate il Signore nei suoi santi. Certo in coloro che ha glorificato. Lodatelo nel consolidamento del suo vigore. Lodatelo nelle sue potenze, (o, come altri hanno tradotto, nei suoi poteri sovrani). Lodatelo secondo la moltitudine della sua grandezza. Tutto questo sono i suoi santi, come dice l’Apostolo: Affinché noi siamo giustizia di Dio in lui 34Se sono la giustizia di Dio, giustizia che egli ha in loro operata, perché non dovrebbero essere anche la forza di Dio? quella forza che egli ha in essi esercitato risuscitandoli dai morti? In realtà, la forza [o potenza] di Dio si segnala in maniera superlativa nella resurrezione di Cristo, come nella sua passione era apparsa la debolezza. Lo dice l’Apostolo: Che se egli fu crocifisso per la sua debolezza, vive però per la potenza di Dio 35. E in un altro passo: Per conoscere lui e la potenza della sua resurrezione 36Perfetta è poi l’affermazione: Nel consolidamento del suo vigore. [Nella resurrezione] ci fu proprio questo consolidamento di vigore, perché egli non morrà più, la morte non avrà più su di lui alcun potere 37. Perché poi gli interventi da lui operati nei santi non dovrebbero chiamarsi anche poteri sovrani? Anzi, i santi stessi sono i suoi principi sovrani, come fu detto: Noi siamo giustizia di Dio in lui 38C’è forse, in realtà, qualche potere che superi quello di regnare in eterno, ponendosi sotto i piedi tutti i nemici? Perché non saranno, gli stessi santi, anche la moltitudine della sua grandezza? Non della grandezza per cui egli è grande, ma per la quale egli ha reso grandi tante persone, o meglio miriadi di persone. Non diversamente in alcuni luoghi si tratta della giustizia per la quale egli è giusto, mentre altrove della giustizia che egli produce in noi affinché noi siamo giustizia in lui.

5. Gli stessi santi son poi simboleggiati in tutti gli strumenti musicali elencati più avanti per lodarvi Dio. In effetti, l’espressione d’apertura, cioè: Lodate il Signore nei suoi santi 39ritorna sempre nel seguito del testo, indicando in varie maniere gli stessi santi.

6. [v 3.] Lodatelo al suono della tromba, per l’insuperabile sonorità della lode. Lodatelo sul salterio e sulla cetra. Il salterio è chi loda Dio muovendo dall’alto, la cetra chi loda Dio muovendo dal basso: quasi a dirci che chi ha fatto il cielo e la terra dev’essere lodato dalle creature celesti e da quelle terrestri. In un altro salmo infatti abbiamo esposto come il salterio ha nella parte più alta quel legno sonoro sul quale poggia la serie delle corde per rendere migliore il suono. Lo stesso legno è, nella cetra, dalla parte più bassa.

Simbolismo dei diversi strumenti musicali.

7. [v 4.] Lodatelo nel timpano e nel coro. Il timpano loda Dio in quanto nella carne trasformata non c’è più ormai alcuna miseria derivante dalla corruzione terrena. Il timpano infatti si fabbrica con pelli essiccate e tese robustamente. Il coro loda Dio quando lo loda una società in pace. Lodatelo con le corde e con l’organo. Hanno le corde tanto il salterio quanto la cetra, già sopra ricordati. Quanto all’organo, è un nome generico per indicare tutti gli oggetti producenti armonia, sebbene ormai sia invalsa la consuetudine di chiamare propriamente organo lo strumento che si gonfia con mantici. Tuttavia, io non penso che qui si tratti di questo specifico strumento. In effetti, la parola ” organo ” è greca, come ho già detto, e si applica genericamente a tutti gli strumenti musicali. L’organo che va a mantice i greci lo chiamano con vocabolo diverso, e chiamarlo senz’altro “organo” è piuttosto un’usanza latina e popolare. Dove pertanto dice: Con le corde e con l’organo, io ritengo che egli abbia voluto intendere uno strumento fornito di corde. Non sono infatti solo il salterio e la cetra ad avere le corde; ma, siccome nel salterio e nella cetra a motivo del suono che esce dal basso e dall’alto è stato trovato qualcosa che quadra bene con questa distinzione, qui attraverso la menzione delle corde in se stesse ci si invita a cercare qualche altro significato. Anche le corde infatti son carne, ma ormai esente da corruzione. Alle corde poi ha aggiunto l’organo, forse per dirci che esse non debbono suonare isolatamente, ma, nonostante la diversità, produrre un accordo perfettamente armonioso, come quando sono disposte nell’organo. Questo, perché anche di là i santi saranno diversi gli uni dagli altri, ma tutti saranno in armonia, non in disaccordo: saranno cioè tutti d’un unico sentire, non di diversi sentimenti. Si avrà così un soavissimo concerto, risultante di numerosi suoni diversi ma non contrastanti fra loro. Una stella infatti differisce in splendore dall’altra, così sarà pure della resurrezione dei morti 40.

I santi raffigurati negli strumenti musicali.

8. [vv 5.6.] Lodatelo nei cembali armoniosi, lodatelo nei cembali del giubilo. I cembali per suonare devono urtarsi l’uno con l’altro, e per questo motivo da certuni sono stati paragonati alle nostre labbra. Ma suppongo che sia meglio intendere la cosa in quest’altra maniera: si loda Dio con i cembali quando uno riceve l’onore da un altro, non ne va a caccia da sé, e così i due, onorandosi scambievolmente, lodano Dio. Quanto all’aggiunta: Nei cembali del giubilo, penso vi sia stata posta per impedire che si intendessero i cembali che suonano senza avere l’anima. In effetti il giubilo, cioè la lode inesprimibile, non nasce se non dall’anima. Né giudico opportuno passare sotto silenzio quanto ci dicono gli esperti di musica (tanto più che si tratta d’una cosa di per sé nota), e cioè che tre sono i tipi di suono: della voce, degli strumenti a fiato, degli strumenti a percussione. Il suono vocale si produce attraverso il palato e le corde vocali dell’uomo che canta, senza l’uso di alcuno strumento. Il suono a fiato è quello dato, ad esempio, dal flauto o da strumenti similari. Il suono a percussione è quello prodotto, ad esempio, dalla cetra o da simili strumenti. Nessuno di questi tre tipi di suono è stato omesso dal salmo: si ha infatti la voce nel coro, lo strumento a fiato nella tromba, quello a percussione nella cetra. Sembra quasi un’allusione alla mente, allo spirito e al corpo: naturalmente in un linguaggio non proprio ma figurato. Aveva detto peraltro in apertura: Lodate il Signore nei suoi santi 41ma a chi dice queste parole se non ai santi stessi? e in chi lo loderanno come Dio se non in se stessi? Dice: Voi dunque, o santi di Dio, siete il suo vigore, ma perché egli l’ha prodotto in voi; voi siete i suoi poteri sovrani e l’abbondanza della sua grandezza, perché ciò egli ha operato e mostrato in voi. Voi siete la tromba, il salterio, la cetra, il timpano, il coro, le corde e l’organo, e i cembali del giubilo che emettono bei suoni, che cioè suonano armoniosamente. Voi siete tutte queste cose. Non si pensi, ascoltando il salmo, a cose di scarso valore, né a cose transitorie, né a oggetti teatrali. E siccome aver sentimenti carnali è [causa di morte], ogni spirito lodi il Signore.

Preghiera conclusiva

Volgiamoci al Signore Dio Padre onnipotente e con cuore puro, per quanto è concesso alla nostra pochezza, ringraziamolo immensamente e con tutta verità. Invochiamo con tutta l’anima la sua misericordia senza pari affinché, nel suo beneplacito, si degni di esaudire le nostre preghiere. Si compiaccia ancora d’intervenire con la sua forza a scacciare il nemico dai nostri atti e dai nostri pensieri. Aumenti in noi la fede, governi la nostra mente, ci conceda pensieri spirituali, e ci conduca alla sua beatitudine. Per Gesù Cristo, Figlio suo e Signore nostro, che è Dio e con Dio [Padre] nell’unità dello Spirito Santo vive e regna per tutti i secoli dei secoli. Amen.

SALMO 149

(Testo CEI2008)

149
Inno di lode a Dio per le sue vittorie

1 Alleluia.

Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.

2 Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion.

3 Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.

4 Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria.

5 Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.

6 Le lodi di Dio sulla loro bocca
e la spada a due tagli nelle loro mani,

7 per compiere la vendetta fra le nazioni
e punire i popoli,

8 per stringere in catene i loro sovrani,
i loro nobili in ceppi di ferro,

9 per eseguire su di loro la sentenza già scritta.
Questo è un onore per tutti i suoi fedeli.

Alleluia.

SUL SALMO 149

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

DISCORSO AL POPOLO

Al cristiano si addice il canto nuovo.

1. Lodiamo il Signore con la voce, con la mente, con le opere buone; a lui cantiamo un cantico nuovo, come ci esorta il presente salmo che così comincia: Cantate al Signore un cantico nuovo. Uomo vecchio, cantico vecchio; uomo nuovo, cantico nuovo. Testamento vecchio, cantico vecchio; Testamento nuovo, cantico nuovo. Nel vecchio Testamento c’erano delle promesse temporali e terrene: e chiunque ama le cose terrene canta il cantico vecchio. Chi vuol cantare il cantico nuovo deve amare i beni eterni. E lo stesso amore è nuovo ed eterno, e in tanto è sempre nuovo in quanto non invecchia mai. In realtà, a considerar bene le cose, tutto questo è roba antica: come quindi può esser nuova? Miei fratelli, forse che la vita eterna è nata adesso? La vita eterna è Cristo: il quale, secondo la divinità, non è certo nato adesso. In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto 1. Se sono antiche le cose fatte per mezzo di lui, come sarà lui l’artefice di tutto? non sarà egli eterno, coeterno al Padre? Ben diversa è la nostra sorte. Caduti in peccato, approdammo nella regione del vecchiume. Nostra infatti è la voce che in quel salmo dice gemendo: Mi sono invecchiato in mezzo a tutti i miei nemici 2Invecchiato per il peccato, l’uomo viene rinnovato dalla grazia. Pertanto tutti coloro che in Cristo vengono rinnovati e cominciano ad essere partecipi della vita eterna, cantano il cantico nuovo.

Chi è in discordia con la Chiesa canta il canto vecchio.

2. E questo è un cantico di pace, un cantico d’amore. Chiunque si separa dalla comunione dei santi non canta il cantico nuovo: segue infatti la via dell’animosità che è roba vecchia, non quella della carità, che è nuova. E cosa c’è nella carità, virtù nuova? La pace, il vincolo di una società santa, la compattezza spirituale, l’edificio fatto di pietre vive. E questo, dove? Non in un paese soltanto ma in tutto l’universo. Ascoltalo da un altro salmo. Dice: Cantate al Signore un cantico nuovo, cantate al Signore da tutta la terra 3Dal quale testo si ricava che chi non canta nell’unità con tutta la terra canta il cantico vecchio, qualunque siano le parole che pronunzi la sua bocca. Che senso ha infatti registrare quel che dice, quando vedo i suoi pensieri? Mi replicherai: Dunque tu vedi i suoi pensieri? Me li rivelano i fatti, poiché, naturalmente, il mio occhio non può penetrare nella coscienza. Osservando però le sue azioni, da ciò che fa scopro i suoi pensieri. Eccovi degli esempi. Quando uno sorprende un altro nel furto, nell’omicidio, nell’adulterio ne scopre certo i pensieri: non perché li veda nel cuore ma nelle opere. Ci sono, è vero, pensieri che restano chiusi nel nostro intimo, ma ce ne sono altri, e molti, che si concretizzano in azioni e quindi son palesi anche agli uomini. Questo vale anche per coloro che si son separati dall’unità, frutto della carità di Cristo, e dalla comunione con la santa Chiesa. Finché erano cattivi in se stessi, nel loro interno, non li conosceva se non Dio; ma venne la prova e si separarono, e ciò che era noto [solo] a Dio fu conosciuto anche dagli uomini. In effetti il frutto [di ognuno] non appare se non quando ci son di mezzo i fatti; e per questo fu detto: Dai loro frutti li riconoscerete 4. Il Signore diceva queste parole a proposito di certuni che si coprono con vesti di pecora mentre interiormente sono lupi rapaci 5. Per fornire alla fragilità umana un indizio da cui riconoscere il lupo, anche se coperto di pelle di pecora, disse: Dai loro frutti li riconoscerete. Cerchiamo in loro frutti di carità e vi troviamo spine di discordia. Dai loro frutti li riconoscerete. Il loro cantico è, dunque, un cantico vecchio. Vediamo noi di cantare il cantico nuovo. Ve l’abbiamo già detto, fratelli. Tutta la terra canta il cantico nuovo. Chi non canta questo cantico nuovo in unione con tutta la terra, dica pure quel che vuole, faccia risuonare con la lingua gli Alleluia e li ripeta di giorno e li ripeta di notte. I miei orecchi non sono attratti un gran ché dagli accenti di chi canta; vado piuttosto a indagare la sua condotta e le opere che compie. Lo interrogo e gli dico: Ma cos’è quel che canti? Mi risponde: L’Alleluia. E Alleluia che significa? Lodate il Signore. Vieni dunque, lodiamo insieme il Signore. Se tu lodi il Signore e io lodo il Signore, perché dovremmo essere in discordia? La carità loda il Signore, la discordia lo bestemmia.

La Chiesa figurata nel buon grano.

3. E volete ora sapere dove occorra cantare il cantico nuovo? Le cose che il salmo dice, vedete in che modo e dove si attuino: se cioè si attuano in tutte le nazioni del mondo ovvero soltanto in una qualche sua parte. Da ciò comprenderete più perfettamente a chi spetti cantare il cantico nuovo. È una cosa a voi nota, in quanto ve l’ho ricordato trattando quell’altro salmo: Cantate al Signore un cantico nuovo 6. Per mostrarvi che per ” cantico nuovo ” è da intendere il frutto della carità e dell’unità, aggiungeva: Cantate al Signore da tutta la terra 7. Nessuno si separi, nessuno isi stanchi. Se sei frumento, tollera la paglia finché non venga l’ora della vagliatura. Vuoi essere cacciato dall’aia? Fuori dell’aia anche se fossi frumento, ti troverebbero gli uccelli e ti beccherebbero 8. Ma in più c’è da notare che, per il fatto stesso che ti allontani dall’aia volando, ti qualifichi per paglia. Essendo infatti cosa leggera, si levò il vento e ti sottraesti ai piedi dei buoi. Viceversa coloro che son frumento soffrono la macerazione della trebbiatura: godono per essere buon grano e, finché gemono frammisti alla paglia, lo fanno aspettando colui che li vaglierà, colui che già sanno essere loro redentore. Cantate al Signore un cantico nuovo, la sua lode nella Chiesa dei santi. Questa è la Chiesa dei santi: la Chiesa del buon frumento sparso in tutto l’universo. È seminata nel campo del Signore, cioè nel mondo, come ebbe a spiegare lo stesso Signore allorché, parlando del seminatore, diceva: Un uomo seminò del buon seme nel suo campo, e venne il nemico e seminò sopra la zizzania. Allora i servi dissero al padrone: Non hai seminato del buon seme sul tuo campo? Perché vi è nata la zizzania? Quegli rispose: L’uomo nemico ha fatto questo 9. Volevano raccogliere la zizzania ma egli li trattenne dicendo: Lasciate che ambedue crescano fino alla mietitura. Al tempo della mietitura dirò ai mietitori: “Raccogliete per prima la zizzania, legatela in fascetti per bruciarla; ma il mio frumento riponetelo nel granaio” 10. In un secondo momento i discepoli lo interrogarono: Spiegaci la parabola della zizzania 11. Ed egli espose tutti i particolari, per cui il significato di questa parabola nessuno può attribuirlo alla propria volontà ma al Maestro celeste che l’ha esposto. Nessuno dica: Ma lui l’ha spiegata a suo talento! Se il Signore avesse spiegato la parabola di un profeta, essendo vero che qualunque cosa dicevano i profeti era lui a dirlo per loro mezzo, chi avrebbe osato obiettargli che non era quella la giusta interpretazione? A maggior ragione, quando espone un racconto composto da lui stesso. Chi oserebbe contraddire alla verità manifesta? Esponendo dunque la citata parabola, diceva il Signore: Chi semina il buon seme è il Figlio dell’uomo 12, indicando evidentemente se stesso. I figli del regno sono il buon seme 13, cioè la Chiesa dei santi. I figli del maligno sono la zizzania. Il campo è questo mondo 14. Notate pertanto, o fratelli, come il buon seme è seminato nel mondo e vi è seminata anche la zizzania. Forse che da una parte è seminato il buon grano e da un’altra parte la zizzania? No, dovunque il grano e dovunque la zizzania. Campo del Signore è il mondo, non l’Africa. Né le cose vanno come in queste nostre regioni: la Getulia produce il sessanta o il cento per uno, mentre la Numidia il dieci per uno. Non così vanno le cose nel campo di Dio. Ogni regione gli rende il frutto: ora del cento, ora del sessanta, ora del trenta per uno. Quanto a te, vedi cosa ti piaccia essere, se pensi di rientrare tra i proventi del Signore. Concludo dicendo che la Chiesa dei santi è la Chiesa cattolica; non è Chiesa dei santi la chiesa degli eretici. È Chiesa dei santi quella che Dio prefigurò con simboli prima che fosse visibile in se stessa, e poi mostrò a tutti perché tutti la vedessero. La Chiesa dei santi fu prima racchiusa in codici scritti, ora è diffusa fra le genti. La Chiesa dei santi fu un tempo solo oggetto di lettura; ora la si legge e la si vede. Quando era solo un oggetto di lettura, la si credeva; oggi la si vede e le si muovono contraddizioni! La sua lode nella Chiesa dei santi.

Chi merita di vedere Dio e come lo si vede.

4. [v 2.] Israele si allieti in colui che l’ha creato. Che significa Israele? ” Colui che vede Dio “. Tale il significato del nome Israele. Colui che vede Dio si allieti in colui dal quale è stato creato. Ma cosa diremo, fratelli? Per il fatto che apparteniamo alla Chiesa dei santi, forse che già vediamo Dio? E se non lo vediamo, in che senso siamo Israele? C’è una visione che si attua nel tempo presente, e ce n’è un’altra che si attuerà nel futuro. La visione del tempo presente si attua mediante la fede, la visione futura sarà visione facciale. Se crediamo vediamo, se amiamo vediamo. Cosa vediamo? Dio. Dove è Dio? Interroga Giovanni. Dio è carità 15Benediciamo il suo santo nome, e godiamo in Dio, se godiamo nella carità. Quando uno ha la carità, perché inviarlo lontano per fargli vedere Dio? Penetri nella sua coscienza e lì vedrà Dio. Se lì non alberga la carità, non vi abita nemmeno Dio; se invece vi alberga la carità, Dio certamente vi abita. Ma l’uomo forse vorrebbe vederlo come quando siede nel cielo. Abbia la carità e abiterà in lui come nel cielo. Siamo dunque Israele e allietiamoci in colui che ci ha creati. Israele si allieti in colui che l’ha creato. Si rallegri in colui che l’ha creato, non in Ario, non in Donato, non in Ceciliano e nemmeno in Proculiano o in Agostino. Si allieti in colui che l’ha creato. A voi, fratelli, non raccomandiamo noi stessi, ma Dio, in quanto affidiamo voi a Dio. In che senso vi raccomandiamo Dio? Insegnandovi ad amarlo; e ciò nel vostro interesse, non perché a lui ne derivi qualche vantaggio. Se infatti non lo amerete, sarà a vostro danno, non suo. Non diminuirà infatti a Dio la divinità, se l’uomo non avrà carità per lui. Tu cresci possedendo Dio, non Dio cresce per un qualche tuo apporto. Eppure lui per primo, prima che noi lo amassimo, ci ha amati 16 a tal segno da mandare il suo unico Figlio e da farlo morire per noi 17. Colui che ci aveva creati è venuto in mezzo a noi. In che senso egli ci aveva creati? Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto 18. In che senso è venuto fra noi? E il Verbo si è fatto carne e ha dimorato in mezzo a noi 19. È dunque lui l’essere nel quale dobbiamo allietarci. Nessun uomo pretenda di attribuirsi le parti che spettano a Dio. Da lui ci viene la letizia che ci rende felici. Israele si allieti in colui che l’ha creato.

Le lettere divine pervenuteci dalla patria.

5. E i figli di Sion esultino nel loro re. Israele sono i figli della Chiesa. Quanto a Sion, fu una città [storica], ma questa fu abbattuta, anche se sopra le sue rovine seguitarono ad abitarci materialmente i santi. La Sion vera e la Gerusalemme vera (Sion infatti è lo stesso che Gerusalemme) è, al contrario, eterna e si trova nei cieli: è la nostra madre, in quanto ci ha generati 20; è la comunità dei santi, che ci ha allevati, e di lei una parte è pellegrina ma la parte maggiore ha già stanza nel cielo. Per quella porzione che risiede nel cielo è la beatitudine degli angeli; per quella porzione che peregrina in questo mondo è la speranza dei giusti. Della prima fu detto: Gloria a Dio nell’alto dei cieli, dell’altra: E pace in terra agli uomini di buona volontà 21Coloro pertanto che gemono in questa vita e desiderano quella patria corrano per forza di amore, non muovendo i piedi del corpo: non vadano in cerca di navi ma di penne, si muniscano cioè delle due ali della carità. Quali sono le due ali della carità? L’amore di Dio e l’amore del prossimo. Siamo infatti pellegrini, e sospiriamo e gemiamo. Dalla nostra patria ci sono pervenute delle lettere, e queste noi vi leggiamo.

Cristo re e sacerdote.

6. Israele si allieti in colui che l’ha fatto, e i figli di Sion esultino nel suo re. Ciò che aveva detto con Colui che lo ha fatto, questo ripete con Nel suo re. La parola Israele,che voi ascoltate, dice lo stesso che I figli di Sion; e le altre: In colui che lo ha fatto dicono lo stesso che Nel suo re. Il Figlio di Dio, che ci ha creati, è venuto in mezzo a noi, e in qualità di nostro re ci governa, dopo che, come creatore, ci aveva fatti esistere. Lo stesso nostro Creatore è, comunque, colui che ci governa; e noi in tanto siamo cristiani in quanto il nostro Creatore e Re è Cristo. Ora, il nome Cristo deriva da crisma, cioè unzione. E, se venivano unti i re e i sacerdoti 22, Cristo è stato unto proprio perché re e sacerdote 23. Come re, combatté per noi; come sacerdote offrì se stesso per noi. Quando combatté per noi sembrò quasi che fosse vinto, in realtà però fu vincitore. Fu sì crocifisso, però dalla croce in cui era confitto uccise il diavolo, e per questo è nostro re. Perché poi è sacerdote? Per aver offerto se stesso per noi. Date a lui sacerdote la vittima da offrire. Cosa troverà l’uomo da presentargli come vittima senza macchia? Quale vittima troverà? Che cosa di puro potrà elevare [a Dio] il peccatore? O iniquo, o empio! Qualunque cosa offrirai, sarà immonda, mentre per te dev’essere offerta una vittima monda. Cerca intorno a te qualcosa di puro, da offrire [a Dio]: non lo troverai. Cerca fra le cose tue qualche vittima da offrirgli, [ricordando però che] egli non sì compiace di arieti, né di capri, né di tori. Anche se non gliele offri son roba sua tutte le cose. Offrigli dunque un sacrificio mondo! Tu però sei un peccatore, un empio, hai la coscienza insozzata. Una volta purificato, forse potrai offrirgli un sacrificio puro; ma per diventare puro bisogna che qualcosa sia immolato per te. Ma cosa offrirai per te, per diventare puro? Se sarai stato purificato, potrai offrire ciò che ormai è mondo. Offra dunque se stesso quel sacerdote che è puro e purifichi [gli altri]. È ciò che fece Cristo. Negli uomini non trovò nulla di mondo da poter offrire in pro’ degli stessi uomini; allora offrì se stesso come vittima pura. Vittima felice, vittima vera, sacrificio immacolato! Non offrì cose che noi gli avevamo date; o meglio, offrì cose prese da noi ma che lui stesso aveva purificate [per l’offerta]. Offrì infatti la carne che aveva preso da noi. E da chi la prese? Dal seno della vergine Maria. Essendo pura, la offrì per chi era impuro. Egli dunque è re e sacerdote. Rallegriamoci in lui.

Il coro, il timpano e il salterio: applicazioni.

7. [v 3.] Lodino il suo nome in coro. Che cosa rappresenta il coro? Molti sanno cosa sia un coro, anzi, dal momento che parliamo in [questa] città, lo sanno quasi tutti. Il coro è un complesso di cantori che cantano insieme. Se cantiamo in coro dobbiamo cantare d’accordo. Quando si canta in coro, anche una sola voce stonata ferisce l’uditore e mette confusione nel coro stesso. Se la voce di uno che canta in maniera inopportuna disturba l’accordo dei cantanti, non disturberà l’eresia con le sue stonature l’accordo delle voci che lodano Dio? Ormai tutto il mondo è un coro di Cristo: e questo coro di Cristo canta in perfetta armonia dall’oriente all’occidente. Vediamo se tale sia l’estensione del coro di Cristo. Lo dice un altro salmo: Dal sorgere del sole fino al tramonto lodate il nome del Signore 24. Lodino il suo nome in coro.

8. Salmeggino a lui sul timpano e sul salterio. Perché prende in mano il timpano e il salterio? Affinché non soltanto la voce [lo] lodi, ma anche le opere. Quando si prendono il timpano e il salterio, le mani s’accordano alla voce. Così per te. Quando canti l’Alleluia, devi porgere il pane all’affamato, vestire il nudo, ospitare il pellegrino. Se fai questo, non è solo la voce che canta ma alla voce si armonizzano le mani, in quanto alle parole concordano le opere. Hai preso in mano lo strumento e le tue dita sono in armonia con la lingua. In effetti, non bisogna passar sotto silenzio il senso misterioso del timpano e del salterio. Nel timpano si stira il cuoio, nel salterio si stirano le corde: nell’uno e nell’altro strumento si crocifigge la carne. Quanto salmeggiava bene sul timpano e sul salterio colui che diceva: Il mondo per me fu crocifisso e io per il mondo! 25 Questo salterio, e analogamente il timpano, vuole che tu prenda colui che ama il cantico nuovo, colui che per ammaestrarti ti rivolge le parole: Chi vuol essere mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua 26Non abbandoni il suo salterio, non abbandoni il timpano! Si stenda sul legno e lasci seccare le concupiscenze della carne. Più i nervi sono tirati più acuti sono i suoni che emettono. Suonando dunque delle note assai acute il salterio dell’apostolo Paolo, cosa diceva? Dimentico delle cose passate, proteso verso quelle che [mi] sono davanti, corro verso la palma della superna vocazione 27Egli stirava se stesso, Cristo lo toccò e la dolcezza della verità emise dei suoni. Salmeggino a lui sul timpano e sul salterio.

9. [v 4.] Poiché il Signore ha beneficato il suo popolo. Qual beneficio più grande che morire per gli empi? Qual beneficio più grande che distruggere col sangue giusto il rescritto [di condanna] del peccatore? Qual beneficio più grande che dire: Non m’interessa ciò che siete stati finora; siate ciò che finora non siete stati? Il Signore ha beneficato il suo popolo, rimettendo i peccati, promettendo la vita eterna. È benefico convertendo chi gli ha voltato le spalle, aiutando chi combatte, incoronando chi vince. Il Signore ha beneficato il suo popolo, ed ha elevato i mansueti a salvezza. Anche i superbi, in effetti, vengono elevati ma non a salvezza. I mansueti a loro salvezza, i superbi a loro perdizione. Cioè: i superbi si innalzano e il Signore li umilia, i mansueti si umiliano e Dio li esalta. Ed ha elevato i mansueti a salvezza.

Popolarità e vera gloria.

10. [v 5.] Esulteranno i santi nella gloria. Voglio dire qualcosa sulla gloria dei santi. Ascoltatemi con molta attenzione. Non c’è nessuno che non ami la gloria. Gli stolti però amano una gloria (la cosidetta gloria popolare), la quale contiene un’attrattiva ingannevole. L’uomo, invogliato delle lodi di uomini vuoti [di senno], vorrebbe vivere in modo da andare sulla bocca di tutti, non importa come. Per questo diventano anche dissennati, e, tronfi d’orgoglio, vacui dentro e gonfi fuori, concepiscono propositi come quello di disfarsi del proprio patrimonio, donandolo ai commedianti agli istrioni, ai gladiatori e agli aurighi. Che somme regalano! che somme spendono! Sperperano le risorse non solo del loro patrimonio ma anche del loro animo. Gente di tal fatta ha in uggia il povero, perché il popolo non acclama quando si dà qualcosa al povero, mentre grida quando lo si dà al gladiatore. Loro pertanto, se non li si applaude, non dànno; mentre, se li si applaude da gente dissennata, perdono la testa, di modo che diventano tutti una congrega di matti: e chi dà spettacolo e chi vi assiste e chi lo paga. Questa gloria insensata viene biasimata dal Signore, merita disapprovazione agli occhi dell’Onnipotente. Eppure, miei fratelli, Cristo rimprovera i suoi dicendo: Io da voi non ho ricevuto quanto ricevono i gladiatori. Per far loro dei donativi avete preso del mio; quanto a me, invece, ero nudo e non mi avete vestito. E quelli: Ma quando ti abbiamo visto nudo, e non ti abbiamo vestito? E lui: Quando non l’avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me 28Ma tu vuoi vestire il tuo favorito. Se è così, Cristo per che cosa si è giocato il tuo favore? Vuoi vestire il gladiatore, del quale, nell’ipotesi che sia sconfitto, devi arrossire; Cristo invece non è mai sconfitto. Vinse anzi il diavolo, e lo vinse a posto tuo e a tuo favore e dentro di te. Ma tu non te la senti di vestire un tal vincitore. Perché? Perché attorno a lui si fa poco chiasso, c’è poco modo di perdere la testa. Non per nulla quanti si deliziano di una gloria di questo tipo hanno la coscienza vuota. Come svuotano le casseforti per acquistare vestiti, così svuotano la coscienza non lasciandovi dentro alcunché di prezioso.

La lode di Dio presuppone la buona coscienza.

11. [v 6.] Come viceversa esultino i santi (che esultano nella gloria), non c’è bisogno che lo descriviamo noi. Ascoltate il seguente verso del nostro salmo: Esulteranno i santi nella gloria, si rallegreranno nei propri letti. Non nei teatri, non negli anfiteatri, non nei circhi, non nelle bazzecole, non nelle piazze ma nei propri letti. Che significa:Nei propri letti? Nei loro cuori. Ascolta come esultasse nel suo letto l’apostolo Paolo. La nostra gloria è questa: la testimonianza della nostra coscienza 29C’è però anche qui il pericolo che l’uomo ripieghi su se stesso in cerca di umana compiacenza e insuperbito si glori [delle testimonianze] della coscienza. Si deve infatti gioire nel tremore 30, perché il motivo della nostra gioia è dono di Dio, non merito nostro. Molta infatti è la gente che si compiace di se stessa, ritenendosi giusta; ma contro di loro interviene un’altra pagina [scritturale] ove è detto: Chi potrà gloriarsi d’avere il cuore casto, e chi potrà gloriarsi d’esser mondo da peccato? 31 C’è, è vero, un modo di gloriarsi in base alla coscienza: quando cioè tu sai che la tua fede è sincera, la tua speranza è incrollabile, la tua carità senza finzione. Ma siccome ci sono ancora molte altre cose che possono offendere lo sguardo di Dio, loda piuttosto Dio perché ti ha donato tutte queste cose. Se così farai egli perfezionerà quel che ti ha donato. In riferimento a ciò, dopo le parole: Si rallegreranno nei propri letti, subito aggiunge: Le glorificazioni di Dio sulla loro bocca. Questo per evitare ogni impressione di vana compiacenza. Se infatti si rallegrano nei loro letti, lo fanno non attribuendo a sé il merito di essere buoni, ma lodando colui dal quale han ricevuto ciò che sono. Dal medesimo, inoltre, essi son chiamati a giungere là dove ancora non son pervenuti, e da lui ancora si attendono la perfezione. In quanto lo ringraziano per aver iniziato [l’opera], le glorificazioni di Dio sulla loro bocca. Osservate i santi, osservate la loro gloria; volgete lo sguardo a tutto il mondo e vedete come le glorificazioni di Dio sonosulla loro bocca.

Spada a due tagli è la parola di Dio.

12. E brandi due volte affilati nelle loro mani. Viene chiamata brando quell’arma che comunemente si chiama sciabola. Ci sono infatti spade affilate solo da una parte, e queste sono gli stocchi. Ma i brandi li si chiama anche o daghe o sciabole. Grande mistero racchiude questo tipo di arma per essere affilato da tutt’e due le parti. Sono infatti due volte affilati i brandi che si trovano nelle loro mani. Per brando affilato dalle due parti intendiamo la parola di Dio: la quale è una e in tanto son molte in quanto molte sono le bocche e le lingue dei santi. Orbene, spada due volte affilata è la parola di Dio 32. In che senso due volte affilata? Perché si pronuncia sulle realtà temporali e su quelle eterne. Nell’uno e nell’altro caso dimostra quel che dice e, quando ferisce qualcuno, lo separa dal mondo. Non è forse così la spada di cui diceva il Signore: Non son venuto a portare la pace in terra ma la spada 33? Nota come sia venuto a dividere, a separare. Divide i santi, divide gli empi, allontana da te ciò che ti ostacola. Il figlio vuol servire Dio, il padre no. Viene la spada, viene la parola di Dio e divide il figlio dal padre. La figlia vuole, la madre no. È la spada che le separa. La nuora vuole, la suocera no. Venga la spada a due tagli, rechi la speranza della vita presente e di quella avvenire, rechi la consolazione delle cose temporali e il godimento dei beni eterni. Ecco la spada affilata dalle due parti: ha in sé la promessa dei beni temporali e di quelli eterni. C’è stato forse qualcosa in cui ci ha ingannati? Non è forse vero che tempo addietro la Chiesa non era in tutto il mondo? Oggi invece lo è. Prima lo si leggeva ma non lo si vedeva; oggi come si legge così si constata. Quanto di temporale è a noi stato promesso costituisce un filo della spada; l’altro filo è dato dalle promesse concernenti l’eternità. Hai la speranza dei beni futuri, intanto ti consolano i beni presenti. Non lasciarti distogliere da chiunque volesse distoglierti [dalla retta via]. Si tratti di tuo padre, di tua madre, di tua sorella, o di tua moglie, o del tuo amico. Non ti distolga, e ti sarà stata utile la spada due volte affilata. Questa ti separa a tutto tuo vantaggio, mentre tu vorresti immischiarti in dannosi miscugli. Venendo pertanto il nostro Signore ha portato la spada a due tagli: ha promesso i beni eterni, ha adempiuto le promesse temporali. Anzi, proprio per questo motivo si dice che due sono i Testamenti. Quali erano dunque i brandi due volte affilati nelle loro mani? Rientrano in questo contesto i due Testamenti: il Vecchio Testamento che prometteva beni terreni, e il Nuovo testamento con le sue promesse eterne. Nell’uno e nell’altro la parola di Dio è risultata verace, come spada a due tagli. Ma perché porla non sulle lingue ma nelle mani? Dice: E brandi due volte affilati nelle loro mani. Dicendo: Nelle mani, significa: In potere. Ricevettero, nei riguardi della parola di Dio, il potere di dirla dove volessero e a chi volessero. Non avrebbero dovuto temere le autorità né disprezzare [chi fosse stato] nella povertà. Avevano questa spada nelle mani e così la vibravano dove credevano, si volgevano dove credevano e colpivano chi credevano. Tutto questo era in potere dei predicatori. Né venga alcuno a dirmi: Ma come può essere, la parola [di Dio], una spada due volte affilata?, e ancora: Come può essere nelle mani? Se la parola non è nelle mani, come può dire la Scrittura: La parola del Signore fu fatta nelle mani del profeta Aggeo 34? Forse che, fratelli, Dio ha suscitato la sua parola nelle dita del profeta? Cosa vuol dire allora:Fu fatta nelle mani di lui? Gli fu conferito il potere di predicare il messaggio del Signore. In fine poi potremo intendere anche in un’altra maniera queste ” mani “. Cioè: come i profeti che parlarono ebbero la parola di Dio nella lingua, così quelli che scrissero la ebbero nelle mani. E brandi due volte affilati nelle loro mani.

Siamo coraggiosi nel polemizzare con gli idolatri.

13. [v 7] Ormai, fratelli, v’è dato vedere i santi nella loro armatura, Osservatene le stragi, osservate le gloriose battaglie. Dove infatti c’è il comando supremo [d’un esercito] là ci sono anche i soldati; dove sono i soldati, ci sono anche i nemici; e se c’è la guerra, c’è anche la vittoria. Cosa fecero questi tali che avevano in mano brandi affilati da tutt’e due le parti? A compiere la vendetta fra le genti. Osservate se fra le genti non sia stata compiuta effettivamente questa vendetta. La si compie ogni giorno: è quello che facciamo anche noi col nostro parlare. Osservate come siano state abbattute le popolazioni di Babilonia. La si ripaga con doppia misura. Così infatti era stato scritto nei suoi riguardi: Rendetele il doppio di quel che ha fatto 35In che senso la si ripaga rendendole il doppio? I santi muovono guerra, sguainano le spade a due tagli, e avvengono stragi, uccisioni, separazioni. Ma come la si ripaga con doppia misura? Quando essa poteva perseguitare i cristiani, uccideva il corpo, non annientava Dio; adesso al contrario la si paga con duplice vendetta: vengono sterminati i pagani e infranti gli idoli. In che senso, chiederai, vengono uccisi i pagani? Nel senso che passano ad essere cristiani. Cerco un pagano e non lo trovo: è diventato cristiano. Quindi il pagano [come pagano] è morto. Se infatti non si trattasse di una certa quale uccisione, come si poté dire a Pietro: Uccidi e mangia 36. Lo stesso nel caso di Paolo: fu ucciso Saulo persecutore e balzò fuori Paolo annunziatore del Vangelo. Cerco il persecutore Saulo: non lo trovo, è stato ucciso. Con che cosa? Con la spada affilata d’ambo le parti. Ucciso però in se stesso e riacquistata in Cristo la vita, può dire con fiducia ardimentosa: Io vivo, ma non io, vive in me Cristo 37Ciò che accadde in lui avviene anche ad opera di lui. Diventato predicatore, ricevette a sua volta in mano la spada a due tagli per compiere la vendetta fra le genti. Ma non devi credere trattarsi per davvero di uomini colpiti, di sangue versato, di ferite fatte nel corpo. Per impedirti una tale supposizione, continuando espone [le parole precedenti]: Le ripassate sui popoli. Cos’è una ripassata? Un rimprovero severo. Esca dalla vostra bocca la spada due volte affilata; non vi stancate d’usarla. Dio infatti ve l’ha data, a ciascuno in proporzione delle sue capacità. Che uomo sei tu che ancora veneri gli idoli? Di’ questo al tuo amico, se c’è rimasto qualcuno che meriti queste parole. Digli: Che razza d’uomo sei, se trascuri colui che ti ha fatto e adori l’idolo fatto da te? È meglio l’artigiano che non qualsiasi opera fatta dall’artigiano. Se ti vergogni di adorare l’artefice, come non vergognarti di adorare ciò che l’artefice ha fatto? Se comincerà a vergognarsi e a pentirsi, hai fatto una ferita con la tua spada. La lama è giunta al cuore: egli morrà per vivere veramente. E brandi due volte affilati nelle loro mani, a compiere la vendetta fra le genti, le ripassate sui popoli.

Spogliamoci dei beni terreni.

14. [v 8.Per legare i loro re in ceppi e i loro nobili in vincoli di ferro. Per compiere su di essi il giudizio stabilito. Ci è stato facile esporre come, colpiti dalla spada, cadano per risorgere, vengano separati per essere risanati, uccisi per rivivere. Ma ora cosa faremo? come spiegheremo le parole: Per legare i loro re in ceppi? I re delle genti han d’essere legati e posti in ceppi, e – aggiunge – i loro nobili in vincoli di ferro. Siate vigili, in modo da riconoscere ciò che già conoscete. I versi che abbiamo cominciato ad esporre sono oscuri, ma ciò che io vi dirò ricavandolo da loro non è nuovo: è già noto a voi, sicché non avete bisogno d’imparare ma di richiamare alla mente. Dio ha voluto celare nell’oscurità certi suoi versi, non perché ne ricavassimo qualcosa di nuovo ma perché, attraverso l’esposizione di parole oscure, apparisse nuovo ciò che invece era familiare. Sappiamo di re divenuti cristiani e di nobili del paganesimo divenuti anch’essi cristiani. Ce ne sono oggi, ce ne sono stati in passato e ce ne saranno in avvenire: non hanno interrotto la loro opera le spade a due tagli maneggiate dai santi. Come intenderemo, in questo caso, il fatto che sono legati a ceppi e catene di ferro? La vostra Carità conosce, per esserne stata istruita, il passo seguente dell’Apostolo; voi siete infatti nutriti nella Chiesa e siete soliti ascoltare la sacra lettura. Egli dice: Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le cose forti; e le cose stolte del mondo Dio ha scelto per confondere i sapienti; e le cose che non sono, come se fossero, per ridurre al nulla quelle che sono. E così anche lo stesso Apostolo: Considerate, fratelli, la vostra vocazione: tra voi non ci sono molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili, ma Dio ha scelto le cose stolte e deboli del mondo per confondere le cose forti; Dio ha scelto le cose umili e disprezzate, e le cose che non sono, come se fossero, per ridurre al nulla quelle che sono 38. Cristo Dio venne a salvezza di tutti, ma preferì che la salvezza derivasse all’imperatore dal pescatore e non al pescatore dall’imperatore. Per questo scelse cose che nel mondo non rappresentavano nulla. A questa gente, riempita di Spirito Santo, diede in mano la spada a doppio taglio; comandò loro di predicare il Vangelo percorrendo l’intero universo 39. Il mondo ne gemette e il leone si drizzò contro l’agnello; ne risultò che quest’agnello era più forte del leone. Il leone è vinto mentre infierisce e uccide, l’agnello riporta vittoria a forza di pazientare. I cuori degli uomini si convertirono al timore di Cristo; e tanto i re quanto i nobili cominciarono a impressionarsi di fronte ai miracoli [di Cristo], si sentirono scossi per l’avveramento delle profezie e vedendo l’umanità intera muoversi verso l’unico nome. E cosa avrebbero dovuto fare? Molti scelsero di spogliarsi della loro nobiltà: abbandonarono le loro case, distribuirono ai poveri le proprie sostanze e corsero verso la perfezione. Era infatti ancora imperfetto quel tale a cui Cristo disse: Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, e vieni e seguimi, e avrai un tesoro nei cieli 40. Molti nobili fecero questo, ma, ciò facendo, essi cessarono di essere nobili nel paganesimo: scelsero la povertà del mondo, la nobiltà in Cristo. Ci son tuttavia degli altri che conservano la loro nobiltà, conservano il potere regale, pur essendo cristiani. Costoro si trovano come in ceppi, come legati con catene di ferro. Perché questo? Affinché non succeda loro di avanzare verso comportamenti illeciti, han ricevuto dei ceppi: i ceppi della sapienza, i ceppi della parola di Dio 41.

Vincoli di ferro sono i comandamenti di Dio.

15. Ma perché chiamarli catene di ferro e non catene d’oro? Finché temono, son catene di ferro; amino, e diventeranno d’oro. Presti attenzione la vostra Carità a quel che voglio dire. Avete ascoltato or ora l’apostolo Giovanni. Dice: Nell’amore non c’è il timore, anzi la carità perfetta scaccia via il timore, perché il timore suppone il castigo 42. Ecco la catena di ferro. Eppure, se l’uomo intenzionato di servire Dio non comincia col timore, non raggiungerà l’amore. Inizio della sapienza [è infatti] il timore del Signore 43. Si comincia quindi con le catene di ferro, si termina con la collana di oro. Della Sapienza infatti è stato detto: E una collana d’oro attorno al tuo collo 44. Non t’imporrebbe la collana d’oro se prima non ti avesse legato con catene di ferro. Cominci col timore, raggiungi la perfezione nella sapienza. Quanta gente c’è che, se non si comporta male, lo fa per timore della geenna, per timore delle pene! Non amano ancora la giustizia. Se si garantisse loro l’impunità, se qualcuno loro dicesse: Fate tranquillamente quel che vi pare tanto resterete impuniti, essi darebbero libero corso alle loro passioni e combinerebbero anche le cose più infami. Questo, miei fratelli, farebbero particolarmente i re e i nobili, ai quali non è facile dire: Ma cos’è quel che hai combinato? Il povero, al contrario, anche se non teme Dio, essendo privo di sostegni e di risorse, vuol evitare che venga portato in giudizio quando scivola in qualche errore; quindi se non si astiene [dal male] per timore di Dio, se ne astiene per timore dell’uomo. Diametralmente opposta è la situazione dei potenti del mondo, dei re, dei nobili: i quali, se non temono Dio, chi temeranno? Ma ecco giunge a loro la predicazione e vengono colpiti dalla spada a doppio taglio. Si annunzia loro che c’è un tale che porrà gli uni alla destra e gli altri alla sinistra e a quelli che sono alla sinistra dirà: Andate al fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli 45. Non amano ancora la giustizia ma temono la pena: temendo la pena, hanno ricevuto dei ceppi e vengono sottoposti a disciplina in catene di ferro. Viene da noi un potente del secolo: s’è urtato con sua moglie, o, mettiamo, s’è invaghito della moglie dell’altro perché più bella o più ricca. Vorrebbe divorziare dalla moglie legittima, ma s’astiene dal farlo; ascolta [la parola] da un servo di Dio, da un profeta, da un apostolo e non attua il suo proposito. Da colui nelle cui mani c’è la spada a due tagli si sente dire: Non devi farlo, non ti è lecito, Dio non ti permette di ripudiare la tua sposa eccetto il caso di fornicazione 46. Ascolta queste parole, ne concepisce timore e non fa [il male che voleva]. I piedi già avanzavano veloci verso la caduta, ma i ceppi li trattengono: egli è legato da catene di ferro in quanto teme Dio. Gli si dice: Dio ti condannerà se farai [il male]; egli è giudice supremo e ascolterà il gemito della tua sposa; e tu porterai il peso della tua colpevolezza dinanzi a lui. Da un lato la passione lo lusinga, dall’altro la pena lo trattiene. Avrebbe consentito alla passione disordinata se non ci fossero state quelle catene di ferro a trattenerlo. Ma c’è di più. Uno dice: D’ora innanzi voglio vivere in continenza, non voglio sapere nulla di mia moglie. Non puoi! Che dire infatti se tu lo volessi e lei si rifiutasse? O forse, che a causa della tua continenza, deve la donna darsi alla disonestà? Se infatti, mentre tu vivi, lei prendesse un altro uomo sarebbe adultera. Dio non vuole che un tal danno sia compensato da un guadagno come il tuo. Rendi il debito coniugale; se non lo esigi, almeno rendilo. Dio ti computerà per santità perfetta se non esigi quanto la tua sposa ti deve ma rendi a lei ciò che le è dovuto. Sei nel timore e non lo fai. Le tue catene si squassano. Ascolta come siano di ferro le catene da cui sei stretto: Sei tu legato ad una moglie? Non cercare di rompere questo legame 47È duro, è ferreo. E anche il Signore, quando parlò di queste cose, mostrò che si trattava d’una catena di ferro. Disse: Ciò che Dio congiunse l’uomo non separi 48Ascoltatemi, o giovani! Sono catene di ferro, non ci cacciate dentro il piede, poiché quando ve l’avrete cacciato sarete stretti in maniera assai rigida da queste catene. A rafforzare poi tali catene contribuiscono anche le mani del vescovo. Non c’è infatti della gente incatenata che corre alla Chiesa? e noi forse che la sciogliamo? Corrono da noi uomini intenzionati di divorziare dalle loro mogli, ma noi stringiamo ancor più i legami. Tali catene non le scioglie nessuno. Ma allora, son catene pesanti! Chi non lo sa? Di tale pesantezza si rammaricarono anche gli Apostoli quando dissero: Se questa è la condizione di chi si sposa, è meglio non sposarsi 49Se sono catene di ferro, nessuno ti costringe a cacciarvi [dentro] i piedi. Così il Signore: Non tutti capiscono questo discorso, ma chi può capirlo capisca. Sei tu legato ad una moglie? Non cercare di rompere questo legame 50perché sei legato con catene di ferro. Sei libero da donna? Non cercare moglie 51Cioè: non legarti con catene di ferro.

16. [v 9.] Per eseguire su di essi il giudizio già scritto. Questo è il giudizio che i santi esercitano su tutte le genti. Perché: Già scritto? Perché tutte queste cose sono state descritte antecedentemente e ora si adempiono. Ecco avvengono adesso, mentre prima le si leggeva ma non erano fatti accaduti. E conclude: E questa è la gloria per tutti i suoi santi. Questo fanno i santi in tutto il mondo, fra tutte le genti, e così vengono glorificati. Così esaltano Dio con la loro voce, così godono nei loro giacigli, così esultano nella loro gloria, così vengono elevati e salvati, così cantano il cantico nuovo, così dicono l’Alleluia col cuore, con la bocca, con la vita. Amen.

SALMO 148

(Testo CEI2008)

148
Lode alla grandezza di Dio, Signore del creato

1 Alleluia.

Lodate il Signore dai cieli,
lodatelo nell’alto dei cieli.

2 Lodatelo, voi tutti, suoi angeli,
lodatelo, voi tutte, sue schiere.

3 Lodatelo, sole e luna,
lodatelo, voi tutte, fulgide stelle.

4 Lodatelo, cieli dei cieli,
voi, acque al di sopra dei cieli.

5 Lodino il nome del Signore,
perché al suo comando sono stati creati.

6 Li ha resi stabili nei secoli per sempre;
ha fissato un decreto che non passerà.

7 Lodate il Signore dalla terra,
mostri marini e voi tutti, abissi,

8 fuoco e grandine, neve e nebbia,
vento di bufera che esegue la sua parola,

9 monti e voi tutte, colline,
alberi da frutto e voi tutti, cedri,

10 voi, bestie e animali domestici,
rettili e uccelli alati.

11 I re della terra e i popoli tutti,
i governanti e i giudici della terra,

12 i giovani e le ragazze,
i vecchi insieme ai bambini

13 lodino il nome del Signore,
perché solo il suo nome è sublime:
la sua maestà sovrasta la terra e i cieli.

14 Ha accresciuto la potenza del suo popolo.
Egli è la lode per tutti i suoi fedeli,
per i figli d’Israele, popolo a lui vicino.

Alleluia.

SUL SALMO 148

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

DISCORSO AL POPOLO

Simbolismo dei periodi prima e dopo la Pasqua.

1. [v 1.] Nella nostra vita dobbiamo pensare costantemente alla lode di Dio, poiché l’eterno giubilo della nostra vita futura sarà la lode di Dio, e nessuno può essere in grado di vivere la vita futura se al presente non vi si sarà allenato. Al presente quindi noi lodiamo Dio ma insieme lo supplichiamo; e, se la lode ci procura godimento, la preghiera include gemito. Ci è stato promesso qualcosa che ora non possediamo e, siccome l’autore delle promesse è veritiero, godiamo nella speranza; per il fatto però che non siamo nel possesso, gemiamo di desiderio. Buon per noi se persevereremo in questo desiderio finché non conseguiamo ciò che ci è stato promesso, quando ogni gemito sarà passato e al suo posto subentrerà la sola lode. Son due periodi: uno quello attuale, pieno di tentazioni e tribolazioni quante ce ne riserva la vita presente, l’altro quello dell’aldilà, nella tranquillità e nella gioia eterna. In rapporto a questi due periodi è stata anche introdotta nelle nostre costumanze ecclesiastiche la celebrazione di due tempi [liturgici]: uno prima e, un altro dopo Pasqua. Il periodo che precede la Pasqua raffigura la tribolazione in cui ci troviamo al presente; quello che invece celebriamo adesso, dopo Pasqua, raffigura la beatitudine, in cui saremo nell’eternità. Pertanto, quel che celebriamo prima di Pasqua è il tempo che trascorriamo adesso, invece quel che celebriamo dopo Pasqua è una anticipazione figurativa di ciò che non possediamo. Proprio per questo trascorriamo quel [primo] tempo in digiuni e preghiere, mentre nel periodo pasquale, ridotti i digiuni, indugiamo piuttosto nelle lodi [di Dio]. Questo indica l’Alleluia che cantiamo: parola che, come ben sapete, in latino si traduce con ” Lodate il Signore “. Quel periodo precede la resurrezione del Signore, questo la segue, e raffigura la vita futura che ancora non possediamo. Ciò che vediamo simboleggiato nel periodo che segue la resurrezione del Signore lo conseguiremo dopo la nostra resurrezione. In effetti, nel nostro Capo noi troviamo la figura e la rappresentazione di tutt’e due le cose. La passione del Signore ci rappresenta la vita presente con le sue angustie, la vita in cui si devono affrontare stenti, subire tribolazioni e finalmente morire; la resurrezione e la glorificazione del Signore al contrario ci indicano la vita che riceveremo quando il Signore verrà a ripagare ciascuno secondo il merito, i cattivi con le pene e i buoni con i premi. Adesso naturalmente anche i cattivi possono cantare l’Alleluia insieme con noi. Se però persisteranno nella loro malizia, anche se con le labbra possono cantare il cantico della nostra vita futura, non potranno in alcun modo conseguire la vita stessa in quella realtà di fatto che il tempo presente simboleggia. Non avendo voluto pensarla fattivamente prima, che venisse, non potranno conseguirla quando verrà.

Le azioni sono precedute dal pensiero.

2. Or dunque, fratelli, vi esortiamo a lodare Dio, e questo è quel che ci diciamo tutti ogni volta che pronunziamo l’Alleluia. ” Lodate il Signore “, dici tu al prossimo e lui lo dice a te. Quando tutti si esortano a vicenda, tutti mettono in pratica l’esortazione. Occorre però che lodiate con tutto voi stessi: cioè, non deve lodar Dio solo la vostra lingua e la vostra voce ma anche la vostra coscienza, la vostra vita, le vostre opere. Lodiamo, certo, Dio adesso che siamo riuniti in assemblea, ma quando ciascuno torna alle sue occupazioni private, quasi cessa di lodare Dio. Non smetta di vivere bene, e continua sarà la lode a Dio. Interrompi la lode di Dio quando ti allontani dalla giustizia e da ciò che a lui piace. Se al contrario mai ti allontani dalla vita buona, anche se la tua lingua tace, la tua vita grida, e l’orecchio di Dio si piega al tuo cuore. Come i nostri orecchi si volgono all’ascolto delle nostre parole, così l’orecchio di Dio ai nostri pensieri. Non può accadere che si renda colpevole di azioni cattive colui che nutre buoni pensieri. Le azioni infatti derivano dal pensiero, né c’è alcuno che possa far qualcosa o muovere le membra per agire, se non l’ha preceduto un ordine del pensiero. Vien da pensare alla reggia imperiale: tutto ciò che comanda l’imperatore si spande per tutto l’impero romano e voi lo vedete attuato nelle diverse province. Quanto movimento non segue a un semplice comando dell’imperatore che risiede in casa sua! Egli muove soltanto le labbra [per comandare], e si muovono tutte le province per l’esecuzione dei suoi ordini. Così è di ogni uomo: chi comanda è dentro, risiede nel cuore. Se è buono e dà ordini buoni, seguono buone azioni; se è cattivo e dà ordini cattivi, seguono azioni cattive. Se nel cuore risiede Cristo, cosa può comandare se non il bene? Se il padrone di casa è il diavolo, cosa può comandare se non il male? Dio ha voluto che dipendesse dal tuo arbitrio preparare il posto a Dio o al diavolo. Quando tu gli avrai preparato il posto, chi lo occuperà sarà il tuo sovrano. Orbene, fratelli, non badate soltanto al suono: quando lodate Dio, lodatelo con tutto l’essere. Canti la voce, canti la vita, cantino le opere. E se ancora ci sono il gemito, la tribolazione, la tentazione, sperate che tutto passerà e che arriverà il giorno in cui loderemo senza mai venir meno. Ecco, percorreremo celermente questo salmo, che è [a voi] noto. Passa in rassegna l’intero universo creato e lo presenta in atto di lodare Dio. In certo qual modo lo esorta a lodare, quasi che l’abbia trovato reticente [nella lode].

Il mondo creato loda Dio.

3. Lodate il Signore dai cieli. Esorta gli abitanti del cielo a levarsi e cantare la lode del Signore, quasi che li abbia trovati in silenzio. Gli esseri celesti non interrompono mai la lode del loro Creatore, gli esseri terrestri senza posa lodano Dio. Ma ovviamente certi esseri, a differenza degli altri, hanno lo spirito della lode divina consistente in una [particolare] inclinazione per la quale Dio forma il loro piacere. Nessuno infatti loda ciò che non gli piace. Tuttavia ci sono delle creature prive dello spirito vitale e dell’intelletto con cui dovrebbero lodare Dio: essendo però in se stesse buone e disposte con esattezza nel loro ordine e contribuendo inoltre alla bellezza dell’universo creato da Dio, esse certo non lodano Dio con la loro propria voce e col loro cuore, tuttavia fan sì che Dio venga lodato per loro mezzo ogni qual volta sono prese in considerazione dagli esseri intelligenti. In effetti, quando qualcuno per loro mezzo loda Dio, son loro stesse che in certo qual modo lodano Dio. Facciamo degli esempi. Nel cielo lodano Dio tutti gli esseri che hanno lo spirito vitale, l’intelletto puro per contemplarlo e amarlo senza noia e senza stanchezza. Sulla terra lodano Dio gli uomini in quanto dotati d’intelletto che loro permette di discernere il bene dal male e di riconoscere chi sia il Creatore e chi la creatura. Tale l’uomo soggetto pensante, al quale il Signore ha dato la ragione per distinguere le realtà, per goderne e lodare. Gli uomini possono tutto questo; ma forse che gli animali posseggono allo stesso modo l’intelligenza? Se la possedessero, Dio non direbbe a noi: Non vogliate essere come il cavallo e il mulo, che non hanno intelligenza 1. Se ci esorta a non essere come bruti, senza intelligenza, ci fa comprendere che all’uomo ha dato questa intelligenza perché lodi Dio. Guardiamo le piante. Forse che hanno la vita sensitiva come gli animali? In effetti gli animali, sebbene privi di sensibilità interiore d’ordine razionale e di spirito intelligente e capace di discernimento come ha l’uomo, per cui possano lodare Dio, tuttavia hanno una vita che si palesa in tanti modi, come tutti sappiamo. Appetiscono il cibo, prendono le cose vantaggiose e respingono le nocive; hanno i sensi per discernere le realtà corporali: la vista per distinguere i colori, l’udito per le voci, l’olfatto per gli odori, il gusto per i sapori, il moto per regolarsi secondo che si tratta di cose piacevoli o moleste. Son cose che conosciamo e vediamo dinanzi ai nostri occhi. Non hanno la ragione e l’intelligenza ma hanno lo spirito che anima il corpo e la vita esteriore; le piante viceversa non hanno nemmeno questo genere di vita: eppure tutte le creature lodano Dio. Perché lodano Dio? Perché noi, alla vista di tali creature, ci eleviamo a pensare al Creatore che le ha fatte, e alla vista delle cose create nasce in noi la lode a Dio; e quando attraverso la considerazione delle creature noi lodiamo Dio, son le creature stesse che nel loro insieme lo lodano. Il salmista comincia dal cielo. Tutte le creature lo lodano e lui dice: Lodate. Se già lo lodano, perché dire: Lodate? Perché gioisce di questa lode tributata dalle creature e vuol come aggiungere il suo incoraggiamento. È come quando tu giungi presso della gente intesa a compiere gioiosamente il bene o nella vigna o nel campo di grano o in qualsiasi cultura. Ti compiaci di quel che fanno e dici loro: Fate! continuate pure! E non vuoi dire con codeste tue parole che inizino il lavoro, ma è perché ti compiaci di quel che li trovi intenti a fare, e vuoi aggiungere una tua parola di compiacimento e di esortazione. Dicendo infatti: Fate pure! ed incoraggiando chi già lavora, col tuo desiderio ti unisci a loro. Così in questa esortazione. Il profeta pieno di Spirito dice esattamente lo stesso.

La restaurazione di Babilonia ha valore simbolico.

4. Il salmo è di Aggeo e di Zaccaria. Così reca il titolo. Questi due profeti risalgono al tempo in cui il popolo d’Israele era prigioniero in Babilonia e profetizzavano l’ormai imminente fine della cattività con la restaurazione della città di Gerusalemme, che era stata distrutta durante la guerra 2. Nel mistero quindi essi hanno significato a noi l’esistenza d’una vita futura in cui, terminata la prigionia della vita presente, loderemo Dio. Ci sarà allora la restaurazione di quella grande città di Gerusalemme dalla quale ora siamo esuli e verso la quale gemiamo, tuttora imprigionati dal fardello gravoso del corpo mortale. Gemendone adesso durante il pellegrinaggio, in patria ne esulteremo di gioia. Chi non geme mentre è pellegrino non godrà da cittadino, poiché egli non ha in cuore il desiderio. Storicamente questi santi profeti arrecarono una grande consolazione al popolo materialmente prigioniero, cioè costretto a vivere a Babilonia sotto re stranieri. Questo, per il fatto che attraverso la profezia mostravano un tempo in cui sarebbe stato liberato dalla prigionia e la città di Gerusalemme sarebbe stata ricostruita. Ma tutte quelle cose avvenivano con portata simbolica, pur avendo una verità effettiva. Negli eventi antichi c’erano prefigurazioni simboliche 3; la realtà si mostra al presente, in noi. Cosa dice, ad esempio, l’Apostolo sul tempo presente? Mentre viviamo nel corpo, siamo pellegrini lungi dal Signore 4. Non siamo ancora in patria. E quando saremo in patria? Quando riporteremo il trionfo sul diavolo, nemico già debellato, quando la morte, ultimo nemico, sarà distrutta. Allora avrà compimento la parola che fu scritta: ” La morte è stata assorbita nella vittoria. O morte, dov’è la tua lotta? O morte, dov’è il tuo pungiglione? ” 5 Ma quando sarà che non avremo più alcuna lotta contro la morte, come ne abbiamo adesso sicché dobbiamo gemere per l’incertezza e la mutabilità delle cose e per la fragilità della nostra carne? Lottano ogni giorno contro di noi le tentazioni e i piaceri; e anche se loro non consentiamo, tuttavia ne sentiamo il disturbo e combattiamo: ma per chi combatte c’è sempre grave pericolo d’essere vinto. Se noi poi non diamo il consenso e riusciamo a vincere, tuttavia avvertiamo il fastidio nell’atto stesso di resistere a tali voglie disordinate. Non si stanca e non muore il nemico, se non nella resurrezione dei morti. Ma abbiamo coraggio e fiducia! Ci stimolano Aggeo e Zaccaria, cantandoci la nostra futura liberazione. Se ne cantarono a quell’antico popolo e le loro parole si adempirono, non dovrà adempiersi quel che viene cantato al popolo cristiano? State tranquilli! Osservate solo come vi comportate nel pellegrinaggio della vita presente. Non v’attiri l’amore per Babilonia; non dimenticatevi di Gerusalemme. Se il vostro corpo è trattenuto ancora in Babilonia il vostro cuore sia inviato anticipatamente a Gerusalemme. Ogni creatura lodi dunque il Signore poiché lassù faremo ciò che qui col pensiero meditiamo.

5. Lodate il Signore dai cieli: lodatelo negli eccelsi. Prima menziona il cielo, poi la terra. Lodano infatti quel Dio che ha fatto il cielo e la terra. Le realtà celesti sono tranquille, in pace. In cielo continua è la gioia, assente la morte, assenti la malattia e ogni molestia. I beati lodano sempre Dio. Quanto a noi invece siamo sulla terra; tuttavia ogni volta che pensiamo come Dio venga lodato in cielo, collochiamo lassù il nostro cuore, e non ascoltiamo infruttuosamente l’invito: In alto i cuori! Eleviamo fino al cielo il cuore, affinché non imputridisca sulla terra, se ci piace partecipare a quel che lassù fanno gli angeli. Adesso siamo in cielo con la speranza; più tardi, quando vi saremo arrivati, con il possesso effettivo. Dunque, lodatelo negli eccelsi.

6. [vv 2-5.] Lodatelo, voi tutti, suoi angeli; lodatelo, voi tutte sue schiere. Lodatelo, sole e luna; lodatelo, voi tutte, stelle e luce. Lodatelo, o cieli dei cieli, e le acque che sono al di sopra dei cieli lodino il nome del Signore. Come elencare tutte le cose passandole in rassegna? Intanto però ha redatto come un compendio che include, ristrette, quasi tutte le cose e in tal modo ha abbracciato tutte le creature celesti che lodano il loro Creatore.

Le opere del creato lodano Dio.

7. Suppone quasi che gli si vada a chiedere: Perché lo lodano? Di che cosa gli son debitrici o cos’hanno da lui ricevuto perché debbano lodarlo? Rispondendo prosegue:Poiché egli ha detto, e sono state fatte; ha ordinato e sono state create. Nulla di straordinario che le opere lodino chi le ha fatte, che l’essere fabbricato lodi il suo fattore, che la creatura lodi il Creatore. In questo brano è nominato anche Cristo, anche se non ne abbiamo ascoltato il nome. Chi è Cristo? In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto 6Ad opera di chi sono state fatte? Ad opera del Verbo. Come anche il salmo indica che sono state fatte ad opera del Verbo? Egli ha detto e sono state fatte; ha ordinato e sono state create. Nessuno dice qualcosa, nessuno imparte ordini se non attraverso la parola, cioè il Verbo.

La morte di Cristo caparra d’immortalità.

8. [v 6.] Li ha stabiliti nel secolo e nel secolo del secolo. Egli ha dato stabilità a tutti gli esseri celesti, a tutti gli esseri superiori, a tutte le virtù e gli angeli. Ha fondato una città celeste, buona, santa, beata. Da tale città noi siamo esuli e per questo siamo anche miseri. Dovendovi però tornare, siamo beati nella speranza e quando vi saremo effettivamente giunti saremo beati nella realtà. Li ha stabiliti nel secolo e nel secolo del secolo: ha posto un precetto che non cadrà. Quale precetto pensate possano avere gli esseri celesti e gli angeli santi? quale precetto avrà loro dato Iddio? Quale, se non quello di lodarlo? Beati coloro la cui occupazione è lodare Dio! Non arano, non seminano, non macinano, non cuocciono: opere tutte, queste, richieste dal bisogno, mentre lassù non ci sarà alcun bisogno. Non rubano, non rapinano, non commettono adulterio: opere tutte derivanti dall’iniquità, per la quale lassù non c’è posto. Non spezzano il pane all’affamato, non vestono il nudo, non ospitano il pellegrino, non visitano il malato, non conciliano i litiganti, non seppelliscono i morti: opere imposte dalla misericordia, mentre lassù non esisterà alcuna miseria in pro’ della quale si eserciti la misericordia. Oh beati! Crediamo veramente che saremo anche noi così? Suvvia! sospiriamo e il sospiro si tramuti in gemito. Cosa in realtà siamo per poter essere lassù? Esseri mortali, decaduti, abietti, terra e cenere. Ma colui che ce l’ha promesso è onnipotente. Se guardiamo a noi stessi cosa siamo? se guardiamo a lui, è Dio, è l’onnipotente. Non riuscirà a fare di un uomo un angelo, lui che ha fatto l’uomo dal nulla? ovvero, non si interesserà Dio dell’uomo, per il quale volle che morisse il suo Unigenito? Soffermiamoci a considerare i segni [che ci ha dati] del suo amore. Della promessa di Dio abbiamo ricevuto tale caparra: possediamo la morte e il sangue di Cristo. Chi è morto? Il Figlio unico. Per chi è morto? O magari fosse morto per dei buoni, per dei giusti! Ma è questa la realtà? Dice l’Apostolo:Infatti Cristo è morto per gli empi 7. Colui che agli empi ha fatto dono della sua morte, cosa terrà in serbo ai giusti se non la sua vita? Si sollevi quindi la debolezza umana! non disperi, non si accasci, non si volga indietro dicendo: Io non ci sarò. Chi ha fatto la promessa è Dio: egli è già venuto per fare la promessa, è apparso agli uomini, è venuto per addossarsi la nostra morte e garantirci la sua vita. Venne nella terra del nostro esilio a prendere quaggiù ciò che quaggiù abbonda: gli obbrobri, i flagelli, gli schiaffi, gli sputi in viso, le ingiurie, la corona di spine, la crocifissione, la permanenza sulla croce, la morte. Tutte queste cose abbondano sulla nostra terra, ed egli venne a fare gli scambi. Cosa diede [venendo] quaggiù? cosa ricevette? Diede l’incoraggiamento, diede la dottrina, diede la remissione dei peccati; ricevette gli oltraggi, la morte, la croce. Dalla sua patria ci ha recato i beni, e nella nostra terra ha subito i mali. Comunque, ci ha promesso che abiteremo in quella patria, da cui egli è venuto e ha detto: Padre, voglio che dove sono io ivi siano anch’essi 8Con tanto amore ci ha prevenuti! È venuto da noi là dove noi ci trovavamo, noi saremo con lui là dove egli è. Cosa ti ha promesso Dio, o uomo mortale? Che vivrai in eterno. E non ci credi? Credici, credici! È più ciò che ha già fatto che non quello che t’ha promesso. Cosa ha fatto? È morto per te. Cosa ti ha promesso? Che vivrai insieme con lui. È più difficile a credersi che sia morto l’Eterno che non il fatto che viva in eterno l’uomo mortale. Ciò che è più incredibile è ormai acquisito. E se Dio è morto per l’uomo, perché non dovrà l’uomo vivere [sempre] con Dio? perché il mortale non potrà vivere in eterno, quando per lui è morto colui che vive in eterno? Ma in che modo Dio è morto? o come ha fatto a morire? o può Dio morire? Ha preso da te ciò che gli consentisse di morire per te. Non sarebbe potuto morire se non chi è carne; non sarebbe potuto morire se non il corpo mortale. Egli si è rivestito di ciò che gli consentisse di morire per te; e così tu sarai rivestito di ciò che ti consentirà di vivere con lui. Dove si rivestì della mortalità? Nella verginità della Madre. E dove rivestirà te della vita? Nell’uguaglianza col Padre. Si è scelto lui, quaggiù, un talamo casto dove egli, sposo, s’unisse alla sposa. Il Verbo si è fatto carne 9 per diventare capo della Chiesa. Di per se stesso infatti il Verbo non è parte della Chiesa, ma per essere capo della Chiesa assunse la carne. Qualcosa di nostro è già lassù: vi è ciò che ha preso da noi, ciò in cui è morto sulla croce. Ti hanno preceduto certe tue primizie, e tu dubiti che [le] seguirai?

Gli esseri terrestri lodano Dio.

9. [v 7.] Terminate le lodi delle creature celesti, è ora ormai che si volga a quelle terrene. Lodate il Signore dalla terra. Come infatti aveva cominciato la parte precedente? Lodate il Signore dai cieli 10, e aveva elencato le creature celesti. Ascolta ora la enumerazione di quelle terrestri. Draghi e tutti gli abissi. Gli abissi sono le profondità delle acque: appartengono all’abisso tutti i mari e l’atmosfera caliginosa che ci attornia. L’ambiente dove si trovano le nubi, i venti, le tempeste, le piogge, i fulmini, i tuoni, la grandine, la neve e tutto ciò che Dio vuole avvenga sulla terra traendolo da quest’atmosfera umida e caliginosa, tutto questo l’ha chiamato col nome di terra, in quanto è estremamente mutevole e mortale, seppure non crediate che dall’alto cada anche una pioggia di stelle. Tutte queste cose accadono quaggiù rasente la terra. Succede anzi a volte che si sia sulla cima di un monte e si vedano le nubi più basse di noi, dalle quali nubi cadono anche le piogge. A chi osserva attentamente [le cose], appare con chiarezza che tutti questi fenomeni, che si accumulano quando l’atmosfera è perturbata, avvengono in questa parte più bassa del mondo. Per questo, quando il diavolo insieme con gli altri angeli decadde dal soggiorno magnifico preparato agli angeli superiori, fu condannato a venire in questi luoghi caliginosi, cioè nella nostra atmosfera, quasi come in un carcere. Ne parla l’Apostolo. Secondo il principe della potenza di quest’aria, che ora agisce nei figli della ribellione 11E un altro Apostolo dice: Dio non risparmiò gli angeli che peccarono, ma precipitandoli nelle carceri dell’inferno caliginoso li consegnò per condannarli al giudizio 12Chiama inferno questa parte del mondo, perché rispetto alle altre è la più bassa. Non t’incanti infatti il pensiero di ciò che il diavolo ha ottenuto, ma pensa piuttosto a ciò che ha perso. Comunque, tutte le cose che ci attorniano vedete come sono: mutevoli, soggette a turbamenti, spaventose, corruttibili. Tuttavia hanno un loro posto, un loro ordine; anch’esse, ciascuna a suo modo, completano la bellezza dell’universo, e quindi lodano il Signore. Il salmista pertanto si rivolge anche a loro, come per esortarle [alla lode]. In effetti però egli esorta noi affinché, considerando le creature, lodiamo il Signore. La lode di Dio è infatti, nel loro caso, da intendersi nel senso che l’uomo le ammira e ne loda Dio. Il suo dire comincia così: Lodate il Signore dalla terra, draghi e tutti gli abissi. I draghi vivono presso le acque, escono dai loro antri e si librano nell’aria, tanto che a causa loro si creano turbini nell’aria. Animali giganteschi son questi draghi, né sulla terra c’è sorta di animali più grandi di loro. Per questo comincia la sua rassegna con Draghi e tutti gli abissi. Gli abissi sono grotte dove si nascondono le acque; da essi nascono le fonti e i fiumi, dei quali alcuni scorrono sopra la terra, mentre altri fluiscono nascosti sotto terra. Tutto questo, cioè tutta la sostanza umida delle acque, insieme col mare e gli strati inferiori dell’atmosfera, si chiama abisso o abissi; ed è lì che vivono i draghi e lodano Dio. Ma cosa? crederemo davvero che i draghi formino dei cori per lodare Dio? No di certo! Si tratta di voi, che, considerando i draghi, elevate la mente all’Artefice dei draghi, al Creatore dei draghi, e ammirando i draghi dite: Grande è Iddio che ha fatto opere di questo genere. In tal modo, cioè attraverso la vostra voce, i draghi lodano Dio. Draghi e tutti gli abissi.

La Provvidenza si estende a tutti e a tutto.

10. [v 8.] Fuoco, grandine, neve, ghiaccio, venti di tempesta, che eseguono la sua parola. Perché ora ha aggiunto: Che eseguono la sua parola? Gente tanto numerosa quanto priva di senno, trovandosi nell’incapacità di contemplare le varie creature distinguendo di ciascuna il posto e l’ordine suo proprio, come pure il moto che percorre in conformità col volere e il comando di Dio, s’è creata la persuasione che Dio governi, sì, le creature superiori ma non calcoli le inferiori, anzi le scansi da sé e le tenga lontane, al segno che non se ne curi, non le governi né le diriga. Esse sarebbero rette dal caso, come e fin dove è possibile. Nel loro ambiente fanno impressione le parole che talora si vanno fra loro ripetendo. Non vengano però a raccontarle a te, certe cose; cioè, se li ascolti dire cose come queste non consentire: sono infatti affermazioni blasfeme ed esecrabili dinanzi a Dio. Dicono: Se fosse Dio a mandare la pioggia che forse la farebbe cadere sul mare? E che sorta di provvidenza è mai la sua? continuano, la Getulia patisce la sete e la pioggia cade sul mare! Sembrano loro conclusioni ingegnose; ma a gente siffatta occorre rispondere così: La Getulia almeno sente la sete, tu nemmeno la senti. Buon per te invece sarebbe stato dire a Dio: La mia anima è verso di te come terra senza acqua 13. O, come più manifestamente si asserisce in un altro passo: L’anima mia ha sete di te, e quante volte a te anela la mia carne! 14 E il Signore nel Vangelo: Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, poiché saranno saziati 15. In realtà, uno che ragioni nei termini su esposti è una persona sazia: si dà l’aria di dotto né è disposto ad imparare. Per questo non ha sete. Se infatti avesse sete, vorrebbe imparare; e troverebbe che tutto quel che succede sulla terra è soggetto alla provvidenza di Dio, e resterebbe ammirato anche del modo come son disposte le membra di una pulce. Mi stia attenta la vostra Carità! Chi ha disposto le membra della pulce e della zanzara, sì che abbiano un loro ordine, una loro vita, un loro moto? Considera un animaletto, il più piccolo, il più minuto che ti pare. Se esamini attentamente l’ordine delle sue membra e l’animazione vitale per cui si muove vedrai come rifugga dalla morte, ami la vita, cerchi i piaceri, eviti gli incomodi, tenga in esercizio i diversi sensi, goda di un moto a sé rispondente. Chi ha dato alla zanzara l’aculeo con cui succhia il sangue? Quant’è sottile questo filo con cui sorbisce [i liquidi]! Chi ha disposto queste cose? chi le ha fatte? Ti atterriscono le cose infinitamente piccole; loda colui che è grande. Tenetevi saldi a queste verità, miei fratelli! Nessuno vi stacchi dalla fede e dalla sana dottrina. Colui che nel cielo ha creato l’angelo ha creato nella terra il vermicciattolo; ma ha collocato l’angelo in cielo proporzionandolo alla dimora celeste, il vermicciattolo invece l’ha posto sulla terra e l’ha proporzionato all’abitazione terrena. Ha forse disposto che l’angelo strisciasse sulla melma e il verme abitasse in cielo? Ha collocato ogni abitante nella sua sede adatta: ha posto l’incorruzione in sedi incorruttibili, ciò che invece è corruttibile in dimore corruttibili. Nota bene ogni cosa e loda l’insieme del mondo creato. Se pertanto Egli ha ordinato le membra del vermicciattolo, non governerà le nubi? E perché lascia cadere la pioggia anche sul mare? Quasi che non siano nel mare degli esseri che si nutrono di pioggia! quasi che non vi abbia creato dei pesci e altre specie di esseri viventi! Osservate come i pesci corrono verso l’acqua dolce. Ma allora, insiste [l’eretico], se piove per i pesci, perché talvolta non piove per provvedere a me? Affinché tu t’imprima nella mente che sei in una regione desertica, cioè nell’esilio della vita; affinché assapori le amarezze della vita presente e desideri quella futura; o magari affinché venga tribolato e così, compresa la riprensione, ti ravveda. In che maniera poi provvede ogni regione secondo le proprie esigenze? Eccoci! Abbiamo parlato della Getulia. Ebbene, qui da noi piove più o meno tutti gli anni e ogni anno c’è produzione di frumento: però, da noi non può conservarsi a lungo perché si fradicia e quindi ogni anno ce n’è del nuovo. Laggiù, veramente, il frumento si raccoglie di rado, ma se ne produce molto e si conserva a lungo. E tu, nell’ipotesi, credi che Dio abbandoni gli uomini di quella regione e che laggiù non si viva secondo una particolare giocondità propria di quella gente, che loda e glorifica Dio? Va’ laggiù! Acchiappa un getulo e portalo a vivere in mezzo a queste amene piantagioni. Vorrà ad ogni costo fuggir via da qui e tornare alla sua spoglia Getulia. Dio dunque ha ordinato tutte le cose, distribuendone ciascuna alle singole zone, regioni e temperature. Sarebbe troppo lungo intraprendere un esame dettagliato di tutto questo e tutto descrivere. Chi sarebbe in grado di spiegare la disposizione del creato? Ad ogni modo, chi ha occhi può vedervi molte cose, e quando le avrà notate ne proverà piacere, e quando ne avrà sentito piacere uscirà nella lode, non tanto delle cose in se stesse quanto di colui che le ha fatte. E così tutte le cose lodano Dio.

Non conta molto il genere di morte che ci attende.

11. Osservando le diverse creature, dice in apertura lo Spirito del profeta: Fuoco, grandine, neve, ghiaccio, venti di tempesta. Ma siccome tutte queste creature a certi stolti sembrano in preda a mutabilità, quasi fossero sospinte dal caso, aggiunge: Che eseguono la sua parola. Non immaginare quindi che siano mosse dal caso codeste creature: in ogni loro moto esse obbediscono alla parola di Dio. Dove Dio vuole, là si dirige il fuoco, là si dirigono le nubi con quel che portano: pioggia, neve, grandine. Ma perché i fulmini a volte si scaricano sul monte e non colpiscono l’assassino? Vi dirò quel che posso, per quanto la mia mente ci capisce e Dio si degna concedermi [di luce]. I più istruiti sapranno certo spiegazioni più approfondite e vi comprenderanno di più; e anche a voi doni Dio di comprendere al di là di quel che vi dico io, sempre però con modestia e senza orgoglio. Quanto a me, dunque, secondo le mie scarse conoscenze, potrei dirvi che il fulmine colpisce il monte e non l’assassino, perché, forse, [Dio] è ancora in attesa della sua conversione. Si colpisce quindi il monte, incapace di provar timore, perché cambi vita l’uomo mosso da spavento. A volte ti comporti in maniera somigliante anche tu: per spaventare un bambino che vuoi educare con severità, dài botte per terra. E poi capita talvolta che [il fulmine] colpisca l’uomo che vuole. Ma tu mi ribatti: Sì, sì, colpisce il più innocuo e risparmia il più scellerato! Non meravigliartene! La morte che incoglie la persona santa, da qualunque parte venga, è sempre una buona morte. Quanto poi a quell’altro, più scellerato, cosa sai tu della pena che, se ricuserà di cambiarsi, gli si tiene serbata in occulto? Non preferirebbero essere stati inceneriti dal fulmine coloro ai quali alla fine sarà detto: Andate al fuoco eterno 16? Occorre che tu sia esente da colpe. Cosa dire infatti? che è male morire in un naufragio e bene morire di febbre? Si muoia in un modo o nell’altro, tu preòccupati piuttosto dello stato in cui si trova la persona al momento della morte; preoccupati di dove andrà a finire dopo la morte, non della maniera come se ne parte dalla vita presente. In molti modi potremo uscire da questo mondo. Con qual morte meritarono i martiri di lasciare questa vita? Furono consunti dalla febbre, che è la morte desiderata da molti? Alcuni furono trucidati con un colpo di spada, altri perirono tra le fiamme, altri sbranati dalle belve. Le belve divorarono i corpi dei martiri, è vero, ma i martiri non temettero lo sfacelo del loro corpo. Sapevano infatti che Dio ricomporrà i corpi dei suoi santi, lui che tiene contati i capelli della nostra testa 17. Egli per la sua libera volontà liberò dal fuoco i tre fanciulli 18, ma forse che abbandonò nel fuoco i Maccabei 19? Liberò gli uni palesemente, gli altri occultamente coronò. Sa dunque Dio come contenersi. Tu temilo e sii buono! Per qualunque strada vorrà che tu te ne vada da questo mondo, che egli ti trovi preparato! Sei infatti ospite e non padrone in casa tua 20. La casa ti è stata affittata; sì, codesta tua casa ti è stata affittata, non donata. Anche se non vorrai, ti toccherà sloggiare. E non l’hai ricevuta con la condizione che i tempi della tua permanenza ti fossero fissati con certezza. Cosa ti ha detto il tuo Signore? Quando vorrò, quando ti dirò: Parti, trovati preparato. Ti scaccio dal rifugio, ma ti do la casa. Se qui in terra sei forestiero, in cielo sarai proprietario.

Le creature rispettano l’ordine del Creatore.

12. Tutto ció che accade quaggiù, contro il nostro volere sappiate che accade per volontà di Dio, per la sua provvidenza, per suo ordine, per suo cenno e per sue leggi. E anche se noi non comprendiamo perché accadano le diverse vicende, riferiamo tutto ugualmente alla sua provvidenza, ricordiamo che nulla avviene senza una [relativa] causa, e non bestemmiamo. Se infatti ci mettiamo a litigare sulle opere di Dio e chiediamo: Ma perché questo? perché quell’altro?, e ancora: Dio non avrebbe dovuto fare così, qui ha fatto male, dove va allora a finire la lode di Dio? Ti sei giocato l’Alleluia. Considera piuttosto tutte le cose in modo che la tua vita piaccia a Dio e lodi il Creatore. Fa’ conto di entrare nell’officina di un fabbro ferraio: certo non ti permetteresti di criticare i mantici, le incudini, i magli. Supponi invece una persona inesperta, che non sappia a cosa servano i vari attrezzi: criticherà tutto. Ma se, pur non avendo la competenza dell’artigiano, avesse però almeno un po’ di riguardo per l’uomo, come ragionerebbe? Certo non è senza motivo che i mantici son posti da questo lato: se non lo so io, lo saprà certo l’artigiano. Nell’officina non si permette di muover critiche al fabbro, e invece osa rimproverare Dio per come son disposte le cose del mondo! Orbene come il fuoco, la grandine, la neve, il ghiaccio, i venti della tempesta che eseguono la sua parola, così tutte le cose del mondo, che agli sciocchi sembrano capitare a caso, non si muovono se non rispettando la parola di lui, in quanto non vengono all’esistenza se non per suo comando.

13. [vv 9-12.] Dice quindi, invitando tutti a lodare il Signore: Monti e colline tutte, piante da frutto e cedri tutti; fiere e armenti tutti, rettili e uccelli pennuti. Poi, rivolto agli uomini, I re della terra e i popoli tutti, i principi e i giudici tutti della terra; i giovani e le vergini, i vecchi e i fanciulli lodino il nome del Signore. È così esposta diffusamente la lode che deve levarsi dal cielo e quella che deve levarsi dalla terra.

14. [v 13.] Poiché solo il suo nome è esaltato. Nessun uomo cerchi l’esaltazione del suo nome. Vuoi essere esaltato? Assoggettati a colui che non può essere abbassato.Solo il suo nome è esaltato.

Ammirando le creature, confessa a lode di Dio.

15. [v 14.] La sua confessione sulla terra e nel cielo. Che significa: La sua confessione sulla terra e nel cielo? Forse la confessione che esce dalle labbra di lui? No; ma quella per la quale tutte le creature lo confessano, tutte gridano. Loro voce è, in certo qual modo, la bellezza che tutte posseggono e con cui confessano Dio. Il cielo grida a Dio: Tu mi hai fatto, non sono stato io a farmi. La terra grida: Tu mi hai modellato, non io. Come gridano queste creature? Ogni volta che l’uomo le considera e scopre queste verità. Gridano con la tua ricerca, gridano con la tua voce. La sua confessione sulla terra e nel cielo. Osserva il cielo: è bello; osserva la terra: è bella; tutt’e due insieme sono assai belli. Ebbene, lui li ha fatti e li dirige, dal suo cenno sono governati; lui sospinge il corso delle stagioni, stabilisce i momenti e li stabilisce da se stesso. Tutti questi esseri dunque lo lodano, sia che stiano fermi sia che si muovano, sia che si tratti della terra quaggiù sia che si tratti del cielo su in alto; sia col loro invecchiarsi sia col loro rinnovarsi. Quando tu osservi queste creature e ne godi e ti sollevi all’Artefice di tutto e dalle cose create per via d’intelletto contempli i suoi attributi invisibili 21, allora si leva la sua confessione sulla terra e nel cielo. Cioè: tu confessi a lui procedendo dalle creature tanto del cielo quanto della terra. E siccome lui ha creato tutto e nulla è superiore a lui, ogni creatura rimane al di sotto di lui e tutto quello che nelle creature ti piace è meno di quel che è lui. Per questo, le cose create non ti debbono piacere tanto da farti allontanare da colui che le ha create; ma, se ami la cosa creata, molto di più devi amare chi l’ha creata. Se son belle le creature, quanto non sarà più bello il Creatore? La sua confessione sulla terra e nel cielo.

Il cristiano, vite feconda.

16. Ed esalterà il corno del suo popolo. Ecco cosa profetizzavano Aggeo e Zaccaria. Adesso il corno del suo popolo è abbassato, trovandosi nella trebbiatura, nella tribolazione, nella tentazione, costretto a battersi il petto. Quando esalterà il corno del suo popolo? Quando verrà il Signore e sorgerà il nostro sole: non il sole visibile con gli occhi che si leva sui buoni e sui cattivi 22ma il sole del quale è detto: Per voi che temete il Signore sorgerà il sole della giustizia, e la sanità sulle sue penne 23.Di questo sole diranno un giorno i superbi e gli empi: Il lume della giustizia non ci illuminò, e il sole non è sorto per noi 24Quella sarà la nostra estate. Adesso che siamo nella stagione invernale i frutti sono nella radice e non sono visibili: d’inverno, infatti, guardi gli alberi e ti sembrano secchi. Chi non ha l’occhio assuefatto potrebbe pensare che quella vite sia ora un arido sterpo e, forse, lì vicino ce n’è un’altra che per davvero s’è seccata. D’inverno son due piante simili, eppure l’una vive, l’altra è morta. La vita dell’una e la morte dell’altra sono però occulte d’inverno; quando arriverà l’estate, apparirà in pieno splendore la vita dell’una come pure si manifesterà la morte dell’altra. Ecco spuntare la dovizia delle foglie, la fecondità dei frutti. La vite si veste in modo palese di ciò che teneva nascosto nella radice. Così è di noi, fratelli. Adesso siamo simili a tutti gli altri uomini. Gli uomini nascono, mangiano, bevono, si vestono, tirano avanti la vita. Così i santi. Capita a volte che questo fatto tragga in inganno la gente. Li senti infatti dire: Eccolo là; forse che, per essersi convertito al cristianesimo, adesso non gli fa più male la testa? Ovvero: con l’essersi fatto cristiano, cosa ha di più di quel che ho io? O vite secca, tu stai guardando la vite che ti sta vicino! Se è spoglia, è perché siamo d’inverno, non è però secca. Verrà l’estate, verrà il Signore, la nostra gloria ora celata nella radice; e allora esalterà il corno del suo popolo, finito il tempo della cattività, cioè della nostra vita mortale. Ne fa cenno l’Apostolo: Non giudicate nulla prima del tempo finché non venga il Signore ed illuminerà ciò che è nascosto nelle tenebre, e allora ciascuno riceverà da Dio la lode 25.Ma tu mi obietti: Dov’è la mia radice? dove il mio frutto? Se sei un credente, sai dov’è la tua radice: è infatti là dove sono la tua fede, la tua speranza e la tua carità. Ascolta l’Apostolo: Infatti siete morti 26Quasi fosse inverno, sembravano morti. Ma ascolta quanto fossero vivi. E la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio 27.Ecco dove si trova la tua radice. Ma quando sarai rivestito della pompa [del tuo fogliame]? quando produrrai i frutti? Ascolta com’egli continui: Quando apparirà Cristo, la vostra vita, allora anche voi apparirete con lui nella gloria 28. Ed esalterà il corno del suo popolo.

Il cristiano, vero figlio di Abramo.

17. L’inno a tutti i suoi santi. Cosa sia un inno, lo sapete. È un canto che ha per tema la lode di Dio. Se lodi Dio ma non canti, non dici un inno; se canti ma non lodi Dio, non dici un inno; se lodi qualcosa che non rientra nell’ambito della lode divina, anche se lodi cantando, non dici un inno. L’inno quindi include tre cose: il canto, la lode, e la lode di Dio; per cui una lode elevata a Dio mediante un cantico la si chiama inno. Che significano allora le parole: L’inno a tutti i suoi santi? Conseguano l’inno i suoi santi; i suoi santi ripetano l’inno, poiché ciò che conseguiranno alla fine è proprio questo: un inno sempiterno. In un altro passo dice il salmo: Il sacrificio di lode mi glorificherà, ed ivi è la via in cui gli manifesterò la mia salvezza 29E ancora: Beati coloro che abitano nella tua casa: nei secoli dei secoli ti loderanno 30Questo significano le parole: L’inno a tutti i suoi santi. Chi sono i suoi santi? Ai figli d’Israele, al popolo che a lui si avvicina. Nessuno pensi di non essere figlio d’Israele. Non crediate che i giudei siano figli d’Israele e noi no. Oso dirvi miei fratelli: Loro non lo sono, mentre noi lo siamo. Ascoltatene la ragione. Perché chi è nato secondo lo spirito è superiore a chi è nato secondo la carne. Da chi discendeva Israele? Da Abramo. Difatti Isacco nacque da Abramo, Israele da Isacco. Ora come successe che Abramo piacque a Dio?Abramo credette a Dio e ciò gli fu attribuito a giustizia 31. Chiunque imiterà Abramo sarà suo figlio; chiunque sarà degenere rispetto alla fede di Abramo si mette fuori della stirpe di Abramo. I giudei han degenerato, quindi han perso [i loro diritti]; noi abbiamo imitato Abramo, e quindi li abbiamo trovati [e ce ne siamo impossessati]. Ascolta come loro se li son persi. Un giorno dicevano al Signore: Noi siamo figli di Abramo 32; ma lui cosa replicò? Loro avevano osato vantarsi [dinanzi a lui] ed elevare la cresta a motivo della nobiltà della loro stirpe giusta; ma il Signore cosa disse loro? Se siete figli di Abramo fate le opere di Abramo 33. Se pertanto loro han perso il diritto di figli d’Abramo, questo diritto l’abbiamo trovato noi. Credendo abbiamo trovato ciò che loro persero mancando di fede, in quanto Abramo credette a Dio e ciò gli fu attribuito a giustizia. Discendenza di Abramo, in effetti, è Cristo 34 e, in Cristo, lo siamo anche noi. Così è anche per Israele. Da lui nacque un popolo, da questo popolo nacque Maria e da Maria nacque Cristo, nel quale Cristo siamo [incorporati] anche noi. Noi dunque siamo i figli di Israele. Cosa aggiunge infatti [il salmo] per indicare espressamente noi? Ai figli d’Israele, al popolo che a lui si avvicina. Guardate i giudei! Se si avvicinano, figli d’Israele son loro. E qui qualcuno potrebbe osservarmi: Pare in realtà che si avvicinino; ogni giorno anche loro cantano i salmi, cantano gli inni di Dio. Ma non avete negli orecchi, le parole che loro diceva il profeta? Eccovele: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me 35Se il loro cuore è lontano, il nostro cuore è vicino. È vicino perché crediamo, speriamo, amiamo: perché siamo uniti a Cristo, perché siamo sue membra. Ora le membra possono essere lontane dal capo? Se fossero lontane e divise non direbbe il Signore: Ecco, io sarò con voi sino alla fine dei secoli 36. Se fossero staccate, non avrebbe detto dal cielo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 37 Se egli non fosse in noi, non direbbe: Avevo fame e mi avete dato da mangiare. All’osservazione, poi, fatta da costoro: Quando mai ti abbiamo visto affamato?, rispose: Quando l’avete fatto ad uno dei miei più piccoli, l’avete fatto a me 38Ecco il popolo [di Dio], ecco l’Israele che [a lui] si avvicina: il popolo che adesso è unito a lui mediante la speranza, per esserlo un giorno nella piena realtà.

SALMO 147 (146 E 147)

(Testo CEI2008)

147
Inno alla bontà di Dio verso gli uomini e verso Israele

1 Alleluia.

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.

2 Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele;

3 risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.

4 Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

5 Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.

6 Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi.

7 Intonate al Signore un canto di grazie,
sulla cetra cantate inni al nostro Dio.

8 Egli copre il cielo di nubi,
prepara la pioggia per la terra,
fa germogliare l’erba sui monti,

9 provvede il cibo al bestiame,
ai piccoli del corvo che gridano.

10 Non apprezza il vigore del cavallo,
non gradisce la corsa dell’uomo.

11 Al Signore è gradito chi lo teme,
chi spera nel suo amore.

12(147,1) Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,

13 (147,2) perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

14 (147,3) Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.

15 (147,4) Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.

16 (147,5) Fa scendere la neve come lana,
come polvere sparge la brina,

17(147,6) getta come briciole la grandine:
di fronte al suo gelo chi resiste?

18 (147,7) Manda la sua parola ed ecco le scioglie,
fa soffiare il suo vento e scorrono le acque.

19 (147,8) Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.

20(147,9) Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.

Alleluia.

SUL SALMO 146

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

DISCORSO

Intenzioni nel lodare Dio.

1. [v 1.] Mentre ci si cantava il presente salmo, tutti ascoltavamo con attenzione ma non tutti eravamo [allo stesso modo] in grado di comprendere. Occorre pertanto ascoltarlo adesso con molta attenzione, sicché con l’aiuto delle orazioni di tutti quanti siete ad ascoltare (così almeno spero e desidero) quanto nel salmo vi è di oscuro vi sia manifestato per un dono di Dio. L’ascolto ha quindi da essere fruttuoso e non deve succedere che se ne torni a casa vuoto l’uditore che pur ha messo tutta la buona volontà ad ascoltare. Come comincia [il salmo]? Dicendo a noi: Lodate il Signore. Lo dice, anzi, non soltanto a noi ma a tutte le genti e a tutte e singole le chiese, che, ciascuna a suo posto, ascoltano questa voce quando risuona dalla bocca del lettore. È l’unica voce di Dio che risuona sopra tutte [le chiese] e ci esorta a lodarlo. Supponendo poi che noi in certo qual modo gli chiedessimo il motivo per cui dobbiamo lodare Dio, osservate cosa dice: Lodate il Signore, perché buono è il salmo. Tutta qui la ricompensa di coloro che [lo] lodano? Lodiamo il Signore; ma perché? Perché buono è il salmo. Qualcuno potrebbe osservare: Ben volentieri loderei il Signore se egli in cambio di questa lode mi regalasse qualcosa. Difatti, quando si tratta di uomini, chi loda mai qualcuno disinteressatamente? È vero: chi loda un uomo lo fa perché se ne aspetta un compenso; e allora, chi loda Dio non dovrà aspettarsi o chiedere o sperare alcun compenso? Si loda chi è misero e ci si ripromette qualcosa; si loda l’Onnipotente e si resterà senza mercede? O non dipenderà per caso dal fatto che desidero cose che a lui è impossibile dare? Ma c’è forse qualcosa che l’uomo desidera e che non sia nelle mani di Dio? Quando lodi un uomo, forse desideri avere qualcosa che lui non può darti. Quanto a Dio, al contrario, lodalo pure tranquillamente poiché di lui mai si potrà dire che non possa donare le cose che tu puoi desiderare. Ci è dunque sempre aperta la speranza che riceveremo una qualche ricompensa: per questo dobbiamo lodare Dio, anche se poi in concreto non ci darà ogni cosa che desideriamo. Egli è padre e, se i figli chiedono qualcosa di nocivo, non lo dà. Lodiamo [pertanto Dio], e speriamo e desideriamo non questa cosa o quest’altra ma ciò che ritiene opportuno darci colui che lodiamo. Egli sa qual suo dono ci giova; noi badiamo a comprendere cosa ci giovi ricevere. Dice l’Apostolo: Non sappiamo pregare come ci conviene 1. E personalmente l’apostolo Paolo sperava essere di sua utilità se gli fosse tolto lo stimolo della sua carne, l’angelo di satana da cui era schiaffeggiato. Lo confessa lui stesso con le parole: Perciò per tre volte ho pregato il Signore perché me lo togliesse ed egli mi ha risposto: ” Ti basta la mia grazia, perché la potenza trionfa nella debolezza ” 2. Desiderava una cosa, e la cosa desiderata non gli fu concessa perché si voleva provvedere alla sua salvezza. Ora, cosa è a noi proposto nel salmo? Dice: Lodate il Signore. Ma perché dobbiamo lodare il Signore? Perché buono è il salmo. Il salmo è di per sé una lode del Signore. Dice dunque così: Lodate il Signore perché buona cosa è lodare il Signore. Non siamo troppo sbrigativi nel lodare il Signore. Si recita qualcosa e subito finito; si fa qualcosa e subito si interrompe; lodiamo e poi taciamo; cantiamo e presto smettiamo. Ci mettiamo a fare qualcosa che era rimasta indietro: ebbene, forse che quando ci si presentano occupazioni diverse, dovrà cessare la lode a Dio? Certo no. Se la tua lingua [lo] loda per un po’ di tempo, la tua vita lo lodi ininterrottamente. Per questo è buono il salmo.

Dio si loda mediante la vita buona.

2. In realtà, il salmo è un cantico: non un cantico qualsiasi ma un cantico accompagnato sul salterio. Il quale salterio, poi, è uno strumento musicale, come la lira, la cetra e gli altri strumenti che sono stati inventati per accompagnare il canto. Pertanto colui che salmeggia non canta soltanto con la voce ma ha con sé anche uno strumento chiamato salterio, per cui l’abilità delle mani s’accorda con la voce. Vuoi dunque salmeggiare? Non sia soltanto la tua voce a cantare le lodi divine ma alla tua voce s’accordino anche le opere. Se infatti canterai [solo] con la voce, a un certo momento dovrai tacere: canta invece con la vita, affinché mai debba tacere. Tratti un affare e pensi di agire con frode? Sei muto nella lode di Dio, anzi, cosa ancora peggiore, non solo sei muto nella lode ma stai procedendo verso la bestemmia. Se infatti è vero che Dio vien lodato per le tue opere buone, quando compi il bene lodi Dio; e se è vero che Dio vien bestemmiato per le tue opere cattive, quando agisci male bestemmi Dio. Dunque, per stimolare l’orecchio canta pure con la voce, soprattutto però non ammutolirti col cuore, non tacere con la vita. Nei tuoi affari non mediti inganni? Salmeggi a Dio. Salmeggia dunque quando mangi e quando bevi: non nel senso di mescolarvi cantilene carezzevoli all’orecchio ma mangiando e bevendo con moderazione, parsimonia e temperanza. Così infatti insegna l’Apostolo: Sia che mangiate, sia che beviate o facciate qualunque altra cosa, fate tutto per la gloria diDio 3. Tu dunque mangi e bevi e prendi il necessario per nutrire il corpo e ristorare le membra. Se compi bene questa azione, cioè ringraziando colui che a te, mortale e fragile, ha dato il sostentamento e la gioia conseguente, il tuo cibo e la tua bevanda son lodi a Dio. Se viceversa, nella tua ingordigia e voracità, passi i limiti consentiti alla natura umana e ti ingozzi di vino, puoi con la lingua cantare a Dio tutte le lodi che ti pare: la tua vita lo bestemmia. Dopo pranzo ti riposi andando a dormire. Anche nel letto non devi comportarti in maniera sconveniente, né devi oltrepassare i limiti che concede la legge di Dio. Sia casto il talamo dove ti adagi insieme con la tua sposa. Nell’affrontare il problema della procreazione dei figli, non abbandonarti a una lussuria sfrenata quale ti suggeriscono le tue passioni; nel tuo talamo usa rispetto per la tua moglie, poiché l’uno e l’altra siete membra di Cristo, tutti e due creati da lui, tutt’e due redenti dal sangue di lui 4. Comportandoti così, lodi Dio né mai tace la tua lode. E quando sopraggiunge il sonno? Durante il tuo sonno, non ti desti dal riposo la tua cattiva coscienza; in tal modo l’innocenza del tuo sonno loda Dio. Se dunque vuoi lodare [degnamente Dio], canta non soltanto con la lingua ma prendendo in mano il salterio delle opere buone, poiché buono è il salmo. Lo lodi quando sbrighi gli affari, lo lodi quando mangi e bevi, lo lodi quando riposi nel tuo letto, lo lodi quando dormi: quand’è che non lo lodi? La lode di Dio sarà in noi perfetta quando saremo giunti nella città superna, quando saremo diventati simili agli angeli di Dio 5, quando da nessuna parte ci saranno delle necessità che vengano, a sollecitarci, quando non sentiremo più i richiami della fame e della sete. Quando non ci fiaccherà il caldo né intirizzirà il freddo, quando non ci abbatterà la febbre o distruggerà la morte. Ebbene, a questa lode perfettissima veniamoci allenando con l’altra lode consistente nelle opere buone.

3. In relazione a questo, dopo le parole: Lodate il Signore, poiché buono è il salmo, soggiunge: La lode sia gradita al nostro Dio. Quando sarà gradita a Dio la nostra lode? Quando lo si loda mediante la vita buona. Ascolta come allora la nostra lode gli è gradita. In un altro passo è detto: Non è bella la lode in bocca al peccatore 6. Se dunque la lode che esce dalla bocca del peccatore non è bella, non è nemmeno gradevole. Si gradisce infatti ciò che è bello. Vuoi pertanto che la tua lode sia gradita a Dio? Non turbare il tuo canto buono con lo strepito dei cattivi costumi. La lode sia gradita al nostro Dio. Cosa ha detto? Voi che intendete lodare [Dio] vivete bene. La lode degli empi offende Dio: il quale bada più a come si vive che non a cosa gli si canta. Certamente vorrai essere in pace con colui che lodi; ma come cerchi la pace con Dio quando sei in disaccordo con te stesso? In che senso, dirai, sono in disaccordo con me stesso? La lingua canta una cosa, un’altra ne manifesta la vita. La lode sia gradita al nostro Dio. Perché la lode sia gradita a un uomo basterebbe che lo si lodasse dicendo espressioni ordinate e sottili e parlando con voce soave. Ma la nostra lodedev’essere gradita al nostro Dio, le cui orecchie sono aperte non alla bocca ma al cuore, non alla lingua ma alla vita di chi lo loda.

La Gerusalemme celeste edificata da Dio.

4. [v 2.] Chi è il nostro Dio, al quale dev’essere gradita la lode? Egli si rende a noi dolce, a noi inculca chi egli sia. Grazie alla sua degnazione! Se infatti si degna inculcarci i suoi attributi, lo fa non perché noi possiamo dare qualcosa a lui ma piuttosto perché molte cose possiamo da lui ricevere. Orbene, in che senso Dio inculca a noi i suoi attributi? Ascoltate l’apostolo Paolo. Dice: Dio inculca il suo amore per noi 7. In che senso: Inculca? Udite! Ce lo dica di sua bocca l’Apostolo, e così possiamo confrontarlo col salmo. Dice: Dio inculca il suo amore per noi. In che senso: Inculca? Cristo è morto per noi quando eravamo ancora peccatori 8. Cosa dunque non terrà in serbo per chi lo loda se a dei peccatori dà di se stesso tale dimostrazione? Dice infatti l’Apostolo che Dio ci dà quella prova del suo amore così sublime che consiste nella morte subita da Cristo a favore di uomini empi, non perché restassero empi ma perché, attraverso la morte del Giusto, venissero risanati dall’ingiustizia. E nel salmo cosa ascolti? Cosa si aggiunge alle parole: La lode sia gradita al nostro Dio? Vediamo se non si tratti dello stesso richiamo di cui parlava l’Apostolo ricordando come Cristo sia morto per dei peccatori e degli empi. Dice: Il Signore ricostruisce Gerusalemme raccogliendo i dispersi d’Israele. Ecco, il Signore ricostruisce Gerusalemme, raccoglie i dispersi del suo popolo, cioè del popolo di Gerusalemme, che poi è lo stesso che il popolo d’Israele. C’è in effetti una Gerusalemme eterna, che ha sede nei cieli e di cui son cittadini anche gli angeli. Ma cosa c’entra, in tal caso, Israele? Se consideriamo quel personaggio storico, il nipote di Abramo, chiamato anche Giacobbe, come potremo dire che anche gli angeli sono Israele? Se approfondiamo invece il significato del nome, in quanto lo stesso Giacobbe fu chiamato Israele per un cambiamento di nome, a molto maggior ragione troveremo appropriato per lassù il nome Israele 9. O magari fossimo anche noi, dietro [agli angeli], altrettanti Israele! Cosa significa infatti Israele? Colui che vede Dio. Ed è proprio perché vedono Dio che godono tutti i cittadini di quella città grande, spaziosa, celeste: Dio stesso forma l’oggetto della loro visione. Quanto a noi, invece, siamo esuli, lontani da quella città dalla quale fummo cacciati per il peccato, dopo il quale non ci fu consentito di rimanervi; inoltre, siccome portiamo il peso della nostra mortalità, siamo impediti di tornarci. Dio però guardò al nostro peregrinare e colui che restaura Gerusalemme riparò quella porzione [della città] che era caduta. Come riparò la parte caduta? Raccogliendo i dispersi d’Israele. Una parte di lei cadde e divenne pellegrina. Dio vide con occhio di misericordia questa pellegrina e, senza che gli uomini lo ricercassero, si mise in loro ricerca. Come li ricercò? Chi mandò nel luogo della nostra prigionia? Mandò il Redentore, secondo la parola dell’Apostolo: Dio inculca il suo amore per noi, poiché Cristo è morto per noi quando eravamo ancora peccatori 10A noi prigionieri mandò dunque il Redentore, nella persona del suo Figlio, e [gli] disse: Pòrtati la borsa, mettici dentro il prezzo di quei prigionieri. Ed egli si rivestì della carne mortale; e nella carne c’era il sangue che avrebbe versato e col quale saremmo stati riscattati. Con quel sangue raccolse i dispersi d’Israele. E se lui raccolse i dispersi dei tempi antichi, quanto non ci dobbiamo preoccupare noi per raccogliere quelli che adesso sono ancora dispersi? Se furono raccolti quei dispersi affinché, usati dall’architetto, fossero adibiti alla costruzione dell’edificio, come non bisognerà raccogliere quegli altri che per inquietudine sfuggirono di mano all’architetto stesso? Il Signore ricostruisce Gerusalemme. Ecco chi è colui che lodiamo, colui che dobbiamo lodare per tutta la vita. Il Signore ricostruisce Gerusalemme raccogliendo i dispersi d’Israele.

5. [v 3.] Come li raccoglie? Cosa fa per raccoglierli? Egli risana quelli che hanno il cuore spezzato. Ecco come, vengono raccolti i dispersi d’Israele: risanando coloro che hanno il cuore spezzato. Chi non spezza il cuore non viene risanato. Che significa: spezzare il cuore? Sappiatelo bene, o carissimi, e praticatelo affinché possiate essere risanati. È una cosa di cui si parla in molti altri passi delle Scritture e principalmente in quel passo dove un tale, cantando con la nostra voce, diceva: Poiché se avessi voluto un sacrificio, senz’altro te lo avrei offerto. Lo diceva a Dio: Se avessi voluto un sacrificio, senz’altro te lo avrei offerto: ma tu non ami gli olocausti 11E allora? Ci dispenseremo dall’offrire sacrifici? Ascolta cosa egli t’impone d’offrire. Continuando dice: Sacrificio gradito a Dio è lo spirito affranto. Dio non disprezza il cuore spezzato e umiliato 12Egli dunque sana chi ha il cuore spezzato nel senso che sta loro vicino per risanarli. Come anche in un altro passo è detto: Il Signore è vicino a quelli che spezzano il cuore 13Chi son coloro che spezzano il cuore? Gli umili. E coloro che non lo spezzano? I superbi. Comunque, il cuore spezzato viene guarito, il cuore gonfio d’orgoglio viene abbattuto. Anzi, con probabilità, se viene abbattuto è proprio perché, una volta spezzato, possa essere guarito. Fratelli, che il nostro cuore non presuma d’innalzarsi prima di essere raddrizzato: si innalzerebbe a suo danno se prima non si fosse raddrizzato a dovere.

La grazia opera la nostra trasformazione.

6. Egli risana i contriti di cuore, e fascia le loro fratture. Dice: Risana i contriti di cuore. In altre parole risana gli umili di cuore coloro che confessano, che si puniscono, che si giudicano con severità per poter esperimentare la sua misericordia. Ecco chi risana. La perfetta salute sarà però raggiunta al termine del presente stato mortale, quando il nostro essere corruttibile si sarà rivestito d’incorruttibilità e il nostro essere mortale si sarà rivestito d’immortalità 14: quando non saremo più esposti ad alcuna sollecitazione da parte della carne decaduta, la quale non solo non ci presenterà più del male cui consentiamo ma nemmeno alcuna [cattiva] suggestione che ci attragga. In effetti al presente, o miei fratelli, quante gioie illecite ci disturbano l’animo! Noi non vi consentiamo, volendo che le nostre membra servano alla giustizia, non alla colpa; tuttavia provar gusto per certe cose, anche senza consentirvi, è segno di non perfetta salute. Sarai però guarito, e lo sarai se avrai il cuore spezzato. Non arrossire! spezza piuttosto il tuo cuore, poiché Dio risana chi è contrito. Ma, dirai, cos’è quel che ora debbo fare? Secondo l’uomo interiore, provo diletto per la legge di Dio; ma vedo nelle mie membra un’altra legge, che lotta contro la legge della mia mente e che mi rende schiavo della legge del peccato 15. Cosa devi fare? Spezza il cuore, confessa! Avanti! pronunzia le parole che seguono: O me uomo infelice, chi mi libererà da questo corpo di morte? Dire: O me uomo infelice, è già spezzare il cuore. Si attenda la felicità colui che adesso riconosce la propria infelicità. Di’ dunque: O me uomo infelice, chi mi libererà da questo corpo di morte?, affinché ti si risponda: La grazia di Dio, per l’opera del nostro Signore Gesù Cristo 16Ma come riuscirà a liberarti quella grazia divina di cui ora abbiamo ricevuto il pegno? Ascolta lo stesso Apostolo; dice: Il corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito vive in grazia della giustizia. Se dunque lo Spirito di colui che risuscitò Gesù Cristo dai morti abita in voi, colui che risuscitò Gesù Cristo dai morti renderà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi 17. Questo pegno ha ricevuto il nostro spirito e per esso, mediante la fede, cominciamo a servire Dio e, sempre per la fede, ad essere chiamati giusti, poiché il giusto vive mediante la fede 18. Tutto quello invece che in noi si ribella e resiste proviene dalla mortalità della carne; ed è ciò che sarà risanato. Dice: Egli renderà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi 19. E questo è il motivo per cui ci ha dato il pegno: assicurarci che porterà a compimento le sue promesse. Ma per quel che concerne la vita presente, quando siamo ancora nella fede non nel possesso, cosa accadrà? In che modo verremo risanati? Egli risana chi ha il cuore spezzato, tuttavia la salute sarà perfetta nell’eternità, di cui parlavamo sopra. Per adesso quindi cosa [ci attenderemo]? Egli fascia le loro fratture. Dice: Egli cura chi ha il cuore spezzato, garantendone la perfetta salute nella resurrezione dei giusti. Attualmente si limita a fasciare le loro fratture.

Raddrizzare il cuore.

7. Quali sono le fasciature con cui si avvolgono le membra spezzate? È come quando i medici fasciano le fratture. Capita a volte – voglia anche qui comprendermi la vostra Carità e di fatto si tratta di cose che molti hanno potuto controllare o ne han sentito dai medici -, capita dunque a volte che un osso fratturato si riattacchi male, lasciando una stortura. Per raddrizzare l’arto, i medici debbono allora spezzare [l’osso] e aprire una nuova ferita perché la guarigione di prima era una malformazione, anzi una deformità. Orbene, dice la Scrittura, è vero che le vie del Signore son rette, ma il perverso di cuore si scandalizzerà in esse 20Che significa: Perverso di cuore? Uomo dal cuore non retto, uomo che ha il cuore tortuoso. Ritiene sballate tutte le cose dette da Dio, ritiene malfatte tutte le cose che Dio fa; e lo urtano tutti i giudizi di Dio, specialmente quelli per i quali è lui stesso trattato con severità; e si siede e discute sulle ” malefatte di Dio “, appunto perché Dio non si regola sulla volontà di lui. Quando uno ha il cuore non retto, non gli basta non raddrizzarsi in conformità con Dio, che anzi vuol piegare Dio stesso verso di sé. Cosa dice Dio dall’alto? Tu sei tortuoso, io sono retto. Se tu pure fossi retto, t’accorgeresti subito della mia rettitudine. È come se tu, in un pavimento ben livellato, volessi sistemare un tavolone storto: non ci si adatterebbe, traballerebbe da ogni lato e da ogni lato si muoverebbe. Questo non perché il pavimento sia mal livellato ma perché il tavolone è storto. Ne parla la Scrittura: Quanto è buono il Dio d’Israele con i retti di cuore! 21 E allora? come si raddrizza un cuore tortuoso? Il tuo è tortuoso e indurito. In tal caso prima bisogna spezzare e stritolare quel che è tortuoso e indurito, affinché poi lo si possa raddrizzare. Tu non sei in grado di raddrizzare il tuo cuore: pensa a spezzarlo e lui lo raddrizzerà. E come lo spezzi? Come lo stritoli? Con la confessione, imponendoti una pena per i peccati commessi. Cos’altro infatti significa il nostro batterci il petto? A meno che qualcuno, quando si batte il petto, non pensi che responsabili del peccato siano le nostre ossa! Il vero significato però è che vogliamo spezzare il cuore, perché venga raddrizzato dal Signore.

Valore dei riti sacramentali.

8. Sana dunque i contriti di cuore, cioè coloro che hanno il cuore spezzato, e la salute del cuore sarà perfetta quando si sarà realizzata anche la trasformazione del corpo che ci è stata promessa. Nel frattempo cosa fa il medico? Fascia le tue fratture, affinché tu possa raggiungere la più completa stabilità, nell’attesa che si consolidi ciò che è spezzato e fasciato. Cosa sono queste fasciature? Sono i sacramenti di ordine temporale. Sì, sono fasciature a rimedio delle nostre fratture i sacramenti temporali che nel frattempo usiamo e da cui traiamo consolazione. Tutti questi nostri discorsi, le tante parole che risuonano e passano, tutto ciò che nella Chiesa si compie di portata temporale, son fasciature per le fratture. In effetti, come il medico quando l’infermo è perfettamente guarito gli toglie la fasciatura, così è di noi. Nella città celeste, Gerusalemme, quando saremo diventati uguali agli angeli, cosa crediamo? che riceveremo anche lassù le stesse cose che riceviamo adesso 22? O che ci si dovrà ancora leggere il Vangelo perché la nostra fede resti salda? o che ci si dovranno imporre le mani da parte di qualche prete? Tutte queste pratiche son fasciature per le ossa fratturate. Raggiunta la piena salute, saranno tolte, ma a questa pienezza di salute non si arriverebbe se prima non fossimo stati fasciati. Egli dunque sana i contriti di cuore, e fascia le loro fratture.

Dio conosce chi sono i suoi.

9. [v 4.] Egli che numera la moltitudine delle stelle, e tutte le chiama per nome. Sarà forse impresa difficile a Dio contare la moltitudine delle stelle? L’hanno tentato anche gli uomini. Essi sapranno se son riusciti nell’impresa; sta però di fatto che non ci avrebbero provato se non avessero sperato di riuscirci. Ma lasciamo a loro [l’incombenza di precisare] cosa son riusciti a concludere e fino a che punto ci son riusciti. Quanto a Dio, non penso gli sia cosa complicata contare tutte le stelle. E se ne fa l’elenco, lo fa forse per non dimenticarsene? Ma cosa c’è di straordinario per Iddio contare le stelle, se dinanzi a lui son contati i capelli della testa di tanti uomini 23? È chiaro, fratelli, che Dio dicendo quelle parole vuol farci intendere qualcos’altro. Dice: Egli che numera la moltitudine delle stelle, e tutte le chiama per nome. Sono stelle certi luminari posti nella Chiesa per consolarci durante la nostra notte. Son coloro di cui dice l’Apostolo: Fra i quali voi risplendete come luminari nel mondo. E ancora: In mezzo a questa generazione ribelle e perversa, fra cui voi risplendete come luminari nel mondo, avendo la parola di vita 24Queste son le stelle che Dio conta: tutti coloro che regneranno con lui, tutti coloro che dovranno essere aggregati al corpo dell’Unigenito. Questi egli tiene contati e seguita a contare. Chi è indegno non viene incluso nel computo. Ecco, molti hanno abbracciato la fede e molti si sono aggregati al suo popolo attraverso una certa qual verniciatura della fede; egli però sa cosa contare e cosa spazzar via. Tanta è infatti oggi la eccellenza del Vangelo che si avvera quanto era stato predetto: Ho annunziato e raccontato: la loro moltitudine sorpassa ogni numero 25Ci sono quindi in seno al popolo [di Dio] anche degli, diciamo così, in sovrappiù. Che significa: Degli in sovrappiù? Ce ne son più di quanti non ne saranno lassù. Dentro queste pareti c’è più gente di quanta non ne sarà nel regno di Dio, nella Gerusalemme celeste. Costoro sono in sovrappiù. Ciascuno scruti se stesso per vedere se sia lampada che splende nelle tenebre o se al contrario non sia stato sedotto da qualche tenebrosa iniquità mondana. Se non sarà stato né sedotto né vinto, sarà come una stella che Dio tiene contata.

Dio ci chiama per nome se saremo animati dalla carità.

10. Dice: E tutte le chiama per nome. Qui sta tutto il premio: avere il nome presso Dio. E questo dobbiamo desiderare, questo perseguire, di questo per quanto possibile preoccuparci: che Dio conosca i nostri nomi; non godere delle altre cose, nemmeno di certi doni spirituali. Lo noti bene la vostra Carità. Molti doni sono nella Chiesa, come dice l’Apostolo. A uno è dato dallo Spirito il linguaggio della sapienza; ad un altro il linguaggio della scienza, secondo il medesimo Spirito; ad uno la fede nel medesimo Spirito; ad un altro il dono delle guarigioni; ad uno il discernimento degli spiriti, la capacità cioè di discernere fra spiriti buoni e spiriti cattivi; ad uno il genere delle lingue; ad un altro la profezia 26Che bei doni ha elencato! e quanti ne ha elencati! Eppure molti, per avere usato male tali doni, si sentiranno dire alla fine: Non vi conosco. E cosa replicheranno alla fine quei tali che si sentiranno dire: Non vi conosco? Signore, non abbiamo profetato nel tuo nome, e nel tuo nome non abbiamo scacciato i demoni, e nel tuo nome non abbiamo fatto molti miracoli? 27 Tutto questo [l’abbiamo fatto] nel tuo nome. Ed egli cosa risponderà loro? Non vi ho mai conosciuto: allontanatevi da me, operatori di iniquità 28Cosa significa, allora, essere un luminare del cielo capace di rallegrare la notte, senza che la notte possa offuscare lo splendore? Dice: Vi insegno infine una via che sorpassa ogni altra. Se parlo le lingue degli uomini e degli angeli ma non ho la carità, io sono un bronzo che suona o un cembalo che squilla 29Che gran dono, parlare le lingue degli angeli e degli uomini! Eppure, se non avessi la carità, dice, sarei un bronzo che suona o un cembalo che squilla. Dice ancora: Se conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, se avessi il dono della profezia e avessi una fede tale da trasportare le montagne (che doni straordinari, questi!), ma non avessi la carità, dice, non sarei niente. Qual dono sublime è affrontare il martirio e distribuire le proprie sostanze! Eppure dice: E se distribuissi anche tutti i miei beni ai poveri e dessi il mio corpo ad essere bruciato, se non ho la carità non mi giova a nulla 30Se pertanto uno non ha la carità, pur possedendo temporaneamente tutti questi doni, [alla fine] gli verranno tolti. Gli sarà tolto ciò che ha, poiché qualcosa effettivamente non ce l’ha e quel che non ha è proprio quel certo non so che da cui il resto è tenuto saldo e ci si evita la perdizione. E di che cosa parlava proprio ora il Signore dicendo: A chi ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha 31Chi dunque non possiede quella tal cosa si vedrà tolto anche ciò che ha. Ha la grazia di possedere [i doni] ma non la carità per servirsene: sicché non avendo questa, gli sarà tolto anche quello che ha. Ripensiamo ai discepoli. Colui che numera la moltitudine delle stelle e le chiama tutte per nomevoleva fare di loro delle stelle del cielo, voleva far loro battere la via più elevata [di tutte le altre], cioè voleva che avessero la carità. Ebbene un giorno, tornando dalla loro missione, pieni di gioia riferirono: Signore, anche gli spiriti immondi nel tuo nome ci ubbidiscono 32. Colui però che numera la moltitudine delle stelle e le chiama tutte per nome ben sapeva che molti gli avrebbero detto: Non abbiamo scacciato nel tuo nome i demoni?, e sapeva ancora quale risposta avrebbe loro dato alla fine, cioè: Non vi conosco, in quanto non li aveva contati fra la moltitudine delle stelle né li aveva chiamati per nome. In relazione a tutto questo, diceva pertanto ai discepoli:Non godete per il fatto che gli spiriti vi stanno soggetti, ma piuttosto godete perché i vostri nomi sono scritti in cielo 33. Colui che numera la moltitudine delle stelle e le chiama tutte per nome.

Parteciperemo della natura divina e comprenderemo Dio.

11. [v 5.] Grande [è] il nostro Signore. Eccolo pieno di allegrezza, eccolo eruttare in maniera ineffabile. Era incapace d’esprimere non so qual cosa, ma forse che era in grado di concepirla? Grande [è] il nostro Signore e grande la sua potenza, e la sua intelligenza è incalcolabile. Colui che enumera la moltitudine delle stelle non è numerabile. Grande [è] il nostro Signore e grande la sua potenza, e la sua intelligenza è incalcolabile. Chi potrebbe spiegare questa realtà? chi sarà in grado di farsi una qualunque idea di ciò che vien detto [con le parole]: E la sua intelligenza è incalcolabile? Oh, volesse il cielo che egli vi si riversi nell’intimo, e là dove noi siamo impari [al nostro compito] intervenga lui stesso, che è onnipotente, e illumini le vostre menti affinché comprendiate cosa significa la frase: La sua intelligenza è incalcolabile!Riflettete un istante, fratelli! È forse calcolabile la rena [del mare]? Per noi è incalcolabile, ma non lo è per Iddio. Se dinanzi a lui son numerati i capelli della nostra testa, è numerata anche la rena del mare. Sì, veramente, tutto ciò che il mondo presente abbraccia di incalcolabile, se è incalcolabile per l’uomo non lo è per Iddio. Dico poco: Non lo è per Iddio; anche gli angeli san calcolarlo. La sua intelligenza è incalcolabile. La sua intelligenza supera le risorse di tutti i contabili, e noi non siamo in grado di computarla. Del resto, chi potrebbe computare lo stesso numero? Tutte le cose che vengono contate, le si conta col numero; ma se tutto ciò che si conta vien contato col numero, non esiste numero per contare il numero e non c’è alcuna maniera di assegnare un numero al numero. Orbene, che senso ha ricercare in Dio da che cosa e dove abbia fatto tutte le cose quando a lui si dice: Hai disposto tutte le cose secondo misura, numero e peso 34? E d’altra parte ci sarà forse qualcuno in grado di enumerare, o misurare, o soppesare la misura e il numero e il peso secondo cui Dio ha disposto tutte le cose? Se ne conclude che la sua intelligenza è incalcolabile. Tacciano le voci umane e si rassegnino i pensieri umani. L’uomo non osi protendersi verso le cose incomprensibili con l’idea di volerle comprendere, [si contenti] solo di parteciparne [in qualche modo]: poiché in effetti ne parteciperemo. Non saremo ciò che comprenderemo né lo comprenderemo totalmente, ma ne godremo in parte, come fu detto di Gerusalemme, della quale Dio raccoglie i dispersi. Una gran cosa infatti fu preannunziata nei suoi riguardi, e cioè: Gerusalemme che si edifica come una città, a cui si partecipa nell’assoluto 35. Cosa intendeva con Nell’assoluto se non ciò che è immutabile? Le cose create possono esistere in maniere diverse; chi però le ha create non può esistere in maniere diverse. L’assoluto dunque è lui in persona conforme a quanto gli è stato detto: Le muterai e saranno mutate: ma tu sei sempre lo stesso e medesimo e i tuoi anni non verranno mai meno 36. Pertanto se lui è sempre lo stesso e medesimo, non può mutarsi sotto alcun aspetto. Quanto a noi, partecipando alla sua divinità saremo anche noi immortali nella vita eterna. E di tutto questo da parte del Figlio di Dio ci è stato dato un pegno di cui ho già parlato alla vostra Santità. Prima cioè che noi diventassimo partecipi della sua immortalità, egli si è reso partecipe della nostra mortalità. Pertanto, come lui è diventato mortale, non in forza della sua natura ma della nostra così noi diverremo immortali non per le risorse della nostra ma della sua natura. Ne saremo quindi partecipi. Nessuno ne dubiti: lo dice la Scrittura. Ma di che cosa saremo partecipi, quasi che presso Dio ci siano delle varie parti o Dio possa essere, diviso in parti? Chi sarà mai capace di spiegare come i molti possono essere partecipi di uno che è semplice? Non esigete dunque cose che (suppongo ve ne accorgiate voi stessi) non possono esporsi in maniera adeguata. Tornate piuttosto al rimedio del Salvatore. Spezzate il cuore, frantumate la durezza del vostro animo, spezzate la vostra ostinatezza interiore; accusatevi del male e rinascete nel bene. Il Signore vi raddrizzerà, fascerà le vostre fratture, renderà stabile la guarigione. E allora non ci saranno più impossibili le cose che adesso ci sono impossibili. Molto opportunamente infatti confessa la propria miseria colui che aspira a raggiungere la divinità. La sua intelligenza è incalcolabile.

L’oscurità della Scrittura e la necessità della mitezza.

12. [v 6.] Nelle parole che proseguendo dice, e cioè: Il Signore accoglie i mansueti, ti mostra cosa tu debba fare quando per difficoltà non capisci. C’è per esempio una cosa che non capisci, o capisci poco o non penetri a fondo. Onora la Scrittura di Dio, onora la parola di Dio, anche se non ti è palese. Animato da pietà, rimandane la comprensione. Non intestardirti nell’accusare la Scrittura o d’oscurità o di, chiamiamola così, assurda perversione. Nulla di falso è nella Scrittura. Se c’è qualcosa di oscuro, non è perché te se ne voglia negare la comprensione, ma perché tu ti alleni meglio e così te ne appropri. Eventuali oscurità ivi esistenti sono opera del medico, il quale ve le ha poste per farti picchiare: egli ha voluto che ti allenassi a picchiare, per poi aprire (questo pure ha voluto) a chi picchiava 37. Picchiando ti alleni, allenato diventi più capace, reso sufficientemente capace sarai in grado di contenere il dono. Non irritarti quindi se qualcosa ti è impenetrabile. Sii mite, sii mansueto! Non scalciare contro le difficoltà dicendo: Sarebbe stato meglio se avesse detto così. Con che diritto, in effetti, puoi tu permetterti di dire o di giudicare come sarebbe stato più opportuno dire? È stato detto come era doveroso dire. Non corregga il malato la ricetta delle sue medicine! Non l’ha corretta il medico e tu devi credere a chi ti cura. Come infatti prosegue? Il Signore accoglie i mansueti. Non opporre resistenza di fronte alle cose che Dio ti nasconde: sii mansueto, affinché egli ti accolga. Che se vorrai resistergli, ascolta quel che vien dopo: Ma umilia fino a terra i peccatori. Ci son molte categorie di peccatori, ma le parole: Ma umilia fino a terra i peccatori a quali peccatori si riferiscono se non alla categoria opposta ai mansueti? Il fatto stesso che dice: Il Signore accoglie i mansueti, ma umilia fino a terra i peccatori significa che ha inteso riferirsi a una particolare categoria di peccatori rapportandola con la mansuetudine nominata poco prima. In questo passo dunque per “peccatori” intendiamo gli uomini privi di mitezza, cioè i non mansueti. E perché li umilia fino a terra? Affinché loro, che disapprovano le realtà intelligibili, assaporino le realtà terrestri.

Le stravaganze della dottrina manichea.

13. Questo ha egli fatto a coloro che, prima di conoscere la legge, si permisero di deriderla. Non erano infatti gente mansueta. Mi voglia comprendere la vostra Carità. Ci fu un tempo una setta quanto mai scellerata, i manichei, che, ricevute e lette le Scritture, prese a deriderle. Si permise di biasimare quel che non capiva e a forza di sbraitare criticando ciò che non capiva, accalappiò molta gente. Ma questi messeri, che vollero far così, sono stati umiliati fino a terra: non essendo stato loro consentito di comprendere le cose celesti, dovettero contentarsi di gustare le cose terrene. Qualunque cosa ascolti nei loro racconti romanzati, altro non è se non bestemmie e certe immagini fantasiose di realtà corporali. Volendo comprendere Dio, si spinsero fino a pensarlo identico a questa luce visibile; più in là non seppero andare. E nel regno di Dio posero certe estensioni luminose simili a questo sole che vedevano, dicendole frutto della luce divina. Quanto poi a tutto ciò che si tocca mediante la terra-carne, è terra per Iddio. Noi infatti abbiamo risorse per vedere, udire, odorare, gustare e palpare. Questa carne, attraverso cinque messaggeri chiamati sensi, percepisce soltanto realtà corporali, mentre le realtà intelligibili e spirituali vengono percepite dalla mente. Comunque loro, posti di fronte alle difficoltà della Scrittura, si misero a beffarle; mentre in realtà esse erano state poste sotto chiave per abituare gli uomini a picchiare, non perché dovevano essere a noi negate quasi fossimo bambini. Sta di fatto che essi sono stati umiliati fino a terra, tanto da non riuscire a pensare oltre ciò che si percepisce mediante la terra. Cosa intendo dire parlando di terra? La carne. Difatti la nostra carne è terra e trae origine dalla terra. Tutto ciò che apprendi con l’occhio è roba di questa terra, e così ciò che senti con l’orecchio, con l’odorato, col gusto e col tatto è roba terrena, in quanto viene percepito mediante la terra. Si capisce pertanto com’essi non fossero in grado di comprendere l’intelligenza, che è senza numero, come sta scritto: Della sua intelligenza non esiste numero. Essi dunque si diedero a biasimare le Scritture, che a nostra salvezza celano la propria comprensione con delle realtà misteriose affinché i piccoli vengano posti sotto sforzo. Con tale biasimo divennero loro stessi strafottenti, che è il contrario di mansueti, e per questo furono umiliati fino a terra. Non riuscirono cioè a concepire un Dio che non fosse corporeo, e furono costretti a pensare in maniera corporea riguardo a tutto ciò che avessero voluto pensare di lui.

Difficile la comprensione delle realtà spirituali.

14. [v 7.] Dio dunque umilia i peccatori fino a terra. E noi, per non essere umiliati fino a terra, cosa dobbiamo fare? Gran cosa è progredire fino al livello delle cose intelligibili e spirituali; gran cosa è per il cuore raggiungere quella scienza che insegna esistere qualcosa non esteso localmente né variabile col variare del tempo. Che sorta di sapienza è mai questa? Chi riuscirà a immaginarla? È allungata? è quadrata? è rotonda? Sta forse un po’ qui e un po’ là? Qualcuno, non so chi, suppone questa sapienza in oriente, qualche altro in occidente. Se pensano rettamente nei suoi riguardi, pur così distanti fra loro, essi hanno tutt’e due vicino a sé tutt’intera la sapienza. Cos’è mai questo? Chi ci capisce qualcosa? Chi è in grado di comprendere questa sostanza, questa natura in certo qual modo divina e immutabile? Non esser frettoloso, potrai comprendere. Ascolta il seguito del salmo. Dice: Iniziate col confessare al Signore. Da qui comincia se vuoi pervenire alla comprensione illuminante della verità. Se dalla via della fede vuoi arrivare al possesso attraverso la visione, incomincia col confessare. Prima accusati! Accusa te e loda Dio. Invoca colui che non ancora conosci, affinché venga e ti si manifesti, o meglio, non affinché lui venga ma ti conduca a sé. Come infatti potrebbe venire lui che non si allontana mai da alcun luogo? Ecco pertanto la perfezione della sapienza: è in ogni luogo ed è lontana dai cattivi; è in ogni luogo – dico – ed è lontana dai cattivi, dovunque si trovino. Di grazia, chi son coloro dai quali è lontana una realtà che è presente ovunque? E questo, secondo voi, per quale motivo se non perché si adagiano nella loro dissomiglianza, cancellando in sé la somiglianza con Dio? Si sono allontanati perché diventati difformi; riprendano l’antica forma e tornino. Su qual fondamento, dirà, ci dovremo riformare? o in qual maniera [ci dovremo riformare]? Iniziate col confessare al Signore. E dopo la confessione cosa ci resta ancora? Seguano le opere buone! Salmeggiate al nostro Dio nella cetra.Cosa significa: Nella cetra? Ve l’ho già spiegato. Come altrove il salmo esigeva il salterio, così qui è richiesta la cetra. [Si deve cantare] non solo con la voce ma con i fatti. Salmeggiate al nostro Dio nella cetra.

I veli delle Scritture.

15. [v 8.] Su dunque! confessate, compite le opere di misericordia: Salmeggiate al nostro Dio. A quale nostro Dio? Egli che copre di nubi il cielo. E che significa: Egli che copre di nubi il cielo? Che cela la Scrittura dietro figure e sacramenti. Colui che umilia i peccatori fino a terra, colui che accoglie i mansueti copre di nubi il cielo. E chi riuscirà a vedere il cielo quando è coperto da nubi? Non temere! Ascolta il seguito. Egli che copre di nubi il cielo e alla terra prepara la pioggia. Egli copre di nubi il cielo:sei spaventato perché non vedi il cielo. Non appena sarà piovuto, porterai frutto e rivedrai il sereno. Copre di nubi il cielo e alla terra prepara la pioggia. Forse il Signore nostro Dio ha già fatto questo. Se infatti nella Scrittura non ci fossero state delle difficoltà, noi non avremmo avuto l’occasione di esporvi queste cose e voi non ne avreste goduto. Forse dunque è proprio questa la pioggia che vi rallegra. Né ci sarebbe stato motivo di spiegarvi la verità con le nostre parole, se Dio non avesse coperto con le nubi del simbolismo il cielo delle Scritture. Se dunque egli copre il cielo con delle nubi, lo fa per preparare la pioggia che bagni la terra. Se volle che le espressioni dei profeti fossero oscure, lo fece per dare ai servi di Dio materia da spiegare, come per irrorare gli orecchi e il cuore degli uomini, i quali proprio da queste nubi di Dio avrebbero attinto in abbondanza il nutrimento della letizia spirituale. Egli che copre di nubi il cielo e alla terra prepara la pioggia.

I ministri della Chiesa mantenuti dal popolo.

16. Egli che fa sorgere il fieno sui monti, e l’erba a servizio degli uomini. Ecco i frutti della pioggia. Dice: Egli che fa sorgere il fieno sui monti. Forse che non lo farà nascere anche nelle bassure? Ma, quel che è eccezionale, anche sui monti. Chiama monti i grandi del secolo; e tu in questo passo devi intendere per ” monti ” coloro che rivestono qualche dignità [veramente] grande. Nulla di straordinario nel fatto che una non so quale vedova abbia gettato nell’erario del tempio due spiccioli 38. Era la terra, e una terra umile, che produceva il suo frutto 39. Ma anche il monte ha prodotto [il fieno]. Ecco Zaccheo, quel principale tra i pubblicani. Qui sì che la cosa fu sorprendente: un monte produsse del fieno. Si sa infatti che l’uomo più è altolocato più è avaro; quanto più in auge per grandezze mondane, tanto più attaccato alle proprie ricchezze. Ricordate quel tale che se ne partì triste. Era andato dal Signore per chiedergli un consiglio sulla vita eterna e lo aveva chiamato ” Maestro buono “, dicendogli: Che debbo fare per avere la vita eterna? E Gesù: Osserva i comandamenti. Quali? E il Signore gli elencò i precetti della legge. Ma queste cose le ho osservate fin dalla mia fanciullezza. Gli replicò [il Signore]: Ti manca una cosa sola. Vuoi esser perfetto? Va’, vendi tutto ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi 40Cosa gli disse il Signore? Ecco, tu sei un monte: ricevi la pioggia e produci il fieno. Cosa infatti vorresti dare? Non forse il fieno? Cosa sono infatti se non fieno tutti i doni che i ricchi fanno alla Chiesa per sopperire alle necessità dei servi di Dio? Son cose materiali, che fan la loro figura per un certo tempo; tuttavia con tali offerte non si va in cerca di vantaggi materiali. Osserva cosa acquisti con l’offerta di cose insignificanti. Mostrando come fossero proprio fieno, diceva l’Apostolo: Se abbiamo seminato fra voi i beni spirituali, sarebbe forse gran cosa se mietessimo dei vostri beni temporali? 41 E ascolta come tutte le cose materiali siano fieno. Ogni carne è fieno, e tutta la gloria dell’uomo è come un fiore d’erba 42Si comprende quindi come quel tale se ne andasse in preda alla tristezza e perché il Signore uscisse in quelle parole: Quanto è difficile che un ricco entri nel regno dei cieli! 43 Grande impresa, dunque, che il Signore faccia sorgere sui monti il fieno. Ma in che modo fa sorgere sui monti il fieno, se quel ricco, udito che doveva dare ai poveri i suoi beni, se ne andò triste? Cosa rispose più tardi [il Signore] agli Apostoli rattristati? Ciò che è difficile agli uomini, è facile a Dio 44Fa dunque sorgere il fieno sui monti, colui per il quale tutte le cose son facili. In realtà, nulla sarebbe più sterile dei monti pietrosi; eppure, se lui manda la pioggia, fa sorgere sui monti il fieno e l’erba per la servitù degli uomini. Chi è questa servitù? Investiga lo stesso Paolo. Dice: E noi servi vostri per Gesù Cristo. Già dicendo: Se abbiamo seminato fra voi i beni spirituali, sarebbe forse gran cosa se mietessimo dei vostri beni temporali? 45 si qualifica come servo. E veramente noi siamo vostri servi, fratelli. Nessuno di noi ha da dirsi più grande di voi. Saremo più grandi se saremo più umili. È dottrina del Signore: Chiunque di voi vuol essere il più grande sia vostro servo 46Egli dunque fa sorgere sui monti il fieno e l’erba per la servitù dell’uomo. È vero che l’apostolo Paolo, vivendo del lavoro delle sue mani, si rifiutò di accettare codesto fieno dei monti, e preferì assaporare il bisogno; tuttavia, per quanto stava ai monti, essi davano il loro fieno. In effetti, forse che, per il fatto che lui si rifiutava di accettarlo, i monti da parte loro non avrebbero dovuto produrne ma rimanere infruttuosi? Alla pioggia spetta produrre frutti; spetta al servo avere il cibo, come diceva il Signore: Mangiate della loro mensa 47E affinché non pensassero che fosse roba propria quel che davano, spiegava: L’operaio è degno della sua mercede.

Come sovvenire alle necessità della Chiesa.

17. Fratelli, abbiamo già in precedenza avuto occasione di parlarvi su questo argomento, e ci sta sommamente a cuore dirvi che, quando ne parliamo lo facciamo non perché vogliamo da voi sovvenzioni materiali; proprio per questo motivo, anzi, possiamo parlare più francamente. Tuttavia, anche nell’ipotesi che vi chiedessimo qualcosa, cercheremmo il vostro fruttato, cioè non i vostri beni materiali ma la [pratica della] vostra giustizia. Comunque, mi limiterò a poche esortazioni, poiché già abbiamo parlato molto e il discorso deve una buona volta terminare. Se non volete essere infruttuosi ma in proporzione della pioggia dare proventi, e così evitare la condanna per la vostra sterilità, imponetevi voi stessi un tributo, siate voi stessi gli incaricati della riscossione. Dio infatti minaccia il fuoco alla terra infeconda e coperta di spine, mentre prepara i granai per la terra feconda 48. Pur senza parlare Cristo esige da voi [le debite prestazioni]; e sebbene taccia, la sua voce è molto forte, dal momento che nel Vangelo non tace. Ed effettivamente non tace ma nel Vangelo inculca: Fatevi degli amici con le ricchezze inique affinché vi ricevano nei tabernacoli eterni 49Egli non tace: ascoltate la sua voce. Nessuno infatti può [per diritto] venire a riscuotere qualcosa da voi, a meno che in qualche caso non ci sia bisogno che quelli che sono al vostro servizio nel Vangelo siano costretti a chiedervi qualcosa. Ma se si sarà giunti a questo estremo che essi debbono mendicare [da voi il sostentamento], osservate se non siano vane le richieste che voi da parte vostra presentate a Dio. Siate dunque voi stessi gli incaricati della riscossione, di modo che quelli che sono al vostro servizio nel Vangelo non dico non siano costretti a chiedervi l’elemosina (poiché, anche se costretti, forse nemmeno lo farebbero) ma nemmeno vi rimproverino col loro silenzio. A questo proposito sta scritto: Beato chi capisce il misero e il povero 50. Dicendo: Chi capisce il misero e il povero, designa colui che non aspetta d’essere richiesto. Sii intelligente nei suoi confronti! C’è il povero che viene in cerca di te e c’è il povero che tu stesso devi cercare. Miei fratelli, sono nominati tutt’e due. Di uno è stato letto or ora: Da’ a chiunque ti chiede; dell’altro dice la Scrittura in un altro passo: Trasudi l’elemosina in mano tua finché non trovi un giusto a cui darla 51. Ecco dunque! C’è uno che viene in cerca di te e un altro che tu stesso devi cercare. Non devi lasciare a mani vuote colui che ti chiede [l’elemosina]; infatti dice: Da’ a chiunque ti chiede. Ma c’è anche quell’altro del quale devi tu stesso metterti in cerca. [Dice]: Trasudi l’elemosina in mano tua finché non trovi un giusto cui darla. Non riuscirete a praticare questo precetto se non metterete da parte qualcosa di quello che possedete (quanto a ciascuno riesce secondo le disponibilità delle proprie finanze domestiche), quasi che lo dobbiate consegnare a una specie di fisco. Cristo infatti, come ha una sua società organizzata, così ha un suo fisco. E sapete cosa sia il fisco? Il fisco è un cesto da cui poi derivano le parole ” cestello ” e ” cestino “. Non dovete credere che il fisco sia un mostro, perché si ha timore quando si ode parlare dell’esattore del fisco. Il fisco è un recipiente pubblico. Una specie di fisco possedeva il Signore quand’era sulla terra e di lui si dice che aveva la borsa, la quale era affidata a Giuda. Il Signore tollerava Giuda, traditore e ladro 52, e in questa maniera ti mostrava la pazienza da aversi in ogni occasione. Sta però di fatto che quanti gli facevano delle elargizioni le versavano nella borsa del Signore. Né dovete peraltro credere che il Signore andasse a mendicare o si trovasse nell’indigenza, lui al quale servivano gli angeli e che sfamò con cinque pani diverse migliaia di uomini. Perché allora volle trovarsi nel bisogno se non per dare l’esempio ai monti e insegnar loro che dovessero produrre fieno e non rispondere alla pioggia con la sterilità? Orbene, voi pure sottraete qualcosa [al vostro bilancio] e stabilite una sovvenzione fissa, tratta dai proventi annuali o dagli introiti quotidiani. In effetti, se dovrai stendere la tua mano a prelevare del denaro che antecedentemente non avevi designato, ti sembrerà di doverti strappare qualcosa di vivo, e quindi la tua mano resterà indecisa. Separa una certa qual parte dei tuoi redditi. Vuoi una decima parte? Separa questa decima parte, che peraltro è un po’ poco. Che dessero la decima è detto dei farisei. Io digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo 53. Ora, cosa dice il Signore? Se la vostra giustizia non sarà più abbondante di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli 54. Colui che tu devi superare per l’abbondanza della tua giustizia dà le decime; ma tu non dài nemmeno l’uno per mille! Come superare in giustizia colui col quale non stai nemmeno alla pari? Egli, che copre di nubi il cielo e alla terra prepara la pioggia, che fa sorgere il fieno sui monti e l’erba per la servitù degli uomini.

I corvi e i figli dei corvi.

18. [v 9.] E dà il suo cibo al bestiame. Chiama bestiame i numerosi greggi di Dio. Dio non priva del cibo il suo gregge ma glielo fornisce per mezzo di uomini, facendo spuntare l’erba per i servi dell’uomo. Ne parla l’Apostolo dicendo: Chi pasce il gregge e non se ne ciba del latte? 55 Egli dà il suo cibo al bestiame e ai pulcini dei corvi che lo invocano. Crederemo sul serio che i corvi invocano Dio affinché dia loro da mangiare? No, non pensate che un essere irrazionale possa invocare Dio: nessun vivente è in grado d’invocare Dio se non chi ha l’anima razionale. Prendete l’espressione in senso figurato e non credete, come dicono certi empi, che le anime umane trasmigrino negli animali, cani, porci, corvi. Cacciate via dal vostro cuore e dalla vostra fede simili persuasioni 56. L’anima umana è stata creata ad immagine di Dio ed egli non permetterà che la sua immagine sia data al cane o al porco. Cosa significa allora: E ai pulcini dei corvi che lo invocano? Chi sono i pulcini dei corvi? Gli israeliti pensavano d’esser loro i soli giusti per il fatto d’aver ricevuto la legge. Quanto agli altri uomini, di qualsiasi nazione fossero, li ritenevano tutti peccatori. E in realtà tutte le genti erano nel peccato, nell’idolatria: adoravano la pietra e il legno. Ma forse che sono rimaste così? Sebbene non l’abbiano fatto i corvi, cioè i nostri padri, tuttavia i pulcini dei corvi, cioè noi stessi, invochiamo Dio. Dà il suo cibo al bestiame e ai pulcini dei corvi che lo invocano. Pulcini dei corvi son coloro ai quali l’apostolo Pietro dice:Poiché voi sapete che non per mezzo dell’argento e dell’oro corruttibili siete stati riscattati dalla vana maniera di vivere ereditata dai vostri padri 57. Questi pulcini dei corvi infatti, che a prima vista sembravano adorare i simulacri come i loro padri, in realtà han fatto dei progressi e si son convertiti a Dio; ed ecco tu ascolti il pulcino del corvo che invoca l’unico Dio. ” Cos’è mai questo? “, dici al pulcino del corvo, ” hai rotto i ponti con tuo padre? ” ” Certo che l’ho rotti. Lui infatti era un corvo che non invocava Dio; io, pulcino del corvo, lo invoco “. E ai pulcini dei corvi che lo invocano.

Non gloriarsi delle dignità terrene.

19. [v 10.] Egli non farà conto del vigore del cavallo. Il vigore del cavallo è la superbia. Il cavallo infatti sembra fatto apposta per essere una specie di supporto dell’uomo, il quale così incede più alto. Inoltre ha il collo elevato, mostrando in questo una nota di superbia. Non si inorgogliscano gli uomini per le loro dignità né si ritengano altolocati per gli onori [che ricevono]! Badino piuttosto a non precipitare dal loro cavallo indomito. Osserva cosa si dice in un altro salmo: Questi nei carri, quelli nei cavalli, noi invece saremo glorificati nel nome del Signore Dio nostro 58. E vuol dire: loro si gloriano degli onori temporali, noi ci glorieremo nel nome del Signore nostro Dio. E come conseguenza, a loro cosa succede? Notate il seguito: Essi furono presi al laccio e caddero ma noi ci rialzammo e ci drizzammo in piedi. Egli non farà conto del vigore del cavallo né si sentirà sicuro nelle tende dell’uomo. Dice: Nelle tende dell’uomo. Tenda del Signore infatti è la santa Chiesa diffusa in tutto il mondo. Ora gli eretici, dividendosi dalle tende della Chiesa, si eressero delle tende proprie: ma di queste tende opera dell’uomo Dio non si compiace. Quanto a te, osserva questo pulcino dei corvi e ascolta cosa dice. Ho preferito essere abietto nella casa del Signore piuttosto che abitare nelle tende dei peccatori 59. In effetti, se a una persona buona, pia, convinta della propria meschinità, insomma un pulcino dei corvi fedele a Dio, capita per disavventura di non incontrare nella Chiesa onori temporali, non per questo se ne esce fuori dalla Chiesa; non per questo si costruisce una tenda fuori della stessa Chiesa, una tenda verso la quale Dio non nutre sentimenti di benevolenza. Ma cosa dice? Ho preferito essere abietto nella casa del Signore piuttosto che abitare nelle tende dei peccatori. Né si sentirà sicuro nelle tende dell’uomo.

Temere Dio e sperare in lui.

20. [v 11.] Infine cosa aggiunge? Si compiace il Signore di chi lo teme, di chi spera nella sua misericordia. Il Signore nutre sentimenti benevoli verso coloro che lo temono. Ma che forse si teme Dio come si teme un brigante? In effetti anche del brigante si ha timore, e lo si ha delle belve, e ancor più dell’uomo ingiusto e potente. Sicompiace il Signore di chi lo teme. Ma come lo temono? Di chi spera nella sua misericordia. Ecco, lo temette anche Giuda, traditore di Cristo, ma non sperò nella sua misericordia. Più tardi si pentì d’aver tradito il Signore e disse: Ho peccato, ho tradito il sangue innocente 60. Va bene che hai temuto, ma avresti dovuto insieme sperare nella misericordia di colui che temevi. Invece lui disperato andò ad impiccarsi. Temi dunque il Signore, ma sperando nella sua misericordia. Se temi il brigante, l’aiuto l’aspetti da un altro, non da colui che temi: per salvarti da colui che temi chiedi aiuto a uno che non temi. Se temi Dio in questa forma e lo temi perché sei peccatore, chi ti potrà aiutare contro Dio? Dove andrai? Che farai? Ti metterai a fuggire lontano da lui? Fuggi piuttosto verso di lui! Vuoi fuggire dalla collera di Dio? Placa la sua collera e poi fuggi da lui. Lo placherai sperando nella sua misericordia. Inoltre, per quanto riguarda l’avvenire, evita il peccato affinché, quando andrai a supplicare il Signore per le tue colpe passate, ti siano da lui rimesse. A lui l’onore e il regno insieme col Padre e lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.

SUL SALMO 147

ESPOSIZIONE

DISCORSO AL POPOLO

Discorso differito.

1. La vostra Carità ricorda certamente come noi abbiamo rimandato a oggi il discorso sul salmo che abbiamo or ora cantato. In effetti è lo stesso [dell’altra volta]: quello cioè che domenica scorsa leggemmo e cominciammo anche a spiegare. Ma in quella occasione, impressionati dal brano evangelico che era stato letto, c’intrattenemmo su di esso, pervasi noi stessi da grande timore e convinti della sua utilità nei vostri confronti. Era il brano in cui il Signore inculcava la realtà dell’ultimo giorno e ingiungeva a noi di aspettare guardinghi e desti la sua venuta 1. Spaventandoci con esempi al fine di farei evitare la condanna nel giudizio, diceva che la venuta del Figlio dell’uomo sarebbe avvenuta come nei giorni di Noè. Mangiavano e bevevano, compravano e vendevano, si maritavano e s’ammogliavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e tutti perirono 2. Eravamo preoccupati e un grande timore ci invadeva lo spirito: qual è infatti il credente che non si sentirebbe intimorito [da tali parole]? Per questo motivo c’intrattenemmo quanto ci fu consentito su quell’argomento, con l’intenzione che il nostro dire rimanesse scolpito nei vostri costumi enella condotta della vostra vita (vostra e di noi tutti), in modo da poter attendere quel giorno con tranquillità, non solo ma anche desiderarlo. Se infatti amiamo Cristo, dobbiamo ovviamente desiderarne la venuta. È un controsenso, e non so se corrisponda a verità, temere che venga colui che si ama, pregare invocando che venga il suoregno 3 e temere d’essere esauditi. Perché poi temere? perché viene il giudice? Ma forse che si tratta d’un giudice ingiusto, malevolo, invidioso? d’un giudice che per conoscere la tua causa aspetta le informazioni da un altro? In tal caso infatti potrebbe capitarti la disavventura che colui al quale hai fornito [il tuo materiale] o per disonestà ti tradisca o perché dotato di minore facondia e abilità faccia fiasco e non riesca a dimostrare a parole la tua innocenza. Nulla di tutto questo. Chi è infatti colui che deve venire? Perché non te ne rallegri? Chi verrà a giudicarti se non colui che per tuo amore s’è fatto giudicare? Non temere l’accusatore del quale egli disse: Il principe di questo mondo sarà cacciato fuori 4. Non temere il cattivo avvocato! Colui che un giorno sarà tuo giudice è adesso tuo avvocato. Ci sarà lui e ci sarai tu con la tua causa. L’arringa della tua causa è l’attestato della tua coscienza. Se pertanto hai timore del giudice venturo, chiunque tu sia, rettifica adesso lo stato della tua coscienza. O ti sembra forse cosa da poco che egli non ti domandi conto dei tuoi trascorsi? Allora giudicherà senza accordarti dilazioni ma adesso, mentre t’impone i precetti, quanto tempo non ti lascia? Allora non ci sarà più possibilità di ravvedersi; ma chi ti proibisce di ravvederti adesso? Son, queste, le cose che in realtà occorre predicare, le sole cose. Ebbene, domenica scorsa, mentre con ardore inculcavamo tutto questo, ci passò via un bel po’ di tempo e fummo costretti a rimandare a oggi il presente salmo, che pur avevamo iniziato ad esporre. Eccolo dunque pronto! Volgiamo ad esso la nostra attenzione; anzi, volgiamola a Dio che nella sua misericordia si è degnato somministrarci queste sue parole ad opera dello Spirito Santo, conformandosi ai bisogni della nostra fragilità che egli ben conosce. In effetti, qual è il malato che si permetterebbe di dare dei suggerimenti al [proprio] medico?

Espressioni particolarmente difficili del salmo.

2. Durante la lettura [del salmo] molti di voi o tutti, credo, vi sarete accorti che esso contiene dei versi per comprendere i quali occorre bussare con insistenza. Sono soprattutto quelli nei quali si dice: Egli, fa cadere la neve come lana e sparge la nebbia come cenere; manda il suo ghiacciaio come pezzi di pane: chi può reggere al suo freddo? 5 Ascoltando queste parole, ci sarà chi le prenda alla lettera e pensi alle [diverse] creature di Dio. Chi infatti manda la neve se non Dio? e chi spande la nebbia se non Dio? e chi, se non lui, rende il ghiacciaio duro come cristallo? Inoltre a queste tre creature si contrappongono degli oggetti somiglianti e corrispondenti a ciascuna di esse. Non è infatti molto dissimile la lana dalla neve né la cenere dalla nebbia, né le fette di pane bianco differiscono dalla trasparenza e dal candore del ghiacciaio. Il quale ghiacciaio è una superficie caratteristica, simile al vetro, ma di color bianco. Di esso han tramandato notizie persone competenti, sicché non possiamo dubitare di fronte alla testimonianza fornitaci dalla Scrittura, che è fedelissima. Riguardo dunque al ghiacciaio ci è stato tramandato che, quando la neve dura parecchi anni senza mai sciogliersi, si congela in modo tale che non ne è facile lo scioglimento. Quando si tratta della neve dell’ultimo inverno, all’arrivo dell’estate successiva si liquefà; questo perché non è intervenuta la durata nel tempo a consolidarne la durezza. Quando invece si sono ammucchiate l’una sull’altra parecchie nevicate per la durata di diversi anni, con la loro mole superano gli assalti della calura estiva, e non di una sola estate ma anche di parecchie. Questo capita soprattutto nel Nord cioè in quelle regioni della terra nelle quali nemmeno d’estate il sole raggiunge il massimo di calore, sicché la stessa compattezza [della neve] consolidandosi col passare di diversi anni assume quell’aspetto che è chiamato ghiacciaio. Mi stia attenta la vostra Carità! Cos’è allora il ghiacciaio? È neve che le gelate di molti anni han reso solida al segno che difficilmente si squagli al sole o al fuoco. Abbiamo esposto alquanto diffusamente questo argomento perché molti non lo conoscono. Né d’altra parte quelli che lo conoscono debbono ritenere gravoso il discorso su una cosa conosciuta, quando tale discorso lo si fa non per loro ma per gli altri che ignoravano la materia. Quando dunque dalla voce del lettore avete ascoltato quei versi, son certo che vari sono stati i vostri pensieri. Alcuni avranno detto e detto conforme a verità: Grandi [davvero sono] le opere del Signore, e di queste opere è stata ricordata solamente una minima parte, una parte terrena ed esperimentabile quasi ogni anno. Tale la neve che Dio manda, la nebbia che sparge, e anche il ghiacciaio che indura. Altri invece si saran detti: Ma chi sa se tutte queste cose siano state incluse nella Scrittura senza un motivo [superiore] e tutto il loro contenuto debba esaurirsi in quello che suonano [le parole]? Perché non dovrebbero rappresentarci qualche altra cosa quella neve e quella lana o la nebbia e la cenere, o il ghiacciaio e il pane? Ma in tal caso, perché la Scrittura ci ha voluto parlare per via di similitudini, oscure quasi come caligine? Non sarebbe stato meglio se avesse parlato con maggiore chiarezza? Perché debbo star lì a cercare o a scervellarmi per trovare il significato di quelle espressioni? Perché dover faticare tanto nell’ascolto? Perché, spesse volte, ascoltato il salmo, me ne torno via ignorante come prima? Proprio di questo parlavo un istante fa quando dicevo: Làsciati curare; è così che devi riottenere la guarigione. Molto superbo e sconsiderato è il malato che osa dare dei suggerimenti al medico, anche al medico uomo. Oserà il malato dar consigli al medico? Quando poi l’uomo è il malato e Dio il medico curante, è un magnifico inizio di guarigione, frutto di pietà, credere che le cose dovevano esser dette così come [di fatto] sono state dette. Così, anche se non sai il perché di quanto è stato detto. Anzi sarà proprio questa pietà a renderti capace di chiedere [il senso di] ciò che è stato detto e di trovarlo dopo che l’avrai chiesto e di goderne dopo che l’avrai trovato. Ci assista dunque dinanzi al Signore nostro Dio il fervore delle vostre preghiere, sicché egli, se non per i meriti nostri, certamente per i vostri si degni donarci quanto nel salmo è nascosto e a noi sfugge. Ricorderete come vi abbiamo promesso una giornata di spettacolo e di rappresentazione divini. Ebbene, adesso che questi versi vi sono stati letti ma non ancora esposti, fate conto che noi ivi abbiamo presentato come dei bagagli del nostro primo Attore, ma che questi bagagli siano ancora avvoltolati. Se ve li presentiamo avvoltolati, è certamente perché vogliamo vedere senza l’involucro che li avvolgeva. Preparatevi quindi non solo a guardare ma anche a lasciarvi vestire.

La vita presente e la vita futura.

3. Se la vostra Carità lo ricorda (dico di coloro che erano presenti), domenica scorsa dicevamo che il brano evangelico che ci trattenne così a lungo da farci rimandare ad altro giorno la spiegazione del salmo era stato scelto proprio perché s’intonasse col salmo stesso. Così dicemmo allora, ma non ci fu possibile dimostrarlo perché dovemmo rinviare il salmo. Oggi quindi dovremmo dimostrare anche questa corrispondenza. Quanto al brano evangelico, ne fummo atterriti poiché riguardava l’ultimo giorno 6. Un tale timore però genera tranquillità, in quanto mossi da timore stiamo in guardia e stando in guardia otteniamo la tranquillità. In effetti, come una tranquillità frutto di disordine spinge al timore, così la preoccupazione che nasce dall’ordine genera tranquillità. E il timore che allora provammo tendeva a non farci amare, quasi fosse l’unica, la vita presente, vita che ogni giorno si attenua, vola via, è transitoria. Comunque, se non ce n’è un’altra, amiamola pure; in questo caso però, se cioè non c’è un’altra vita, son più fortunati di noi coloro che oggi hanno passato la notte all’anfiteatro. Cosa dice infatti l’Apostolo? Se noi riponiamo la nostra speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo i più miserabili di tutti gli uomini 7C’è dunque un’altra vita. Ciascuno nella sua fede interroghi Cristo. Ma la fede dorme! Si capisce che sei sbattuto dai marosi, se Cristo dorme nella [tua] barca. Ecco Gesù che dormiva nella barca che ondeggiava sulle acque turbate dalla furiosa procella 8. Ondeggia parimenti il cuore quando Cristo dorme. Ma, se Cristo è sempre desto, che vuol dire: Cristo dorme? Che dorme la tua fede. Cosa stai lì a farti sbatacchiare dalla tempesta del dubbio? Sveglia Cristo, desta la fede: guarda con gli occhi della fede alla vita futura per ottenere la quale hai creduto e sei stato segnato col segno [di Cristo]. Anzi, se lui personalmente visse da uomo come te, lo fece per mostrarti come debba essere disprezzata la vita che tu amavi e con che forza si debba sperare quella che tu nemmeno supponevi. Occorre che desti la fede e ne volgi l’occhio alla sorte che ci attende alla fine, che pensi al mondo avvenire quando, tornato di nuovo il Signore, compiuto il giudizio e consegnato ai santi il regno dei cieli, noi saremo nella gioia. Se penserai a quella vita e al quieto agire che in quella vita ci terrà occupati (cose tutte delle quali abbiamo spesso parlato), o carissimi, non saremo ondeggianti nelle nostre occupazioni; sarà un agire pacato e pieno di dolcezza, non interrotto da alcuna molestia, non piagato da alcun affaticamento né turbato da alcuna nube. Quale sarà la nostra occupazione? Lodare Dio: amarlo e lodarlo; lodarlo nell’amore e amarlo nella lode. Beati coloro che abitano nella tua casa: ti loderanno nei secoli dei secoli 9E perché questo, se non perché ti ameranno nei secoli dei secoli? Perché questo, se non perché ti vedranno nei secoli dei secoli? E questo vedere Dio, o miei fratelli, quale spettacolo non sarà mai? Si presenta alla folla uno dei giochi venatori e la folla va in delirio. Guai a loro, miseri, se non si ravvederanno! Chi gioisce alla vista del gladiatore [venatorio] proverà molta amarezza alla vista del Salvatore. E cosa può esserci di più miserabile di uno per il quale il Salvatore non è causa di salute? Né c’è da stupirsi che Dio liberatore non sia motivo di salvezza per chi prova piacere nell’uomo che s’ammazza combattendo. Quanto a noi, fratelli, se ci ricordiamo d’essere fra le sue membra, se lo desideriamo e vi perseveriamo, noi lo vedremo e ne godremo. Quella città sarà per cittadini completamente purificati; non vi sarà ammesso alcun sedizioso o turbolento. Lo stesso nemico che invidioso tenta d’impedire che noi arriviamo a quella patria, lassù non potrà più insidiare nessuno; anzi non gli sarà consentito nemmeno d’entrarci. Se infatti viene ora tenuto lontano dal cuore di chi crede, con quanto maggior ragione non sarà tenuto lontano dalla città dei viventi? Ma cosa sarà, fratelli, cosa sarà trovarsi in quella città quando il semplice parlarne procura tanto godimento? A questa vita futura dobbiamo preparare il cuore: e chiunque prepara il cuore alla vita eterna disprezza la vita presente con tutto ciò che offre. E il disprezzo della vita presente dona tranquillità nell’attendere quel giorno che il Signore con accenti terribili ci comandò d’aspettare.

Come prepararsi al giudizio di Dio.

4. Il presente salmo parla e canta della vita futura; il Vangelo al contrario ci intimorisce nei riguardi della vita presente. Il salmo alimenta l’amore per la vita futura; il Vangelo alimenta il timore per la presente. Non che la Scrittura del Nuovo Testamento ometta di parlare delle delizie che ci attende nell’al di là, specialmente in certi libri dove quel che si propone alla nostra comprensione non è presentato nascosto da un velo ma ogni cosa è manifesta, al segno che serva a far comprendere anche ciò che prima era oscuro. Ecco cosa ci raccomanda il Vangelo. Badate – dice – al giorno della fine, al giorno del ritorno del figlio dell’uomo 10. Quel giorno faranno un cattivo incontro coloro che adesso sono sicuri, sono cioè sicuri di una falsa sicurezza: si credono sicuri assecondando le loro voglie mondane, mentre dovrebbero essere sicuri per averle domate. A quella stessa vita, poi, ci ha preparati l’Apostolo con le parole che poc’anzi ho ricordato. Quanto al resto, fratelli, il tempo è breve. Sicché d’ora in poi quelli che hanno moglie vivano come se non l’avessero, quelli che comprano come se non comprassero, quelli che godono come se non godessero, quelli che piangono come se non piangessero, quelli che usano di questo mondo come se non ne usassero, perché passa la figura di questo mondo. Vorrei che voi foste senza preoccupazione 11. L’uomo che fa consistere ogni suo godimento e felicità nel mangiare, nel bere, nell’andare a nozze, nel comprare e nel vendere, o nel servirsi di quanto offre il mondo presente è certo anche lui senza preoccupazioni, ma è fuori dell’arca. Guai a lui quando verrà il diluvio! All’altro estremo c’è colui che mangia, beve e compie ogni sua azione facendo tutto a gloria di Dio 12. Se gli sopravviene della tristezza per cose terrene, piange ma seguitando a godere interiormente. Se dalle cose terrene gli deriva qualche gioia, gode certo, ma temendo interiormente nello spirito: non si abbandonerà alla felicità che lo corrompe né si lascerà abbattere dall’avversità. Ciò significano le parole: piangere come chi non piange e godere come chi non gode. Pertanto, uno che ha moglie per adeguarsi alla di lei immaturità spirituale rende il debito [coniugale] ma non lo pretende; ovvero, se ha preso moglie perché spintovi dalla sua immaturità [spirituale], si rammarica per non essere stato capace di restare senza moglie, non si ringalluzzisce per averla presa. Così colui che vende sa che, anche se avesse conservato [le sue proprietà], non ne sarebbe divenuto felice; e colui che compra sa che la roba comprata passa. Pertanto, quelle cose possedute, anche se abbondanti, anche se strabocchevoli, non fa affidamento, ma di ciò che ha si serve per compiere opere di misericordia con chi non ne ha, per ricevere lui stesso dal Padrone di tutto le cose che gli mancano. Una persona di questo genere aspetta con tranquillità l’ultimo giorno, poiché non si trova fuori dell’arca: è annoverato fra i pezzi di legno esenti da imputridimento con i quali vien costruita l’arca 13. Non abbia quindi paura del Signore che viene, ma lo speri e lo desideri: per lui infatti verrà non per infliggere le pene ma per metter fine alle noie. Tutto questo però si consegue attraverso il desiderio che si nutre per quella città. In altre parole l’esortazione evangelica si attua attraverso il desiderio di quella città alla quale il salmo inneggia: per cui Vangelo e inno nel nostro caso sono in perfetta consonanza.

La Gerusalemme presente e quella futura.

5. [v 12.] Ascoltiamo ora qual sia la città cantata dal salmo. Ascoltiamo e cantiamo. E la gioia che proviamo all’udire le parole del salmo è già un cantico al nostro Dio. Non cantiamo infatti solamente quando con la voce e le labbra pronunziamo il cantico; anche all’interno c’è un cantico, come all’interno son rivolti gli orecchi di Qualcuno. Cantiamo con la voce per animare noi stessi: cantiamo col cuore per piacere a lui. Il salmo s’intitola: Di Aggeo e di Zaccaria. Aggeo e Zaccaria furono profeti, che svolsero la loro missione profetica durante la cattività subita da quella Gerusalemme che qui in terra fu simbolo di un’altra città, la Gerusalemme celeste. Trovandosi a Babilonia, dove erano stati deportati gli ebrei di Gerusalemme, questi profeti predissero la ricostruzione di Gerusalemme, predissero che, liberato il popolo dalla prigionia e restaurata l’antica Gerusalemme, sarebbe sorta una città [totalmente] nuova 14. Noi siamo convinti d’essere in cattività: basta che riconosciamo la nostra condizione di pellegrini. In questo mondo infatti, fra tante prove e fra tanta congerie di scandali, noi siamo in certo qual modo in cattività e ne gemiamo. Ma saremo risollevati: ci si preannunzia una città nuova, che sarà simile [alla precedente]. In effetti, dopo l’attività di questi profeti, gli eventi anche storicamente si svolsero in modo tale che già allora diventò palese tutto quello che costituiva l’immagine e i suoi sviluppi. La città di Gerusalemme fu restaurata dopo settanta anni di esilio. Parlando di settanta anni, il profeta Geremia, proprio con l’uso del famoso numero sette, designa la totalità del tempo presente che vola. I nostri giorni infatti, come sapete, si snodano di sette in sette: così van via e così tornano. Settant’anni dopo la profezia di Geremia, dunque, iniziò la ricostruzione di Gerusalemme 15, e anche in questo accadde che si nascondesse un simbolismo o una prefigurazione di realtà future. Ci si prefigurava che, al termine di tutto il tempo presente, che vola via al ritmo di sette giorni per sette giorni, sarebbe sorta, in un solo giorno, la nostra città [di Gerusalemme], quando si sarebbe stati nell’eternità. Effettivamente, in quella dimora il tempo non scorre, né chi vi dimora è instabile. Questa città vedevano nello Spirito i profeti. Guardavano l’altra, ma parlavano di questa; parlando dell’una dicevano cose che orientavano all’altra. Comunque, tutto quello che accadeva nell’ordine temporale, conforme ai moti cui son soggetti i corpi ovvero commensurato alle azioni dell’uomo, tutto era segno e rappresentazione di realtà future.

Nella patria beata resterà solo la lode di Dio.

6. Ascoltiamo come venga cantata quella città ed eleviamo il cuore a lei. Lo Spirito di Dio ce la elogia con molta enfasi e ce ne infonde l’amore, affinché sospiriamo per lei, gemiamo durante il nostro peregrinare e desideriamo di giungervi. Amiamola, dunque, poiché amarla è già un procedere [verso di lei]. Ecco, amiamola conforme ci è suggerito dalla bocca santa del profeta e dallo Spirito di Dio, che dice: Loda in coro, Gerusalemme, il Signore. Coloro che ancora sono prigionieri vedono tutti quei greggi, anzi quell’unico gregge formato da tutti i cittadini raccolti da ogni dove e già entrati in quella città. Vedono la gioia di tutta quella moltitudine: dopo essere stata stritolata, vagliata, ormai è introdotta nel granaio, né teme più alcun male né soffre più alcuno stento o molestia. Soggiornando in questo mondo e vivendo sotto il peso della tribolazione, ne anticipano il gaudio nella speranza e anelano verso di lei, congiungendo in certo qual modo il loro cuore con gli angeli di Dio e con quel popolo dell’avvenire col quale condividerà il godimento eterno. Loda in coro, Gerusalemme, il Signore. Cosa infatti dovrai fare, o Gerusalemme? Passeranno certo la fatica e il gemito. E allora cosa farai? Arerai, seminerai, pianterai vigneti, navigherai, ti darai alle varie faccende? Cosa farai? Ti dovrai ancora dedicare a quelle opere buone che provengono dalla misericordia? Considera la moltitudine che ti compone, considera da ogni lato la tua società. Vedi se ci sia qualche affamato cui debba dare il pane, o qualche assetato al quale debba stendere un bicchiere d’acqua fresca. Vedi se ci sia qualche pellegrino che debba ospitare, o qualche malato che debba visitare, o qualche rissoso che debba mettere d’accordo [con l’avversario], o qualche morto da seppellire 16. Cosa farai, allora? Loda in coro, Gerusalemme, il Signore. Ecco, questa sarà la tua occupazione. Come si è soliti scrivere nei titoli: Servitene felicemente, [così qui è detto]: Loda in coro, Gerusalemme, il Signore.

Sconcezza di certi spettacoli mondani.

7. Siate voi stessi Gerusalemme, e ricordate come di certuni è stato detto: Signore, nella tua città ridurrai al nulla l’immagine di costoro 17Son coloro che ora godono di vanità mondane: fra questi, tutti coloro che oggi non son venuti perché c’è spettacolo gratuito. A chi giovano questi spettacoli gratuiti? A chi procuran danno? Chi sono i promotori di questi spettacoli? ovvero in che senso danneggiano? Sono infatti danneggiati non solamente coloro che li organizzano, ma anche, e di più, coloro che li frequentano con gusto. Gli uni se ne vedono svuotata la cassaforte, gli altri si ritrovano col cuore spoglio delle ricchezze della giustizia. Piangono di frequente gli organizzatori vedendosi costretti a vendere le proprie ville: quanto più non debbono piangere i peccatori vedendo esposte alla perdizione le proprie anime! O che gridava proprio per questo il Signore quando domenica scorsa ci diceva di vegliare: perché oggi si partecipasse a una veglia di tal sorta? Vi scongiuro, o cittadini di Gerusalemme! Vi scongiuro per la pace di Gerusalemme, in nome del Redentore, dell’Architetto, del Re di Gerusalemme, a supplicare Dio per loro. Constatino, tocchino con mano che vaneggiano e, per quanto profondamente assorbiti da quegli spettacoli, che a loro piacciono tanto, una buona volta guardino dentro se stessi e ne provino disgusto. In molti questo è avvenuto e noi ne godiamo. Ci fu anzi un tempo in cui noi stessi, persa la testa sedemmo al circo; e, così almeno pensiamo, molti che ora son là seduti diverranno non solo cristiani ma anche vescovi! Da quanto è avvenuto in passato tentiamo congetture per l’avvenire. Dalle cose già successe ci permettiamo preconizzare ciò che Dio farà in seguito. Siano ferventi le nostre preghiere! Non sarà inutile, fratelli, il vostro gemere. Quando gli scampati si mettono a pregare per quelli che sono in pericolo, siccome anche loro hanno esperimentato il pericolo, sono certamente esauditi. E così Dio sottrarrà il suo popolo alla cattività babilonese, lo redimerà integralmente e lo salverà: e si completerà il numero dei santi che recano impressa l’immagine di Dio. Non saranno lassù quei tali di cui Dio, disprezzandone la condizione, annienterà l’immagine nella sua città, perché essi dal canto loro hanno distrutto l’immagine di lui nella loro città, cioè in Babilonia. Quello [lassù] sarà il popolo che loda il Signore previsto in questo salmo dallo Spirito profetico, il quale ci esorta ad esultare nella speranza e a desiderare il possesso reale. Loda in coro, Gerusalemme, il Signore; loda, Sion, il tuo Dio. Loda in coro, poiché sei composta da molte persone; loda perché sei diventata una realtà unica. Lo dice l’Apostolo: Noi,pur essendo molti, siamo uno solo in Cristo Gesù 18. Essendo molti, lodiamo in coro; essendo uno, eleviamo un’unica lode. I molti son la stessa cosa che l’uno, perché colui nel quale siamo uno è una sola persona.

I mondanicci compiangono, noi preghiamo per loro.

8. Perché, dice questa Gerusalemme, loderò in coro il Signore e loderò il mio Dio io Sion? Sion è lo stesso che Gerusalemme. Vari i motivi per cui ha due nomi. Gerusalemme significa visione di pace, Sion contemplazione. Osservate se questi due nomi non significhino qualcosa che richiami lo spettacolo, per cui i pagani non han da pensare che loro hanno gli spettacoli e noi no. Ecco svuotarsi il teatro o l’anfiteatro: da quella bolgia vien vomitata fuori una moltitudine di gente rovinata. Conservano in cuore le immagini delle loro vanità, continuano a pascere la loro memoria con cose non soltanto inutili ma anche nocive e godono per quanto, sebbene pestilenziale, v’è in esse di dolce. Succede, e di frequente, che s’imbattono in dei servi di Dio. Li riconoscono dal modo di vestire o di coprirsi il capo, o li conoscono personalmente, e dentro di sé dicono: Oh, come son miseri costoro! Quante cose perdono! Fratelli, preghiamo per loro il Signore, affinché ricompensi la benevolenza con la quale stimano il bene da noi posseduto. Essi ci vogliono bene; tuttavia, colui che ama l’iniquità odia la sua anima 19. Ma se odia la sua anima, come potrà amare la mia? Sta però di fatto che essi, con una benevolenza malintesa e vacua e vana (seppure è da chiamarsi benevolenza), si rammaricano che noi restiamo privi delle cose che essi amano. Preghiamo per loro affinché non restino privati delle cose che amiamo noi. Osservate quale Gerusalemme esorti [il salmo] alla lode o meglio preveda pronta a lodare. Non occorrerà infatti che intervenga la voce profetica per incoraggiare o ravvivare le lodi di quella città allorquando vedremo e ameremo e loderemo; ma i profeti ce lo dicono adesso per estinguere, quanto è consentito a chi vive nella carne, la sete che abbiamo dei godimenti futuri. Eruttando le loro parole nelle nostre orecchie ci spronano all’amore di quella città. Siamo dunque ferventi di desiderio, non pigri spiritualmente.

La Chiesa di oggi e la Gerusalemme celeste.

9. [v 13.] Osservate poi quale sia la Gerusalemme che, a detta del salmo, loderà Dio e quale il motivo per cui lo loderà: [vi riscontrerete] la perfetta beatitudine. Dice:Loda in coro, Gerusalemme il Signore; loda, Sion, il tuo Dio. E come se gli chiedesse: Come potrò lodar[lo] con tranquillità? gli risponde: Poiché ha rafforzato le spranghe delle tue porte. State attenti, miei fratelli. Dice: Ha rafforzato le spranghe delle tue porte. Il rafforzamento delle spranghe non lo si predica di porte aperte ma chiuse; tant’è vero che alcuni codici leggono: Ha rafforzato le serrature delle tue porte. Mi presti attenzione la vostra Carità. Dice che a lodare il Signore sarà la Gerusalemme ormai chiusa. Loda in coro, Gerusalemme, il Signore; loda, Sion, il tuo Dio. Ora lodiamo, in coro, individualmente, ma comunque in mezzo agli scandali. Ora entrano molti che noi non vorremmo; come molti, sebbene noi non vorremmo, escono fuori. Da ciò i frequenti scandali, di cui la Verità diceva: E poiché ha abbondato l’iniquità, si raffredda la carità di molti 20. Sono a causa di quelli che entrano senza che noi possiamo vagliare fino in fondo e a causa di quelli che escono senza che noi riusciamo a trattenere. Perché questo? Perché non s’è ancora raggiunta la perfezione, né la beatitudine. Perché questo? Perché si è ancora sull’aia, non dentro al granaio. Allora però cosa ci sarà se non l’assenza del timore che capitino di queste cose? Loda in coro, Gerusalemme, il Signore; loda, Sion, il tuo Dio; poiché ha rafforzato le spranghe delle tue porte. Ha rafforzato, dice, non soltanto: Ha posto. Ha rafforzato le spranghe delle tue porte. Nessuno uscirà, nessuno entrerà. Godiamo perché nessuno potrà più uscire; temiamo, perché nessuno potrà più entrare. Anzi, nemmeno questo dovrai temere. Sono infatti, queste, parole che verranno dette quando sarai entrato: sii soltanto del numero di quelle vergini che portarono con sé l’olio 21.

Le vergini sagge del Vangelo.

10. Quelle vergini raffigurano le anime. Non erano infatti cinque matematicamente, ma in quelle cinque ne son raffigurate migliaia. Nel numero cinque, debbono comprendersi numerose migliaia, né di sole donne ma anche di uomini. Se l’uno e l’altro sesso è chiamato con nome femminile, è perché si ha in mente la Chiesa, e la Chiesa, formata da persone di ambo i sessi, è chiamata vergine. Vi ho fidanzati ad un solo uomo, per presentarvi a Cristo come una vergine pura 22Di pochi è la verginità in senso fisico, di tutti dev’essere la verginità del cuore. La verginità fisica è il corpo intatto, la verginità del cuore è la fede incorrotta. Tutta la Chiesa quindi è detta vergine e, con nome maschile, si chiama popolo di Dio. Questo popolo di Dio comprende persone dei due sessi, e costituisce un unico popolo e una sola Chiesa e un’unica colomba. In questa verginità son comprese innumerevoli migliaia di santi. Le cinque vergini pertanto rappresentano tutte le anime che entreranno nel regno di Dio. Né è senza motivo l’uso del numero cinque, in quanto cinque sono i sensi del corpo, a tutti noti. Cinque sono le porte per cui le cose attraverso il corpo entrano nell’anima. Ciò che potresti desiderare in modo disordinato entra o per gli occhi o per gli orecchi o per l’odorato o per il gusto o per il tatto. Chiunque non avrà lasciato libero l’ingresso alla corruzione per nessuna di queste cinque porte sarà computato nel numero delle cinque vergini. Si accorda l’ingresso alla corruzione consentendo ai cattivi desideri. Quel che sia lecito e quel che non lo sia, lo dicono ad ogni pagina i libri della Scrittura. Tu pertanto devi essere fra quelle cinque vergini; e allora non temerai le parole: Nessuno ha da entrare. Questo infatti è detto [nella Scrittura] e verrà anche fatto, ma dopo che tu sarai entrato; nessuno chiuderà la porta in faccia a te. Solo dopo il tuo ingresso saranno chiuse le porte di Gerusalemme e rafforzate le spranghe delle sue porte. Quanto a te, rimarrai fuori a bussare inutilmente se non ti sarai interessato d’essere vergine di cuore o, se sarai stato vergine, lo sarai stato fra le vergini stolte.

Vergini sagge e vergini stolte.

11. Chi sono le vergini stolte? Sono anch’esse cinque, e chi son esse se non anime che hanno la continenza della carne ed evitano tutte le corruttele provenienti dai sensi, di cui or ora ho fatto l’elenco? Evitano dunque le corruttele, da qualunque parte provengono, ma non racchiudono dentro la propria coscienza il loro bene che dovrebbero riservare agli occhi di Dio. Con la loro continenza vogliono compiacere la gente e si adeguano supine al giudizio altrui. Vanno a caccia dei favori popolari. Mentre ci tengono ad essere stimate da chi le osserva, si sottovalutano di fronte a se stesse: non si appagano della propria coscienza. È chiaro che non portano con sé l’olio: il quale olio è la facoltà di gloriarsi, in quanto esso fornisce lucentezza e splendore. Ma cosa dice l’Apostolo? Osserva le vergini sante che portano con sé l’olio.Ciascuno esamini il suo operato e allora troverà solo in sé e non negli altri il motivo di gloriarsi 23Queste son le vergini sagge. Le stolte viceversa accendono le proprie lampade: le loro opere sembrano splendere, ma verranno meno e, non nutrite dell’olio interiore, si spegneranno. Mentre lo sposo tarda, tutti si addormentano, in quanto gli uomini dell’una e dell’altra categoria si addormentano al momento della morte. Tanto fra le vergini stolte quanto fra le sapienti, tardando lo sposo a venire c’è chi muore di questa morte corporale e visibile, che, com’è noto a tutti i cristiani, la Scrittura considera un sonno. Parlando di certi infermi, l’Apostolo dice: Per questo vi sono fra di voi molti ammalati e infermi e parecchi dormono 24. Dice: ” Dormono ” a posto di ” muoiono “. Ma ecco, verrà lo sposo: e tutti risorgeranno, sebbene non tutti entreranno [nella sala del banchetto]. Verranno a mancare le opere alle vergini stolte, che non avranno l’olio della coscienza. Né esse troveranno dove comprarlo, poiché chi di solito loro lo vendeva erano adulatori. Sono infatti di schernitori, non di invidiosi, le parole: Andate a comprarvelo 25. Le stolte avevan chiesto olio alle sagge dicendo: Dateci dell’olio perché le nostre lampade si spengono 26. E le sagge cosa risposero? No, altrimenti mancherà a noi e a voi: andate piuttosto dai venditori e compratevelo 27. Era un richiamare alla loro mente [una realtà e cioè]: Cosa vi giovano adesso tutti coloro da cui compravate l’adulazione? Dice: E mentre quelle andavano, le altre entrarono e la porta fu chiusa 28. Mentre si allontanano col cuore, mentre ripensano a tali cose, mentre si distraggono dal tendere alla meta e volgendosi indietro ricordano i loro meriti, vanno, per così dire, dai rivenditori; ma non trovano più gente che le favorisca, né gente che le lodi, loro che prima erano solite sentirsi lodare e quasi spingere alle opere buone. Chi le muoveva però [all’azione] non era la forza della coscienza retta ma l’incoraggiamento della lingua altrui.

Dare con larghezza del nostro superfluo.

12. Anche le parole: Che altrimenti mancherà a noi 29sono state dette con una profonda penetrazione di umiltà. Difatti l’olio che rechiamo nella coscienza è il giudizio che noi diamo di noi stessi e su come siamo: ed è difficile dare un giudizio perfetto sul conto di noi stessi. Miei fratelli, anche ammesso che uno abbia fatto tutti i progressi possibili, che si sia proteso al massimo verso le cose anteriori dimenticando ciò che gli sta dietro 30, se costui dicesse: Va bene! ecco allora venir fuori la norma dai segreti penetrali di Dio: lo squadrerebbe sino all’ultima minuzia; e chi potrebbe gloriarsi d’avere casto il cuore? chi gloriarsi d’essere esente da peccato 31? Ma cosa dice la Scrittura? Il giudizio sarà senza misericordia per chi non ha avuto misericordia 32Per quanto avrai progredito, la tua speranza si baserà sempre sulla misericordia. Se infatti interverrà la giustizia senza la misericordia, troverà in ogni uomo materia di condanna. Qual è invece la Scrittura che ci consola? Quel passo ove ci si esorta a usare la misericordia, dando con larghezza e con la massima frequenza possibile ciò che abbiamo in sovrappiù. E molte sono le cose superflue, se volessimo tenere per noi soltanto lo stretto necessario; se invece andiamo a caccia anche delle cose insignificanti, nulla mai ci basterà. Fratelli, cercate ciò che è sufficiente per [la realizzazione del]l’opera di Dio, non ciò che appaghi la vostra cupidigia: la quale non è opera di Dio. La vostra persona, il vostro corpo, la vostra anima: tutto questo è opera di Dio. Indaga cosa sia a questo proposito necessario, e troverai che si tratta di ben poche cose. A quella vedova bastarono due soldi per compiere un’opera di misericordia, bastarono due soldi per acquistarsi il regno di Dio 33. Che cosa invece non si richiede all’organizzatore dei giochi circensi per vestire tante volte i gladiatori che combatteranno nelle gare venatorie? Notate quindi come non soltanto son poche le cose a voi necessarie, ma nemmeno Dio ve ne domanda una gran quantità. Esamina quante cose ti ha date e da quelle togli quel che è a te indispensabile: il resto, quel che ti rimane di superfluo, è necessario agli altri. Il superfluo dei ricchi [è] necessario ai poveri. Quando si posseggono cose superflue si posseggono cose che [di diritto] spettano agli altri.

Dando al fratello, dài a Cristo.

13. Ti dedicherai quindi a queste opere di misericordia e soprattutto a quella, che non costa nulla, di rimettere [i debiti] come noi vogliamo siano rimessi a noi 34. Facendo così non distribuirai altro se non la carità la quale più ne spandi e più cresce. Compirai con fervore queste opere buone, le opere di misericordia, le quali, come abbiamo detto sopra, non si dovranno più compiere nell’altra vita, in quanto non ci sarà alcun misero che abbia bisogno di misericordia. Se le avrai compiute, aspetterai con animo sereno il giudizio: sereno non per la tua giustizia ma per la misericordia di Dio, avendo anche tu da parte tua elargito misericordia. Dice: Il giudizio sarà senza misericordia per chi non ha avuto misericordia: ma la misericordia trionfa sul giudizio 35. Non crediate, fratelli, che egli non sarà giusto, se allora non ci tratterà con misericordia né che si allontanerà dalla norma della sua giustizia. È giusto quando danna; è giusto quando usa misericordia. Cosa c’è infatti di più giusto che non l’usare misericordia con chi già ne ha usata? Cosa c’è di più giusto che rimisurare a voi con quella stessa misura con cui voi avete misurato 36? Da’ al fratello bisognoso. A qual fratello? A Cristo. Se dunque dando al fratello dài a Cristo, dando a Cristo dài a Dio, poiché egli è al di sopra di tutti gli esseri [Dio] benedetto nei secoli 37. Dio ha voluto aver bisogno di te e tu ricuserai di stendergli la mano? Tu certamente stendi la mano ogni qual volta presenti a Dio le tue richieste. Ebbene, ascolta la Scrittura:Non sia la tua mano pronta a ricevere e restia a dare 38Dio vuole che gli si facciano delle elargizioni con ciò che ti ha dato. C’è infatti qualcosa che tu doni al prossimo che egli non l’abbia donato a te? Hai tu forse qualcosa che non l’abbia ricevuto? 39 Ovvero, quando tu dài qualcosa, non dico a Dio ma a un qualsiasi uomo, è proprio roba tua quello che dài? Dài della roba appartenente a colui che ti comanda di dare. Sii un generoso dispensiere, non un usurpatore. Se agirai così e animato da sincera umiltà dirai a proposito di quell’olio: No, altrimenti mancherà a noi 40entrerai e, dopo, la porta verrà chiusa. Ascolta queste stesse cose dette dall’Apostolo: A me non importa affatto di essere giudicato da voi 41. Come infatti potete ergervi a giudici della mia coscienza? Come sindacare con che spirito faccio quel che faccio? In che misura è dato a un uomo giudicare un altro uomo? Più di qualunque altro, ciascuno è in grado di giudicarsi, ma Dio sa giudicare ogni uomo più di quanto non sia ciascuno in grado di giudicare se stesso. In conclusione, se sarai così entrerai, sarai del numero delle cinque vergini sagge, mentre le altre, le cinque stolte, saranno escluse. Così infatti leggi nel Vangelo. Sarà chiusa la porta e loro, in piedi, insisteranno a gridare: Aprici; ma non verrà loro aperto. Poiché ha rafforzato le spranghe delle tue porte.Dice: Ha rafforzato le spranghe delle tue porte. Sta’ tranquilla, loda tranquilla, loda senza fine. Le tue porte sono chiuse da sbarre robuste. Nessun amico uscirà, né entrerà alcun nemico. Ha rafforzato le spranghe delle tue porte.

14. Ha benedetto i tuoi figli in te. Non gironzolano fuori, non vanno pellegrini. Godono dentro, dentro lodano e ricevono benedizioni. Dentro non partoriscono perché a quell’epoca non dovrà esser più generato alcuno. Sono figli, sono santi. Questi figli santi che con gioia lodano [Dio] sono stati partoriti e generati dalla carità, che ha fatto loro da madre, e sono rinchiusi dalla carità che li tiene [tutti] raccolti. Ascolta come la carità li partorisce. È la carità di cui era animato l’apostolo Paolo, che verso i suoi figli aveva un cuore non solo paterno ma anche materno, e diceva: Figli miei, che di nuovo partorisco 42Quando Paolo li partoriva, li partoriva la carità; quando li partoriva la carità, li partoriva lo Spirito di Dio. Difatti la carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato 43Raccolga dunque [la carità] quelli che ha partoriti e generati. Adesso questi figli son dentro, stanno al sicuro. Dal nido del timore son volati via, son volati verso il cielo, verso l’eternità. Non temono più alcun male temporale.

Amare la pace.

15. [v 14.] Ha benedetto i tuoi figli in te. Chi? Colui che ha posto la pace nei tuoi confini. Come avete tutti gridato di gioia! Amatela dunque, fratelli miei. Ci rallegriamo vivamente tutte le volte che l’amore per la pace strappa grida al vostro cuore. Ma come ha potuto deliziarvi a tal segno? Non avevo detto nulla, non avevo esposto nulla: avevo semplicemente citato un verso e voi avete gridato. Che cosa ha in voi gridato? L’amore per la pace. Cosa io ho mostrato ai vostri occhi? Ovvero, per qual motivo vi succede di gridare se non perché [la] amate? E come fate ad amarla se non [la] vedete? La pace è una realtà invisibile, e qual occhio può vederla sicché ne segua l’amore? Eppure non avreste applaudito verso di lei se non l’aveste amata. Son questi gli spettacoli di realtà invisibili che ci offre Dio. Di quanta bellezza non ha colpito il vostro cuore l’idea della pace! E cosa potrò io aggiungere in tema di pace o a lode della pace? Il vostro fervore ha prevenuto ogni mia parola: non lo riempio, non sono in grado, son troppo debole. Rimandiamo le lodi della pace a quando saremo in quella patria della pace. Là potremo lodarla con maggiore capacità dove con maggiore capacità la possederemo. Se così la amiamo adesso che in noi è allo stadio iniziale, quanto la loderemo quando sarà perfetta? Intanto vi dico questo, o figli diletti, o figli del regno, o cittadini di Gerusalemme: che in Gerusalemme ci sarà la visione della pace, e tutti coloro che amano la pace saranno benedetti in quella città. Essi entreranno quando le porte verranno chiuse e le spranghe rafforzate. Orbene, cercate e desiderate sempre questa pace che, appena vi è stata nominata s’è visto quanto l’amiate e teniate cara. Abbiate a cuore la pace in casa, nel lavoro, con la moglie, con i figli, con i servi, con gli amici e con i nemici.

Polemica contro i donatisti.

16. Questa pace gli eretici non la posseggono. Cosa si propone la pace al presente, nelle incertezze della nostra vita terrena, mentre dura il pellegrinaggio della nostra condizione mortale, mentre non c’è chi sia completamente svelato all’altro, essendo tutti nell’impossibilità di vedere il cuore altrui? Cosa si propone la pace? Non giudica ciò che è incerto, non afferma con ostinazione ciò che non conosce; nei riguardi altrui è più incline a pensar bene che non ad avanzare sospetti temerari. Non si dispiace molto quando sbaglia attribuendo il bene anche a chi è cattivo; si dispiace come di un danno grave quando per caso le succede di attribuire il male a chi è buono. Io non so che sorta di persona sia quel tale: ma cosa ci rimetto a crederlo buono? Nell’incertezza, ti è lecito usar cautele perché potrebbe esser davvero cattivo, ma non ti è lecito condannarlo senza appello, come se davvero lo fosse. Questo comanda la pace. Dice: Cerca la pace e seguila 44L’eresia che norme dà? Condanna chi non conosce, condanna il mondo intero. Tutto il mondo è andato in malora, non c’è più un cristiano, è rimasta soltanto l’Africa. Hai giudicato proprio bene! Ma qual è il tribunale dall’alto del quale tu emetti la sentenza contro tutto l’universo? In qual foro ti è stato davanti tutto il mondo? Non pretendo che si creda a me, ma nemmeno a te: a Cristo si deve credere; si deve credere allo Spirito di Dio che ha parlato per mezzo dei profeti; si deve credere alla legge di Mosè. Cosa ebbe a dire Mosè nei riguardi di questi nostri tempi che egli vedeva futuri? Ad Abramo fu detto: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 45Dubiti forse chi sia la discendenza di Abramo? Suppongo che, quando te l’avrà spiegato l’Apostolo, non dubiterai più. Ovvero, se dubiti anche dell’Apostolo, con che mira vai ripetendo le parole: Pace, pace e non c’è pace 46? Ma l’Apostolo cosa dice? Le promesse furono fatte ad Abramo e alla sua discendenza. Non dice: Alle discendenze, come se si trattasse di molte, ma come di una sola: E alla tua discendenza, che è Cristo 47Ecco, tante migliaia di anni prima era stato detto ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti. Ciò che a lui fu detto migliaia di anni prima e da lui soltanto creduto, ora noi lo constatiamo già verificato. Ne leggiamo, lo vediamo con gli occhi, e tu, avanzando per vie traverse, opponi resistenza. Cosa dici? Prova a non crederci! A chi? Allo Spirito di Dio? a Dio che parla ad Abramo? E a chi dovrò io credere? a te? Tu rispondi: Non dico questo. Non dici questo? non dici: Credi a me e non allo Spirito di Dio e a Dio che parla ad Abramo? Ma allora cos’è quel che mi vieni a dire? Quel tale consegnò [i sacri libri] e li consegnò quell’altro. Son cose queste, che desumi dal Vangelo, o dall’Apostolo, o dai profeti? Passa in rassegna tutte le Scritture! da quelle leggimi qualcosa di questo genere, poiché a quelle io credo, a te non credo. Dove leggerai [qualcosa in tuo favore]? Ripiglia: Così m’ha riferito mio padre, così mio nonno, così mio fratello, così il mio vescovo. Ma ad Abramo l’ha detto Dio: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 48. Un sol uomo ascolta e crede, e dopo molti secoli la cosa si avvera in molti. Quando fu detta fu anche creduta; adesso che s’è avverata, la si metterà in dubbio? Così disse Mosè; ma dicano qualcosa anche i profeti. Osserva lo scambio che ha portato al nostro riscatto. Cristo pende sulla croce: guarda qual prezzo sborsa per il riscatto e così vedrai cos’abbia riscattato. Sta per acquistare qualcosa: di che si tratti, non lo sai ancora. Guarda, guarda al prezzo e vedrai di che si tratta. Versò il sangue e col suo sangue operò il riscatto: riscattò al prezzo del sangue dell’Agnello immacolato, riscattò al prezzo, del sangue del Figlio unigenito di Dio. Cosa sarà stato comprato mediante il sangue dell’unico Figlio di Dio? Osserva ancora questo prezzo. Prima che la cosa avvenisse, ebbe a dire il profeta: Hanno forato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa 49. O Cristo, vedo un gran prezzo! Fammi vedere cosa ci hai comprato. Tutti i confini della terra penseranno al Signore e a lui ritorneranno 50. In un unico e medesimo salmo trovo il compratore, il prezzo e l’oggetto acquistato. Il compratore è Cristo; prezzo è il sangue, acquisto l’universo. Ascoltiamo direttamente gli accenti dei profeti, che contrastano con l’insegnamento degli eretici attaccabrighe. Ecco il possedimento del mio Signore. Nel salmo leggo il titolo legale: Tutti i confini della terra penseranno al Signore e a lui ritorneranno, e adoreranno alla sua presenza tutte le famiglie delle genti. Nota inoltre com’egli contenda [contro gli avversari] in difesa del suo diritto: Poiché suo è il regno ed egli dominerà le genti 51. Il compratore è Cristo, lui in persona; l’apostata è Donato. Lo adoreranno… Giustissimo! Adoreranno alla sua presenza tutte le famiglie delle genti. Perché ” giustissimo “? Poiché del Signore è il regno ed egli dominerà le genti. Così ha detto Mosè, così i profeti, così migliaia e migliaia di altri [testi]. Chi sarebbe in grado d’elencare tutte le testimonianze a favore della Chiesa diffusa in tutto il mondo? Chi? Non sono così numerose le eresie sorte contro la Chiesa quanto son numerosi gli attestati della legge in favore della Chiesa. In quale pagina non risuona questa verità? Qual versetto non ne parla? Tutto grida a favore dell’unità [del popolo] del Signore, avendo egli posto la pace come confine di Gerusalemme. Tu, eretico, abbai contro tutto questo! Molto a proposito in quella città vengono pronunziate le parole scritte nel libro dell’Apocalisse: Fuori i cani! 52 Tu abbai contro tutto questo; ma, per tornare al punto di partenza come fai a sentenziare su tutto l’universo abitato? Qual è il tuo tribunale? Naturalmente la presunzione del tuo cuore. Tribunale ben alto, ma fatto a posta per sfasciarsi. Così ha parlato Mosè, così han parlato i profeti; eppure non credono, e vogliono passare per cristiani!

Mosè e i Profeti testimoni della verità cristiana.

17. Un ricco fra i tormenti dell’inferno desiderò una goccia d’acqua dal dito del povero che aveva disprezzato dinanzi alla porta della sua casa. Ciò perché bruciava tra le fiamme 53. Ma siccome era impossibile dargli [quell’acqua] – poiché un giudizio senza misericordia ci sarà per chi non ha usato misericordia 54, – siccome [dico] era impossibile, egli disse ad Abramo: Padre Abramo, invia Lazzaro ai cinque fratelli che ho, perché riferisca loro ciò che io qui patisco affinché non vengano anch’essi in questo luogo di tormenti 55. Ma Abramo cosa rispose? Hanno là Mosè ed i profeti. Al che l’altro: No, padre Abramo; ma se risorgerà qualcuno fra i morti, crederanno 56. Abramo però concluse: Se non ascoltano Mosè ed i profeti, non crederanno nemmeno se qualcuno tra i morti risorgerà 57. A proposito di chi diceva che hanno Mosè e i profeti? Certamente di coloro che erano ancora in vita, che avevano ancora il tempo per ravvedersi, che non erano ancora scesi nel luogo dei tormenti. Diceva: Là hanno chi ascoltare: Mosè ed i profeti. Non credono ad essi; ma crederanno se risorgerà qualcuno fra i morti. Se non ascoltano Mosè ed i Profeti non crederanno nemmeno se qualcuno fra i morti risorgerà. Lo asserisce Abramo. E dove e da qual sede pronunzia Abramo la sua sentenza? Egli si trova in un luogo altissimo, pieno di quiete e di felicità. Lassù lo vide l’altro, che soffriva tra le fiamme, alzando i suoi occhi: quando nel suo seno, cioè nei suoi recessi, vide anche il povero esultante di felicità. Da quella sede fu pronunziata tale sentenza. E osserva da qual tribunale. Lassù abita Dio, in quanto Dio abita nei suoi santi. Al riguardo, l’Apostolo animato da profondo desiderio dice: Desidero morire ed essere con Cristo, cosa di gran lunga migliore 58E a quel ben noto ladrone fu detto: Oggi sarai con me in paradiso 59.Chi dunque pronunzia questa sentenza è il Signore che abita con Abramo e in Abramo: Hanno là Mosè e i profeti: se non li ascoltano, non crederanno nemmeno se qualcuno risorgerà tra i morti 60O eretici, avete qui Mosè e i profeti. Essendo ancora in vita voi potete ascoltare, emendarvi, e frenare la vostra antipatia. Vi si concede ancora di possedere la verità. Discutete fra voi se si debba prestare ascolto a Mosè e ai profeti, che hanno presentato testimonianze innumerevoli della loro fede mentre con i nostri occhi vediamo le cose procedere come da loro erano state predette. Che dubbio avete per non credere ancora a Mosè e ai profeti? Cosa attendete per prestare ascolto? Cercate forse quel qualcuno che dovrebbe risorgere dai morti, per vedere se anche lui vi ripeta le stesse cose nei riguardi della sua Chiesa? Questo chiese quel ricco nell’inferno: che un morto venisse inviato ai suoi fratelli; ma fu rimproverato per questa sua richiesta. Ai suoi fratelli sarebbero dovuti bastare Mosè e i profeti. Egli richiese inutilmente una cosa affinché voi, ammaestrati dal suo esempio, non avanziate richieste inutili e tardive, e finiate come quel tale nei tormenti. Ascoltate Mosè e i profeti. Cosa disse Mosè? Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 61E i profeti cosa dissero? Tutti i confini della terra penseranno al Signore e a lui ritorneranno 62Oserai ancora dirmi: Oh! se risorgesse qualcuno dai morti; e: Io non crederò finché non sarà venuto qualcuno di fra i morti a confermarmelo? O Signore, grazie alla tua misericordia! Tu volesti morire perché ci fosse qualcuno che risuscitasse dai morti; e questo qualcuno non è un uomo qualsiasi ma la Verità: la Verità stessa è risuscitata dai morti. Egli avrebbe insegnato la verità anche senza scendere negli inferi; tuttavia per ovviare alle dicerie di certuni, tanto ignoranti quanto maligni, ecco egli volle morire, volle risuscitare dai morti. Cosa dici, o eretico? Cosa dici? Eccomi pronto ad ascoltarti: son finiti tutti i tuoi sotterfugi. Anche se volessi ripetere le parole di quel ricco che si trovava laggiù nell’inferno, ci sarebbe chi è risorto dai morti: Cristo. Non ti degnerai di ascoltare nemmeno lui? Ecco, forse è questo ciò che tu desideravi da vivo, divenendo col far ciò simile a quel ricco morto: ebbene, c’è chi è risuscitato dai morti. Non è tuo padre né tuo nonno; non son risorti nemmeno coloro che hanno infamato non so chi per la faccenda della consegna [dei libri]; ma ammettiamo che non sia stata un’accusa infamante ma la verità: vuoi sentire come a me non interessa niente? Ascoltiamo insieme cosa abbia detto colui che è risuscitato dai morti. Perché dilungarci ancora? Ascoltiamo! apriamo subito il Vangelo e leggiamo da quelle pagine ciò che è accaduto, quasi fosse un fatto attuale. Poniamoci dinanzi agli occhi gli eventi del passato per stare in guardia circa il futuro. Ecco, Cristo risuscitato dai morti si mostra ai discepoli. Son le sue nozze: egli è lo sposo, la Chiesa è la sposa. Ecco, lo sposo che, a quanto si diceva, era morto, consunto, finito; eccolo risorgere, mostrarsi ai discepoli, farsi vedere, offrirsi ad essere toccato. Toccarono le cicatrici, segno di ferite che non lasciavano adito alla speranza. Si lasciò vedere dai loro occhi, toccare dalle loro mani. Essi credevano di vedere un fantasma, tanto erano lontani da ogni speranza di salvezza, ma egli li esorta e li conferma nella fede: Toccate e vedete, perché lo spirito non ha carne né ossa come vedete ho io 63Toccano, gioiscono, trepidano. E mentre ancora trepidavano per la gioia 64È quel che trovi scritto. Anche se certe, le cose che procurano una gioia troppo grande si stenta a crederle. Il dubbio sorto in uno che crede, per dir così, con maggior lentezza condisce la gioia di chi ha già acquisito [la verità]. Necessariamente l’uomo gode di più quando vede giungere ciò che ormai gli sembrava disperato. E lui, per condire e aumentare la loro gioia, non volle farsi riconoscere immediatamente. Chiuse gli occhi dei suoi discepoli: dico di quei due che, disperati, incontrò per via mentre discorrevano fra loro dicendo: E noi speravamo che egli stesse per redimere Israele 65Lo avevano creduto; ora non lo credevano più. Non era più con loro la speranza, ma era con loro Cristo. Più tardi si manifestò ad essi e ridonò loro la speranza: lo disse dopo che l’ebbero riconosciuto allo spezzare del pane. Quindi si rivelò anche agli altri discepoli, sebbene questi pensassero trattarsi di un fantasma. Disse: Toccate e vedete perché lo spirito non ha carne né ossa come vedete ho io. E mentre ancora trepidavano per la gioia disse: Avete qui qualcosa da mangiare? 66 Prese benedisse mangiò e ne diede a loro. Fu confermata autenticamente la realtà del corpo; fu eliminato ogni sospetto di falsità. E poi cosa aggiunge? Non sapevate che occorreva fosse tutto adempiuto quel che è stato scritto di me nella legge di Mosè e nei profeti e nei salmi? 67 Parlava così con gente che, certo, credeva a Mosè e ai profeti e riteneva per vero quel che Abramo aveva detto: Se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno nemmeno se qualcuno risorgerà di fra i morti 68Essendo dunque persone che credevano a Mosè e ai profeti, e non trovandosi fra loro chi meritasse il rimprovero mosso da Abramo, ascoltarono dirsi dal Signore: Non sapevate che occorreva fosse tutto adempiuto quel che è stato scritto di me nella legge di Mosè e nei profeti e nei salmi? Ecco chi ha creduto a Mosè e ai profeti; e notate come è in forza della loro testimonianza che anche gli altri credono a colui che è risuscitato dai morti. Allora aprì loro la mente perché comprendessero le Scritture, e disse loro: Così è scritto: bisognava che il Cristo morisse e il terzo giorno risorgesse dai morti 69.

Se credi nello Sposo, devi credere anche nella Sposa.

18. Ormai t’è noto lo Sposo della Chiesa. Di lui non tacque Mosè, né tacquero i profeti; dissero al contrario che Cristo sarebbe risorto dai morti il terzo giorno: morto e risorto. Ci sono stati tracciati i lineamenti dello Sposo perché non ci sbagliassimo. Ma sono spuntati fuori certuni, i quali, siccome noi siamo nella verità nei confronti dello Sposo, anch’essi voglion darci l’impressione di credere, nei riguardi dello Sposo, le stesse cose che crediamo noi; tuttavia, per strapparci dal numero delle membra dello Sposo ci dicono: Egli naturalmente è lo Sposo, e in lui, come ci credete voi, così ci crediamo anche noi. Quanto alla sposa, invece; non è la vostra Chiesa, come voi ritenete. Chi è mai, allora? La fazione di Donato. Così tu asserisci; ma, di’ un po’, questo lo dici tu o lo dice lo Sposo? Lo dici tu, o lo dice Dio per bocca di Mosè? Ecco, basandomi su Mosè io aderisco alla Chiesa, poiché da Mosè fu detto: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 70Lo dici tu o lo Spirito di Dio per bocca dei profeti? Ecco, basandomi sui profeti io aderisco alla Chiesa, poiché dal profeta fu detto: Tutti i confini della terra penseranno al Signore e a lui ritorneranno 71Ecco,io ho a mio favore la testimonianza della legge e dei profeti; ma ascoltiamo anche colui che è risuscitato dai morti. Si è rivelato come sposo, quindi lo accettiamo [come tale]. Ha confermato la sua funzione dimostrando [d’essere tale] e presentando le garanzie. Così infatti avevano insegnato Mosè e i profeti, che cioè, era necessario che il Cristo morisse e risorgesse il terzo giorno 72. Con questo siamo giunti al punto da ritenere tutt’e due, sulla base delle sue stesse parole, che egli è lo sposo; e voglio supporre che ormai tu cominci a prestar fede insieme con me alle stesse parole di Mosè e dei profeti. Crediamo quindi a colui anche che è risuscitato dai morti. Continui pure a parlarci e a dirci [la verità]. O Signore, ormai son persuaso che Cristo è lo sposo. È un dato di fatto. Che però nessuno mi stacchi dalle membra della tua sposa, né succeda che tu cessi d’essere mio capo per non essere io fra le sue membra. Dimmi qualcosa anche a proposito della Chiesa, perché nei riguardi dello Sposo ormai non ho più dubbi. Ascolta ciò che si riferisce alla Chiesa. Continuando dice: Nel suo nome saranno predicate la penitenza e la remissione dei peccati 73Niente di più vero!Saranno predicate nel suo nome la penitenza e la remissione dei peccati. Ma questo dove? Alcuni infatti dicono: Eccolo qui; altri: Eccolo là. Ma lui cosa dice? Non credeteli: Sorgeranno pseudocristi e pseudoprofeti e diranno: Eccolo qui, eccolo là 74. Non è dello stesso Capo che dicono: Eccolo qui, eccolo là. È infatti risaputo che Cristo è in cielo, ma parla della Chiesa, nella quale vive Cristo, colui che dice: Ecco io sono con voi sino alla fine dei secoli 75Dice pertanto il Signore: Non credeteli.Colui che dice: Eccolo qui, eccolo là, predica le fazioni; io invece ho redento la totalità. Me lo dica chiaro il Vangelo. Tu stesso, che sei risuscitato dai morti, dimostramelo in base al [tuo] Vangelo, affinché credano a te quanti credono a Mosè e ai profeti. Dimmelo dunque tu stesso. Ascolto: Era necessario che il Cristo morisse e risorgesse il terzo giorno e nel suo nome venissero predicate la penitenza e la remissione dei peccati fra tutte le genti, cominciando da Gerusalemme 76Cos’è questo, o eretico? Quando ti citavo Mosè o i profeti, mi rimandavi a colui che sarebbe risorto dai morti. Ecco, è risuscitato; ecco, ha detto la sua parola. La Chiesa di Cristo, sposa di Cristo, non è oggetto di alcun dubbio, come non ci son dubbi sul corpo di Cristo, apparso in maniera indubitabile agli occhi dei discepoli e toccato dalle loro mani. Ecco, il risorto da morte mostrò all’evidenza le due cose: il capo e le membra, lo sposo e la sposa. Credi insieme con me a tutt’e e due le cose, ovvero, se ne ammetti una sola, la credi a tua dannazione. Cosa ti vale credere che egli è risorto e risorto nel suo stesso corpo? Fai bene a riconoscere le cicatrici da lui mostrate; a credere che, come fu crocifisso e sepolto, così tornò fra i vivi e si palesò vivente. Ottimamente credi tutto questo. Ascolta però come parla colui nel quale credi. Dice: Bisogna che vengano predicate nel suo nome la penitenza e la remissione dei peccati. Dove? Per tutta l’estensione della terra. Se lo stesso concetto volessi esprimere io in contrasto ormai con gli eretici, in piena battaglia [con loro], trovandomi cioè contro di loro nel conflitto d’una polemica senza quartiere, non direi contro gli eretici attuali parole così efficaci come quelle che disse lui contro gli eretici futuri. Cosa infatti vuoi di più? Nel nome di Cristo viene predicata la remissione dei peccati. Dove? Fra tutte le genti. E cominciando da dove? Da Gerusalemme. Sta’ in comunione con questa Chiesa. Perché continuare con le polemiche? La Chiesa ebbe i suoi inizi in questa Gerusalemme terrena per godere, movendo da lì, [la visione] di Dio nella Gerusalemme celeste. Dall’una comincia, nell’altra ha termine. Nell’una sortì gli inizi della fede, nell’altra sarà Chiesa nella sua totalità.

Nell’unità della Chiesa ciascuno parla tutte le lingue.

19. Leggi gli Atti degli Apostoli e vedrai se dico trappole. In Gerusalemme si trovavano radunati i discepoli quando venne lo Spirito Santo. Leggi, perché in tal modo ti risulteranno palesi le parole del Signore, Cominciando da Gerusalemme. Là coloro sui quali scese lo Spirito Santo cominciarono a parlare le lingue di tutti 77. Perché tu non vuoi parlare le lingue di tutti? Ecco, allora risuonarono tutte quelle lingue. Perché infatti adesso, quando si dà a uno lo Spirito Santo, costui non parla le lingue di tutti? In quei tempi invece questo era il segno della venuta dello Spirito Santo su qualche persona: se parlava le lingue di tutti. Cosa mi verrai a raccontare adesso, o eretico? Che non si dà più lo Spirito Santo? Non dico: Dove [si dà]?, ma; Si dà o non si dà? Se non si dà, cosa compite quando predicate, battezzate o benedite? Cosa combinate? Compite riti vuoti di significato. Allora si dà. Ma se si dà, perché coloro ai quali lo si dà non parlano le lingue di tutti? Forse che è venuto a mancare il dono di Dio ovvero ne è diminuito il frutto? È cresciuta la zizzania, è vero, ma è cresciuto anche il buon grano. Lasciateli crescere insieme fino alla mietitura 78. Non disse: cresca la zizzania e diminuisca il frumento. L’uno e l’altro son cresciuti. Perché adesso non appare lo Spirito Santo facendo parlare tutte le lingue? Altro che! Appare proprio rendendosi presente in tutte le lingue: a differenza di allora, quando la Chiesa non era ancora sparsa per tutta la terra, per cui le membra di Cristo non potevano levare la voce di fra mezzo a tutte le genti. Allora si adempiva in un luogo solo quanto veniva profetizzato doversi adempiere in tutti. Adesso al contrario la totalità del corpo di Cristo parla le lingue di tutti; e quelle che ancora non parla, le parlerà. Difatti la Chiesa si dilaterà finché non si sia estesa a tutte le lingue. Com’è cresciuto ciò che voi avete abbandonato! Possedete insieme con noi le regioni dove si è spinta, e perverrete con noi anche a quelle regioni che ancora non ha raggiunte. Io parlo tutte le lingue: te lo posso dire con tutta franchezza. Sono nel corpo di Cristo, sono nella Chiesa di Cristo. Ora, se il corpo di Cristo già al presente parla tutte le lingue, anch’io sono là dove si parlano tutte le lingue. Mia è la lingua greca, la lingua siriaca, la lingua ebraica; mia è la lingua di tutte le genti perché io sono nell’unità di tutte le genti.

La pace è adesso solo oggetto di speranza.

20. La Chiesa dunque, fratelli, ebbe inizio in Gerusalemme e si sparse per tutte le genti. C’è cosa più esplicita di questo attestato della legge, dei profeti e dello stesso Signore? Per ogni dove risuonano le parole degli Apostoli, che rendono testimonianza di ciò che speriamo noi appartenenti all’unità del corpo di Cristo. Godete per [coloro che costituiscono] il frumento, sopportate la zizzania, gemete nella trebbiatura, sospirate verso il granaio. Verrà il tempo in cui godremo, quando le spranghe delle porte di Gerusalemme saranno rafforzate. Chiunque ha da entrare entri. Colui che entrerà in quella patria vi entrerà allo scoperto: così anche di qua non vi si entra per via di finzione; anzi chi volesse così entrarvi resterebbe fuori. Sarebbe fuori, magari senza saperlo. Il ventilabro lo mostrerà, lo mostreranno le spranghe. Chi al contrario adesso è veramente e inequivocabilmente al di dentro, allora resterà dentro stabilmente; e chi adesso è dentro tollerando [gli indegni] allora sarà dentro nella gioia. Da confine infatti a Gerusalemme fa la pace, come è detto: Ho posto la pace nei tuoi confini. Ora desideriamo la pace, che possediamo solo nella speranza. In effetti, anche limitandoci a [guardare] noi stessi, che pace abbiamo? La carne nutre desideri contro lo spirito e lo spirito contro la carne 79. Anche a guardare un solo uomo, dov’è la pace piena? Quando sarà piena nell’uomo singolo sarà anche piena in tutti i cittadini di Gerusalemme. Ma quando sarà piena la pace? Quando questo corpo corruttibile si sarà rivestito d’incorruzione e questo corpo mortale si sarà rivestito d’immortalità 80. Allora la pace sarà completa e stabile. Nulla nell’uomo si ribellerà all’anima. Non muoverà guerra a se stessa l’anima, ferita in qualche parte; non susciterà ostacoli la fragilità della carne, né le miserie del corpo: non la fame o la sete o il freddo o il caldo o la stanchezza o altre privazioni; non ci sarà chi provochi risse e certamente non si dovrà più essere in angustia o in guardia per evitare il nemico e insieme amarlo. Tutte queste cose, miei fratelli, suscitano in noi risse: non è ancora piena e perfetta la pace. Voi avete acclamato poco fa non appena era stata nominata la pace: è stato il desiderio a farvi acclamare. Il vostro grido è stato il grido di chi è assetato, non di chi è sazio. Lassù, dove la pace sarà perfetta, sarà perfetta anche la giustizia: quella giustizia di cui abbiamo fame e sete. Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati 81. Come saranno saziati? Approdando là dov’è la pace. Pertanto il salmo dopo aver detto: Egli ha posto la pace nei tuoi confini, siccome in quella patria ci sarà sazietà di tutto e nulla mancherà, immediatamente soggiunge: E ti sazia con pingue frumento.

Nella patria cesseranno la fame e la sete di giustizia.

21. Fratelli, la pace di cui parliamo non è ancora assoluta in tutti noi, o meglio in ciascuno di noi. E mi par di capire che il vostro spirito provi gusto ad ascoltare ancora; tuttavia finiremo il salmo solo se non ci saranno resistenze e ribellioni da parte del corpo. Quanto a voi, m’accorgo che non siete affatto stanchi; temo però, e questo lo sa Dio, d’essere di peso a voi o almeno a qualcuno dei fratelli. Vedo certo l’ardore di quei molti che reclamano da me questo sforzo e questo sudore, che mi auguro nel Signore non abbia a rimanere infruttuoso. Godo che il gusto per la verità della parola di Dio sia in voi così grande, al segno che il vostro fervore encomiabile nel bene e per il bene superi l’ardore di quegli insensati che stanno là nell’anfiteatro. E credete forse che loro, se dovessero stare in piedi per tanto tempo, resterebbero ancora a guardare lo spettacolo? Pertanto, fratelli, dal momento che voi volete così, ascoltiamo anche il resto. Ci assista il Signore somministrandoci la forza e illuminandoci la mente. Dice a quella Gerusalemme: Egli ha posto la pace nei tuoi confini, e ti sazia con pingue frumento. Passano la fame e la sete della giustizia e succede la sazietà. E quale pingue frumento avremo lassù se non quel pane che dal cielo scese a noi 82? Il quale, se durante il pellegrinaggio ci pasce così, come non ci sazierà quando saremo nella patria?

La velocità della Sapienza e la nostra lentezza.

22. [v 15.] Ora ci parlerà dell’esilio, compiuto il quale giungeremo a quella Gerusalemme dove, una volta rafforzate le spranghe delle nostre porte, loderemo in coro il Signore, loderemo il Signore Dio nostro, noi Gerusalemme, noi Sion. In effetti, colui che lassù ci sazierà con pingue frumento cosa fa adesso mentre siamo pellegrini? Quel che proseguendo dice il [salmo]: Egli invia la sua parola alla terra. Ecco, noi siamo sulla terra e triboliamo: siamo stanchi, infermicci, pigri e freddi. In che maniera ci saremmo potuti elevare a quella pinguedine di frumento che ci sazia, se egli non avesse inviato la sua parola alla terra che ci appesantisce, alla terra che ostacola il nostro ritorno? Mandò la sua parola: nemmeno nel deserto ci ha abbandonati; ha fatto piovere la manna dal cielo. Egli invia la sua parola alla terra, e la sua parola venne sulla terra. In che maniera? Ovvero: Cos’è la sua parola? Al limite della velocità corre la sua parola. Non dice: La sua parola è veloce ma: Al limite della velocità corre la sua parola. Cerchiamo di capire, fratelli! Non avrebbe potuto scegliere parola migliore. Chi è caldo si riscalda col calore, chi è freddo si raffredda col freddo, chi è veloce diventa veloce per la velocità. Ora, cosa c’è di più caldo dello stesso calore, ad opera del quale si riscalda tutto ciò che è caldo? E cosa è più freddo dello stesso freddo, ad opera del quale si raffredda tutto ciò che è freddo? Analogamente, cos’è più veloce della stessa velocità, che rende veloce tutto ciò che corre velocemente? Molte cose possono dirsi veloci, chi più veloce e chi meno; ma una cosa tanto più sarà veloce quanto più sarà partecipe della velocità. Quella cosa partecipa di più della velocità, quindi è più veloce; quell’altra ne partecipa di meno, quindi è meno veloce. Per cui, potrà forse esserci cosa più veloce della velocità? Ebbene in che misura riuscirà a correre? Al limite della velocità. Ingigantisci quanto ti pare la velocità della parola; di’: È più veloce di questo e di quell’elemento, più degli uccelli, più del vento, più dell’angelo. Forse che qualcuno di questi esseri è tanto veloce quanto lo è la stessa velocità, o al segno di raggiungere la stessa velocità? Cos’è, fratelli, in se stessa la velocità? È dovunque, non è divisibile. Ora questo s’addice al Verbo di Dio: il non essere diviso in parti, l’essere dovunque nella sua natura di Verbo, in quanto è Potenza e Sapienza di Dio 83, senza considerare, cioè, la carne che avrebbe assunta. Se pensiamo a Dio in forma di Dio, al Verbo uguale al Padre, è lui la Sapienza di Dio della quale fu detto: Essa si estende con potenza da un’estremità all’altra 84. Quanta velocità! Essa si estende con potenza da un’estremità all’altra. Ma forse questi confini li raggiunge restando nell’immobilità. Se ciò ottiene nell’immobilità, come quando un corpo sassoso riempie un vuoto così di lui si dice che di quello spazio tocca l’una e l’altra estremità senza alcun moto. Che diremo dunque? Che quel Verbo sia privo di moto e quella Sapienza sia intorpidita? Ma allora dove va a finire quant’è detto dello Spirito della Sapienza? Dopo molte descrizioni si dice: Acuto, mobile, certo, immacolato 85. Così è mobile anche la Sapienza di Dio. Ora, se è mobile, forse che quando tocca un punto non ne tocca un altro? o, se tocca questo si allontana da quello? Dov’è allora la velocità? La velocità consegue proprio questo: che essa sia sempre dovunque e nessuna cosa valga a circoscriverla. Ma noi non siamo in grado di pensare a cose come queste; siamo lenti. Chi riuscirà mai a pensarle? In realtà, fratelli, vi ho detto qualcosa come meglio ho potuto (se poi ho potuto, o capito, qualcosa), e così anche voi avete compreso secondo quel che potevate. Ma cosa dice l’Apostolo? A lui che può compiere di più di tutto quanto possiamo chiedere o pensare 86. Cosa ci lascia dedurre da ciò? Che, anche quando comprendiamo, non comprendiamo come stanno le cose nella loro oggettività. Perché questo? Il corpo corruttibile appesantisce l’anima 87. Finché quindi saremo sulla terra, saremo freddi, mentre la velocità è bruciante di calore. Tant’è vero che tutte le cose calde sono veloci, mentre quelle fredde sono lente. Noi siamo lenti, quindi freddi; mentre quella Sapienza corre al limite [massimo] della velocità. È pertanto sommamente calda, né c’è persona che possa sottrarsi al suo calore 88.

La Chiesa tunica di Cristo.

23. [v 16.] Noi siamo freddi per la lentezza del corpo, siamo appesantiti dai legami di questa vita terrena e corruttibile. Ebbene, non avremo alcuna speranza di poter comprendere la Parola che corre al limite della velocità? O che per caso ci avrà egli abbandonati, per essere a causa del corpo schiacciati nelle regioni più basso, così, raffreddandosi la carità, la natura umana è caduta su che nascessimo con questo corpo mortale e pesante? Colui che ci ha predestinati ha dato alla terra la neve, cioè noi stessi. Avviciniamoci quindi a quei versi del salmo che presentano delle oscurità. Che quegli involucri comincino a diradarsi, poiché la parola di Dio più viene predicata da noi più trova voi avidi d’ascoltarla. Ecco, noi, lenti su questa terra, stavamo quasi per congelarci. E come succede per le nevi, che si congelano in alto e cadono in basso, così raffreddandosi la carità, la natura umana è caduta su questa terra e, rivestita d’un corpo lento a muoversi, è diventata come neve. Ma in questa neve sono [descritti] i figli di Dio predestinati [a salvezza]. Egli infatti dà la neve come la lana. Che significa: Come la lana? Eccolo. Della neve che ha dato, cioè di questa gente ancora pigra e fredda spiritualmente che egli ha predestinata, egli farà qualcosa. La lana infatti serve per confezionare vestiti, e quando si vede la lana è come un’anticipazione della veste. Avendo dunque Dio predestinato coloro che per un certo tempo strisciano freddi sopra la terra e non ardono ancora dello spirito di carità (parla infatti ancora della predestinazione), Dio ha reso questi tali come lana. Da loro ricaverà una veste. E si capisce pertanto il motivo per cui sul monte la veste di Cristo era splendente come la neve 89. Se la veste di Cristo era splendente come neve, significa che con quella lana già s’era confezionata una tunica. Quand’erano lana, o meglio neve da lui data come lana, i predestinati erano ancora pigri; ma aspetta! osserva come continua. Avendoli resi come lana, se ne può ricavare una tunica. In effetti la Chiesa di Cristo, come è chiamata corpo di Cristo, così è chiamata anche vestito di Cristo, secondo l’espressione dell’Apostolo: Poiché egli volle presentare a se stesso la Chiesa gloriosa senza macchia né ruga 90Presenti dunque Cristo a se stesso la sua gloriosa Chiesa, senza macchia e senza ruga, e con quella lana che aveva predestinata quand’era neve si faccia una veste. Degli uomini ancora increduli e freddi e tardi, di tutta questa lana si faccia una veste. Perché sia tersa dalle macchie, la si purifichi con la fede;perché sia senza ruga, la si stenda sulla croce. Egli dà la neve come la lana.

La penitenza figurata dalla cenere.

24. Se sono già predestinati, occorre chiamarli. Infatti quelli che ha predestinati li ha anche chiamati 91Ma come saranno chiamati per deporre il languore del corpo mortale e diventar sani? Come? Ascolta il Vangelo. Non sono venuto per chiamare i giusti ma i peccatori alla penitenza 92. Quindi già con la predestinazione di quella neve [l’uomo] comincia a rendersi conto del suo torpore, accusa il suo peccato e, mediante la chiamata, comincia a venire a penitenza. Con ragione quindi colui che dà la neve come la lana, perché in seguito ne venga confezionata la tunica, sparge anche la nebbia come la cenere, a motivo della chiamata alla penitenza. Dice: Sparge la nebbia come la cenere. Chi? Colui che dà la neve come la lana. In effetti quelli che ha predestinati li chiama alla penitenza, com’è detto: Quelli che ha predestinati li ha anche chiamati. E la cenere è in stretto rapporto con la penitenza. Ascolta il Signore che chiama alla penitenza. Rimbrottando alcune città diceva: Guai a te, Corozam! guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e in Sidone fossero stati fatti i miracoli compiuti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, nel cilizio e nella cenere 93Ecco come sparge la nebbia come cenere. Che vuol dire: Sparge la nebbia come la cenere? Ecco uno che viene chiamato a conoscere Dio. Gli si dice: Lasciati riempire dalla verità, e lui comincia a voler comprendere la verità. Ma, siccome non riesce, nota subito di essere circondato da una specie di caligine che prima non vedeva. Questa dunque è la funzione di quella nebbia: farti comprendere la tua ignoranza, farti capire ciò che avresti dovuto capire, e constatare quanto tu sia incapace di conoscere quel che invece avresti dovuto [conoscere]. Se infatti, mentre ti trovi avvolto dalla nebbia, avrai, anticipando i tempi, presunto di conoscere [tutto], dovrai ascoltare le parole dell’Apostolo: Chi crede di sapere qualcosa, non ha nemmeno capito come bisogna sapere 94Non hai compreso; stai in mezzo alla nebbia; ma non ti abbandonerà colui che per te ha acceso la lucerna della sua carne. Non ti smarrirai fra la nebbia: seguilo con fede. E se, nonostante i tuoi sforzi non riesci a vedere, pèntiti dei peccati, perché la nebbia è sparsa a guisa di cenere. Pèntiti di essere stato ostinatamente ribelle contro Dio, pèntiti d’aver seguito le tue vie cattive. Sei giunto a esperimentare la difficoltà di quella beata visione; ma ti arrecherà salute la nebbia che Dio sparge come cenere. Tu stesso attualmente sei nebbia, ma una nebbia simile a cenere. In realtà, i penitenti giacciono nella cenere, miei fratelli, riconoscendosi, per così dire, simili alla stessa cenere e pronti a dire al loro Dio:Son cenere. Dice in un passo la Scrittura: Ho disprezzato me stesso, mi son disfatto, mi son considerato come terra e cenere 95Questa è l’umiltà del penitente. Quando Abramo volle parlare col suo Dio e desiderò che gli fosse fatta luce nell’incendio di Sodoma, disse: Io son terra e cenere 96Oh, come fu sempre questa umiltà in tutti gli uomini grandi e santi! Ebbene, egli sparge la nebbia come la cenere. Perché? Perché coloro che ha predestinati sono stati anche chiamati 97 da colui che non venne a chiamare i giusti, ma i peccatori, a penitenza 98.

La durezza del peccatore ostinato. Paolo di Tarso.

25. [v 17.] Manda il suo ghiacciaio come pezzi di pane. Non ci dobbiamo affaticare di bel nuovo per precisare cosa sia il ghiacciaio. Ne abbiamo parlato prima e penso che non sia svanito di mente alla vostra Carità. Che significa dunque la parola: Manda il suo ghiacciaio come pezzi di pane? Ricordiamo come quella sua neve raffigura i predestinati, e quella sua nebbia quei predestinati alla salvezza, che vengono chiamati alla penitenza. Così, in certo qual modo, è del suo ghiacciaio. Cos’è un ghiacciaio? Neve molto dura, molto congelata, tanto che non si scioglie così facilmente come la neve comune. La neve indurita col passare di molti anni o di secoli uno dopo l’altro si chiama ghiacciaio. Questo ghiacciaio [Dio] ci invia come tozzi di pane. Che significa? Ci sono stati dei tipi assai duri, da paragonarsi non alla neve ma al ghiacciaio. Eppure furono anche loro predestinati e chiamati; anzi alcuni di loro ricevettero l’incarico di pascere gli altri e di contribuire all’utilità altrui. E che bisogno c’è di elencare i molti che forse noi stessi abbiamo conosciuti? di ricordare questo o quello? Basta che ci pensiamo un istante e subito ce ne vengono in mente, fra le persone stesse da noi conosciute: gente dura, ostinata e resistente di fronte alla verità. Eppure adesso predicano la verità: son diventati pezzi di pane. Qual pane se non quell’unico, di cui parla l’Apostolo? Pur essendo molti siamo un solo corpo in Cristo, e lo stesso soggiunge: Un solo pane, un solo corpo siamo [noi] i molti 99Ebbene se tutto il corpo di Cristo è un unico pane, le membra di Cristo son pezzetti di quel pane 100. Ed egli di alcune fra queste persone ostinate si serve per fame delle sue membra, anzi membra utili a pascere gli altri. Perché divagare fra i molti? Guardiamo con attenzione quel notissimo personaggio che è l’apostolo Paolo. Nulla è a noi più noto, più dolce, più familiare di quest’uomo, fra tutto ciò che narra la Scrittura. Ora, se ci saranno certuni che debbano diventar pane, pur essendo duri quanto lo fu Paolo, prendano lui come modello e tutti corrano [verso Cristo] perché appaia manifesto il senso delle parole: Manda il suo ghiacciaio come tozzi di pane. Ecco, un ghiacciaio era l’apostolo Paolo: duro, ostinato contro la verità, urlante contro il Vangelo, quasi volesse restar solido a dispetto del sole. Quanto fu duro costui, cresciuto nella legge, educato ai piedi del rabbino Gamaliele 101! Non ascoltava né Mosè né i profeti in quanto preannunziavano Cristo. Grande durezza! I pagani, ovviamente, non avevano ascoltato né i profeti né Mosè: erano quindi freddi, per quanto non fossero ghiacciai. Egli al contrario credeva nelle parole che predicavano Cristo, e non credeva a Cristo già venuto: certo doveva essere ben duro. Essendo ghiacciaio, si presentava lucente e candido, ma era estremamente duro e gelido. In che senso lucente e candido? Ebreo, figlio di ebrei; fariseo quanto alla legge 102. Osserva la lucentezza del ghiacciaio. Ascolta ora la sua durezza. Persecutore della Chiesa di Cristo, quanto allo zelo 103. Questo duro era là fra i lapidatori del martire santo Stefano, e forse era più duro degli altri. Custodiva infatti le vesti di tutti i lapidatori, come per lapidare con le mani di tutti 104.

Ogni durezza cede al calore della misericordia divina.

26. [v 18.] Abbiamo così dinanzi agli occhi la neve, la nebbia, e il ghiacciaio. Buon per loro se intervenga lo Spirito [di Dio] e li sciolga. Se infatti non soffierà questo Spirito, se non interverrà lui a liquefare la durezza di tanto ghiaccio, chi può reggere di fronte al suo freddo? Di fronte al suo freddo: di chi? Di Dio. Dunque c’è anche un freddo di lui? Sì! È quando egli abbandona il peccatore, non lo chiama, non gli apre le facoltà, non gli infonde la grazia. Provi in tal caso l’uomo a liberarsi dal ghiaccio della propria insipienza. Non ce la fa. Perché? Chi può reggere di fronte al suo freddo? Osserva pertanto l’Apostolo che congelato dice: Vedo nelle mie membra un’altra legge, che lotta contro la legge della mia mente e che mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me, uomo infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? 105 Ecco, sono intirizzito dal freddo, son congelato: qual calore mi scioglierà sicché io possa correre? Chi mi libererà da questo corpo di morte? Chi può reggere di fronte al suo freddo? Ma chi potrà liberare se stesso, se Dio ci abbandona? Difatti chi è che libererà? La grazia di Dio per Gesù Cristo nostro Signore 106. Ascolta come anche nel salmo si alluda alla grazia di Dio. Egli manda il suo ghiacciaio come tozzi di pane: chi può reggere di fronte al suo freddo? C’è dunque da disperarsi? Niente affatto! Tant’è vero che continua: Invierà la sua parola e li squaglierà. Non si disperino quindi la neve, la nebbia e il ghiacciaio. Difatti, con la neve, quasi fosse lana, si confeziona la tunica. La nebbia trova salvezza nella penitenza, poiché quelli che ha predestinati li ha anche chiamati 107. Ma siano pure, fra i predestinati, gli elementi più duri e siano stati congelati per lungo tempo, tanto da diventar ghiacciai, non saranno duri per la misericordia di Dio. Invierà la sua parola e li squaglierà. Che significa li squaglierà? Non dovete intendere in senso peggiorativo questo squagliarsi. Vuol dire: Li struggerà, li scioglierà. Essi son duri a causa della superbia. E giustamente la superbia è chiamata irrigidimento, e tutto ciò che è rigido è anche freddo. Quando gli uomini si sentono intirizzire dal freddo, dicono: Sono irrigidito. Quindi la superbia è un irrigidimento; ma invierà la sua parola e li squaglierà. In effetti quando sui mucchi di neve si spande il calore [del sole] si liquefanno e abbassano. L’irrigidimento solleva in certo qual modo un monte di neve, allo stesso modo la superbia solleva gli stolti. Invierà la sua parola e li squaglierà. Ecco quel ghiacciaio che era Saulo. Dopo l’uccisione e la lapidazione di Stefano, irrigidito nella sua durezza ostile a Cristo, venne, chiese le lettere ai sacerdoti, per scovare ovunque i cristiani dei quali bramava l’eccidio 108. Egli è duro e gelato contro il fuoco di Dio. Per quanto però fosse duro e gelato ecco colui che invierà la sua parola e li squaglierà. Gli gridò dal cielo pieno di calore: Saulo Saulo, perché mi perseguiti? 109 A quella sola voce, tutta la durezza di quel ghiacciaio si sciolse. Egli dunqueinvierà la sua parola e li squaglierà. Non c’è da disperarsi [della sorte] del ghiacciaio: quanto meno [di quella] della neve e della nebbia! Non ci si disperi del ghiacciaio. Ascolta un’espressione di chi era ghiacciaio. Io, che prima fui un bestemmiatore, un persecutore, un violento 110. Ma perché Dio volle liquefare quel ghiacciaio? Affinché la neve non disperi della sua sorte. Dice infatti: Ma ottenni misericordia affinché in me Gesù Cristo manifestasse tutta la pazienza, ad ammaestramento di coloro che crederanno in lui per ottenere la vita eterna 111. Dio dunque grida alle genti: Ho sciolto il ghiacciaio; venite, voi che siete nevi! Invierà la sua parola e li squaglierà; soffierà il suo spirito e scorreranno le acque. Ecco, vengono sciolti il ghiacciaio e le nevi e si cambiano in acqua corrente. Chi ha sete venga e beva. Saulo duro come ghiacciaio perseguitò Stefano fino alla morte; Paolo diventato acqua viva, chiama le genti alla fonte. Soffierà il suo spirito e scorreranno le acque. Soffierà lo spirito che brucia, tanto che in un altro salmo è detto: Sciogli, Signore, la nostra cattività, quasi torrente al soffio dell’austro 112. In realtà, Gerusalemme presa prigioniera era come congelata in Babilonia, ma soffia l’austro, si scioglie il congelamento della cattività e corre verso Dio nel fervore della carità. Soffierà il suo spirito e scorreranno le acque. Diventa in loro fonte di acqua che zampilla verso la vita eterna 113.

Simbolismo della lotta fra Giacobbe e l’angelo.

27. [v 19.] Annunzia la sua parola a Giacobbe, le sue giustizie e i suoi giudizi ad Israele. Quali giustizie e quali giudizi? Annunzia che quanto il genere umano ha patito quaggiù nei periodi antecedenti, quando cioè era neve nebbia e ghiacciaio, lo ha patito a motivo della superbia e della ribellione contro Dio. Riandiamo alla nostra caduta di origine e vediamo come sia proprio vero quel che si canta nel salmo: Prima che fossi umiliato io peccai 114. Ma colui che asserisce: Prima che fossi umiliato io peccai, poco dopo afferma: Buona cosa per me l’avermi tu umiliato, affinché io impari le vie della tua giustizia 115. Queste vie della giustizia apprese Giacobbe direttamente da Dio, che lo fece lottare con l’angelo, nella cui persona lottava lo stesso Signore. Lo trattenne, fece [il massimo] sforzo per trattenerlo e ci riuscì: fu lui che si fece tenere, mosso da misericordia, non per debolezza. Giacobbe dunque lottò, prevalse e lo trattenne; tuttavia, mentre sembrava averlo vinto ecco che gli si raccomanda per essere da lui benedetto 116. Come capiva chi fosse colui col quale aveva lottato e che aveva trattenuto? E perché lottò con tanto accanimento e lo trattenne? Perché il regno dei cieli soffre violenza e chi fa violenza lo rapisce 117Perché insomma dovette lottare? Perché doveva guadagnarselo col lavoro. Perché a stento tratteniamo ciò che in passato abbiamo perso con facilità? Perché non succeda che, recuperando senza fatica ciò che avevamo perduto, ci abituiamo a perdere ciò che possediamo. S’affatichi pertanto l’uomo per tenere saldo [ciò che possiede] e lo tratterrà stabilmente se ha dovuto faticare per acquistarlo. Questi suoi giudizi, dunque, Dio manifestò a Giacobbe e a Israele. Voglio anzi dirlo più chiaramente: e cioè, se qui ci sono dei giusti, costoro dovranno in contraccambio sopportare, per un giusto giudizio di Dio, stenti, pericoli, molestie e tribolazioni. Così accadde a colui che solo poteva dire d’aver patito senza motivo [personale], sebbene non senza motivo in senso assoluto, poiché aveva patito per causa nostra. Egli solo poteva dire: Io allora pagai quello che non avevo rapito 118egli solo poteva dire: Ecco viene il principe di questo mondo e in me non troverà nulla 119. Ma, quasi che qualcuno fosse andato a chiedergli: Perché dunque soffri?, continuando dice: Ma perché tutti sappiano che io faccio la volontà del Padre mio, alzatevi, andiamocene 120. Tutti gli altri che soffrono, anche per la causa della giustizia, soffrono perché se lo son meritato e perché Dio ha sentenziato così; nemmeno coloro che soffrono per la giustizia presumano di soffrire innocentemente alla pari di Cristo. Ascolta l’apostolo Pietro. Dice: È giunto il momento in cui il giudizio sta per incominciare dalla casa di Dio 121. Esortando i martiri e i testimoni di Dio a tollerare con ogni pazienza tutte le minacce del mondo fremente [d’ira] diceva loro: È tempo dell’inizio del giudizio dalla casa di Dio. E se comincia da noi, quale [ne] sarà la fine per quelli che non credono al Vangelo di Dio? E se il giusto si salva a fatica, dove andranno a finire il peccatore e l’empio? 122 Annunzia la sua parola a Giacobbe, le sue giustizie e i suoi giudizi ad Israele.

Discendenti di Abramo destinati alla pace di Gerusalemme.

28. [v 20.] Non ha fatto così con la totalità delle genti. Nessuno vi inganni! Non c’è gente a cui sia stato annunziato questo giudizio di Dio, perché cioè debbano patire i giusti e gli ingiusti, come tutti patiscano secondo i meriti propri e come i giusti siano liberati per la grazia di Dio non per i loro meriti. Questo non è stato annunziato alla totalità delle genti, ma solo a Giacobbe, a Israele. Che faremo pertanto noi, se non l’ha annunziato alla totalità delle genti ma solo a Giacobbe, a Israele? Dove saremo noi? Nella persona di Giacobbe e d’Israele. Non ha manifestato loro i suoi giudizi. A chi? a tutte le genti. E con che prospettiva sono state chiamate le nevi, disciolto che fu il ghiacciaio? Con che prospettiva sono state chiamate le genti, giustificato che fu Paolo? Con che prospettiva se non affinché fossero in Giacobbe? Fu reciso l’oleastro perché fosse innestato nel buon olivo 123. Ormai appartengono all’olivo: non debbono più chiamarsi ” le genti ” ma l’unico popolo in Cristo, il popolo di Giacobbe, il popolo d’Israele. Perché popolo di Giacobbe e d’Israele? Perché Giacobbe traeva origine da Isacco e Isacco da Abramo. E ad Abramo cosa fù detto? Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti. Lo stesso fu ripetuto ad Isacco e a Giacobbe 124Noi dunque apparteniamo a Giacobbe, e, siccome apparteniamo ad Isacco, apparteniamo anche ad Abramo. Difatti discendenza di Abramo è Cristo. Non è questa una interpretazione mia o di un uomo qualsiasi ma del santo Apostolo, il quale diceva: Non dice: ” Alle discendenze ” come se si trattasse di molte, ma come di una sola: ” E alla tua discendenza “, che è Cristo 125. Se una sola è la discendenza, se uno è Giacobbe, uno Israele, anche le genti sono uno in Cristo. Riguarda dunque tutte le genti ciò che Dio rivelò a Giacobbe, o Israele, in persona. Popoli estranei viceversa sono da ritenersi soltanto coloro che, rifiutandosi di credere in Cristo, non vogliono staccarsi dall’oleastro per essere innestati nel buon olivo. Resteranno tra i boschi e saranno rami sterili e amari. Si rallegri Giacobbe! Che vuol dire ” Giacobbe “? Colui che soppianta, perché soppiantò suo fratello 126In effetti, la cecità è caduta sopra una parte d’Israele perché entrasse la totalità delle genti 127Di Giacobbe Dio fece un Israele. Cosa significa Israele? Ascoltiamolo tutti: tutti siamo Israele, tanto voi che siete qui e formate le membra di Cristo quanto coloro che sono altrove, fuori e non fuori, e così in tutte le genti, ovunque sparse ma sempre dentro. Ascolti dunque questo Israele, colui che da Giacobbe è diventato Israele! Che significa ” Israele “? Colui che vede Dio. Dove vedrà Dio? Nella pace. Quale pace? La pace di Gerusalemme, perché – dice – ha posto la pace nei tuoi confini. Lassù loderemo: tutti saremo uno in [colui che è] uno e saremo orientati all’Uno. Né più saremo molti dispersi qua e là.

SALMO 146 (145)

(Testo CEI2008)

146
Invito a confidare nel Signore

1 Alleluia.

Loda il Signore, anima mia:

2 loderò il Signore finché ho vita,
canterò inni al mio Dio finché esisto.

3 Non confidate nei potenti,
in un uomo che non può salvare.

4 Esala lo spirito e ritorna alla terra:
in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni.

5 Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe:
la sua speranza è nel Signore suo Dio,

6 che ha fatto il cielo e la terra,
il mare e quanto contiene,
che rimane fedele per sempre,

7 rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri,

8 il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,

9 il Signore protegge i forestieri,
egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.

10 Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione.

Alleluia.

SUL SALMO 145

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

DISCORSO AL POPOLO

Eleviamoci al di sopra della terra.

1. I cantici divini sono la letizia del nostro spirito quaggiù dove nemmeno il pianto è privo di gioia. Per il fedele che peregrina in questo mondo non c’è ricordo più soave di quello della città da cui è lontano; nello stesso tempo però il ricordo di quella città durante l’esilio non lo lascia senza dolore e gemito. Meno male che c’è la speranza certa del nostro ritorno, la quale consola e sospinge anche chi si sente triste nel suo peregrinare. Che le parole di Dio afferrino il vostro cuore, e il vostro padrone rivendichi per sé la roba sua, cioè le vostre menti, in modo che non si volgano ad altre mete. Ciascuno di voi sia interamente qui per non essere qui. Cioè: sia interamente preso dalla parola di Dio che echeggia qui in terra per essere afferrato da Dio ed elevato oltre la terra. Dio infatti è con noi affinché noi siamo con lui. Per essere con noi egli si abbassò fino a noi; parimenti perché noi siamo con lui ci fa salire fino a sé. E di passaggio notate com’egli non disdegnò la nostra condizione di pellegrini, lui che, avendo creato l’universo, non è estraneo ad alcun luogo.

L’amico di Dio vive nella gioia.

2. [v 2.] Ecco come canta il salmo. È la voce di uno (se volete, è la vostra voce), di uno che esorta la sua anima a lodare Dio e dice a se stesso: Loda, anima mia, il Signore. Nelle tribolazioni e nelle prove della vita presente succede a volte che, vuoi o non vuoi, l’anima assapori il turbamento. Se ne parla in un altro salmo, dove è detto: Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi? 1 Per sgombrarla dal suo turbamento le si suggerisce una gioia, motivata non dal possesso reale di un bene ma dalla sua speranza, e a lei turbata e angustiata, triste e afflitta, si dà questa esortazione: Spera nel Signore poiché ancora potrò confessare a lui. Ripose nella confessione il motivo della speranza per cui si sarebbe dovuta risollevare, quasi che la sua anima, per turbarlo e immergerlo nella tristezza, l’avesse così apostrofato: Ma come osi dirmi di sperare nel Signore? me ne allontanano i peccati di cui mi sento responsabile. Io conosco le colpe che ho commesse e tu vieni a dirmi: Spera nel Signore? Le hai commesse, è vero; ma qual è il fondamento della tua speranza? Perché confesserò a lui. Come è in odio a Dio chi scusa i propri peccati, così chi li confessa ne viene sgravato. Orbene, questa speranza noi l’abbiamo ricevuta e per conseguenza, possedendo questa speranza, non possiamo non essere nella gioia. Per quanto la vita presente ci riservi delle difficoltà e sia piena di uragani e di tempeste, la nostra anima è impavida perché sostenuta da questa speranza; anzi gode nella speranza, come dice l’Apostolo: Lieti nella speranza, pazienti nella tribolazione 2Ecco l’anima dotata d’una forza che, per così dire, la solleva a Dio e la pone in condizione di lodarlo. Le si dice infatti: Loda, anima mia, il Signore.

Il corpo e l’anima.

3. Ma chi è che parla così e a chi parla? Che diremo, fratelli? Sarà la carne a dire: Loda, anima mia, il Signore? È però possibile che la carne dia un buon suggerimento all’anima? Per quanto sia stata domata e, con la forza elargita dal Signore, talmente assoggettata al nostro servizio da potersi dire schiava perpetua, la carne al massimo potrà non esserci di ostacolo. E poi è chiaro, o carissimi, che a chiedere consigli si va da chi ci è superiore. Orbene, cosa buona è la nostra anima e cosa buona il nostro corpo, essendo tutt’e due stati creati da colui che fece tutte le cose perfettamente buone 3: ciascun elemento è quindi, nel suo genere, buono. Tuttavia dice l’Apostolo:Il corpo in verità è morto per il peccato 4Ci sarebbe, è vero, anche l’altro corpo, a noi promesso ma non ancora posseduto, del quale gioiosamente speriamo la redenzione, come dice l’Apostolo: Noi gemiamo in noi stessi aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Siamo, stati infatti salvati nella speranza; ora la speranza [di ciò] che si vede non è speranza. Ciò che infatti uno vede, come fa a sperarlo? Ma se speriamo in cose che non vediamo, le aspettiamo mediante la pazienza 5È dunque una realtà buona il nostro corpo; tuttavia a causa del peccato al presente esso è mortale, misero, corruttibile, mutevole, al segno che non ha in se stesso alcuna stabilità, nemmeno per un attimo di tempo. È tale insomma che indubitatamente ci vien fatto di desiderare la sua redenzione, per la quale (una buona volta!) non sia più così. Ma come sarà in futuro il corpo? Lo descrive in un altro passo lo stesso Apostolo: Bisogna che questo [corpo] corruttibile si rivesta d’incorruttibilità e questo [corpo] mortale si rivesta d’immortalità 6Ma anche quando il nostro corpo avrà queste doti, sarà cioè celeste e spirituale, angelico e contornato di angeli, nemmeno allora sarà tale da poter dare consigli all’anima. Il corpo infatti, per il fatto stesso di essere corpo, sarà sempre inferiore all’anima, e al vaglio si troverà sempre che qualsiasi anima, anche la più insignificante, è superiore a qualsiasi corpo, sia pur superdotato.

L’anima è superiore al corpo.

4. Non vi sembri, per così dire, sballata l’idea che un’anima insignificante, un’anima qualsiasi, anche peccatrice, sia superiore ad ogni corpo, per quanto robusto e di notevole prestanza. Non gli è superiore in meriti ma nella realtà oggettiva. Ammettiamo pure che un’anima sia peccatrice e insudiciata da impure concupiscenze; comunque, per quanto sporco, l’oro è sempre di maggior pregio che non il piombo, per quanto ripulito. Percorra pure la vostra fantasia tutta la serie delle cose create: vedrete che quanto vi diciamo non ha nulla di inverosimile, che cioè ogni anima, anche la più malfamata, merita più apprezzamento di qualsiasi corpo, sebbene anche il corpo abbia il suo pregio. Son due cose diverse, l’anima e il corpo. Biasimo l’anima, elogio il corpo: l’anima la biasimo perché è cattiva, il corpo lo elogio perché è sano. È sempre, tuttavia, nel suo ordine che lodo o disapprovo l’anima, come è nel suo ordine che lodo o disapprovo il corpo. Se mi interroghi cosa sia meglio, quello che ho disapprovato o quello che ho lodato, riceverai una risposta sorprendente. È vero che ho biasimato una cosa ed elogiato l’altra; se però mi si chiede cosa sia superiore, debbo rispondere che quanto ho biasimato supera ciò che ho elogiato. Se ti meravigli di queste due affermazioni, rifletti alle altre due cose, sempre a portata di mano, cioè all’oro e al piombo di cui or ora ti parlavo. Ecco ho biasimato l’oro: quell’oro non è bello, è sporco, non splende, non è libero dalle scorie. Questo piombo invece è eccellente, non potrebbe essere più ripulito. Ho biasimato l’uno, ho elogiato l’altro, e ho posto dinanzi a te i due metalli, sparlando dell’uno e tessendo l’elogio dell’altro. Al termine del mio parlare in prò dell’uno e a discredito dell’altro, domandami pure quale dei due metalli valga di più. Ti risponderò: L’oro, sporco quanto si voglia, vale più che non il piombo più purificato. Ma perché questa superiorità? e perché l’hai biasimato? Perché l’ho biasimato? Perché quell’oro non è ancora quel che potrebbe essere. E cosa potrebbe essere? Un oro puro e più bello. L’ho biasimato per il fatto che ancora non è oro puro. E il piombo perché l’hai elogiato? Perché è stato purificato in maniera tale che non potrebbe esserlo di più. Analogamente, tu dici che un cavallo è ottimo, mentre di un uomo dici che è pessimo; tuttavia più che non il cavallo che hai lodato tu stimi certamente l’uomo di cui hai mal parlato. Se infatti ti si interrogasse quale di questi due esseri sia superiore, risponderesti: L’uomo. Non per i suoi meriti, ma per la sua natura. Così in campo professionale. Chiami ottimo, ad esempio, un calzolaio e critichi un legale, supposto che non conosca una gran copia di leggi. Hai elogiato il calzolaio, hai criticato il dottore in legge. Ebbene, chiediti chi di questi due sia superiore: un dottore in legge, per quanto ignorante, è più stimato di un abilissimo calzolaio. Mi presti attenzione la vostra Carità! In questa maniera, mentre decantiamo certe cose e ne vituperiamo altre, se ci si interroga, spesse volte alle cose che lodiamo preferiamo quelle che vituperiamo. Ora, la natura dell’anima è molto superiore alla natura del corpo, è di una dignità molto più elevata: è una realtà spirituale, incorporea, vicina alla natura stessa di Dio. È una realtà invisibile che regge il corpo, muove le membra, controlla i sensi, produce i pensieri, determina le azioni, riceve l’immagine di un’infinità di cose. E chi sarebbe in grado, o fratelli carissimi, di elogiare come conviene l’anima? E se si è incapaci di lodare l’anima, come si avrà modo di lodare colui che ha formato l’anima? Eppure, la sua benevolenza è così grande che l’autore del salmo può dire: Loda, anima mia, il Signore. Chi può lodare Dio? Se dicesse all’anima: Loda te stessa, forse ne risulterebbe [anche qui] incapace. Ma le dice: Loda Dio. Sforzati con tutto l’ardore della tua pietà: verrai meno nella sua lode, ma è per te cosa più utile venir meno lodando Dio che non progredire lodando te stessa. In effetti, quando tu lodi Dio, anche senza spiegare ciò che vuoi, il tuo pensiero si dilata verso le realtà interiori, e l’esserti così dilatato ti rende più capace di accogliere colui che lodi.

La razionalità e l’istinto di Dio.

5. Rimane da concludere quanto cominciato a dire sopra. Chi è che dice: Loda, anima mia, il Signore? Non lo dice la carne. Si trattasse pure di un corpo angelicato, è inferiore all’anima e non può dar suggerimenti a chi gli è superiore. Ben miserabile sarebbe l’anima qualora si attendesse consigli dal corpo. Il corpo, quando obbedisce a dovere, è servo dell’anima: questa dirige, l’altro è diretto; questa comanda, l’altro serve. Come potrebbe il corpo dare all’anima un simile consiglio? Chi dunque dice:Loda, anima mia, il Signore? Nell’uomo non troviamo altri elementi all’infuori del corpo e dell’anima. L’uomo nella sua totalità è questo: spirito e carne. Non sarà quindi la stessa anima che sì rivolge a se stessa, si dà per così dire un comando e si esorta e sollecita? Eccola infatti fluttuare in preda a certi turbamenti, sia pure limitatamente a qualche sua parte. C’è però un’altra parte, che chiamano intelletto o ragione: è quella facoltà con cui pensa alla sapienza, fin da ora aderisce al Signore e sospira a lui. Ebbene, questa facoltà avverte nelle parti a lei inferiori dei turbamenti o dei moti secolareschi; avverte delle brame per cose terrene, constata come certi suoi desideri tendano ad effondersi al di fuori abbandonando Dio che sta dentro. In tale situazione l’anima richiama se stessa a volgersi dall’esterno all’interno, dalle cose inferiori a quelle superiori, e dice: Loda, anima mia, il Signore. Cos’è che ti attrae nel mondo? Cosa vorresti lodare? Cosa amare? Da qualunque parte ti volgi con i sensi del corpo, ti si parano dinanzi il cielo e la terra; ma qualunque cosa ami sulla terra è terreno, qualunque cosa ami nello stesso cielo è corporeo. Eppure tu queste cose, sparse ovunque nel creato, le ami e le elogi; ma come non lodare l’autore di queste cose che lodi? Effettivamente fino ad ora sei vissuta troppo ingolfata [nelle cose materiali]; frustata dalla molteplicità dei tuoi desideri, ne porti le ferite. Sei piagata, divisa in una quantità di amori, sempre inquieta, mai serena. Raccogliti in te stessa! Se fuori di te c’è qualcosa che ti piace, cerca chi ne sia l’autore. Sulla terra non c’è nulla che, ad esempio, valga più di questa o quella cosa: dell’oro, dell’argento, degli animali, degli alberi, di tutte le cose belle. Pensa a tutta la terra! E nel cielo cosa c’è che sia più meraviglioso del sole, della luna e delle stelle? Pensa all’immensità del cielo. Tutte queste creature nel loro insieme sono perfette in bontà perché Dio fece tutte le cose perfettamente buone. Ovunque risalta la bellezza dell’opera, la quale a sua volta ti indirizza all’artefice. Se ammiri la costruzione, ama il costruttore. Non ti succeda che, ingombrato dalle cose create, ti distacchi da chi le fece. In effetti, le cose che ingombrano il tuo spirito sono creature inferiori a te, mentre tu sei stato creato inferiore soltanto a lui. Occorre quindi che ti tenga unito a chi ti è superiore, se vorrai tenere sotto i tuoi piedi le cose inferiori; se al contrario ti allontani da chi ti è superiore, le cose inferiori si tramuteranno per te in strumenti di castigo. È una realtà di fatto, fratelli miei. L’uomo ha ricevuto il corpo perché gli facesse, per così dire, da servo; per padrone egli ha Dio, il corpo per servo. Sopra di sé ha il suo Creatore, sotto di sé ciò che è stato creato per servirlo; nel mezzo ha sede l’anima razionale, a cui è stato imposto l’obbligo di aderire a chi le è superiore e di governare chi le è inferiore. Non potrà mai governare chi le è inferiore se non si lascia lei stessa governare da chi le è superiore. La vedi in balia di chi le è inferiore? Vuol dire che ha abbandonato chi le è superiore. Ha perso il potere di governare chi un tempo governava, perché lei stessa s’è rifiutata di farsi governare da chi prima la governava. Torni finalmente all’ordine! Lodi [Dio]! Illuminata dalla luce di Dio, l’anima matura una decisione: a ciò riesce in forza della sua razionalità, nella quale concepisce delle determinazionistabili, attinte all’eternità del suo Creatore. Là scorge qualcosa che sente di dover temere e lodare, amare e desiderare con tutto l’affetto. Non lo possiede ancora, non se n’è ancora appropriata; ne è solo attanagliata da una specie di fulgore, ma non è ancora così robusta da rimanere fissa [a contemplarlo]. In tale situazione, chiama a raccolta tutta se stessa; vuole per quanto è possibile la sanità [completa] e dice: Loda, anima mia, il Signore.

Divagazioni moleste disturbano la nostra lode.

6. Ma cos’è questa esortazione, fratelli? Non è forse vero che già lodiamo il Signore, che ogni giorno gli cantiamo inni, che nei limiti delle nostre capacità ogni giorno ne risuonano le nostre labbra e il nostro cuore si effonde nella lode di Dio? Cos’è mai ciò che lodiamo? Grande cosa è ciò che lodiamo, mentre è ancora fragile ciò di cui disponiamo per lodarlo. Come farà il lodante ad adeguarsi alla sublimità del lodato? Ecco una persona [che loda]: sta in piedi, canta a Dio qualche inno che può essere magari d’una certa lunghezza; non di rado però, mentre le sue labbra si muovono al canto, il suo pensiero svolazza dietro non so quali desideri. La nostra mente quindiera in certo qual modo intenta alla lode di Dio, mentre l’anima, distratta da brame di vario genere o ingolfata nelle preoccupazioni e negli affari, vagabondava a destra e a sinistra. Ecco allora intervenire la razionalità. Notando dalla sua posizione preminente questo vagabondare, si volge, per così dire, all’anima inquieta e in preda a fastidi e l’apostrofa: Loda, anima mia, il Signore. Cosa stai lì a preoccuparti delle altre cose? perché affannarti dietro a cose terrene e mortali? Sta’ con me, loda il Signore. Ma l’anima, schiacciata dal peso [delle preoccupazioni terrene] e incapace di trovare un’adeguata consistenza, risponde a un dipresso alla mente: Loderò il Signore nella mia vita. Che significa: Nella mia vita? Significa che adesso mi trovo nella morte. Orbene, prima rivolgi a te stesso l’esortazione dicendo: Loda, anima mia, il Signore. L’anima tua ti risponderà: Lo lodo come meglio posso, scarsamente, fiaccamente, debolmente. Perché? Perché finché siamo uniti al corpo siamo esuli lontano dal Signore 7. Perché lodi il Signore in codesta maniera, non gli tributi una lode perfetta e continuata? Interroga la Scrittura. È perché il corpo corruttibile appesantisce l’anima e l’abitazione terrena aggrava la mente dai molti pensieri 8Toglimi il corpo che appesantisce l’anima e loderò il Signore; liberami da quest’abitazione che spinge al basso la mente nei suoi molti pensieri, affinché dalle cose [dove son disperso] mi raccolga nell’unità; e allora loderò il Signore. Finché però sono come sono, non posso lodarlo: son troppo appesantito. E allora? Te ne starai in silenzio e rinuncerai a lodare perfettamente il Signore? Loderò il Signore nella mia vita.

Nella vita mortale ci conforta la speranza.

7. Che significa: Nella mia vita? Mia speranza tu sei quaggiù. Lo ripetiamo: Quaggiù tu sei la mia speranza; mia porzione invece non lo sei quaggiù ma nella terra dei viventi 9Questa infatti è terra di morienti: da qui dobbiamo andarcene; l’importante è per quale destinazione. In effetti, peregrina quaggiù il cattivo e vi peregrina il buono. Non è che passi il buono mentre il cattivo resta, né che passi il cattivo restando il buono: passa l’uno, e passa l’altro, diretti naturalmente non verso l’identica meta. Erano due: il povero coperto di piaghe che giaceva alla porta del ricco e il ricco vestito di porpora e bisso, dedito ogni giorno a sontuosi banchetti. Stavano quaggiù tutt’e due, poi tutt’e due se ne andarono da questa vita, non però ad uno stesso luogo. Diversi luoghi li accolsero, perché erano indirizzati da diversi meriti. Il povero passò al seno di Abramo, il ricco passò fra i tormenti dell’inferno. Vicini col corpo qui in terra: l’uno dentro casa, l’altro accanto all’uscio; dopo la morte talmente lontani l’uno dall’altro che Abramo poté dire: Tra noi e voi è stato fissato un grande abisso 10Concludendo, fratelli, siccome al presente nostro cibo è la speranza, la nostra vita quaggiù non è perfetta; sarà perfetta quella che ci è stata promessa. Quaggiù esperimentiamo gemiti, tentazioni, angustie, dispiaceri e pericoli; verrà tempo in cui l’anima nostra loderà il Signore come merita d’essere lodato, come vien detto in quell’altro salmo: Beati coloro che abitano nella tua casa; ti loderanno nei secoli dei secoli 11. Allora tutta la nostra occupazione sarà la sua lode. Quando sarà questo? Nella mia vita. In effetti quella d’adesso cos’è? T’avrebbe potuto rispondere: La mia morte. Ma perché tua morte? Perché sono esule lontano dal Signore. E se essere a lui uniti è vivere, star lontani da lui è morire. Ma c’è qualcosa che ti consola? Sì, la speranza. Difatti vivi in forza della speranza: quindi loda [Dio] per la speranza, canta per la speranza. Non cantare per ciò che ti è causa di morte; canta per ciò che ti fa vivere. Causa della tua morte è il mondo presente con le sue tristezze; nella speranza del mondo avvenire hai la vita. Dice: Loderò il Signore nella mia vita.

8. Ma come loderai il tuo Signore? Salmeggerò al mio Dio finché sono. Che sorta di lode è mai questa? Salmeggerò al mio Dio finché sono. Considerate, miei fratelli, come dovrà essere quell’esistenza. Se la lode sarà eterna, anche l’esistere sarà eterno. Ecco, anche adesso esisti, ma forse che salmeggi al tuo Dio per tutta la tua esistenza? Ecco, un momento fa salmeggiavi: ti sei girato per intraprendere un’occupazione qualsiasi; non salmeggi più, pur continuando ad esistere. Ecco, esisti ma non salmeggi. Può anche succedere che, sospinto da una voglia disordinata verso un qualsiasi oggetto, non solo non canti più il salmo ma offendi l’orecchio di Dio; eppure continui ad esistere. Quale sarà la lode che eleverai per tutta la durata del tuo essere? Perché poi dire: Finché sono? Che per caso arrivi il momento in cui l’esistere non sarà più? Tutt’altro! Lo stesso durare sarà eterno e quindi sarà veramente durevole. Difatti, tutto ciò che ha un limite nel tempo, per quanto si voglia lungo, non è durevole. Salmeggerò al mio Dio finché sono.

Non l’uomo, ma Dio, ci dona la salvezza.

9. [v 3.] Bene dunque! loderai il Signore nella tua vita, salmeggerai a colui che sarà tuo Dio finché dura il tuo essere. Bene! Quanto ti serve per sostenerti quaggiù aspettalo da lui. Non ci abbandoni mai la speranza finché stiamo nel presente esilio e nella prova, finché ci tocca affrontare l’insidiosa malvagità del nemico, finché ci rumoreggiano tutt’all’intorno le tentazioni del mondo, finché ci troviamo da ogni parte oppressi dalle fatiche e dalle ambasce. Cosa faremo di conseguenza? Ascolta come continua [il salmo]: Non confidate nei potenti. Fratelli, è un affare serio quello che ci viene affidato. È parola divina e dall’alto risuona ai nostri orecchi. Capita infatti in questo mondo, ve lo dico subito, che l’anima umana quando è messa alla prova da non so quale sventura disperi del Signore e preferisca sperare nell’uomo. Prova a dire a un tizio sul quale s’è abbattuta una qualche tribolazione: C’è quel tale dei tali, quella persona ragguardevole, che potrebbe liberarti. Lo vedi sorridere, gode, riprende vigore. Se invece gli si dice: Ti libererà Dio, quasi s’irrigidisce congelato dalla disperazione. Ti si promette l’aiuto di un mortale e godi; ti si promette l’intervento di chi è immortale e sei triste! Ti si promette la liberazione ad opera di uno che come te ha bisogno d’essere liberato, ed esulti di gioia come per un aiuto veramente efficace; ti si promette [l’intervento di] quel liberatore che non ha bisogno di chi lo liberi e resti nella disperazione prendendo la cosa come una celia… Guai a pensieri di questo genere! pensieri estremamente peregrini nei quali si nasconde una morte davvero infelice e grandemente rovinosa. Avvicinati, comincia a desiderare, comincia a ricercare e a riconoscere il tuo Creatore. Egli non abbandonerà la sua creatura, a meno che non sia la creatura stessa ad abbandonarlo. Volgiti dunque a colui al quale dici: Loderò il Signore nella mia vita, salmeggerò al mio Dio finché sono 12Così il salmista: pieno com’è dello Spirito in tutta la sua abbondanza, viene a darci dei suggerimenti. Ci vede distanti mille miglia, vede il nostro peregrinare lontano, osserva che non solo ci rifiutiamo di lodare Dio ma non vogliamo nemmeno sperare in lui. Per questo ci dice: Non confidate nei potenti né nei figli dell’uomo, in cui non c’è salvezza. La salvezza è nell’unico Figlio dell’uomo, e in lui non c’è per il fatto che è figlio dell’uomo ma Figlio di Dio, non per quel che ha preso di tuo ma per quel che di se stesso ha conservato. In nessun uomo dunque c’è la salvezza, se è vero che anche in Cristo in tanto c’è salvezza in quanto è Dio, egli che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli. Di Cristo è stato detto: Da loro è Cristo secondo la carne 13. Da chi? Dai giudei, dai patriarchi: da loro proviene Cristo secondo la carne. Ma forse che l’essere secondo la carne è tutto Cristo? No. Difatti non per essere secondo la carne egli è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli. Quindi in lui c’è la salvezza perché la salvezza è del Signore, come dice un altro salmo. Del Signore è la salvezza e sopra il tuo popolo la tua benedizione 14. Quanto agli uomini, è infondato quel che si arrogano, cioè di poter dare la salvezza. La diano a se stessi! Dillo in faccia al superbo: Tu ti glori dicendoti capace di salvarmi. Salva te stesso. Vedi se lo puoi. Se rifletterai per bene sulla tua fragilità, vedrai che questa salvezza non ce l’hai ancora. Quindi non starmi a sollecitare che me l’attenda da te; aspettiamola piuttosto insieme [da chi può darla]. Non confidate nei potenti né nei figli dell’uomo, in cui non c’è salvezza. Ecco avanzare non so quali capoccioni, provenienti da non so dove. Mi dicono: Io battezzo, e il battesimo che do io è santo; se lo riceverai da un altro non ricevi nulla, se lo ricevi da me ricevi qualcosa. O uomo, o superuomo, ti piace proprio tanto essere di quei figli dell’uomo, o di quei superuomini, nei quali non si trova la salvezza? E sarebbe, secondo te, vero che io ho la salvezza perché me l’hai data tu? E sarebbe vero che quel che tu dài è roba tua? O non piuttosto diremo che tu sei, insieme con altri, uno che dà? Potremo dire almeno questo, cioè che tu dài [qualcosa]? Lasciamo pur dire alla cannella che essa dà l’acqua; lasciamo dire al canale che lui riversa l’acqua; e in tal senso lasciamo dire all’araldo che anche lui libera [il condannato]. Ma io vedendo l’acqua voglio sapere quale ne sia la fonte; ascoltando la voce del banditore penso piuttosto al giudice. Non potrai essere assolutamente tu l’autore della mia salvezza. Lo è colui che mi dona sicurezza, mentre nei tuoi riguardi io sono insicuro. E ad essere insicuro nei tuoi riguardi non sono soltanto io, ma, se non sei presuntuoso, tu stesso ti senti come me. In conclusione, la salvezza mi è data da coluiche è al di sopra di tutte le cose, poiché del Signore è la salvezza. Tu sei un figlio dell’uomo, tu sei magari un superuomo, ma ascolto la voce del salmo: Non confidate nei potenti né nei figli dell’uomo, in cui non c’è salvezza.

Nessuno ci illuda sulla nostra destinazione.

10. [v 4.] Secondo il parere della maggior parte degli uomini, cosa sono, insomma, questi figli dell’uomo? Vuoi sapere cosa siano? Uscirà il suo spirito e tornerà nella sua terra. Ecco, l’uomo parla e questo è tutto: egli non sa quanto tempo gli resti per parlare. Ecco uno che minaccia: egli non sa quanto tempo potrà vivere. Improvvisamente uscirà il suo spirito ed egli se ne tornerà alla sua terra. Forse che il suo spirito uscirà quando lui vorrebbe? Uscirà, e uscirà anche quando lui non vorrebbe, e a sua insaputa se ne tornerà alla terra. Uscito lo spirito, il corpo ritorna alla terra. A fare tali ragionamenti è, come sembra, la carne; difatti parole come queste: Abbi fiducia in me, io posso darti questo e quest’altro, non possono pronunciarle se non coloro dei quali è detto che sono carne 15. Orbene, uscirà il suo spirito e tornerà nella sua terra: in quel giorno periranno tutti i suoi pensieri. Dov’è andata a finire tanta boria? dove la superbia? dove l’alterigia? Ma può darsi che sia passato dalla parte felice, fra i giusti! Supponendo però che per lui ci sia questo passaggio! Quanto a colui che or ora parlava come parlava, non saprei dove sia andato a finire. È certo che egli parlava con superbia e vorrei dire che non so dove finiscano uomini di questo tipo; ho però davanti agli occhi un altro salmo e vi trovo che il passaggio di uomini come questo è un cattivo passaggio. Ho visto l’empio esaltato al di sopra dei cedri del Libano; passai ed ecco non c’era più, lo cercai e non fu trovato il suoposto 16. Ecco una persona fedele [a Dio]: passa e non trova l’empio; arriva a una meta dove l’empio non c’è. Dunque, fratelli, ascoltiamo tutti [la parola di Dio]; fratelli amati da Dio, ascoltiamo tutti. In qualsiasi tribolazione, in qualsiasi desiderio dei beni divini, non riponiamo la nostra fiducia nei superuomini e nemmeno nei figli dell’uomo, nei quali non c’è salvezza. Tutto quello che ci circonda è mortale, transitorio, caduco. Uscirà il suo spirito e tornerà nella sua terra: in quel giorno periranno tutti i suoi pensieri.

Intimo il rapporto fra Dio e l’uomo.

11. [v 5.] Che faremo, se non dovremo sperare nei figli dell’uomo né nei potenti? che faremo? Beato colui il cui soccorritore è il Dio di Giacobbe. Non se l’aiuta quell’uomo o quell’altro, e nemmeno se quello o quell’altro angelo, ma beato se il suo soccorritore è il Dio di Giacobbe. In effetti, fu Dio l’aiuto di Giacobbe, colui che di Giacobbe fece un Israele 17. Grande aiuto! Un Israele, cioè uno che già vede Dio. Così anche per te. Sebbene costretto a vivere quaggiù, sebbene pellegrino non in grado di vedere Dio, se avrai come aiuto il Dio di Giacobbe, da Giacobbe che sei, diventerai un Israele e riuscirai a vedere Dio. Allora scomparirà ogni pena e ogni gemito, passeranno le preoccupazioni assillanti e subentreranno le lodi gioiose. Beato colui il cui soccorritore è il Dio di Giacobbe, cioè di questo stesso Giacobbe. Ma perché è beato se ancora sta sospirando nella vita presente? La sua speranza [è] nel Signore suo Dio. Ecco perché beato: perché la sua speranza [è] nel Signore suo Dio. In lui è ora la sua speranza, un giorno egli sarà il suo possesso. Fratelli, non sarà stato per caso uno sbaglio l’aver io affermato che Dio sarà nostro possesso? E se avessi affermato che egli è la nostra eredità? Tu sei la mia speranza, la mia porzione nella terra dei viventi 18Tu sarai la mia porzione ereditaria. Ma anche tu sarai [sua] proprietà e [lo] possederai. Sì! Tu sarai possesso di Dio e Dio sarà tuo possesso. Tu sarai suo possesso nel senso che da lui sarai fatto prosperare, Dio sarà tuo possesso in quanto tu gli presterai un culto. Difatti è vero che tu onori Dio e sei da Dio tenuto a caro. Si dice giustamente: lo ho a cuore Dio; ma in che senso sono a cuore a Dio? Lo troviamo presso l’Apostolo. Dice: Voi siete campo di Dio, edificio di Dio 19. E il Signore: Io sono – dice – la vite, voi i tralci e il mio Padre è l’agricoltore 20. Iddio ti usa delle attenzioni affinché tu porti frutto; e così anche tu usi le tue attenzioni verso Dio per essere fecondo. Buon per te che Dio ti tratti con attenzione, come anche che tu possa trattarci lui! Se Dio-provvidenza abbandona l’uomo, l’uomo diventa una solitudine; se l’uomo devoto abbandona Dio, è sempre l’uomo che diventa deserto. Non che Dio cresca perché tu gli ti unisci, com’anche egli non decresce se tu da lui ti allontani. Dunque, egli sarà nostro possesso nutrendoci, noi saremo suo possesso facendoci reggere da lui.

Abbiamo un Dio veramente grande.

12. [v 6.] La sua speranza [è] nel Signore suo Dio. Chi è questo Signore suo Dio? Statemi attenti, fratelli! Ci son molti che hanno una pleiade di divinità e le chiamano loro signori e loro dèi. Ma dice l’Apostolo: Sebbene ci siano dei cosiddetti dèi sia in cielo sia sulla terra, come ci sono molti dèi e molti signori, tuttavia per noi c’è un Dio solo, il Padre, da cui provengono tutte le cose e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale esistono tutte le cose 21Sia dunque lui, il Signore tuo Dio, la tua speranza. La tua speranza sia riposta in lui. Anche colui che venera Saturno ripone nel signore suo dio la propria speranza, e ve la ripone ancora chi venera Marte, Nettuno o Mercurio. Dico di più: ve la ripone anche chi venera il proprio ventre, coloro cioè di cui sta scritto: Loro dio è il ventre 22. Dunque, dio di uno è questo, dio di un altro è quello. Qual è il dio di questo beato? Dice infatti che la sua speranza è nel Signore suo Dio. Ma chi è questo dio? Miei fratelli, abbiamo un Dio veramente grande. Benediciamo il suo santo nome perché s’è degnato renderci sua proprietà. Non vedi ancora [questo] Dio e, non vedendolo, non puoi amarlo pienamente; ma le cose che vedi è stato lui a farle. Quindi, se ammiri il mondo, perché non ammirare il Creatore del mondo? Guardi al cielo e rimani sbigottito; pensi all’estensione della terra e ti vengono i brividi; e, quanto all’immensità degli oceani, quando il tuo pensiero riuscirà ad abbracciarla? Osserva il numero infinito delle stelle, controlla le svariate sorte di semi o le incalcolabili specie dei viventi, tanto quelli che nuotano nelle acque, quanto quelli che strisciano sulla terra o svolazzano per l’aria o sorvolano il cielo. Tutti questi esseri, quanto son grandi! quanto straordinari! quanto belli! quanto meravigliosi! Ecco, colui che ha creato tutte queste cose, egli è il tuo Dio. Riponi in lui la tua speranza, se vuoi essere beato. La sua speranza [è] nel Signore suo Dio. Quale? Colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutte le cose che si trovano in essi. Noi abbiamo un Dio veramente grande!

Dio ha cura di noi e di tutti gli esseri creati.

13. Fissatevi in mente, fratelli, come Dio sia grande, buono e capace di fare tutte queste cose, e domandatevi: Cosa avrà mai pensato (se è lecito usare questo verbo parlando di Dio), cosa avrà pensato Dio nel fare il cielo e la terra, il mare e tutte le cose che si trovano in essi? Chi parla così sembrerebbe quasi orientato a dire: Vedo, certo, tutte queste cose grandiose, so che Dio ha fatto il cielo, la terra e il mare. Riguardo a me, però, come risulta che Dio mi computa fra le sue opere? ed è proprio vero che io rientro fra le cose di cui egli ha cura? è proprio vero che adesso egli pensa a me e conosce che sono fra i viventi? Ma cosa dici mai? Non ti s’insinui in cuore questo pensiero errato; sii di quelli parlando dei quali poc’anzi dicevamo: Loderò il Signore nella mia vita, salmeggerò a lui finché sono. Ma il salmista apostrofa altra gente, certi tiepidi che non saprei identificare, e a loro rivolge le sue esortazioni. Sembra quasi abbia timore che essi si disperino della propria sorte per non essere nel computo di Dio. Son, questi, dei pensieri che passano per la testa a molti. Giungono ad abbandonare Dio e ad immergersi in ogni sorta di peccati perché convinti che Dio non si curi di quello che essi fanno. Ascolta la parola di Dio e non disperarti! Chi s’è preoccupato di crearti, non si curerà di sostentarti? Non è forse tuo Dio colui che ha fatto il cielo, la terra e il mare? Se avesse enumerato soltanto queste cose, forse tu avresti potuto replicargli: Il Dio che ha creato il cielo, la terra e il mare è certo un gran Dio, ma chi mi assicura che egli ha cura anche di me? Ti si direbbe: Ma se lui ti ha fatto! Come? forse che son io il cielo o la terra o il mare? È lapalissiano: io non sono né il cielo né la terra né il mare. Sono soltanto uno che sta in terra. Meno male che mi concedi questo, che cioè stai sulla terra! Ascolta dunque come Dio non ha creato soltanto il cielo, la terra e il mare. Egli ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che in essi si trova. Se dunque [ha fatto] tutto ciò che in essi si trova,naturalmente ha fatto anche te. Dico poco: Te; egli ha fatto il passero, la locusta, il vermicciattolo. Non c’è creatura che egli non abbia fatta, e di tutte le creature egli ha cura. Non è una cura che consista in precetti; solo all’uomo infatti ha dato dei precetti. Al riguardo dice il salmo: Tu, Signore, salverai uomini e animali; secondo l’abbondanza della tua misericordia, o Dio 23Dice: L’abbondanza della tua misericordia. Secondo questa abbondanza salverai gli uomini e gli animali. E l’Apostolo:Forse che il Signore ha cura dei buoi? Da un lato dunque Dio non si cura dei buoi, dall’altro tu, Signore, salverai gli uomini e gli animali. Son forse fra loro contrastanti le due affermazioni? Cosa dice in realtà l’Apostolo? Forse che Dio s’interessa dei buoi? Nel precetto invece di non mettere la museruola al bue che trebbia 24 non c’è forse un’affermazione che Dio ha cura dei buoi? Certamente ha voluto riferirsi a dei buoi particolari. Dio infatti non si dà pensiero d’istruirti sul come ti debba comportare con i buoi: la natura umana di per se stessa conosce questo, in quanto l’uomo è fatto in modo che per intuito sa governare il suo bestiame. Né su questo ha ricevuto da Dio particolari precetti, ma [come debba comportarsi] da Dio gli è stato così cacciato in mente che anche senza alcun precetto lo sa fare. Così l’ha creato Dio. Però, come sa governare il bestiame, così si lasci governare dall’Altro. Dico: governare da colui da cui ha ricevuto il precetto. Orbene, a prendere alla lettera il precetto, Dio non ha cura dei buoi; in conformità però della Provvidenza universale, con la quale creò tutte le cose e governa il mondo, tu, Signore, salverai gli uomini e gli animali.

Dio provvidente è predicato dal Vecchio e dal Nuovo Testamento.

14. Mi stia attenta la vostra Carità! Su questo punto potrebbe, forse, qualcuno obiettarmi: Che Dio non si cura dei buoi, è espressione del Nuovo Testamento; l’altra invece, cioè: Tu, Signore, salverai uomini e animali, è del Vecchio Testamento. Ora, ci sono certuni che calunniosamente affermano che questi due Testamenti non sono tra loro in armonia. Cosa farò per non ammettere che una cosa sia detta nel Vecchio e un’altra nel Nuovo Testamento e [l’avversario] non mi obblighi a cercare nel Nuovo Testamento un’espressione equivalente a Tu, Signore, salverai uomini e animali? Nel Nuovo Testamento nulla è tanto autorevole quanto il Vangelo, e se io troverò nel Vangelo che tutte le cose create rientrano nell’ambito della Provvidenza divina, nessuno oserà più contraddirmi. O che potrebbe l’Apostolo essere in disaccordo col Vangelo? Ascoltiamo lo stesso Signore, il principe e maestro degli Apostoli. Dice: Guardate gli uccelli del cielo. Essi non seminano né mietono né raccolgono nei granai; eppure il vostro Padre celeste li nutre 25Dunque, non solo l’uomo ma anche questi animali rientrano nel piano della Provvidenza divina, in quanto sono da lei nutriti, non in quanto abbiano ricevuto una legge [positiva]. Ne segue che, per quanto concerne il dare la legge, Dio non s’interessa dei buoi, ma quanto al fatto di creare, nutrire, governare e reggere, tutte le cose rientrano nell’ambito della Provvidenza di Dio. Non è forse vero – diceva il nostro Signore Gesù Cristo – che due passeri si vendono per un soldo, eppure nessuno di essi cade in terra senza la volontà del Padre vostro? Ora voi quanto più di un passero non valete? 26 Non dire dunque: Non fo parte di ciò che Dio cura. Dio ha cura della tua anima e del tuo corpo, avendo egli creato e la tua anima e il tuo corpo. O forse dici: Fra tanta moltitudine [di esseri] Dio non può tener conto di me. A questo riguardo s’aggiungeva nel passo citato del Vangelo un detto magnifico: I capelli del vostro capo sono tutti contati.

Dio tutore del diritto e della giustizia.

15. [v 7.] Or dunque, il mio Dio, colui nel quale è riposta la mia speranza, è quel Dio che ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che in essi si trova. Per quanto riguarda poi me personalmente, cosa fa verso di me? Egli custodisce la verità in eterno. Inculca l’amore e il timore di Dio. Egli custodisce la verità in eterno. Qual è la verità [che custodisce] in eterno? qual è questa verità e dove la custodisce? Egli è giudice di coloro che ricevono ingiustizia. Si prende la vendetta di coloro che, fratelli, subiscono ingiustizie; in loro favore farà il giudizio. In favore di chi? Di coloro che subiscono ingiustizie, castigando tutti gli autori d’ingiustizia. Se pertanto egli protegge chi è oggetto d’ingiustizia ed è pronto a castigare gli ingiusti, esaminati prontamente e vedi in quale delle due categorie vuoi essere. Vedi, osserva diligentemente se vuoi essere fra coloro che subiscono ingiustizie o fra coloro che le commettono. Verso di te infatti muove celermente la voce dell’Apostolo che ti dice: Orbene, è proprio una iattura che abbiate dei giudizi tra di voi. Perché piuttosto non sopportare l’ingiustizia27 Rimprovera certuni che ricusano di accettare l’ingiustizia. Non ti esorta a subire delle molestie ma l’ingiustizia. Non ogni molestia infatti è ingiustizia: ad esempio, non sono ingiustizie le pene che subisci meritatamente. Potresti magari obiettargli: Veramente, anch’io fo parte del numero di quelli che han subito ingiustizie; difatti ho sofferto questo in quel tal posto e quello per questo motivo. Vedi però se hai veramente subìto un’ingiustizia. I briganti sopportano molte pene ma nessuna ingiustizia. Gli assassini, i malèfici, i ladri, gli adùlteri, i corruttori, tutti costoro affrontano molti mali ma non subiscono alcuna ingiustizia. Una cosa è infatti subire l’ingiustizia e un’altra subire una tribolazione o una pena o un fastidio o il supplizio. Considera da che parte ti trovi, vedi cosa hai combinato, vedi il motivo per cui soffri, e subito vedrai di che sorta sia la tua sofferenza. Il diritto e l’ingiustizia son due realtà contrarie: si chiama infatti diritto ciò che è conforme a giustizia. E nota come non tutto ciò che si chiama diritto sia in effetti diritto: che dire infatti se uno volesse legalizzare un diritto contrario alla giustizia? Se è ingiusto non è nemmeno un diritto!. Vero diritto pertanto è solo quello che è conforme a giustizia. Ebbene, considera sempre le opere da te compiute, non le pene che subisci. Se hai agito secondo la legge, quel che subisci è un’ingiustizia; se invece hai commesso delle ingiustizie, la tua pena è legittima.

Polemica con i Donatisti.

16. Perché vi ho detto queste cose, fratelli? Per farvi comprendere che non debbono gloriarsi gli eretici quando subiscono delle pene per gli interventi dei principi terreni. Non possono annoverarsi fra coloro che soffrono ingiustamente né dire: Ecco, il salmo mi consola; io infatti venero quel Dio che è giudice di quanti ricevono ingiustizia.Saggiamente dovrò prima investigare se tu davvero subisci un’ingiustizia. Se hai agito nella legalità, quel che subisci è un’ingiustizia. Ma è proprio legittimo esorcizzare Cristo? È proprio legittimo erigere un contraltare mossi da spirito di ribellione e superbia? è legittimo che, una volta placata [la ferocia] dei persecutori, vi mettiate a lacerare la tunica di Cristo 28, la Chiesa di Cristo? Se tutto questo non è secondo giustizia, è giusto ciò che soffri a motivo del tuo agire. Non sei di quelli che subiscono ingiustizie. Nel Vangelo poi leggo qualcosa ancora più esplicito. Dice: Beati coloro che soffrono persecuzione. Aspetta! perché tanta fretta? perché dici: Sono io? Aspetta, ripeto; làsciamelo leggere tutto. Hai udito: Beati coloro che soffrono persecuzione, e già cominciavi ad arrogarti non so quali diritti. Se permetti, te lo leggerò per intero. Vedi come continua. Dice: Beati coloro che soffrono persecuzione a causa della giustizia 29Dillo adesso: Sono io [quel tale]. Se hai la faccia di dire ancora: Sono io, riprendiamo con l’esporre da capo le cose elencate sopra; ovvero, per non andare troppo per le lunghe, io mi limiterei a domandarti questo soltanto: Se ti succedesse di condannare una persona senza conoscerne la causa, oseresti in tal caso affermare d’aver rispettato la giustizia? Ovvero, se per lo stesso motivo avessi avuto delle grane, potresti forse dire che hai subito un torto? Ma tu ti ergi sfacciatamente sull’alto del tribunale del tuo cuore (ma ne sarai senz’altro precipitato!) e osi giudicare una persona senza conoscerne la causa! Se facessi una tal cosa nei confronti di un singolo individuo, saresti reo d’ingiustizia; lo fai nei confronti dell’intero mondo abitato e pretendi d’essere giusto? Fratelli carissimi, chi è che subisce le ingiustizie se non la Chiesa cattolica, che ne deve affrontare di ogni sorta e colore? Geme fra i tanti scandali degli eretici; vede come a forza di cattive insinuazioni e di truffe le vengano strappati dal seno i figli ancor deboli; vede i bambini strascinati per non so quali nascondigli di sataniche spelonche, li vede ribattezzati, vede Cristo esorcizzato in loro e, sempre in loro, vede ucciso non l’elemento mortale per cui sono uomini ma quell’elemento per cui son destinati a vivere in eterno. Si suggerisce alla gente di dire: Non sono cristiano, e questo lo si chiama giustizia! Dicono ancora: Ecco, tu vai dal vescovo; guàrdati però bene dal dirgli che sei cristiano. Se infatti dirai che sei cristiano, non potrai ricevere [il nostro battesimo]; per poterlo ricevere devi dire che non lo sei. Che suggerimenti dài, o cristiano? che cosa insegni? Certo tu sei perseguitato; ma quanto non è più esatto dire che sei persecutore? Quando gli imperatori perseguitavano i cristiani, li costringevano con minacce; tu fai lo stesso per mezzo di lusinghe. Vuoi persuadere il cristiano a dire che non è cristiano: ciò che fai tu ricorrendo alla persuasione non lo fece il persecutore che condannava a morte. Fra le tue file vive chi ha negato d’essere cristiano. Ha negato questo, e vive. La sua vita è perduta; quello che parla a te è un cadavere. Colui che fu colpito dalla spada del persecutore cadde ma vive; colui al quale tu stai parlando così sta in piedi ma è morto. Comunque, tu fai cose di questo genere, e se ne subisci la pena, sarebbe questo un’ingiustizia? Non voglio che tu continui a lusingarti: se tutte queste cose che tu fai sono inique, qualsiasi pena te ne incolga è giusta. Ma a favore di chi esegue il giudizio colui che custodisce la verità in eterno? A favore di chi subisce ingiustizia.

Non gli eretici, ma Cristo, ci libera dalla mortalità.

17. [v 8.] Ma tu va’ pure avanti! Facci sentire i tuoi raziocini, certo buoni, anzi quasi geniali nella loro sottigliezza. Dimostraci che tu sei un [vero] pastore; dicci: Un affamato può sfamare gli altri? Cioè: Un peccatore può distribuire cose sante? Un affamato può sfamare gli altri? Un malato può operare guarigioni? Uno che è legato può sciogliere? Son queste le argomentazioni, in effetti notevoli e sottili, con cui gabbano gli inesperti. Turi loro la bocca il nostro salmo, che parla di colui che dà il cibo agli affamati. Ecco, non ho nulla d’aspettarmi da te; Dio, dà il cibo agli affamati. A quali affamati? Tutti. Che significa: Tutti? Che egli nutre tutti gli animali e tutti gli uomini; e non terrà in serbo alcun nutrimento per i suoi amici? Se avranno un’altra fame, ci sarà [per loro] anche un altro cibo. Indaghiamo prima quale sia la loro fame e troveremo quale sia il loro cibo. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati 30Dobbiamo essere degli affamati di Dio; dobbiamo mendicare pregando alla porta della sua presenza, ed egli darà il cibo agli affamati. Come ti arroghi, o eretico, il potere di sciogliere, di rialzare, di illuminare? Forse vorresti dire che tu hai raggiunto la libertà, la stabilità e sei luce per gli altri? Non sia mai! Bada alle parole dette sopra: Non confidate nei potenti né nei figli degli uomini, nei quali non c’è salvezza 31. Non son loro a dare la salvezza. Vadano quindi a spasso una buona volta tutti gli eretici! Il Signore scioglie gli incatenati; il Signore rialza i caduti; il Signore rende sapienti i ciechi, cioè rende sapienti coloro che son ciechi. In maniera splendida con questa frase ci fornisce il senso di tutte le precedenti. Dobbiamo però notare che le parole: Il Signore scioglie gli incatenati non vanno riferite a quegli incatenati che, per qualche colpa da loro eventualmente commessa vengono legati [con catene] dai loro padroni; e così pure le altre: Il Signore rialza i caduti non debbono farci pensare a qualcuno che è inciampato e ruzzolato a terra ovvero a qualcuno che sia caduto da cavallo. Ci sono altre cadute, ci sono altri ceppi, come ci sono altre tenebre e altra luce. Così è delle parole: Rende sapienti i ciechi. Non dice: Dà la luce ai ciechi, per impedirti d’interpretarle in senso materiale, come fu illuminato dal Signore colui che fu risanato da Gesù dopo che gli ebbe spalmato gli occhi con del fango formato con lo sputo 32. Perché tu non ti ripromettessi qualcosa del genere, mentre in realtà il salmo parla di cose spirituali, ti ha mostrato come c’è una luce della sapienza con cui vengono illuminati i ciechi. Orbene, come vengono illuminati i ciechi attraverso la luce della sapienza, analogamente vengono anche sciolti gli incatenati e rimessi in piedi i caduti. Per qual motivo, peraltro, siamo noi degli incatenati o dei caduti? Il nostro corpo fu un tempo nostro ornamento; peccammo ed esso divenne, proprio a causa del peccato, una nostra catena. E qual è la nostra catena? La nostra stessa mortalità. Ascolta l’apostolo Paolo e com’egli pure fosse in catene durante il pellegrinaggio terreno. Quante regioni non attraversò quest’uomo incatenato! Delle catene egli non sentì il peso ma, pur in ceppi, predicò il Vangelo a tutto il mondo. Lo spirito della carità gli sottrasse le catene ed egli percorse tutti i paesi che poté. Tuttavia cosa diceva? Desidero dissolvermi ed essere con Cristo 33. Cos’è questodissolvermi? [Essere sciolto] dalle catene della mortalità. Mosso però da compassione desiderava essere ancora incatenato: e questo per amore di quegli incatenati di cui si sentiva servo. Diceva: Quanto al restare nella carne, ció è necessario per il vostro bene. Ebbene, il Signore scioglie gli incatenati: da mortali cioè li rende immortali. Il Signore rialza i caduti. Perché son caduti? Perché si erano innalzati. Perché ora li si rialza? Perché si sono umiliati. Cadde e precipitò Adamo: lui cadde, Cristo discese. Perché discese colui che non cadde se non per rialzare colui che era caduto? Il Signore rende sapienti i ciechi, il Signore ama i giusti. Per questo motivo interviene in giudizio a favore di quanti subiscono ingiustizie.

Il cristiano e l’intera Chiesa sono pupilli e vedove quaggiù.

18. [v 9.] E questi giusti chi sono? Attualmente, poi, in che senso sono giusti? Nel senso che ti dicono le parole: Il Signore custodisce i proseliti. I proseliti sono forestieri: e tutta la Chiesa dei gentili è una proselita. Rispetto ai patriarchi infatti è una comunità aggiunta, non generata dal loro sangue ma divenuta figlia imitando [la loro fede]. A custodirla c’è comunque il Signore, non un qualsiasi uomo. Egli accoglierà l’orfano e la vedova. Nessuno pensi trattarsi di pupilli a motivo dell’eredità o di vedove per non so quale privata faccenda. In effetti, è vero che anche a costoro Dio provvede e che, fra tutte le iniziative che si possono prendere dall’uomo, opera eccellente compie colui che si prende cura del pupillo e non abbandona la vedova. Tuttavia, da un punto di vista un po’ particolare, tutti siamo dei pupilli: non perché il nostro padre sia morto, ma perché è lontano. Nell’ordine umano, è vero, si diventa orfani alla morte del padre; tuttavia, fratelli, ad appurare sino in fondo la verità, siccome l’anima non muore, i nostri genitori vivono, e quelli che son chiamati orfani in realtà lo sono solo perché i genitori sono assenti. Essi vivono nelle pene se sono stati cattivi, mentre, se sono stati buoni, vivono nella pace: tutto comunque rimane nella sua interezza dinanzi al Creatore. Lo stesso in sostanza vale per noi. Finché siamo uniti al corpo mortale e dimoriamo nel luogo del nostro esilio, è assente il nostro Padre, a cui gridiamo: Padre nostro che sei nei cieli 34. E anche la Chiesa è vedova: perché lo sposo, il marito, è ora assente. Un giorno però tornerà colui che adesso, non veduto ma desiderato, la protegge. Grande infatti è il desiderio che ci rapisce a lui, e, sebbene non lo vediamo, lo desideriamo mossi dall’amore. Fruiremo stabilmente dei suoi amplessi quando lo vedremo, se ora che non lo vediamo conserviamo la fede in lui. Cosa volle dunque intendere, o fratelli, parlandoci di orfano e di vedova? La gente priva di ogni risorsa e di ogni aiuto. L’anima che nel mondo si sente abbandonata da tutto conti pure sull’aiuto di Dio. Qualunque cosa tu possegga quaggiù (possiedi ad esempio, l’oro?), se facessi assegnamento su queste cose tue, non saresti, in tal caso, un proselito; non saresti un orfano; non rientreresti nel numero delle vedove. Hai un amico? Se fai assegnamento su di lui e [per lui] lasci da parte Dio, non sei un derelitto. Hai tutte queste cose, ma non fai assegnamento su di loro né te ne insuperbisci? Sei un pupillo di Dio, una vedova di Dio. Egli in effetti accoglie chi è derelitto. Così infatti diceva: Accoglie il pupillo e accoglie la vedova.

Non deprimerti di fronte alla fallace prosperità degli empi.

19. E sconvolgerà la via dei peccatori. Qual è la via dei peccatori? Burlarsi delle cose che stiamo dicendo. ” Cos’è questo pupillo? e cos’è questa vedova? E questo regno dei cieli e questa pena dell’inferno che cosa sono? Son favole a cui credono i cristiani. Quanto a me, voglio vivere per le cose che vedo. Mangiamo e beviamo, poiché domani morremo 35“. Sta’ attento e procura che gente siffatta non ti persuada. Non lasciarti entrare in cuore attraverso gli orecchi persone di questo genere. Che trovino nei tuoi orecchi una siepe di spine, di modo che, se qualcuno avesse cominciato a entrarvi, punto dalle spine se ne debba allontanare. Difatti le cattive conversazioni corrompono i buoni costumi 36Ma a questo punto potresti, forse, domandarmi: Se le cose stanno così, com’è che sono così fortunati? Eccoli là. Non si curano di Dio, anzi ogni giorno commettono mali su mali; eppure abbondano di tutte quelle cose di cui io miserello esperimento la scarsità. Non essere geloso dei peccatori! Vedi ciò che ricevono adesso, e non vedi ciò che è a loro riservato per l’avvenire? Risponde: Ma come potrei vederlo se son cose che non si vedono? Anche la fede ha (e come!) i suoi occhi: occhi più grandi, più potenti, più penetranti. Questi occhi non hanno mai ingannato nessuno. Siano questi occhi sempre rivolti al Signore, ed egli sottrarrà i tuoi piedi da questi lacci 37. La via dei peccatori ti piace perché è spaziosa e molti camminano in essa. Ne vedi la larghezza e non ne vedi la fine? Guarda! là dove termina c’è il precipizio; dove finisce c’è uno strapiombo che pare abissale. Quanti si allietano spaziando a destra e a sinistra per tale strada finiranno in quel baratro. Se non ti è dato di poter estendere lo sguardo fino a scoprire il termine della strada, credi almeno a chi lo vede. E che? c’è forse qualche uomo che lo vede? Di [semplici] uomini, credo di no; ma è venuto a te il tuo Signore affinché tu prestassi fede a Dio. O che non vorrai credere nemmeno al Signore tuo Dio, che dice: Larga e spaziosa è la via che conduce alla rovina e molti son coloro che camminano in essa 38? Questa è la via che il Signore sconvolgerà, perché è la via dei peccatori.

Ama l’eternità.

20. [v 10.] E quando avrà terminato di sconvolgere la via dei peccatori, cosa rimarrà per noi? Venite, benedetti del Padre mio; ricevete il regno che vi è stato preparato fin dalla creazione del mondo 39In tal senso si chiude il salmo: E sconvolgerà la via dei peccatori. E tu che farai? Il Signore regnerà in eterno. Godi perché lui regnerà in te; godi perché tu sarai il suo regno. Osserva infatti anche le parole successive. Tu certamente sei un cittadino di Sion, non di Babilonia. Non sei – voglio dire – cittadino della città di questo mondo, destinata a perire, ma di Sion, la città che per un certo periodo di tempo è fra gli stenti e nell’esilio ma poi regnerà in eterno. Hai quindi ascoltato quale sia la tua fine: tu sei di lassù. Il Signore regnerà in eterno; il tuo Dio, o Sion. O Sion, il tuo Dio regnerà in eterno, e potrà accadere che il tuo Dio regni senza di te? Nella generazione e generazione. L’ha ripetuto due volte perché gli era impossibile ripeterlo sempre; ma tu non credere che, per essere finite le parole, finisca anche l’eternità. La parola ” eternità ” è composta di quattro sillabe, ma l’eternità in se stessa è senza fine. Non poteva però essere inculcata a te se non in questa maniera: Il tuo Dio regnerà nella generazione e generazione. Ha detto poco. Se avesse detto: Per tutto il giorno, sarebbe stata un’espressione ancora troppo delimitata. Se avesse detto: Per tutta la sua vita, non avrebbe dovuto forse alla fine tacere? Ama l’eternità. Regnerai senza fine, se tuo fine sarà Cristo, col quale tu regnerai nei secoli dei secoli. Amen.

SALMO 145 (144)

(Testo CEI2008)

145
Inno alla potenza e alla provvidenza di Dio

1 Lode. Di Davide.

O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.

2 Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.

3 Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza.

4 Una generazione narra all’altra le tue opere,
annuncia le tue imprese.

5 Il glorioso splendore della tua maestà
e le tue meraviglie voglio meditare.

6 Parlino della tua terribile potenza:
anch’io voglio raccontare la tua grandezza.

7 Diffondano il ricordo della tua bontà immensa,
acclamino la tua giustizia.

8 Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.

9 Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

10 Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.

11 Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza,

12 per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.

13 Il tuo regno è un regno eterno,
il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole
e buono in tutte le sue opere.

14 Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.

15 Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.

16 Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente.

17 Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.

18 Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

19 Appaga il desiderio di quelli che lo temono,
ascolta il loro grido e li salva.

20 Il Signore custodisce tutti quelli che lo amano,
ma distrugge tutti i malvagi.

21 Canti la mia bocca la lode del Signore
e benedica ogni vivente il suo santo nome,
in eterno e per sempre.

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 1° febbraio 2006

 

Salmo 144, 1-13
Lode alla Maestà divina
Vespri del Venerdì della 4a Settimana

1. Abbiamo ora fatto diventare nostra preghiera il Salmo 144, una gioiosa lode al Signore che è esaltato come un sovrano amoroso e tenero, preoccupato per tutte le sue creature. La Liturgia ci propone questo inno in due momenti distinti, che corrispondono anche ai due movimenti poetici e spirituali del Salmo stesso. Ora noi ci soffermeremo sulla prima parte, che corrisponde ai vv. 1-13.

Il Salmo è innalzato al Signore invocato e descritto come “re” (cfr Sal 144, 1), una raffigurazione divina che domina altri inni salmici (cfr Sal 46; 92; 95-98). Anzi, il centro spirituale del nostro canto è costituito proprio da una celebrazione intensa e appassionata della regalità divina. In essa si ripete per quattro volte – quasi ad indicare i quattro punti cardinali dell’essere e della storia – la parola ebraica malkut, “regno” (cfr Sal 144, 11-13).

Sappiamo che questa simbologia regale, che sarà centrale anche nella predicazione di Cristo, è l’espressione del progetto salvifico di Dio: egli non è indifferente riguardo alla storia umana, anzi ha nei suoi confronti il desiderio di attuare con noi e per noi un disegno di armonia e di pace. A compiere questo piano è convocata anche l’intera umanità, perché aderisca alla volontà salvifica divina, una volontà che si estende a tutti gli “uomini”, a “ogni generazione” e a “tutti i secoli”. Un’azione universale, che strappa il male dal mondo e vi insedia la “gloria” del Signore, ossia la sua presenza personale efficace e trascendente.

2. Verso questo cuore del Salmo, posto proprio al centro della composizione, si indirizza la lode orante del Salmista, che si fa voce di tutti i fedeli e vorrebbe essere oggi la voce di tutti noi. La preghiera biblica più alta è, infatti, la celebrazione delle opere di salvezza che rivelano l’amore del Signore nei confronti delle sue creature. Si continua in questo Salmo a esaltare “il nome” divino, cioè la sua persona (cfr vv. 1-2), che si manifesta nel suo agire storico: si parla appunto di “opere”, “meraviglie”, “prodigi”, “potenza”, “grandezza”, “giustizia”, “pazienza”, “misericordia”, “grazia”, “bontà” e “tenerezza”.

È una sorta di preghiera litanica che proclama l’ingresso di Dio nelle vicende umane per portare tutta la realtà creata a una pienezza salvifica. Noi non siamo in balía di forze oscure, né siamo solitari con la nostra libertà, bensì siamo affidati all’azione del Signore potente e amoroso, che ha nei nostri confronti un disegno, un “regno” da instaurare (cfr v. 11).

3. Questo “regno” non è fatto di potenza e di dominio, di trionfo e di oppressione, come purtroppo spesso accade per i regni terreni, ma è la sede di una manifestazione di pietà, di tenerezza, di bontà, di grazia, di giustizia, come si ribadisce a più riprese nel flusso dei versetti che contengono la lode.

La sintesi di questo ritratto divino è nel v. 8: il Signore è “lento all’ira e ricco di grazia”. Sono parole che rievocano l’auto-presentazione che Dio stesso aveva fatto di sé al Sinai, dove aveva detto: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34, 6). Abbiamo qui una preparazione della professione di fede di san Giovanni, l’Apostolo, nei confronti di Dio, dicendoci semplicemente che Egli è amore: “Deus caritas est” (cfr 1Gv4, 8.16).

4. Oltre che su queste belle parole, che ci mostrano un Dio “lento all’ira, ricco di misericordia”, sempre disponibile a perdonare e ad aiutare, la nostra attenzione si fissa anche sul successivo bellissimo versetto 9: “Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature”. Una parola da meditare, una parola di consolazione, una certezza che Egli porta alla nostra vita. A tale riguardo, san Pietro Crisologo (380 ca. – 450 ca.) così si esprime nel Secondo discorso sul digiuno: “”Grandi sono le opere del Signore”: ma questa grandezza che vediamo nella grandezza della Creazione, questo potere è superato dalla grandezza della misericordia. Infatti, avendo detto il profeta: “Grandi sono le opere di Dio”, in un altro passo aggiunse: “La sua misericordia è superiore a tutte le sue opere”. La misericordia, fratelli, riempie il cielo, riempie la terra… Ecco perché la grande, generosa, unica, misericordia di Cristo, che riservò ogni giudizio per un solo giorno, assegnò tutto il tempo dell’uomo alla tregua della penitenza… Ecco perché si precipita tutto verso la misericordia il profeta che non aveva fiducia nella propria giustizia: “Abbi pietà di me, o Dio – dice -, per la tua grande misericordia” (Sal 50, 3)” (42, 4-5:Sermoni 1-62bisScrittori dell’Area Santambrosiana, 1, Milano-Roma 1996, pp. 299.301).

E così diciamo anche noi al Signore: “Abbi pietà di me, o Dio, tu che sei grande nella misericordia”.

SUL SALMO 144

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

DISCORSO

Nei salmi Dio loda se stesso.

1. Era nostro desiderio lodare il Signore in vostra compagnia e il Signore ci ha concesso questo favore. Occorre però che la lode che rivolgiamo a lui sia debitamente ordinata, cioè che non dispiaccia per alcuna superfluità a colui al quale è indirizzata. Per ottener questo, affinché cioè la nostra lode segua la via maestra, ricorreremo alla divina Scrittura, che ci impedirà di uscire dalla via incamminandoci sia a destra che a sinistra. Oso dire infatti alla vostra Carità che Dio, per essere ben lodato dall’uomo, ha cantato lui stesso la propria lode e in tanto l’uomo ha trovato come lodarlo in quanto Dio s’è degnato lodare se stesso. Non vale infatti per Dio il detto coniato per l’uomo: Non ti lodi la tua bocca 1. Che infatti l’uomo lodi se stesso è vanagloria, che invece Dio lodi se stesso è misericordia: e a noi giova amare colui che lodiamo, in quanto, amando il bene, diventiamo noi stessi migliori. Siccome dunque egli sapeva che l’amarlo sarebbe stato per noi un vantaggio, si pone a lodare se stesso; e lodandosi si rende amabile, e rendendosi amabile provvede al nostro bene. Eccolo dunque spronare il nostro cuore alla sua lode e, per ottener questo, eccolo riempire del suo Spirito certi suoi servi affinché lo lodassero. Che se è lo Spirito di Dio colui che lo loda mediante questi suoi servi, cos’altro è mai questo se non una lode resa da Dio a se stesso? Comunque il presente salmo comincia così:

David e Cristo.

2. [v 1.] Ti esalterò, mio Dio [e] re mio, e benedirò il tuo nome nel secolo e nel secolo del secolo. Ecco iniziata la lode di Dio, che si protrarrà fino al termine del salmo. Quanto al titolo del salmo, esso reca: Lode, per lo stesso David. Siccome però col nome di David è stato chiamato colui che è venuto a noi dalla stirpe di David 2, cioè il nostro Re, colui che ci governa e introduce nel suo regno, per questo le parole: Lode, per lo stesso David significano lode a Cristo. Riguardo poi a Cristo, egli secondo la carne è David perché figlio di David, ma secondo la divinità è creatore e signore di David. Vien qui da pensare all’onore che l’Apostolo tributa all’antico popolo di Dio, dal quale provennero gli Apostoli, primi fra i credenti, e le numerose comunità delle origini. Erano molte migliaia di persone e mettevano in pratica quello che, come avete udito ora dal Vangelo, quel ricco udì ma si tirò indietro in preda alla tristezza 3. Vendevano, cioè, tutti i loro averi e ne distribuivano [il ricavato] ai poveri, cercando solo nel Signore la perfezione 4. L’Apostolo, dunque, volendo tessere l’elogio di quell’antico popolo, dice così: Da loro [sono] i padri, e da loro [è] Cristo secondo la carne, che è al di sopra di tutto Dio benedetto nei secoli 5Se pertanto Cristo secondo la carne discende da loro, certo egli è David; siccome però egli è al di sopra di tutto Dio benedetto nei secoli, per questo ti esalterò, mio Dio [e] mio re, e benedirò – dice – il tuo nome nel secolo e nel secolo del secolo. Probabilmente nel secolo corrisponde a ” quaggiù ” mentre nel secolo del secolo corrisponde a ” in eterno “. Comincia quindi adesso a lodare Dio se vuoi lodarlo in eterno. Chi non volesse lodarlo nel passaggio in questo mondo dovrà tacere quando giungerà il secolo del secolo. In effetti nei versi che seguono il salmo dice, su per giù, proprio questo.

Per godere gioia inalterata occorre godere in Dio.

3. [v 2.] Qualcuno avrebbe potuto interpretare diversamente le parole: Loderò il tuo nome nel secolo e cercare un altro secolo nel quale innalzare [a Dio] la lode. Per evitare questo dice: Ti benedirò ogni giorno. Loda dunque e benedici il Signore tuo Dio tutti i giorni, di modo che, finita l’intera serie dei giorni e arrivato il giorno che non avrà fine, passi dalle molte lodi all’unica lode, come passerai dalle molte virtù all’unica virtù 6. Dice: Ti benedirò di giorno in giorno. Non passerà giorno nel quale non ti benedica. Né è da stupirsi che tu benedica il tuo Dio nei tuoi giorni lieti. Ma che farai se spunterà un qualche giorno triste, quali ne comportano le vicende umane, come quando abbondano gli scandali e si moltiplicano le tentazioni? Come ti comporterai quando a te uomo capiterà qualche sventura? Cesserai forse di lodare Dio e di benedire il tuo Creatore? Se interromperai la tua lode, mentivi quando affermavi: Signore, ti benedirò di giorno in giorno. Che se al contrario non interromperai [la tua lode], anche se ti sembra che le cose vadano male, trattandosi d’un giorno infelice, in realtà dinanzi a Dio ti va bene. Si dànno infatti casi in cui, anche quando ti va male, in realtà ti va bene. Se è ovvio che capitandoti un malanno le tue cose vadano male, è anche vero che capitandoti un bene le cose ti si mettano bene. E ci può essere bene più grande del tuo Dio, di cui è stato detto: Nessuno è buono all’infuori di uno, Dio 7? In effetti, quanto sia sicura questa lode, quanto sia stabile questo “bene”, ricavalo dal “buono” in se stesso. Se il “buono” di cui godi è un buono accidentale che dura un giorno, forse nel giorno successivo questo “buono” di cui godevi sarà passato. Sono stato bene, ho trascorso una giornata felice, poni perché hai riscosso denaro, perché hai ricevuto un invito o ti sei recato a un lauto banchetto. Godi per aver mangiato a non finire: qualcuno ti potrebbe suggerire perché piuttosto non te ne vergogni; comunque, se son di questo genere i beni di cui godi, qualunque siano, son certamente transitori. Se invece godi del Signore tuo Dio, ascolta la Scrittura che dice: Rallègrati nel Signore 8. Tanto più stabile sarà il tuo godimento quanto più è immutabile colui di cui godi. Se godi del denaro, temerai il ladro; se godi del tuo Dio, che cosa temerai? Che qualcuno ti rubi Dio? Ma Dio non è una cosa che possa esserti sottratta, a meno che tu stesso non te lo perda. Dio non è come la luce fisica, quella che splende dal cielo e alla quale non ci è consentito avvicinarci tutte le volte che lo vogliamo, poiché non splende [sempre] dovunque. A causa della nostra umana fragilità succede a volte, d’inverno per esempio, che ci piaccia stare al sole, mentre adesso che è estate vi siete accorti come abbiamo preferito un luogo al riparo della stessa luce. Quanto a Dio, se stai in lui e godi allo splendore della sua verità, non dovrai cercare un posto per essere più vicino a lui: è la coscienza che si avvicina, come è anche la coscienza che si allontana. Le parole: Avvicinatevi a lui e sarete illuminati 9 sono state dette in riferimento all’animo, non a un mezzo di trasporto: riguardano gli affetti, non i piedi. Quando poi starai in Dio non ti brucerà il calore: soffierà verso di te l’aura dello Spirito e tu sarai pieno di fiducia al riparo delle sue ali 10.

Lodare incessantemente Dio.

4. Da questo ti apparirà manifesto come ogni giorno hai di che rallegrarti: il tuo Dio non ti abbandonerà anche se ti capitassero delle angustie. Guarda alle tribolazioni che si riversarono su quel sant’uomo di Giobbe. Quante sciagure e quanto repentine! Osserva ancora come tutti i beni di cui si supponeva che godesse (in effetti egli non godeva di quelle cose!), tutti quei beni gli furono tolti dal diavolo tentatore. Anche i figli gli morirono! Privato delle cose che possedeva, privato di colore a cui erano destinate! Tuttavia non era morto colui che gli aveva dato beni e figli anzi, riguardo ai figli, se erano morti alla vita presente, lo erano per essere rincontrati e riavuti nella vita futura. Quel grande uomo, comunque, aveva in cuore altri beni di cui godere e di lui erano proprio vere le parole che or ora abbiamo ricordate: Ti benedirò di giorno in giorno. Pertanto, se era sorto sotto cattiva stella quel giorno in cui aveva perso tutto, forse che gli venne a mancare anche la luce interiore del cuore? Anzi! rimase costante in quella luce e disse: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come è piaciuto al Signore così è avvenuto. Sia benedetto il nome del Signore! 11 Egli lodò Dio tutti i giorni, se è vero che lo lodò anche in un giorno così sfortunato. È una dottrina semplice quella di lodare Dio incessantemente, dicendo a lui con sincerità di cuore e non falsamente: Benedirò il Signore in ogni tempo; la sua lode sarà sempre sulla mia bocca 12. È una dottrina semplice essere convinti che Dio quando dona dona per misericordia, quando toglie toglie per misericordia. Come quindi non ti devi credere abbandonato dalla divina misericordia quando Dio ti accarezza con doni (ciò fa perché non ti scoraggi), così nemmeno quando ti fa esperimentare la sua severità, cosa che egli dispone perché non ti rovini nella tua gioia. Lodalo dunque quando ti favorisce con doni e quando ti prova con flagelli: lodare chi ti flagella è una medicina per le tue ferite. Dice: Di giorno in giorno ti benedirò. Sì, fratelli, beneditelo proprio ogni giorno; benedite Dio qualunque cosa vi accada, in quanto è opera sua anche il fatto che vi risparmi ciò che non riuscireste a sopportare. Se quindi le cose ti van bene, devi essere nel timore né prendere l’atteggiamento di chi mai abbia ad essere tentato. Se infatti non sarai mai tentato, mai sarai provato. Ora, non è meglio essere tentato e superare la prova anziché non aver tentazioni ed essere riprovato? E loderò il tuo nome nel secolo e nel secolo del secolo.

Motivo della lode, l’infinita grandezza di Dio.

5. [v 3.] Grande [è] il Signore e straordinariamente degno di lode. In che misura avrebbe dovuto dirlo [degno di lode]?, o quali parole avrebbe dovuto cercare? Quanta ricchezza di contenuto non avrà inteso racchiudere in quello straordinariamente? Immagina quanto ti pare, ma, se è un essere che non siamo in grado di afferrare, come riusciremo a pensarlo? Egli è straordinariamente degno di lode e la sua grandezza non ha limiti. Ha detto: Straordinariamente perché la sua grandezza non ha limiti. Se pertanto fai un atto della volontà e cominci a lodarlo, non credere che possa esaurire la tua lode, se è vero che è senza limiti la grandezza di lui. Se la sua grandezza è illimitata, non crederti capace di lodarlo adeguatamente. Non è quindi meglio che, com’egli è senza limiti, così sia senza limiti la lode che gli tributi? La sua grandezza è illimitata: sia quindi illimitata anche la tua lode. Cosa è stato detto della sua grandezza? La sua grandezza non ha limiti. E della tua lode cosa si dice? Loderò il tuo nome nel secolo e nel secolo del secolo. Ne segue che, com’è senza limiti la sua grandezza, così dovrà essere illimitata la tua lode. Nemmeno quando sarai morto alla vita presente interromperai la lode del Signore. È vero che è stato scritto: I morti non ti loderanno, Signore 13; ma le parole riguardano quei morti di cui si dice: Dal morto, come da colui che non è, esula la lode 14, non quegli altri di cui diceva [il Signore]: Chi crede in me, anche se è morto, vivrà 15. In effetti, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non è un Dio dei morti ma dei vivi 16. Se infatti non ci sarà tempo in cui tu non sia di Dio, non si darà nemmeno tempo in cui tacerà in te la tua lode. Potrai temere che, se durante la vita presente sei un uomo di Dio, non lo sarai più dopo la morte? Ascolta l’Apostolo e com’egli con la sua promessa ti tranquillizza. Dice:Sia che viviamo, viviamo per il Signore; sia che moriamo, moriamo per il Signore; dunque, sia che viviamo sia che moriamo, siamo del Signore 17. Ma come è potuto accadere che, anche morto, tu appartenga a lui? Perché Dio ti ha riscattato a prezzo del suo sangue, affrontando perfino la morte. Come vuoi che si lasci sfuggire il servo morto quando la sua morte è stata il prezzo del tuo riscatto? In vista di ciò, dopo aver detto: Sia che viviamo sia che moriamo, siamo del Signore, per mettere in risalto quel tuo prezzo, dice: Per questo infatti Cristo è morto ed è risorto, per essere Signore dei vivi e dei morti 18.

La lode di Dio originata dalla considerazione delle sue opere.

6. [v 4.] Resta il fatto che la sua grandezza non ha limiti e che noi siamo obbligati a lodarlo anche se non lo comprendiamo appieno. Se infatti lo comprendessimo, la sua grandezza sarebbe limitata; se al contrario la sua grandezza non ha limiti, di lui possiamo, sì, comprendere qualcosa ma nella sua immensità Dio non possiamo certo comprenderlo. Siamo quindi come sopraffatti dalla sua grandezza; tuttavia per essere ristorati dalla sua bontà poniamoci a mirare le sue opere, e mirando le opere lodiamo l’artefice, mirando l’edificio lodiamo l’architetto, mirando le creature lodiamo il Creatore. Diamo uno sguardo alle cose che ha fatte in questo mondo, cose a noi note e palesi, poiché quante altre ne abbia create la sua immensa bontà e sconfinata grandezza, chi lo conosce?. In realtà noi possiamo spingere il nostro sguardo, per quanto acuto esso sia, soltanto fino al cielo e, fissati il sole, la luna e le stelle, dobbiamo ridiscendere sulla terra. Entro i limiti di questo spazio si spinge liberamente la nostra capacità visiva, ma chi sarà in grado di spingere oltre i cieli l’acume dell’occhio, non dico del corpo, ma anche dello spirito? Per quel tanto dunque che ci son note le sue opere, lodiamo Dio muovendo appunto da queste opere. Dalla creazione del mondo, infatti, le prerogative invisibili di lui ci si fan vedere e penetrare attraverso le cose create 19La generazione e la generazione loderà le tue opere. Ogni generazione loderà le tue opere. È infatti probabile che generazione e generazione significhi tutte le generazioni. Né si richiedeva che avesse ripetuto generazione e generazione fino a che non avesse esaurito il numero di tutte le generazioni. La semplice ripetizione usata da chi parla è, per la mente di chi riflette sulle sue parole, una proiezione verso l’infinito. Ecco la presente generazione, quella che adesso è sulla terra: come è venuta così se ne andrà; comunque è lei che ora loda le opere di Dio. Poi ne succederà un’altra a cui la prima farà posto: anche questa loderà certamente le opere di Dio. Dopo di questa ce ne sarà un’altra ancora, e sino alla fine del mondo quante generazioni! In relazione a questo dice: La generazione e la generazione loderà le tue opere. O non sarà vero piuttosto che, ripetendo la parola, ci ha voluto inculcare due particolari generazioni? Cioè: la presente generazione nella quale siamo figli di Dio e l’altra generazione in cui saremo figli della resurrezione? La Scrittura stessa parla di figli della resurrezione e chiama la resurrezione nuova generazione. Dice: Nella rigenerazione quando il Figlio dell’uomo sederà nella sua maestà 20E parimenti in un altro luogo: Difatti non si mariteranno né si ammoglieranno, essendo figli della resurrezione 21Ecco come la generazione e la generazione loderà le tue opere. Lodiamo le opere del Signore adesso, mentre viviamo nella presente condizione mortale, e se le lodiamo ora che siamo gravati da ceppi, come non le loderemo quando saremo coronati? Ebbene, adesso mentre dura la presente generazione, consideriamo le opere del Signore, che ci è dato mirare, e ripetiamo ciò che in sua lode è detto: La generazione e la generazione loderà le tue opere, perché la tua grandezza non ha confini. Ci è sufficiente mirare le tue opere per lodare te che di tali opere sei l’autore.

Lodare Dio per i benefici elargiti all’uomo.

7. E proclameranno la tua potenza. Non per altro motivo infatti gli uomini loderanno le tue opere se non per proclamare la tua potenza. Nella scuola si presentano ai fanciulli cose da lodare, e tutte queste cose che si propongono per essere lodate son opere di Dio. S’invita l’uomo a lodare il sole, il cielo, la terra, e, per scender a cose più modeste, gli si fa lodare la rosa, l’alloro. Son tutte opere di Dio, e si presentano, si accettano, si lodano. Si elogiano le opere, senza dir nulla dell’artefice! Io al contrario voglio che attraverso le opere venga lodato il Creatore: non mi piace il lodatore ingrato. Come fai, del resto, a lodare l’opera e a non dir nulla di colui che l’ha fatta? Quasi che, mancando lui e la sua grandezza, tu avresti ugualmente qualcosa da lodare! Ma nelle cose visibili cos’è che tu lodi? La bellezza, l’utilità, qualche energia o potere proprio di tali cose. Orbene, se ti incanta la loro bellezza, cosa c’è di più bello di chi le ha fatte? Se ne decanti l’utilità, cos’è più utile del Creatore dell’universo? Se ne lodi il vigore, cos’è più potente di colui dal quale tutto fu creato, non solo ma, anche dopo create, le creature non vengono abbandonate ma vengono tutte sorrette e ordinate? Quando dunque la generazione e generazione dei tuoi servi loda le tue opere loda te, e non ti loda come certi ciarloni, in realtà muti, che mentre lodano la creatura dimenticano il Creatore. Come dunque ti loda? E proclameranno la tua potenza. Lodando le tue opere proclamano la tua potenza. Questi lodatori, fedeli santi e buoni, sono lodatori veraci, non ingrati verso la grazia. Se lodano le diverse opere di Dio, eccelse o umili, celesti o terrestri, fra queste varie opere divine che lodano trovano anche se stessi, che son certamente opera di Dio. Se infatti è vero che egli ha creato tutto, fra le diverse opere ha creato anche noi. Lodando quindi le opere di Dio, dovrai lodare anche te stesso in quanto anche tu sei opera di Dio. Ma allora come la metterai con le parole: Non ti lodi la tua bocca 22? Ecco trovato come tu possa insieme e lodare te stesso ed evitare l’orgoglio. In te loda Dio, non te stesso. Lodati non perché tu sei così e così, ma perché lui ti ci ha fatto; non perché tu sia in grado di fare questo o quello, ma perché in te e per te è lui che lo può. In questo modo loderanno te e proclameranno la tua potenza. Non la loro ma la tua. Imparate pertanto a lodare come si deve. Osservando le opere, ammiratene l’artefice: ringraziando, non insuperbendovi. Lodatelo perché è stato lui a fare, lui a stabilire così, lui a elargire tali doni.

Amare Dio perché è amabile e terribile.

8. [vv 5.6.] Nota cosa aggiunga. Dice: Proclameranno la tua potenza. E parleranno della magnifica gloria della tua santità, e racconteranno le tue meraviglie, e diranno la potenza delle tue cose terribili e narreranno la tua grandezza. Erutteranno il ricordo dell’abbondanza della tua soavità. Esclusivamente la tua. Guarda poi se questo osservatore delle opere [di Dio] devii per caso dall’artefice all’opera; osserva se scenda dal Creatore alle creature. Delle cose create s’è fatto una scala per ascendere al Creatore, non uno scivolo per discendere da lui alle cose. Se amerai le cose più del Creatore, non giungerai al possesso di lui. E allora, cosa ti gioverebbe possedere l’abbondanza delle opere, se fossi privo dell’artefice? Ama quindi anche le opere, si capisce, ma più [delle opere] ama lui e ama le opere in ordine a lui. Proclama la sua potenza, parla dello splendore e della gloria della sua santità, racconta le sue gesta mirabili, predica il vigore dei suoi interventi terribili. Egli infatti è amabile e insieme terribile. Non è uno che carezza e non minaccia. Se non carezzasse, saremmo senza incoraggiamenti; se non minacciasse, non avremmo alcun richiamo. Quanti dunque vorranno lodarti racconteranno anche la potenza delle tue cose terribili; parleranno del potere che ha qualche tua creatura di punire e di trattare con severità; non lo taceranno. Non predicheranno [solo] il tuo regno eterno passando sotto silenzio il fuoco eterno. La lode di Dio mira infatti a rinsaldarti nella [retta] via; quindi deve mostrarti e quel che devi amare e quel che devi temere, quel che devi desiderare e quel che devi fuggire, quel che devi scegliere e quel che devi rifiutare. E il tempo della scelta è adesso; dopo ci sarà il tempo della ricompensa. Si parli dunque della potenza dei suoi interventi terribili. E – dice – narreranno la tua grandezza, certamente infinita, se della tua grandezza non ci sono limiti. Essi non ne taceranno. Quella tua grandezza – ripeto – di cui sopra dicevo che della tua grandezza non ci sono limiti: questa narreranno. Come la narreranno se è infinita? La narreranno lodandola; e come essa è illimitata, così sarà illimitata anche la lode. Cerchiamo un argomento che ci dimostri come la sua lode non avrà fine? Dice: Beati coloro che abitano nella tua casa; nei secoli dei secoli ti loderanno 23. E narreranno quella tua grandezza [a noi ben nota], quella che è infinita.

Udire e predicare la bontà del Signore.

9. [v 7.] Erutteranno il ricordo dell’abbondanza della tua soavità. O banchetto felice! Cosa mangeranno coloro che erutteranno così? Il ricordo dell’abbondanza della tua soavità. E che significa: Il ricordo dell’abbondanza della tua soavità? Che tu non ti sei dimenticato di noi quando noi ci eravamo dimenticati di te. Ogni uomo infatti aveva dimenticato Dio, ma Dio non s’era dimenticato delle sue opere. Questo ricordo che egli ha serbato di noi, questo fatto che egli non ci ha dimenticati, noi dobbiamo predicare, raccontare a tutti. E siccome si tratta di un ricordo dolce, dobbiamo e mangiarlo ed eruttarlo. Mangialo in modo che possa eruttarlo: ricevilo in modo che possa donarlo. Mangi infatti quando impari, erutti quando insegni; mangi quando ascolti, erutti quando predichi: comunque, quello che hai prima mangiato erutti poi. Osserva un istante quel ghiottone insaziabile dell’apostolo Giovanni. Non gli bastò partecipare alla stessa mensa del Signore ma pretese adagiarsi sul petto di lui 24 per bere dal suo intimo i misteri di Dio. Cosa poi eruttò? In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio 25. Ebbene, erutteranno il ricordo dell’abbondanza della tua soavità. In che senso non basta eruttare il tuo ricordo, né il ricordo della tua abbondanza, né quello della tua soavità, ma il ricordo dell’abbondanza della tua soavità? In realtà, che vantaggio reca una cosa che, anche se abbonda, non è gustosa? Parimenti sarebbe sgradita una cosa che, sia pur piacevole, fosse scarsa.

L’opera della grazia divina in noi.

10Essi dunque erutteranno il ricordo dell’abbondanza della tua soavità, perché tu non ti sei dimenticato di noi e, appunto perché non dimentico di noi, ci hai ammoniti per ridestare anche la nostra memoria. Si ricorderanno e si volgeranno a te tutti i confini della terra 26. Essi erutteranno il ricordo dell’abbondanza della tua soavità,convinti che in loro nulla c’è di buono che non sia da te. Sono inoltre convinti che non si sarebbero potuti volgere a te se non fossero stati richiamati da te e che non avrebbero potuto pensare a te se tu ti fossi dimenticato di loro. Riflettendo per un dono della tua grazia su tutte queste cose, essi esulteranno nella tua giustizia.Considerando per un dono della tua grazia queste cose – ripeto – esulteranno nella tua giustizia, non nella loro. Fratelli, se volete eruttare la grazia, bevete la grazia. Che significa: Bevete la grazia? Conoscete la grazia, intendete la grazia. Prima d’esistere noi non c’eravamo in alcuna maniera, e siamo stati fatti uomini mentre prima non eravamo nulla. Fatti uomini dalla radice di quell’antico peccatore, noi eravamo perversi e per natura figli dell’ira, come gli altri 27. Ebbene, guardiamo alla grazia di Dio, non solamente per averci egli creati ma anche per averci chiamati alla nuova vita. A colui infatti a cui dobbiamo l’esistenza dobbiamo anche la giustificazione. Che nessuno attribuisca a Dio la propria esistenza e a se stesso la propria giustizia. Sarebbe di maggior pregio ciò che vorresti attribuire a te che non quello che attribuisci a lui. È infatti pregio più grande l’essere giusto che l’essere uomo, e tu dài a Dio il meno mentre a te dài il più. Dà invece a lui tutto quanto, loda Dio per la totalità [dei doni]; non sottrarti dalla mano dell’artefice. Chi è stato a farti esistere? Non sta forse scritto che Dio prese del fango della terra e ci plasmò l’uomo 28? Prima d’essere uomo eri fango; prima d’essere fango non eri niente. Ma devi ringraziare il tuo artefice non per la sola creazione; ascolta un altro intervento, che è pure una creazione. Dice: Non per le opere, affinché nessuno se ne vanti 29. Ma colui che dice: Non per le opere, affinché nessuno se ne vanti, cosa ha affermato prima? Mediante la grazia siete stati salvati attraverso la fede e questo non per opera vostra 30Parole dell’Apostolo, non mie. Mediante la grazia siete stati salvati attraverso la fede e questo(cioè l’essere stati salvati attraverso la fede) non per opera vostra. In effetti la semplice menzione de la grazia lasciava intendere che non era per opera vostra, ma per escludere ogni altra interpretazione si degnò parlare più apertamente. Dammi un’anima in grado di capire: egli ha detto tutto. Siete stati salvati mediante la grazia.Sentendo la parola grazia, intendi gratis. E se gratis, tu non vi hai apportato nulla, non hai meritato nulla, poiché se si fosse trattato d’una qualche ricompensa accordata a meriti [precedenti], non sarebbe stata una grazia ma, appunto, un compenso. Dice: Mediante la grazia siete stati salvati attraverso la fede. Spiegaci un po’ queste tue parole in una maniera più chiara a motivo di certi presuntuosi, di certi tipi che cercano di lusingare se stessi e misconoscendo la giustizia di Dio vogliono affermare una loro propria giustizia. Ascolta lo stesso concetto con parole più chiare. Dice: E questo, cioè che siete stati salvati mediante la grazia, non è per opera vostra ma è dono di Dio 31. Ma potrebbe darsi che anche noi abbiamo fatto qualcosa per meritare i doni di Dio. Dice: Non è dalle opere affinché nessuno se ne glori. E allora? Non siamo noi ad operare il bene? Certo che lo operiamo. Ma come? Con la forza di colui che opera in noi. Con la fede infatti noi facciamo spazio nel nostro cuore a colui che in noi e per nostro mezzo opera il bene. Ascolta in qual maniera tu operi il bene. Di lui infatti siamo fattura, creati in Cristo Gesù per le opere buone, nelle quali dobbiamo camminare 32Questa è la copiosa abbondanza di dolcezza che la sua memoria produce in noi. Eruttando questa dolcezza, i suoi predicatori esulteranno per la sua giustizia, non per la loro giustizia personale. Cosa hai compiuto infatti per noi, o Signore, oggetto della nostra lode, perché noi fossimo, ti lodassimo, esultassimo della tua giustizia, eruttassimo il ricordo dell’abbondanza della tua dolcezza? Diciamolo e dicendolo innalziamo la lode.

Speranza, disperazione e loro conseguenze.

11. [v 8.] Misericordioso e compassionevole [è] il Signore, longanime e molto misericordioso; il Signore [è] buono verso di tutti e le sue misericordie [si estendono] atutte le sue opere. Se egli non fosse così, nulla potrebbe esigere da noi. Osserva te stesso! e peccatore qual eri, cosa meritavi? avendo disprezzato Dio, cosa meritavi? Pensaci e vedrai che null’altro ti sarebbe spettato se non la punizione e il supplizio. Non può sfuggirti che cosa ti fosse dovuto e che cosa invece ti ha dato colui che dà gratuitamente. Ti è stato dato il perdono quand’eri peccatore; ti è stato dato lo Spirito che giustifica; ti sono stati dati l’amore e la carità con cui sei in grado di compiere ogni bene; inoltre egli ti darà la vita eterna in compagnia degli angeli. Tutto per sua misericordia. Non vantare in alcun modo i tuoi meriti, poiché anche questi tuoi meriti sono doni suoi. E per la tua giustizia esulteranno 33Misericordioso e compassionevole [è] il Signore, tu che facesti gratuitamente tutte le cose. Longanime: non sopporta infatti i più grandi peccatori? Misericordioso e compassionevole [è] il Signore in coloro che ha già perdonati, invece in coloro che non ha ancora perdonati [è]longanime perché non condanna ma aspetta e mentre aspetta grida: Convertitevi a me e io mi volgerò a voi 34; anzi, esagerando nel pazientare dice: Non voglio la morte dell’empio ma che si converta e viva 35. Egli dunque è tollerante; tu però, seguendo il tuo cuore duro e impenitente, ti accumuli ira per il giorno della vendetta e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere 36. Egli infatti è, sì, adesso longanime nel pazientare, ma ciò non gli impedirà di essere un giorno giusto nel castigare. Egli ha distinto i diversi tempi: ora ti chiama, ora ti esorta, aspetta che tu rinsavisca, e tu invece tardi! Grande misericordia è anche l’averti lasciato nell’incertezza riguardo alla durata della vita, non facendoti conoscere il giorno in cui te ne andrai. Mentre ogni giorno ti riprometti di dover partire, una buona volta finalmente ti convertirai; e anche questo è un tratto della sua grande misericordia. Se viceversa a tutti avesse indicato il giorno [della loro morte], dando una tale sicurezza avrebbe provocato un aumento di peccati. Egli ti ha dato la speranza del perdono, che ti impedisce di disperarti e d’accrescere il numero dei peccati. In materia di peccato infatti si deve temere e la speranza e la disperazione. Osservate le parole di uno che aumenta i peccati a causa della disperazione, e osservate ancora le parole di chi aumenta i peccati a motivo della speranza. Ai due casi però – notate anche questo – ha ovviato la Provvidenza misericordiosa di Dio. Ascolta la voce del disperato. Dice: Ormai sono dannato; perché non dovrei fare quel che più mi gusta? Ascolta ora la voce di chi spera [falsamente]: La misericordia di Dio è sconfinata; quando mi convertirò, mi perdonerà ogni cosa; perché non dovrei fare quel che più mi gusta? L’uno pecca perché disperato, l’altro pecca perché animato da [falsa] speranza. Due estremi da temersi, due atteggiamenti pericolosi. Guai se ti disperi! Guai se speri malamente! E come pone rimedio la misericordia di Dio a questo duplice pericolo e sventura? Cosa dici tu che vorresti peccare perché disperato? Ormai non ho più scampo, sarò dannato: perché non fare quel che mi pare? Ascolta la Scrittura: Non voglio la morte dell’empio ma che si converta e viva 37. Questa voce divina gli restituisce la speranza, ma c’è da temere l’altro tranello, che cioè pecchi ancora e proprio per tale speranza. Cos’è quello che dicevi anche tu quando volevi moltiplicare i peccati proprio a causa della speranza? Quando mi convertirò Dio mi condonerà ogni debito; e allora voglio fare come mi pare e piace. Ascolta anche tu la Scrittura: Non tardare a convertirti al Signore, né differire [la conversione] di giorno in giorno; improvvisa infatti sopraggiungerà la sua ira e nel tempo della vendetta ti spazzerà via 38. Non dire dunque: Domani mi convertirò, da domani cercherò di piacere a Dio; allora mi saranno perdonate le colpe di oggi, di ieri, tutte. È vero quel che dici, cioè che Dio, se ti converti, ti ha assicurato il perdono; ma non ti ha promesso affatto il domani perché tu possa differire [la conversione].

Misericordia e severità di Dio.

12. [v 9.] Buono [è] il Signore verso di tutti e le sue misericordie [si estendono] a tutte le sue opere. Perché allora condanna? perché flagella? O che forse coloro che, condanna e flagella non sono sue opere? Lo sono senz’altro. Vuoi quindi constatare come sopra tutte le sue opere [si estendano] le sue misericordie? Si tratta di quella longanimità per cui fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi. E non è dono delle sue misericordie verso tutte le sue opere se piove sui giusti e sugli ingiusti 39? Non è [tutto questo] frutto delle sue misericordie verso tutte le creature? Perché longanime, attende il peccatore dicendo: Convertitevi a me e io mi volgerò a voi. Non si tratta qui delle sue misericordie verso tutte le sue creature? Solo quando dirà: Andate al fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli 40, non vi sarà più misericordia ma severità. La misericordia di lui s’era riversata sulle opere di lui; la sua severità non è per l’opera di lui ma per le opere tue. Se toglierai le tue opere cattive e in te non rimarrà altro che l’opera di Dio, la sua misericordia non ti abbandonerà; se invece tu non ti libererai delle opere tue, su queste tue opere, non sull’opera di Dio, si riverserà la sua severità.

In che senso ogni creatura loda Dio.

13. [v 10.] Confessino a te, Signore, tutte le tue opere e i tuoi santi ti benedicano. Tutte le tue opere confessino a te. Cosa dice mai? Non è forse opera di lui la terra? o non son opera di lui le piante, gli animali, le bestie feroci, i pesci, gli uccelli? Forse che non son tutti opera di lui? Certo, tutti questi esseri sono opera di Dio. In che modo, allora, potranno questi esseri confessare a lui? Ben vedo come nell’angelo – poiché anche l’angelo è opera di Dio – la creatura confessi al Creatore. Così anche per l’uomo: è un’opera di Dio e quando confessa a lui è un’opera di Dio che confessa. Ma forse che le piante e le pietre hanno una voce che loro consenta la confessione? Sì, tutte le opere di Dio confessino a lui. Ma cosa dici? Anche la terra e le piante? Tutte le sue opere. Se tutte lodano, perché non tutte potranno confessare? Si parla infatti di confessione non soltanto quando ci si accusa dei peccati, ma anche quando si loda. Che non succeda che, tutte le volte che sentite parlare di confessione, l’intendiate solo e sempre di confessione dei peccati! È questa una persuasione assai comune, al segno che, quando alla lettura della parola divina risuona questo termine, subito e come per abitudine ci si batte il petto. Ascolta però come ci sia una confessione in senso di lode. Aveva forse peccati il nostro Signore Gesù Cristo? Eppure diceva: Ti confesso, o Padre, Signore del cielo e della terra 41È una confessione che consiste nel lodare. In che senso intenderemo quindi le parole: Confessino a te, Signore, tutte le tue opere? Ti lodino tutte le tue opere. In fatto di lode, però, ritorna lo stesso problema che sì presentava prima a proposito della confessione. Se infatti non potevano confessare la terra, le piante e tutte le creature inanimate perché prive di voce, per lo stesso motivo, in quanto cioè prive di voce, saranno incapaci di lodare. Eppure non son tutte, queste creature, enumerate da quei tre fanciulli mentre camminavano tra le fiamme, che non li toccavano, ed essi avevano agio non solo di non bruciare ma anche di lodare Dio? A tutte, da quelle del cielo a quelle della terra, si dice: Benedite, cantate l’inno, ed esaltatelo nei secoli 42Ecco come cantano l’inno. Nessuno pensi che la muta pietra o il muto animale abbia razionalità e sia in grado di comprendere Dio. Quanti credettero questo si allontanarono molto dalla verità. Dio dispose secondo un ordine tutti gli esseri che aveva creati. A certuni diede sensibilità, intelletto e immortalità. Così gli angeli. Ad altri diede sensibilità ed intelletto in una condizione mortale. Così gli uomini. Ad altri ancora diede una sensibilità corporale, senza dar loro né l’intelletto né l’immortalità. Così i bruti. Ad altri finalmente non diede né sensibilità né intelligenza né immortalità. Così le erbe, le piante, le pietre. Tuttavia neppure questi esseri nella loro specie possono esimersi [dalla lode di Dio], essendo la creazione ordinata secondo una certa graduatoria che va dalla terra al cielo, dalle cose visibili a quelle invisibili, dalle cose mortali a quelle immortali. Questo intreccio dei vari esseri creati, la loro bellezza perfetta nel suo ordine, che dalle cose infime si eleva alle più eccelse per ridiscendere da queste alle più insignificanti, senza interruzioni ma non senza il mutuo compensarsi degli esseri [fra loro] differenti, tutto questo loda Dio. Ma in che senso l’universo creato loda Dio? In quanto tu, mirando la creatura e trovandola bella, in essa lodi Dio. La bellezza della terra è come una voce muta che si leva dalla terra. Tu ci mediti, vedi la sua bellezza, la sua fecondità, le sue risorse; vedi come si riproduca un seme facendo germogliare il più delle volte una cosa diversa da quella che era stata seminata. Osservi tutto questo e con la tua riflessione quasi ti metti a interrogarla: la stessa ricerca è una specie d’interrogatorio. Pieno di stupore, continui la ricerca e scrutando la cosa a fondo scopri una grande potenza, una grande bellezza e uno stupefacente vigore. Non potendo avere in sé né da sé questo vigore, subito ti vien da pensare che, se non se l’è potuto dare da sé, gliel’ha dato lui, il Creatore. In tal modo, ciò che hai scoperto nella creatura è la voce della sua confessione che ti porta a lodare Dio. Non è forse vero che, se ti metti a considerare la bellezza sparsa nell’intero mondo creato, la stessa bellezza come con un unico accento ti risponde: Non sono stata io a farmi ma Dio?.

14. [v 11.] Dunque, confessino a te, Signore, tutte le tue opere e i tuoi santi ti benedicano. Affinché i tuoi santi ti benedicano confessando le tue meraviglie, guardino prima alla confessione che si leva dal mondo creato. E ora ascolta gli accenti della loro benedizione. Cosa dicono questi tuoi santi allorché ti benedicono? Narreranno la gloria del tuo regno e parleranno della tua potenza. Quant’è potente Dio, che ha creato la terra! quant’è potente Dio, che ha riempito la terra di cose buone, che ha dato a ciascuno degli animali una vita sua propria, che ha immesso nelle profondità della terra semi così svariati da produrre tutta questa diversità di arbusti, tutta questa magnificenza di piante! Quanto è potente Dio! quanto è grande! Tu interroghi la creatura ed essa ti risponde, e dalla sua risposta, come da una confessione fatta dalla creatura, tu, santo di Dio, prendi lo spunto per benedire Dio e annunziare la sua potenza.

Lo splendore ineffabile del regno di Dio.

15. [v 12.] Per far conoscere ai figli degli uomini la tua potenza e la gloria del grande splendore del tuo regno. Sì, i tuoi santi celebrano la gloria dello splendore, veramente grande, del tuo regno: la gloria del grande splendore. C’è una grandezza che ha per soggetto lo splendore del tuo regno, cioè il tuo regno ha uno splendore, anzi un grande splendore. Se è vero che tutto ciò che splende ha da te il suo splendore, quale splendore non dovrà avere il tuo stesso regno! Non ci metta soggezione ilregno; non solo, ma esso è un regno dotato di tale splendore che ci riempie di giocondità. In effetti, quale non dovrà essere lo splendore in cui saranno immersi i santi, quando sarà loro detto: Venite, benedetti del Padre mio, possedete il regno 43? Donde partiranno? dove arriveranno? Riflettete, fratelli, e, se potete e per quanto potete, pensate allo splendore del regno che ha da venire, di quel regno a proposito del quale è detto nella nostra preghiera: Venga il tuo regno 44. Questo è il regno che ci auguriamo venga; questo è il regno che i santi annunziano come prossimo a venire. Osservate il mondo presente: ha un suo splendore. Quale splendore non hanno la terra, il mare, l’aria, il cielo, gli astri! Tutte queste meraviglie non sbigottiscono chiunque si pone a considerarle? La loro bellezza non è talmente elevata da far pensare che nulla possa trovarsi di più bello? Eppure, in questo mondo, immersi in tanto splendore e in una bellezza che quasi non dubiteresti a qualificare come ineffabile, accanto a te vivono anche i vermicciattoli e i topi e tutti gli esseri che strisciano sulla terra: esseri di questa levatura vivono insieme con te in questo magnifico splendore. Quale non sarà lo splendore di quel regno dove insieme con te non vivranno se non gli angeli? Per questo gli sembrò insufficiente dire ” la gloria dello splendore “. Questo infatti lo si sarebbe potuto, dire anche d’una qualsiasi bellezza esistente in questo mondo, come dell’erba che verdeggia sulla terra o degli astri che brillano in cielo. Dicendo [la gloria] dello splendore, veramente grande; del tuo regno, inculca qualcosa che ora non vediamo ma che pur senza vedere crediamo, e credendolo desideriamo, anzi per [raggiungere l’appagamento di] questo desiderio sopportiamo ogni tribolazione. Esiste dunque la grandezza di uno splendore che, prima di vedere, dobbiamo amare per possederlo stabilmente quando ci si rivelerà.

16. [v 13.] Il tuo regno. Di qual regno parlo? È il regno di tutti i, secoli. Anche il regno dell’era presente ha un suo splendore, ma non è quella grandezza che rifulge nel regno di tutti i secoli. E il tuo dominio [si estende] per ogni generazione e generazione. È la solita ripetizione, con cui ci si indica o tutta la serie delle generazioni ovvero quella generazione che verrà, terminata la presente generazione.

Le promesse che Dio ha fatte e mantenute.

17Il Signore [è] fedele nelle sue parole e santo in tutte le sue opere. Fedele [è] il Signore nelle sue parole. Infatti, non ci ha forse dato tutto quello: che aveva promesso? Fedele il Signore nelle sue parole. Ci sono, è vero, delle cose che ci ha promesse e non ancora date, ma sulla base di quel che ci ha dato ci si fidi di lui! Il Signore [è] fedele nelle sue parole. Anche se avesse soltanto parlato, noi potremmo fidarci di lui; lui però non s’è contentato di parole: ha voluto farci avere in mano anche la sua Scrittura. Ha fatto come quando tu, promettendo qualcosa, dici all’interessato: Se non ti fidi, ecco che te lo metto per iscritto. In realtà, una generazione va e un’altra viene, e, mentre i secoli passano, i mortali si avvicendano andandosene gli uni e succedendone altri. Per questo fu necessario che la Scrittura di Dio rimanesse immutata, quasi documento autografo lasciato da Dio che tutti i viventi sulla terra potessero leggere, ciascuno a suo tempo, e tutti incamminarsi sulla via delle promesse divine. E delle cose scritte in questo autografo quante sono quelle che già ha attuate! Certuni stentano a credergli per quanto riguarda la resurrezione dei morti e il mondo avvenire, che sono le uniche cose che restano a verificarsi. Se si mettesse in causa con gli increduli, come questi increduli non dovrebbero arrossire? Supponi che Dio venga a dirti: Tu hai in mano la mia scritta; io ho promesso il giudizio e la separazione dei buoni dai cattivi e ai fedeli ho promesso un regno eterno, e tu non ci vuoi credere? Lì nella mia scritta autentica, leggi tutta la serie delle mie promesse e insieme con me tira le somme. Non c’è dubbio che, contando le promesse già realizzate, puoi persuaderti che realizzerò anche quanto mi resta da mantenere. In quel documento autografo trovi come io avevo promesso il mio unico Figlio; ebbene, non l’ho risparmiato ma l’ho immolato per tutti voi 45. Metti questo fra le promesse adempiute. Leggi quel documento autografo. Promisi di darvi, tramite il mio Figlio, il pegno dello Spirito Santo 46. Conta questo tra le promesse adempiute. Nello stesso documento promisi la morte e le corone che sarebbero toccate in sorte ai gloriosissimi martiri. Conta questo tra le promesse adempiute. La Massa [candida] ti rammenti come io abbia saldato il mio debito. Ma ancora una parola su questa gloria che è stata conseguita dai martiri. In quel documento autentico era narrata la promessa, là dov’era scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno 47, e c’era narrato anche l’adempimento. Dice: Fremono le genti e i popoli macchinano cose vane; si fanno avanti i re della terra e i principi si collegano insieme contro il Signore e contro il suo Messia 48. Si son dunque collegati insieme i principi e hanno cospirato contro i cristiani. Ebbene? Non avevo forse promesso in quel solito documento la conversione dei loro re, mantenendo poi la promessa nella realtà dei fatti? Osserva un testo riguardante la promessa: Lo adoreranno tutti i re della terra; tutte le genti lo serviranno 49. Ingrato che altro non sei! leggi l’obbligazione, ne controlli la soddisfazione e non credi alla promessa? Leggi un’altra parola sempre in quel mio documento. Fremono le genti, e: I nemici dicono del male contro di me, cioè contro Cristo. Quando morrà e perirà il suo nome? 50 Son, tutte queste, cose che han detto e fatto; ebbene leggi cosa avevo io promesso e come mi ero obbligato a rispettare la promessa. Il Signore prevarrà su di loro e sterminerà tutti gli dèi delle genti della terra; e lo adoreranno ciascuno dal suo paese 51In effetti ha già vinto, ha sterminato tutti gli dèi della terra. Non è questo quello che Dio sta facendo attuando le promesse? Pone sotto gli occhi di tutti il soddisfacimento dei suoi debiti: qualcuno ne ha soddisfatto al tempo dei nostri padri e noi non ne siamo stati testimoni, qualche altro invece ne ha soddisfatto al nostro tempo senza che potessero vederlo i nostri padri; in ogni generazione va adempiendo le promesse contenute in quel suo scritto. E cosa rimane ancora? Non gli si presterà fede nemmeno dopo che ha mantenuto tante promesse? Cosa rimane? Ecco, hai potuto fare i conti. Ha mantenuto un gran numero di promesse capitali, e sarà diventato immeritevole di fiducia per quel che concerne le poche che rimangono? Certo no! Perché? Perché fedele è il Signore nelle sue parole e santo in tutte le sue opere.

Varie specie di cadute.

18. [v 14.] Il Signore dona stabilità a tutti coloro che cadono. Ma chi sono coloro che cadono? Tutti assolutamente siamo gente che cade, ma cadiamo ciascuno in modo diverso. Difatti molti cadono staccandosi da lui, altri invece cadono abbandonando i loro pensieri 52. Avevano cattivi pensieri ma se ne allontanano e così cadono: e il Signore dona stabilità a tutti coloro che cadano. Coloro che pur di rimanere santi, in questo mondo subiscono perdite e sono disprezzati a livello umano; coloro che da ricchi si fanno poveri, da nobili si fanno meschini, e ciononostante si conservano santi dinanzi a Dio: tutti costoro son come gente che cade. C’è però il Signore che dona stabilita a tutti coloro che cadono. Sette volte cade il giusto e si risolleva, mentre gli empi restano sfibrati nel [loro] male 53. Se il male si abbatte sugli empi, questi ne restano affranti; se invece si abbatte sui giusti, il Signore dona stabilità a tutti quelli che cadono. Giobbe era uno di questi ” caduti “: aveva perso la gloria e lo splendore delle cose materiali di cui prima riluceva, sia pur provvisoriamente; era precipitato perdendo la gloria della sua casa. Volete constatare quanto fosse stata grande la sua caduta? Sedeva su di un letamaio! Eppure, caduto così in basso, il Signore gli diede stabilità. Fino a qual punto lo rese stabile? Ricordate come fosse colpito per tutto il corpo da una piaga ributtante. Ridotto in quella condizione, ebbe la forza di rispondere alla moglie che lo tentava (era la sola persona lasciatagli dal demonio come sua collaboratrice!) con le parole: Hai parlato come una donna stolta. Se dalla mano del Signore abbiamo ricevuto i beni, perché non dovremmo sopportarne anche i mali? 54 Che stabilità non ha dato a questo “caduto”! Il Signore dona stabilità a tutti coloro che cadono. Dice: Il giusto, se cadrà, non si lascerà turbare, perché il Signore dona fermezza alla sua mano 55. E solleva tutti i prostrati: tutti quelli che son dalla sua parte. Poiché ai superbi Dio resiste 56.

Preghiera esaudita e non esaudita.

19. [v 15.] Gli occhi di tutti sperano in te e tu dài a loro il cibo a tempo debito. Proprio come chi distribuisce il cibo ai malati, tu lo dài al tempo opportuno, cioè quando il malato lo deve prendere; e dài quel cibo che l’altro deve prendere. Succede quindi che talora lo si desìderi ed egli non lo dia: l’incaricato della cura conosce l’ora in cui lo deve dare. Perché dico queste cose, fratelli? Ecco uno che si presenta a Dio per chiedere cose convenienti e non viene esaudito (se infatti chiedesse cose sconvenienti sarebbe esaudito a suo danno). Chi dunque ricorre a Dio chiedendo cose giuste, se non viene esaudito non deve perdersi d’animo, non deve abbattersi. I suoi occhi aspettino il cibo che egli dà al tempo opportuno. Se non [lo] dà, lo fa perché non diventi dannoso ciò che dà. Non chiedeva infatti una cosa cattiva l’Apostolo quando scongiurava il Signore che gli togliesse lo stimolo della carne, l’angelo di satana da cui era schiaffeggiato. Eppure, per quanto supplicasse, non ottenne [ciò che chiedeva] perché era ancora tempo di esperimentare la propria debolezza e non ancora il momento giusto per ricevere il cibo. Gli disse: Ti basta la mia grazia, poiché la virtù si perfeziona nella debolezza 57. Il diavolo chiese di tentare Giobbe e l’ottenne 58. Riflettete, miei fratelli, su questo grande mistero: un mistero che dovete apprendere, meditare di frequente, tener fisso nell’animo, né mai dimenticarlo, quando soprattutto abbondano le tentazioni di questo mondo. Che dirò dunque? Che si debbano mettere sullo stesso piano un apostolo e il diavolo? Supplica l’Apostolo e non ottiene; chiede il diavolo e ottiene. Ma l’Apostolo, se non ottenne, fu perché crescesse in perfezione; il demonio, se ottenne, fu per sua condanna. In ultimo, al momento opportuno, anche Giobbe ottenne la salute; prima però subì una lunga dilazione [perché fosse provato!] e per lungo tempo giacque coperto di piaghe. Parlò molto, supplicando Dio che lo liberasse dai tormenti, ma Dio non lo liberò. Fu esaudito con maggiore prontezza il diavolo nella sua richiesta di tentarlo che non Giobbe stesso nella sua richiesta di guarigione. Da tutto questo imparate a non brontolare contro Dio, nemmeno nel caso che egli si rifiuti di esaudirvi; e che non succeda che cessino sulle vostre labbra le parole scritte sopra: Ogni giorno ti benedirò 59. Guardate il Figlio Unigenito di Dio. Era, sì, venuto a patire, a pagare debiti da lui non contratti, a morire per mano dei peccatori, a cancellare col suo sangue il documento legale che esigeva la nostra morte. Era venuto per tutto questo; eppure, per mostrarti un esempio di pazienza, prese e trasformò il nostro corpo miserabile rendendolo conforme al suo corpo glorioso 60. E disse: Padre, se è possibile passi da me questo calice 61E per adempiere la parola scritturale: Ogni giorno ti benedirò, sebbene non ottenesse ciò che mostrava di chiedere, disse: Tuttavia non ciò che voglio io ma ciò che vuoi tu, Padre. Gli occhi di tutti sperano in te e tu dài loro il cibo a tempo debito.

20. [v 16.] Apri la tua mano e riempi di benedizione ogni vivente. Sebbene qualche volta ti rifiuti di dare, tuttavia al momento opportuno dài. Rimandi, non neghi, per dare al momento opportuno.

21. [v 17.] Giusto [è] il Signore in tutte le sue vie. Sia che colpisca sia che risani, egli è giusto e presso di lui non c’è ingiustizia. Non per altro tutti i santi, quando vennero a trovarsi nella prova, lodarono la sua giustizia e poi chiesero i suoi doni. Prima dissero: È giusto quello che fai. Così pregò Daniele e così altri santi ancora: Giusti sono i tuoi decreti; a buon diritto soffriamo, meritamente soffriamo 62. Non accusarono Dio d’ingiustizia, né d’iniquità, né di insipienza. Prima, anche sotto i suoi flagelli, lo lodarono e così lo esperimentarono pronto a nutrirli. Giusto [è] il Signore in tutte le sue vie. Nessuno lo ritenga ingiusto, quando avesse a soffrire qualche male; lodi piuttosto la sua giustizia e accusi la propria colpevolezza. Giusto [è] il Signore in tutte le sue vie e santo in tutte le sue opere.

A Dio devi sempre sottometterti.

22. [v 18.] Vicino è il Signore a tutti coloro che lo invocano. Come la mettiamo allora con quell’altro detto: Accadrà che, quando mi invocheranno, io non li esaudirò 63?Bada bene però a come continua: A tutti coloro che lo invocano nella verità. Molti infatti non lo invocano nella verità. Ricorrono a lui, ma cercano altro, non lui. Perché ami Dio? Perché mi ha dato la salute. È ovvio, te l’ha data lui: da nessun altro infatti ci viene la salute, se non da lui. Dice ancora: A me, che non possedevo nulla, ha procurato una moglie ricca e sottomessa. Sì, anche questo te l’ha dato lui, è vero. Continui: Mi ha dato molti figli e tutti buoni; mi ha dato dei familiari, insomma ogni sorta di beni mi ha dato. E per questo lo ami? e, contento di questo, non aspiri ad altro? Sii affamato! continua a picchiare alla porta del padrone di casa. Ha ancora dell’altro da darti. Pur possedendo tutte le cose che dici d’aver ricevuto, sei ancora un mendico, anche se non te ne accorgi. Porti ancora con te quel cencio del tuo corpo mortale né hai ricevuto la stola della gloriosa immortalità; e, ritenendoti quasi sazio, non continui a chiedere? Beati coloro che hanno fame e sete della giustizia perché essi saranno saziati 64Se pertanto Dio è buono perché ti ha dato gli altri beni, quanto non sarai più beato quando ti avrà dato se stesso? Lo hai importunato desiderando da lui tante cose; per favore, desidera anche lui. E non ti credere che le cose richieste siano più dolci di lui o che, anche da lontano, possano essere paragonate a lui. Nella verità invoca dunque Dio colui che a tutte le cose ricevute [da Dio] preferisce Dio stesso, da cui ha ricevuto quel che lo fa godere. In effetti, come sapete, se a gente di tal sorta si propone l’ipotesi: E se Dio volesse toglierti tutte queste cose che formano la tua felicità, cosa faresti? Non lo si amerebbe più; non ci sarebbe alcuno disposto a dire: Il Signore ha dato; il Signore ha tolto; come al Signore è piaciuto così è accaduto. Sia benedetto il nome del Signore 65Ma, probabilmente, cosa direbbe colui che Dio volesse privare [di quanto a lui donato]? O Dio, ma cosa t’ho fatto? perché tante cose hai tolte a me e le hai concesse a quegli altri? Le dài agli iniqui e le togli ai tuoi. Accusi Dio d’ingiustizia e lodi te stesso considerandoti giusto. Cambia registro! accusa te stesso e loda Dio! Sarai nel giusto quando, in mezzo ai beni che [Dio] ti procura, chi ti colma di piacere è lui, e in mezzo ai mali che subisci, Dio non ti è gravoso. Questo è invocare Dio nella verità. Quanti invocano il Signore in questo modo, egli li esaudisce. È vicino, cioè non ti ha ancora dato quel che vorresti, tuttavia ti è presente. È come quando il medico applica all’occhio o ad altre membra un rimedio che brucia. L’ammalato supplica che gli venga rimosso, il medico aspetta del tempo e non fa ciò che il malato gli chiede; tuttavia non s’allontana dal malato. Gli sta vicino e non l’ascolta; anzi non l’ascolta proprio perché vuol essergli vicino. Gli ha applicato il rimedio perché lo vuol curare, e perché lo vuol curare non fa ciò che l’altro vorrebbe. Non ti esaudisce in quella che è la tua volontà del momento, perché vuol esaudirti concedendoti in seguito la [completa] salute, che poi rientra anche questo nel desiderio della tua volontà. Difatti, anche colui che non vuol subire le scottature, vuol certamente acquistare la salute. Quindi il Signore [è] vicino a tutti coloro che lo invocano. Ma chi sono questi tutti? A tutti coloro che lo invocano nella verità. Egli consolida, rialzandoli dalla caduta, tutti coloro che lo invocano nella verità.

23. [v 19.] Farà la volontà di coloro che lo temono. La farà, la farà. Anche se non subito, la farà certamente. Sta’ sicuro! Se temi Dio facendo la sua volontà, ecco, lui da parte sua viene in qualche modo a servirti e fa la tua volontà. Ed esaudirà le loro preghiere e li salverà. Vedi al riguardo come il medico ascolta [i malati] perché abbia a salvarli. E questo quando? Ascolta l’Apostolo. Dice: Nella speranza siamo stati salvati. Ora la speranza [di ciò] che si vede non è speranza; se invece speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con pazienza 66aspettiamo cioè la salvezza che, a detta di Pietro, è pronta per essere manifestata nei tempi della fine 67.

24. [v 20.] Di tutti coloro che lo amano ha cura il Signore; egli disperderà tutti i peccatori. Vedete come in Dio, pur così ricco di dolcezza, ci sia anche la severità. Egli salverà tutti coloro che sperano in lui, tutti i credenti, tutti quelli che lo temono e lo invocano nella verità. E disperderà tutti i peccatori. Chi son questi peccatori, se non tutti coloro che persistono nel peccato, coloro che muovono rimproveri non a se stessi ma a Dio, coloro che ogni giorno han da litigare con Dio, che disperano del perdono dei peccati e, appunto perché disperati, aggiungono delitti a delitti ovvero, ripromettendosi falsamente il perdono, per questa sicurezza non abbandonano il peccato e l’empietà? Verrà giorno in cui tutti costoro saranno divisi e si faranno quei due ben noti gruppi, che saran collocati l’uno a destra e l’altro a sinistra. Allora riceveranno i giusti il regno eterno, mentre gli altri andranno al fuoco eterno 68E disperderà tutti i peccatori.

Conclusione del salmo.

25. [v 21.] Così stanno le cose, e noi ci siamo sentiti descrivere la benedizione del Signore, le opere del Signore, le gesta mirabili del Signore, i tratti della sua misericordia e gli interventi della sua severità. Ci siam sentiti parlare della sua Provvidenza verso tutte le sue opere e la lode che a lui tutte le opere tributano. Ora notate come, sempre a lode di lui, concluda: La mia bocca narrerà la lode del Signore, e che ogni carne benedica il suo santo nome nel secolo e nel secolo del secolo.

SALMO 144 (143)

(Testo CEI2008)

144
Inno di lode a Dio

1 Di Davide.

Benedetto il Signore, mia roccia,
che addestra le mie mani alla guerra,
le mie dita alla battaglia,

2 mio alleato e mia fortezza,
mio rifugio e mio liberatore,
mio scudo in cui confido,
colui che sottomette i popoli al mio giogo.

3 Signore, che cos’è l’uomo perché tu l’abbia a cuore?
Il figlio dell’uomo, perché te ne dia pensiero?

4 L’uomo è come un soffio,
i suoi giorni come ombra che passa.

5 Signore, abbassa il tuo cielo e discendi,
tocca i monti ed essi fumeranno.

6 Lancia folgori e disperdili,
scaglia le tue saette e sconfiggili.

7 Stendi dall’alto la tua mano,
scampami e liberami dalle grandi acque,
dalla mano degli stranieri.

8 La loro bocca dice cose false
e la loro è una destra di menzogna.

9 O Dio, ti canterò un canto nuovo,
inneggerò a te con l’arpa a dieci corde,

10 a te, che dai vittoria ai re,
che scampi Davide, tuo servo, dalla spada iniqua.

11 Scampami e liberami dalla mano degli stranieri:
la loro bocca dice cose false
e la loro è una destra di menzogna.

12 I nostri figli siano come piante,
cresciute bene fin dalla loro giovinezza;
le nostre figlie come colonne d’angolo,
scolpite per adornare un palazzo.

13 I nostri granai siano pieni,
traboccanti di frutti d’ogni specie.
Siano a migliaia le nostre greggi,
a miriadi nelle nostre campagne;

14 siano carichi i nostri buoi.
Nessuna breccia, nessuna fuga,
nessun gemito nelle nostre piazze.

15 Beato il popolo che possiede questi beni:
beato il popolo che ha il Signore come Dio.

SUL SALMO 143

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

DISCORSO AL POPOLO

David figura del Cristo totale.

1. [v 1.] Il titolo di questo salmo è breve per numero di parole ma impegnativo per la quantità di misteri. Per lo stesso David, contro Golia. Andando con la mente alle Scritture, la vostra Carità ricorda come me questo duello avvenuto al tempo dei nostri padri. Gli stranieri erano in guerra col popolo di Dio e durante la guerra uno, Golia, sfidò un altro, David 1. Da quel duello sarebbe dovuto risultare da che parte, secondo la volontà di Dio, stesse la vittoria. Ma perché ricercare chi avrebbe riportato vittoria, se ci è noto chi sia lo sfidante e chi lo sfidato? L’empietà lanciò la sfida alla pietà, la superbia all’umiltà, il diavolo a Cristo. E vi meravigliate che il diavolo sia stato vinto? L’uno era grande per la mole del corpo; l’altro, sebbene piccolo di corporatura, aveva grande la fede. Il santo David si rivestì dell’armatura solita a portarsi in guerra e cominciò ad avanzare contro Golia; tuttavia non riuscì a portare quelle armi essendo giovane d’età e piccolo, come dicevamo, di statura. Essendo per lui non un aiuto ma un peso, buttò via quelle armi e prese dal fiume cinque pietre, che cacciò nella sua borsa da pastore. Armato materialmente di quelle pietre e forte spiritualmente del nome di Dio, mosse all’assalto e vinse. Questo l’operato del David della storia, ma noi dobbiamo indagare i misteri. Avevamo infatti presentato il titolo di questo salmo come breve per numero di parole ma denso per la quantità dei misteri. Ripensate all’espressione dell’Apostolo quando dice: Tutte queste cose accadevano loro con valore di simboli 2Non vi sembrerà più, allora, presuntuosa la nostra ricerca di verità nascoste in un brano dove tutto potrebbe apparire detto in maniera semplice senza alcuna profondità di mistero. Abbiamo in effetti un’autorità che ci rende attenti nel ricercare, vigili nell’investigare, devoti nell’ascoltare, ossequienti nel credere e solleciti nel tradurre in pratica. In David viene simboleggiato Cristo, ma, come siete soliti comprendere quanti avete fatto progressi alla sua scuola, Cristo capo e corpo. Non ascoltate dunque nulla che si riferisca alla persona di Cristo pensando che non interessi voi che di Cristo siete membra. Premesso questo come fondamento, notate come prosegua.

La lotta fra David e Golia: suo simbolismo.

2. Voi sapete come quel primo popolo [eletto] fu gravato di sacramenti visibili e materiali: la circoncisione, quel sacerdozio carico d’incombenze com’era una volta, e il tempio pieno di simboli, quante erano le svariate specie di olocausti e sacrifici. Di tutte queste cose si sbarazzò il nostro David, ritenendole armi capaci non d’aiutare ma solo di opprimere. Se infatti fosse stata data una legge capace di donare la vita, allora veramente la giustizia sarebbe derivata dalla legge 3Quale dunque il motivo della legge? Continua: Ma la Scrittura racchiuse tutte le cose sotto il peccato affinché la promessa venisse data alle genti dalla fede in Gesù Cristo 4.Conseguentemente, l’altro David, cioè Cristo capo e corpo, quando si giunse alla rivelazione del Nuovo Testamento, quando fu l’ora di presentare e inculcare la grazia di Dio, cosa fece? Depose le armi e prese le cinque pietre 5. Depose le armi che, come dicevamo, costituivano un peso; depose cioè i sacramenti della legge, quei sacramenti che non furono imposti ai pagani e che noi non osserviamo. Voi infatti ricordate certamente quante delle cose che leggiamo nell’Antica Legge noi non osserviamo. Rendiamoci conto tuttavia che tali sacramenti furono accordati e predisposti perché avessero un significato: di modo che noi ci guardassimo dal disprezzare la legge di Dio. Giunta infatti a compimento la promessa, noi ci limitiamo a non celebrare i sacramenti che racchiudevano la promessa stessa. Ciò che essi promettevano è venuto. La grazia del Nuovo Testamento, nascosta come da un velo nella legge, è apparsa svelata nel Nuovo Testamento. Abbiamo rimosso il velo e abbiamo scoperto quanto dal velo era celato. Abbiamo scoperto questo mediante la grazia del nostro Signore Gesù Cristo, nostro capo e salvatore, che è stato crocifisso per noi, e quand’egli fu crocifisso si squarciò lo stesso velo del tempio 6. Ma c’è dell’altro. David depose le armi, vale a dire press’a poco i pesi della simbologia dell’antica legge, ma ritenne la sostanza della legge. Difatti le cinque pietre rappresentano i cinque libri di Mosè. Egli quindi prese quelle cinque pietre e le prese dal fiume. Sapete cosa sia il fiume. È il tempo della nostra mortalità, che vola via, come pure è transitorio tutto ciò che viene al mondo. Quelle pietre dunque erano nel fiume cioè in quel popolo antico. Là erano pietre inutili, sprecate: non giovavano a nulla, passavano come passava lo stesso fiume. Cosa fece David affinché la legge diventasse utile? Prese la grazia. Senza la grazia infatti è impossibile osservare la legge, poiché pienezza della legge è la carità 7E qual è la fonte della carità? Vedi se non sia proprio la grazia. Dice: La carità di Dio è effusa nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo, che ci è stato donato 8La grazia dunque ha fatto osservare la legge; per questo la grazia è simboleggiata nel latte. Il latte, in effetti, è nel corpo un qualcosa di gratuito: la madre non si preoccupa di prenderlo ma piuttosto di darlo, e lo dà gratuitamente, e si rattrista se viene a mancare chi lo prende. Dove troviamo allora, in David, la prova che la legge senza la grazia è incapace di produrre opere? Non sarà forse in quel particolare che egli, volendo unire alla grazia quelle cinque pietre che rappresentavano la legge codificata in cinque libri, cacciò le pietre stesse nel recipiente in uso fra i pastori, dove cioè era solito mungere il latte? Armato di tali pietre, cioè della grazia, e quindi non confidando in se stesso ma nel suo Signore, avanzò contro il superbo Golia, che invece si vantava delle proprie risorse e faceva assegnamento su se stesso. Tirò fuori una pietra, la scagliò, percosse il nemico sulla fronte; e il nemico cadde, colpito in quella parte del corpo, dove non portava il segno di Cristo. Osserva anche questo dettaglio: portava cinque pietre, ne scagliò una soltanto. Si leggono cinque libri, ma chi vince è l’unità. Infatti, come ricordavamo poc’anzi, pienezza della legge è la carità, e l’Apostolo dice: Sopportandovi a vicenda nell’amore, preoccupatevi di custodire l’unità dello spirito mediante il vincolo della pace 9Quando l’ebbe colpito e fatto stramazzare a terra, ne prese la spada e con essa gli tagliò la testa. È una cosa che anche il nostro David ha fatto: ha scacciato il diavolo dai suoi. Quando poi a credere sono i notabili del suo seguito, quelli che egli teneva sul palmo della mano e per mezzo dei quali ammazzava le altre anime, ogni qualvolta costoro rivolgono invettive contro il demonio la testa di Golia viene troncata con la sua stessa spada. Per quanto ce lo consentiva la ristrettezza del tempo, abbiamo spiegato il mistero del titolo; vediamo ora il contenuto del salmo.

3. Benedetto il Signore mio Dio, che addestra le mie mani alla battaglia, le mie dita alla guerra. È la nostra voce, se siamo del corpo di Cristo. Benediciamo il Signore nostro Dio che addestra le nostre mani per la battaglia, le nostre dita per la guerra. A prima vista sembrerebbe trattarsi di una ripetizione: ciò che infatti sono le nostre mani per la battaglia sono le nostre dita per la guerra. O c’è una qualche differenza fra mano e dita? È un fatto che ad agire mediante le dita sono le mani; quindi non è assurdo identificare mani e dita. Tuttavia nelle dita notiamo un’azione distinta [d’un dito rispetto all’altro], pur conservando tutti la radice dell’unità. Nota l’affinità con la grazia. Dice l’Apostolo: Dallo Spirito infatti a uno è dato il linguaggio della sapienza; ad un altro il linguaggio della scienza secondo il medesimo Spirito; ad un altro la fede nel medesimo Spirito; ad un altro carismi di guarigioni nell’unico Spirito; ad un altro la diversità delle lingue; ad un altro la profezia; ad un altro il discernimento degli spiriti. Tutte queste cose le compie l’unico e medesimo Spirito, distribuendo a ciascuno in particolare com’egli vuole 10Ad uno questo, a un altro quello: è la diversità delle operazioni. Tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito: è la radice dell’unità. Con tali dita combatte il corpo di Cristo, quando avanza verso la guerra, verso la battaglia.

Mondo sono gli avversari di Cristo.

4. Andremmo facilmente per le lunghe se ci mettessimo ad elencare le varie specie di battaglie e guerre. È più facile farne l’esperienza che non la descrizione. Una guerra è ricordata dall’Apostolo: Non dovete combattere contro la carne e il sangue 11, cioè non contro uomini visibili dai quali, a vostro avviso, subite molestie. Non è contro costoro che dovete combattere, ma contro i principi e le potestà e i reggitori del mondo 12. E perché non intendessi per ” mondo ” il cielo e la terra, spiega le sue parole dicendo: Di queste tenebre. Intendi cioè non di quel mondo che fu creato ad opera di Lui – infatti sta scritto: E il mondo fu fatto per opera di lui 13 -, ma di quel mondo che non lo ha conosciuto. Poiché è anche scritto: E il mondo non lo riconobbe 14. Queste tenebre non son [tenebre] per loro natura ma per loro volontà. Di per se stessa infatti l’anima non è fonte di luce, come canta con umiltà e verità [il salmo]: Tu illuminerai la mia lampada, Signore; mio Dio, illumina le mie tenebre 15E ancora: Presso di te – dice – è la fonte della vita; nella tua luce vedremo la luce 16. Non nella nostra luce, ma nella tua. Analogamente, si parla di lumi anche a proposito dei nostri occhi; tuttavia, se vien meno la luce esteriore, questi occhi, per quanto sani e aperti, rimangono nelle tenebre. Orbene, la nostra guerra è contro i dominatori di queste tenebre, contro cioè quei dominatori degli increduli che sono il diavolo e i suoi angeli. Son essi infatti che maneggiano quella spada con la quale il diavolo combatte contro i credenti. Quando questi increduli passano alla fede, succede quel che successe a Golia prostrato a terra: gli vien tolta la spada e con essa gli viene tagliata la testa 17. Per questo ai convertiti si dice: Un tempo foste tenebre, ora invece siete luce nel Signore 18Un tempo combatteste maneggiati da Golia; ora, passati in mano a Cristo, troncate la testa a Golia.

La lotta interiore.

5. Questa è una battaglia; un’altra è quella che ciascuno ha da sostenere con se stesso. Di questo tipo di guerra si leggeva or ora nella lettera dell’Apostolo: La carne ha brame contrarie a quelle dello spirito e lo spirito brame contrarie a quelle della carne, per cui non fate le cose che vorreste 19. Anche questa è una guerra grave e, per essere interiore, è più molesta. In questa guerra, chi è vincitore sconfigge con ciò stesso i nemici invisibili. Difatti il diavolo e i suoi angeli non tentano se non approfittando del dominio che su te esercita ciò che è carnale; e noi come facciamo a vincere dei nemici che sono visibili solo in quanto interiormente avvertiamo in noi dei moti carnali? È con questi [nemici] che lottiamo; son loro [i nemici] che battiamo. L’avarizia ci domina facendo leva sull’attaccamento al denaro. A quest’avarizia che in te fa da padrona il diavolo dall’esterno propone un guadagno fraudolento. È cosa ordinaria, del resto, che grossi guadagni non si realizzano se non frodando. Ecco dunque [il diavolo] dal di fuori venire a te e far delle proposte alla tua avarizia: avarizia che tu nel tuo interno non hai vinta né domata né assoggettata a te. A te, che sei come un combattente a lui assoldato, il demonio, organizzatore di gare perverse, propone la truffa e il guadagno, l’opera e il premio. Fa’ così e prenditi [tutto]! Se al contrario tu sei padrone della tua avidità di possesso, se questa non la fa da padrona nel tuo cuore, la avverti e la superi. È vero infatti che non ti è dato scorgere né il diavolo né le sue insidie, ma se sarai padrone della tua avarizia, subito avverti che dietro c’è l’altro a proporti e l’azione [cattiva] e il premio. Cosa ti propone il diavolo? La frode e il guadagno. Cosa ti propone Cristo? L’onestà e la corona. ” Fa’ [questo e questo] e prenditi [il compenso] “, ti dicono tutt’e due. Se tu sei, nel tuo intimo, un buon combattente, se non sei uno che è stato vinto dall’avarizia ma ha vinto l’avarizia, dai retta all’uno e sconfiggi l’altro. Sapendoli ben distinguere, dici: Da questa parte vedo l’azione [che ho da compiere] e la sua ricompensa; dall’altra vedo (come dire?) l’esca e l’amo. Non c’è infatti cosa che tu dica dentro te stesso che sfugga alla tua responsabilità. Sei un essere diviso contro te stesso, a causa del peccato. Porti una natura inficiata dalla concupiscenza e innestata con la morte. Hai in te stesso di che combattere, hai in te il nemico da debellare. Ma hai anche chi invocare, hai chi ti aiuterà nel combattimento, e ti coronerà dopo la vittoria. È colui che, quando non esistevi, ti ha chiamato all’esistenza.

Vincerai la carne se ti sottometterai a Dio.

6. Chiedi: Come vincerò? Eccotelo. L’Apostolo ti presenta una battaglia difficilissima, mostrandoti anche quanto sia faticoso o addirittura impossibile (s e non comprendo male) riuscirne vincitori. Dice: La carne ha brame contrarie a quelle dello spirito e lo spirito brame contrarie a quelle della carne, per cui non fate quel che vorreste 20.Come mi comandi di vincere se lui può affermare: Voi non fate quel che vorreste? Mi chiedi come? Ricordati della grazia contenuta nel vaso pastorale, riponi la pietra scelta nel letto del fiume nel recipiente del latte. Sì! questo ti dico io, anzi te lo dice la stessa verità. È verissimo che tu non fai quel che vorresti per la lotta che la tua carne muove contro il tuo spirito. Se in tale battaglia presumessi di te, ti si dovrebbe avvisare, affinché non vadano in fumo le parole che hai ascoltate: Esultate in Dio nostro aiuto 21Difatti, se tu da solo fossi in grado di adempiere tutta [la legge], non avresti bisogno del soccorritore, come viceversa, se tu con la tua volontà non prestassi alcun contributo, chi ti dà la riuscita non dovrebbe chiamarsi soccorritore, in quanto soccorritore è colui che aiuta chi già fa qualcosa. Osserva ancora le parole:La carne ha brame contrarie a quelle dello spirito e lo spirito brame contrarie a quelle della carne, sicché voi non fate quel che vorreste. Dopo averti costretto a guardarti in faccia, facendoti toccare con mano come da solo tu fallisci [la riuscita], immediatamente ti invia al soccorritore. Se invece siete condotti dallo Spirito, non siete più sotto la legge 22Chi è sotto la legge non adempie la legge ma ne è schiacciato, come David quando aveva indosso le armi. Se poi chi ti conduce è lo Spirito, osserva anche chi ti dà l’aiuto affinché possa adempiere ciò che ti proponi. Tuo soccorritore, tuo sostegno, tua speranza è colui che addestra le tue mani alla guerra, le tue dita alla battaglia. Dice: Sono manifeste le opere della carne, e queste sono le fornicazioni, le impurità, l’idolatria, la lussuria, la magia, le contese, le inimicizie, le ubriachezze, le gozzoviglie e cose simili, riguardo alle quali vi predico, come già vi ho predetto che chi compie di tali cose non possederà il regno di Dio 23Non coloro che lottano contro tali tendenze, quindi, ma coloro che ne eseguono le opere. Un conto è infatti lottare, un altro conto è vincere e un altro conto ancora è trovarsi in pace e nella quiete. Statemi attenti mentre vi illustrerò la cosa con qualche esempio. Ti si fa balenare l’idea d’un guadagno e quest’idea ti piace. Include la frode, è vero, ma il guadagno è veramente notevole. Nonostante l’attrattiva, tu non consenti. Osserva che battaglia: continuano le suggestioni, le pressioni e tu ti soffermi a deliberare. Ovviamente chi lotta è sempre in pericolo. Abbiamo visto la lotta, vediamo il resto. Uno s’è messo sotto i piedi la giustizia, pur di commettere la frode: è stato vinto. Un altro ha calpestato il guadagno per mantenersi fedele alla giustizia: è stato vincitore. Tre casi: io mi rattristo per colui che è stato vinto, temo per chi è ancora nella lotta, mi rallegro col vincitore. Consideriamo poi un istante questo vincitore. Forse che ha ottenuto su di sé un successo così assoluto che il denaro non lo lusinghi affatto o non susciti in lui alcun’attrattiva? Sarà un’attrattiva facile a superarsi, a disprezzarsi, un moto a cui non si consente, non solo, ma col quale non ci si degna di scendere in combattimento; tuttavia c’è sempre in fondo all’animo un certo qual pizzicorino di piacere. Tale sollecitazione (e, con essa, il nemico) non muove guerra né regna, tuttavia c’è e rimane nella carne mortale un qualcosa che [nell’eternità] non ci sarà più. Tutto intero il nostro essere, infatti, sarà inglobato nella vittoria, ma più tardi; adesso il corpo è morto a causa del peccato 24e quindi al corpo è inerente il peccato, sebbene più non vi regni. Viceversa lo spirito è vita per la giustizia. Ora se colui che ha risuscitato Cristo dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà vita anche ai vostri corpi mortali, in forza del suo Spirito che abita in voi 25.Allora non ci sarà cosa alcuna che muova guerra o faccia solletico: tutto si acquieterà in [perfetta] pace. La nostra guerra infatti non è di una natura che si mette in contrasto con un’altra, ma è come quando in casa litigano marito e moglie. Se stanno in discordia, è un problemaccio molesto e pericoloso: se il marito è sopraffatto e la moglie predomina, è una pace sballata; se invece il marito detta legge e la moglie è sottomessa, è una pace ordinata; comunque non si tratta d’un essere estraneo o d’una natura diversa, in quanto la donna è stata tratta dall’uomo. La tua carne [è] la tua sposa o magari la tua serva. In qualunque modo la consideri, occorre sempre che la tenga sottomessa e, se la combatti, combattila per trarne vantaggio. E il vantaggio si ha quando l’inferiore è soggetto al superiore, ma occorre che colui che esige sudditanza da chi gli è inferiore a sua volta si assoggetti a chi gli è superiore. Riconosci [qual sia] il retto ordine, cerca la pace. Sta’ tu soggetto a Dio e la carne sia soggetta a te. Cosa c’è di più giusto, di più bello? Tu soggetto al più grande di te, l’inferiore soggetto a te. Tu servi al tuo Creatore, affinché ciò che è stato creato per te sia al tuo servizio. Non è infatti come segue l’ordine che riconosciamo e inculchiamo, cioè la carne soggetta a te e tu a Dio, ma: Tu soggetto a Dio e la carne a te. Se infatti tu non t’adoperi per essere soggetto a Dio, mai ti riuscirà di sottomettere a te la carne. Se non vuoi obbedire al padrone, sarai maltrattato dal servo. E potrai forse pronunciare le parole: Benedetto il Signore mio Dio, ché addestra le mie mani alla battaglia, le mie dita alla guerra, se non sarai stato tu il primo a sottometterti a Dio, ottenendo così che la carne si sottomettesse a te? Vuoi combattere senza una [conveniente] istruzione: sarai sconfitto e condannato. Pertanto, assoggettati prima tu a Dio; successivamente, da lui istruito ed aiutato, buttati nella mischia e di’: Egli addestra le mia mani alla battaglia, le mie dita alla guerra.

Perdonare le offese e dare al bisognoso.

7. [v 2.] Sei dunque in guerra; e siccome finché dura la guerra sei in pericolo, trovandoti appunto nel pericolo e nel cimento, di’ quanto segue: Mia misericordia. Non sarò vinto. Ma che vuol dire questo Mia misericordia? Che tu mi usi misericordia e sei misericordioso con me, ovvero che tu mi hai perdonato affinché io, a mia volta, sia misericordioso? Non c’è infatti modo più facile per vincere il nemico che l’essere misericordiosi. Ecco il nemico ordire calunnie da obiettarci nel giudizio, ma non può ordirne di false perché il giudice non è tale da accettarle. Se la nostra causa si svolgesse di fronte a un giudice uomo, il nemico potrebbe ingannarlo con menzogne e rovesciare su di noi le sue false accuse. Siccome però la nostra causa si svolge dinanzi a un giudice infallibile, il nemico fa di tutto per allettarci a commettere il peccato, in modo d’avere qualche colpa reale da presentare contro di noi. Se quindi la nostra fragilità qualche volta cede di fronte ai suoi artifizi, passiamo subito alla confessione, che è un atto di umiltà, ed esercitiamoci nelle opere della misericordia e della pietà. Ogni colpa viene cancellata se con cuore sincero e piena fiducia diciamo a colui che ci vede: Rimetti a noi come anche noi rimettiamo 26Dillo con tutto il cuore, dillo con fiducia illimitata, dillo senza titubazioni: Rimetti a noi come anche noi rimettiamo.Ovvero, se noi non rimettiamo, non rimettere nemmeno tu! Che se anche non pronunzi queste parole né gli dici di non rimettere poiché tu non rimetti, lui certamente, se noi non rimettiamo, non rimette. Non sarà mai infatti che lui sia fallace nel promettere, sicché tu, peccatore, rimanga impunito. Ti dice: Vuoi che io ti perdoni? Perdona. Ma c’è un’altra opera di misericordia. Vuoi ricevere i miei doni? Dona. Nel Vangelo [i due precetti] stanno insieme: Rimettete e sarà rimesso a voi; date e sarà dato a voi 27. Dice: Io ho un credito con te, e tu hai un credito con un’altra persona. Condonale e io condono a te. Tu vieni a chiedermi qualcosa, ma c’è quell’altro che chiede qualcosa a te. Dà a lui e io darò a te. Ma chi è che rimette? chi è che dona? Non forse la carità? E donde procede la carità se non dallo Spirito Santo che ci è stato dato 28? In conclusione, la vittoria sul nostro nemico è frutto delle opere di misericordia, che noi mai potremmo compiere se non avessimo in noi la carità. Quanto poi alla carità, noi non l’avremmo se non ci fosse stata donata ad opera dello Spirito Santo. È quindi lo Spirito colui che addestra le nostre mani alla battaglia, le nostre dita alla guerra; e pertanto è a lui che diciamo: Mia misericordia. Anche perché è da lui che riceviamo la facoltà di essere misericordiosi. Difatti il giudizio sarà senza misericordia per colui che non avrà usato misericordia 29.

La misura nel perdonare e nel dare.

8. Ritenete forse cose da poco le opere della misericordia? Voglio dirvi qualcosa al riguardo. E, prima di tutto, riflettete bene alla massima scritturale che vi citavo or ora:Il giudizio sarà senza misericordia per colui che non avrà usato misericordia 30Sarà giudicato senza misericordia colui che prima del giudizio non avrà usato misericordia. E poi? cosa aggiunge? La misericordia invece ha la meglio sul giudizio. Che significa, fratelli, questo prevalere della misericordia sul giudizio? Che la misericordia sta al di sopra del giudizio. Supponete uno in cui si sia trovata un’opera di misericordia: anche se avesse delle colpe per cui nel giudizio meritava il castigo, il fuoco del peccato viene spento dall’acqua – diciamo così – della misericordia. Difatti la misericordia ha la meglio sul giudizio. Ma allora? Se Dio va incontro a gente siffatta, se la libera e le rimette i peccati, non sarà per caso ingiusto? Certo no. Anche allora è giusto: la misericordia non lo priva della giustizia, come la giustizia non lo priva della misericordia. Guarda se non sia giusto. Dice: Perdona e io ti perdono; dà agli altri e io do a te. Vedi se non sia giusto: Nella misura con cui avrete misurato sarà rimisurato a voi 31In questo senso ti dice: Nella stessa misura. Non si tratta di una misura soltanto della stessa specie ma dell’identica misura relativamente a questo: Perdona e io perdono. Presso di te c’è una misura secondo cui concedi il perdono; presso di me troverai la misura secondo cui riceverlo. Presso di te c’è la misura secondo cui elargire quel che hai; presso di me troverai la misura secondo cui ricevere quel che non hai.

Evitare il male e fare il bene.

9. Mia misericordia e mio rifugio, mio difensore e mio liberatore. Stenta molto questo combattente che si propone di domare la carne e le sue brame contrarie allo spirito. Seguita a frenare ciò che stai frenando. Ciò che vuoi conseguire l’avrai in pienezza quando la morte sarà stata inghiottita nella vittoria 32, quando questo corpo mortale, risuscitato, sarà trasformato nella condizione angelica e volerà verso il conseguimento delle doti dell’uomo celeste. Dice: I morti in Cristo risorgeranno per primi; successivamente anche noi, i viventi, i superstiti, nella venuta del Signore saremo rapiti insieme con loro sulle nubi incontro a Cristo nell’aria, e così saremo sempre col Signore 33. Allora la morte sarà inghiottita nella vittoria; allora si dirà: Dov’è, o morte, la tua resistenza? dov’è, o morte, il tuo pungiglione? 34 Nulla infatti resterà, né nell’anima né nel corpo, che insorga contro l’amore di Dio. Vittoria piena, pace completa. Nei suoi confronti si dice a noi immersi nel combattimento:Venite, figli, ascoltatemi; vi insegnerò il timore del Signore 35. Siete in battaglia, vi affannate nella lotta, avendo in cuore il desiderio della pace. Chi è l’uomo che vuole la vita e ama vedere giorni buoni? 36 Chi non risponderebbe: Io? La vita infatti e i giorni felici li otterremo là dove nessuna brama disordinata insorgerà contro lo spirito, là dove non ci si dirà più: Combatti, ma: Godi. Chi però desidera [fattivamente] questi giorni? Ciascuno, è naturale, risponde: Io. Ebbene ascolta il seguito [del sacro testo]. Mi sono accorto che sei fra gli stenti, nel pieno della lotta e soggetto al pericolo. Ascolta il seguito: ti addestra le mani per la battaglia, le dita per la guerra.Raffrena la tua lingua dal male, e le tue labbra non dicano inganni; allontànati dal male e fa’ il bene 37Come infatti potrai compiere il bene se non rinuncerai al male? Come potrei suggerirti di vestire [l’ignudo] se sei ancora uno che spoglia [chi ha beni]? Come potrei chiederti di donare [agli altri] se ancora commetti rapine? Allontànati dal male e fa’ il bene. Prima fa’ sì che il povero non abbia a piangere oppresso da te, successivamente potrà godere per l’opera tua. Allontànati dal male e fa’ il bene. In vista di quale ricompensa? Adesso infatti sei nella lotta. Cerca la pace e poniti al suo seguito. Impara! Di’: Mia misericordia e mio rifugio; mia difesa e mio liberatore; mio protettore. Mia difesa perché non cada; mio liberatore, perché non mi attacchi [alla terra]; mio protettore, perché non sia ferito. Mio protettore e in lui ho sperato. In tutte le varie vicende della mia vita, in ogni mia angustia, in ogni mia battaglia, in ogni mia difficoltà io ho sperato in lui. Egli assoggetta a me il mio popolo. Ecco il nostro Capo che parla con noi.

Dio ha grande stima dell’uomo.

10. [v 3.] Signore, che cosa è l’uomo perché ti sia fatto a lui conoscere? Tutto quello che è, lo è perché tu ti sei a lui fatto conoscere. Che cosa è l’uomo perché ti sia fatto a lui conoscere, o il figlio dell’uomo perché tu ne tenga conto? Lo stimi, lo valuti e lo calcoli tanto e tanto; lo collochi in un certo qual ordine e ben conosci le cose al di sotto o al di sopra delle quali lo collochi. La stima infatti altro non è se non il calcolo del prezzo di qualsiasi cosa. Ebbene, quale stima non ha avuto Dio dell’uomo se per lui ha disposto che versasse il sangue il suo Unigenito? Che cosa è l’uomo perché ti sia fatto a lui conoscere? Chi è colui al quale ti sei manifestato, e chi tu che ti manifesti? Cos’è il figlio dell’uomo perché tu ne tenga conto? Lo consideri veramente molto, molto lo stimi, e ci lasci comprendere che esso è qualcosa di veramente prezioso. Nello stimare l’uomo Dio non fa come fa l’uomo quando stima un altro uomo. Quando, ad esempio, si trova esposto alla vendita uno schiavo, l’uomo sborsa più denaro per un cavallo che per un uomo. Osserva bene invece quanto ti abbia stimato Dio, per cui gli possa dire: Se Dio è a nostro favore, chi sarà contro di noi? In effetti quanto, non ti ha creduto prezioso se non ha risparmiato il suo proprio Figlio ma lo ha consegnato [alla morte] per tutti noi? Come non ci ha donato insieme con lui anche tutte le cose? 38 E se durante la battaglia ti ha rifocillato con questo alimento, cosa non ti serberà per quando avrai conseguito la vittoria? Dice: Io sono il pane vivo che discesi dal cielo 39Questo è il vitto dei combattenti, preso dalle dispense del padrone di casa, a cui attingono gli angeli, come sta scritto: L’uomo ha mangiato il pane degli angeli 40. Una volta poi cessati i combattimenti, quando non ci verranno più distribuite le razioni di vitto, cosa ti tiene da parte? cosa darà Dio ai vincitori se non quel che è descritto in quell’altro salmo a voi noto? Dice: Una sola cosa ho chiesto al Signore, questa ricercherò: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la felicità del Signore ed essere protetto quale suo tempio 41. Che cosa è l’uomo perché ti sia fatto a lui conoscere? o il figlio dell’uomo perché tu ne tenga conto?

Agire bene nonostante l’oscurità della vita presente.

11. [v 4.] L’uomo somiglia alla vanità; eppure tu ti fai conoscere a lui e tieni conto di lui. L’uomo somiglia alla vanità. Quale vanità? Quella del tempo col suo continuo dileguarsi e fluire. Si chiama vanità, quella del tempo, in confronto con la verità, che è perfettamente stabile e mai vien meno. Anche la creatura del mondo presente infatti è adeguata al suo ambiente, in quanto Dio ha riempito la terra con i suoi beni 42Così sta scritto; e che significa: Suoi? Corrispondenti a sé. Però tutti gli esseri terreni sono un soffio, tanto fuggono veloci, se li si paragona a quella Verità della quale fu detto: Io sono colui che sono 43Ora tutto ciò che passa lo chiamiamo vanità: svanisce infatti nel tempo come il fumo nell’aria. E cosa potrei qui aggiungere se non quanto diceva l’apostolo Giacomo per inculcare l’umiltà a certi uomini superbi? Ecco le sue parole: Che cos’è infatti la vostra vita? È un fumo che per poco appare e poi si dilegua 44È quindi comprovato che l’uomo somiglia alla vanità. Le somiglia da quando commise il peccato. Quando infatti fu creato somigliava alla verità, ma dopo il peccato, avendo ricevuto la pena che meritava, divenne simile alla vanità. Si dice in un altro salmo: Tu trattasti severamente l’uomo per la [sua] iniquità, e facesti consumare come un ragno la sua anima 45Lo stesso qui: L’uomo somiglia alla vanità. E poi in quel salmo cosa si diceva? Ecco, hai fatto vecchi i miei giorni 46e nel nostro salmo cosa si dice? I suoi giorni passano come ombra.Durante i suoi giorni ombratili sia l’uomo premuroso e compia opere degne della luce a cui aspira. Se è nell’ombra della notte, desideri il giorno. Per l’uomo cosciente poi il giorno della presente vanità è giorno di tribolazione. Sarà o un incomodo o una molestia che vengono a infastidirci, o sarà, magari, un successo col quale il mondo viene a lusingarci: son sempre cose da temersi e di cui gemere, in quanto rendono la vita dell’uomo sulla terra una [continua] tentazione 47. Per questo è detto: Tutto il giorno camminavo rattristato 48. Abbiamo bisogno di conforto e, in effetti, tutte le cose che Dio ci manda quaggiù (dico delle prosperità) non sono godimenti per gente ormai beata ma consolazioni per chi si trova in miseria. Voglio dire pertanto: l’uomo che si trova a vivere i giorni della sua oscurità quali sono i giorni presenti, faccia qualcosa che sia degno della luce che desidera. Durante la [sua] notte cerchi Dio come sta scritto: Nel giorno della mia tribolazione ho cercato Dio con le mie mani di notte dinanzi a lui, e non sono stato deluso 49Qual è il giorno che chiama “della tribolazione” se non quello che chiama anche “notte”? Con le mie mani di notte dinanzi a lui. Siamo ancora nella notte e vegliamo al tenue lume della profezia. Ci è stato promesso, sì, qualcosa di cui siamo in attesa, ma cosa dice l’apostolo Pietro?Abbiamo, molto certa, la parola profetica, alla quale voi fate bene ad attenervi, come a lucerna che splende in luogo oscuro finché non rifulga il giorno e la stella del mattino non si levi nei vostri cuori 50Giunti lassù, lo stesso giorno sarà il nostro premio. Al mattino esaudirai la mia voce, al mattino mi presenterò a te e contemplerò 51Suvvia dunque! sebbene tu sia nella notte, lavora con le tue mani; cioè muovi alla ricerca di Dio con opere buone, prima che giunga il giorno che ti deve colmare di gioia, affinché non succeda che, quando arriverà, ti riempia di tristezza. Osserva quanto debba sentirti sicuro nel tuo agire: non ti abbandonerà certamente colui che tu cerchi. Dice: Ho cercato Dio con le mie mani di notte dinanzi a lui 52Dice: Dinanzi a lui perché a ripagarti sarà il Padre tuo che vede nelsegreto 53Possiedi dentro di te la misericordia e la carità e non compiere nulla con la smania, diciamo così, di piacere alla gente. Con le mie mani, cioè con le mie opere, nell’ombra, cioè nella vita presente, là dove lui vede, non dove m’attirerebbe la voglia di piacere agli uomini. E come continua? E non sono stato deluso. L’uomo somiglia alla vanità, i suoi giorni passano come ombra, e, nonostante questo, tu ti riveli a lui e ne hai stima.

Effetti sorprendenti del ministero apostolico.

12. [vv 5-7.] Signore, abbassa i tuoi cieli e discendi; tocca i monti e fumeranno. Fa’ lampeggiare le tue folgori e disperdili; scocca le tue saette e gettali nello spavento. Stendi la tua mano dall’alto e salvami e liberami dalle grandi acque. Il corpo di Cristo, David nella sua umiltà, pieno di grazia e fidente in Dio, invoca l’aiuto divino mentre combatte in questo mondo: Abbassa i tuoi cieli e discendi. Chi sono questi cieli abbassati? Gli Apostoli nella loro umiliazione. Essi infatti sono i cieli che narrano la gloria di Dio 54e di questi cieli, narratori della gloria di Dio, subito appresso è detto: Non sono discorsi e non sono parole di cui non si oda il suono; in tutta la terra è uscito il loro suono e sino ai confini dell’universo le loro parole 55. Ci fu dunque un tempo in cui questi cieli spandevano la loro voce per tutte le regioni della terra e compivano strepitosi miracoli. Era Dio che in loro e per loro scoccava fulmini e tuonava, per mezzo di miracoli e di precetti, al segno che gli stessi Apostoli furono presi per delle divinità scese dal cielo. Si riferisce infatti che certi pagani, convinti di questo, vollero un giorno offrir loro un sacrifizio. Appena però essi se ne avvidero, sapendo come un simile omaggio fosse indebito nei loro confronti, rimasero esterrefatti e disapprovarono l’iniziativa. Volendo poi distogliere dall’errore quella gente, per manifestare meglio i sentimenti del loro animo, si strapparono le vesti dicendo: Cosa mai state facendo? Anche noi siamo uomini mortali come voi 56Dopo queste parole cominciarono a descrivere la grandezza incomparabile del nostro Signore Gesù Cristo: umiliavano se stessi per glorificare Dio, perché s’erano abbassati i cieli affinché vi scendesse Dio. Ebbene, abbassa i tuoi cieli e discendi. È già accaduto. Tocca i monti e fumeranno. Intendiamo per ” monti ” gli uomini superbi, i dignitari di questa terra, le eccellenze gonfie di sé. Dice: Tocca questi monti, toccali. Dà a questi monti un tantino della tua grazia e fumeranno, cioè confesseranno i loro peccati. Questo fumo, poi, di coloro che confessano i peccati strapperà anche le lagrime ai superbi divenuti umili. Tocca i monti e fumeranno. Finché non li tocchi si crederanno grandi, ma poi diranno anch’essi: Tu [solo] sei grande, o Signore 57Anche i monti diranno: Tu solo l’Altissimo su tutta la terra 58.

13. Ci son tuttavia dei ribelli che cospirano e di comune intesa complottano contro il Signore e contro il suo Consacrato 59Complottano, cospirano. Fa’ lampeggiare le tue folgori e disperdili. Moltiplica i tuoi miracoli e si dissolverà il loro complottare. Fa’ lampeggiare le tue folgori e disperdili. Spaventati dai miracoli, non oseranno muovere contro di te e, presi dal timore, si troveranno imbarazzati sul fatto stesso dei miracoli. ” Chi è mai costui che compie opere così straordinarie? chi è costui che tanto s’innalza [nella gloria] e il cui nome ha tanto potere? ” Il solo dire: Chi è costui? è un indizio che crederanno. Li folgorasti con i miracoli e dissolvesti la loro perversa solidarietà. Scocca le tue saette e gettali nello spavento. Le saette del Potente [sono] acuminate 60: i tuoi precetti, le tue parole feriscano il loro cuore. Scocca le tue saette e gettali nello spavento. Siano feriti questi sani di falsa salute, affinché, debitamente feriti, acquistino la vera salute. Entrati nella Chiesa e inseriti nel corpo di Cristo, dicano in coro con la Chiesa: Io sono ferita di amore 61Scocca le tue saette e gettali nello spavento.

Dio ci mette alla prova servendosi degli increduli.

14Stendi la tua mano dall’alto. Cosa accadrà in seguito? cosa alla fine? Come vincerà il corpo di Cristo? Con l’aiuto celeste. Verrà infatti lo stesso Signore nella voce dell’arcangelo e scenderà dal cielo con la tromba di Dio 62. Verrà lo stesso Salvatore, lui che è la mano di Dio. Stendi la tua mano dall’alto e salvami e liberami dalle grandi acque. Che significa: Dalle grandi acque? Dalla moltitudine dei popoli. Quali? Gli estranei, gli increduli, tanto quelli che mi assaltano dal di fuori quanto quelli che mi insidiano dal di dentro. Liberami dalle grandi acque, in mezzo alle quali mi mettevi alla prova e mi agitavi per spogliarmi di ogni abito insudiciato. Questa è anche la ben nota acqua della contraddizione 63Salvami e liberami dalle grandi acque.

15. [vv 7.8.] Ascoltiamo ancora qualcosa a proposito di queste acque copiose dalle quali Dio libererà il corpo del suo Cristo, dalle quali libererà l’umile David. Che significa: Dalle grandi acque? Cos’è che hai inteso dire, affinché non interpretiamo in maniera arbitraria? Cosa hai chiamato ” acque grandi “? Ascolta cosa ho voluto dire.Dalla mano di figli stranieri. Ascoltate, fratelli, qual sia la gente fra cui viviamo e da cui desideriamo essere liberati. La cui bocca ha proferito vanità. Voi tutti quest’oggi, se non foste convenuti a questo divino spettacolo, dove vi è presentata la parola di Dio, ma vi foste mescolati agli altri e vi trovaste fra loro in questo momento, quante stupidità non udreste! La loro bocca proferisce vanità. E ancora: proferendo essi a gran voce la loro vanità, come avrebbero potuto ascoltare il vostro annunzio di verità?La loro bocca proferisce vanità e la loro destra è una destra di iniquità.

16. [v 9.] Con che sugo ti mescoli a loro tu che hai con te il recipiente solito usarsi dai pastori dentro il quale sono le cinque pietre? Dimmelo sotto altra forma. Spiegami in altra maniera come siamo sempre nell’ambito della stessa legge, prima raffigurata nelle cinque pietre. O Dio, ti canterò un cantico nuovo. Il cantico nuovo è l’inno alla grazia; il cantico nuovo è il canto dell’uomo nuovo, del Testamento Nuovo. Dice: Ti canterò un cantico nuovo. Non immaginare però che la grazia provenga dalla legge, mentre in realtà è in virtù della grazia che si è in grado di adempiere la legge. Per questo dice: Nel salterio a dieci corde salmeggerò a te. Nel salterio a dieci corde, cioè nella legge compendiata nei dieci comandamenti. Lì io salmeggerò a te, lì godrò in te, lì voglio cantarti il cantico nuovo, poiché pienezza della legge è la carità 64. Quanti, viceversa, non hanno la carità possono avere in mano il salterio ma non vi cantano nulla. Dice pertanto [il salmista]: In mezzo alle acque della contraddizione io canterò a te il cantico nuovo, né le acque della contraddizione, per quanto strepito faranno, riusciranno mai a ridurre al silenzio il mio salterio. Nel salterio a dieci corde salmeggerò a te.

La duplice spada, benigna e maligna.

17. [v 10.] Egli dà la salute ai re, quando ormai fumano i monti. Egli redime David suo servo. Riconoscete [questo] David; siate voi stessi David! Da che cosa redime Dio il suo servo David?, da che cosa redime Cristo, da che cosa redime il corpo di Cristo? Liberami dalla spada maligna. Non gli basta [dire]: Dalla spada, ma aggiunge:Maligna. C’è infatti, senza dubbio, anche una spada benigna. E qual è? Quella di cui dice il Signore: Non son venuto sulla terra a mettere la pace ma [a portare] la spada 65. Avrebbe infatti separato i credenti dagli increduli, i figli dai genitori, troncando tutti gli altri legami di parentela con quella spada che resecava il marcio e sanava le membra di Cristo. C’è dunque una spada benigna: è la spada a due tagli carica di potenza nell’un verso e nell’altro, la spada del Vecchio e del Nuovo Testamento, efficace con i racconti delle gesta passate e le promesse dei beni futuri. Ecco la spada benigna. Ma c’è anche una spada maligna: è quella di cui si servono quanti predicano la vanità, come viceversa è benigna la spada con cui Dio annunzia la verità. Ebbene, liberami dalla spada maligna. In effetti, i figli degli uomini, i loro denti sono armi e frecce e la loro lingua spada acuminata 66. Da questa spada maligna liberami. Ciò che ora chiama “spada” poc’anzi lo chiamava “grandi acque”. Diceva: Liberami dalle grandi acque 67. E anch’io ciò che prima chiamavo “grandi acque” chiamo ora ” spada maligna “. Parlando poi delle grandi acque proseguiva:Dalla mano dei figli stranieri la cui bocca ha proferito vanità. E affinché tu ti persuada che parlava proprio di loro, anche qui, dopo aver detto: Liberami dalla spada maligna, proseguendo aggiunge: Salvami dai figli stranieri, la cui bocca ha proferito vanità. Esattamente come nel testo antecedente. Quanto alle parole successive: La loro destra [è] destra di iniquità, il loro equivalente era stato posto anche sopra quando quelle persone le aveva chiamate ” grandi acque “. E affinché tu non le consideri acque buone, le specifica denominandole ” spada maligna “. Ci spieghi dunque ora cosa intenda dire con le parole: La cui bocca ha proferito vanità e la loro destra [è]destra di iniquità. Qual è la vanità proferita dalla loro bocca? e in che senso la loro destra [è] destra di iniquità?

Valutare saggiamente i beni presenti e quelli futuri.

18. [vv 12-14.] I loro figli [sono] come piante novelle rigogliose nella loro giovinezza. Vuol descriverci la loro felicità. Voi, figli della luce e della pace, state bene attenti. Prestate attenzione voi, figli della Chiesa e membra di Cristo, e osservate chi siano coloro che chiama stranieri e figli di stranieri, chi siano coloro che chiama acque della contraddizione e spada maligna. Statemi attenti, vi prego, poiché è in mezzo a loro che vivete continuamente esposti al pericolo. Le loro lingue vi scrutano nel combattimento che sostenete con i vostri desideri carnali: esposti alle [insidie delle] loro lingue manovrate dal diavolo, che si serve di esse per combattervi, voi sostenete la lotta non contro la carne e il sangue ma contro i principi e le potestà e i reggitori del mondo di queste tenebre 68cioè degli iniqui. State attenti e separatevi [da loro]. State attenti per non cacciarvi in testa che la vera felicità sia quella che si ripromettono gli uomini o deboli o perversi. Osservate, fratelli! È cosa certa che li ha chiamati ” figli stranieri “, come li ha chiamati anche ” grandi acque ” e ” spada maligna “. Notate com’essi parlino vanamente, e badate a non parlare anche voi allo stesso modo: badate a non imitarli in quel che dicono. La loro bocca proferisce vanità e la loro destra [è] destra di iniquità. Qual è la vanità che ha proferito la loro bocca, e in che senso la loro destra è destra iniqua? Ascolta! I loro figli sono come piante novelle rigogliose nella loro giovinezza; le loro figlie agghindate e adorne a somiglianza del tempio; le loro dispense piene, abbondanti di questo e di quello; le loro pecore feconde moltiplicano i loro parti; i loro bovi grassi; non c’è apertura né uscita nelle loro siepi, né grida nelle loro piazze. Non son dunque tutte queste cose la felicità? Mi rivolgo ai figli del Regno dei cieli, mi rivolgo a una stirpe risorta per l’eternità, mi rivolgo al corpo di Cristo, alle membra di Cristo, al tempio di Dio. Non è davvero questa la felicità: avere figli in piena salute, figlie vezzose, dispense piene, molto bestiame, nessuno squarcio non dico nelle mura ma nemmeno nella siepe, nessun tumulto né baccano nelle piazze; ma nelle case, nelle città, ovunque pace, abbondanza e sovrabbondanza d’ogni cosa? Non è davvero questa la felicità? E dovrebbero i giusti evitare questo tipo di felicità? Ma non t’imbatti [a volte] in case di giusti dove tutte queste cose abbondano, dove regna proprio questa felicità? Abramo non aveva forse in casa abbondanza di oro, argento, figli, servi e bestiame 69? Non capitò altrettanto al santo patriarca Giacobbe? Fuggì in Mesopotamia per evitare [di scontrarsi con] suo fratello Esaù. Servendo divenne ricco, al segno che, tornando in patria, poté ringraziare il Signore suo Dio perché, mentre all’andata aveva attraversato il fiume avendo soltanto il suo bastone, adesso se ne tornava ricco di copiosissimo bestiame e di numerosi figli 70. Che diremo? Che tutto questo non sia felicità? Ammettiamo che lo sia, ma è la felicità posta a sinistra. Che vuol dire: Posta a sinistra? È una felicità temporale, mortale, corporale. Non t’impongo di evitarla a tutti i costi, ma non devi confonderla con la felicità della destra. Difatti, se la gente in parola è detta maligna e vana, non è per il fatto che possedeva l’abbondanza di tutte quelle cose ma perché poneva a destra ciò che invece sarebbe dovuto rimanere a sinistra. Per questo la loro destra [è] destra di iniquità; per questo la loro bocca ha proferito vanità: perché collocarono a destra ciò che avrebbero dovuto conservare sempre a sinistra. E nella destra cosa avrebbero dovuto porci? Dio, l’eternità, gli anni di Dio che non vengono mai meno, come sta scritto: E i tuoi anni non verranno meno 71In queste cose dev’essere la nostra destra, in esse il nostro desiderio. Serviamoci di quel che si trova a sinistra limitatamente alla vita temporale; desideriamo di possedere in eterno ciò che sta a destra. Anche se nuotate nella ricchezza, non vi attaccate il cuore 72 poiché, se attaccherete il cuore a cose instabili come le ricchezze, mettete a destra ciò che deve stare a sinistra. Ravvedetevi! Riconoscete l’abbraccio della Sapienza, della quale è detto: La sua sinistra è sotto la mia testa e la sua destra mi abbraccerà 73Scrutate le profondità di questo santo cantico ardente d’amore; scrutate il Cantico dei cantici, il cantico delle nozze celesti fra Cristo e la Chiesa. Cosa dice la sposa nei confronti dello sposo? La sua sinistra è sotto la mia testa e la sua destra mi abbraccerà. La sinistra sotto il capo, la destra invece sopra. Abbracciandola dall’alto, infatti, un braccio di lui rimane più alto della testa, mentre la mano sinistra è sotto la testa. Dice: La sua sinistra [è] sotto il mio capo. Egli cioè non mi lascerà sprovvisto delle cose necessarie per la vita temporale, tuttavia la sua sinistra rimarrà sotto la mia testa. Non sarà collocata più in alto della testa, ma resterà sotto la testa, affinché la destra di lui possa abbracciarmi promettendomi la vita eterna. Solo così infatti la sinistra starà sotto la testa: se la destra le starà al di sopra. E si adempirà quanto è scritto nella lettera a Timoteo: Avendo la promessa della vita presente e di quella futura 74Dice: Avendo la promessa della vita presente e di quella futura. Cosa faremo nel tempo presente? Procureremo che la sinistra sia sotto la testa. E cosa faremo nel mondo avvenire? La sua destra mi abbraccerà. Cercate le cose necessarie alla vita temporale? Prima però cercate il Regno di Dio, cioè quel che sta a destra, e tutte queste cose vi saranno date per giunta 75Dice: Avrete quaggiù ricchezza e gloria e nel secolo futuro la vita eterna. Cioè: con la sinistra sosterrò la vostra debolezza, con la destra coronerò la vostra perfezione. O che per caso gli Apostoli, quando lasciarono tutti i loro averi o distribuirono ai poveri le loro sostanze, rimasero senza alcuna ricchezza in questo stesso mondo? Che ne è stato allora di quella promessa spettante i beni della sinistra: Riceverà in questo mondo sette volte tanto 76? Promise un aumento, e in realtà cos’è mancato mai agli uomini di Dio? L’incredulo possiede una casa o un numero limitato di case; al contrario all’uomo credente appartiene tutto un mondo di ricchezze 77.Vedi come sia piena la sua sinistra che pur sta sotto la testa: Riceverà in questo mondo sette volte tanto. E vedi ora come la destra lo abbracci: E nel secolo futuro la vita eterna 78. Molto appropriatamente quindi in un altro passo, dove si parla ancora della Sapienza, è detto: Nella sua destra gli anni della vita, e nella sua sinistra le ricchezze e l’onore 79.

Le opere di misericordia.

19. [v 15.] Ma perché dare a costoro il nome di parolai? e per qual motivo la loro bocca avrebbe proferito vanità? Perché la loro destra [è] destra di iniquità. Quindi non li rimprovero perché i loro figli son come piante novelle rigogliose nella loro gioventù né perché le loro figlie si adornano sì da rassomigliare al tempio né perché abbondano degli altri beni o perché godono della pace terrena. Per qual motivo allora li rimprovero? Beato dissero il popolo che ha tali cose. O uomini dalla bocca piena di vanità!Beato dissero il popolo che ha tali cose. Han perduto quel che veramente è la destra: malvagi, perversi, si son vestiti a rovescio dei benefici di Dio. O gente malvagia, predicatori della vanità, figli stranieri! Beato dissero il popolo che ha tali cose. Hanno spostato a destra ciò che sarebbe dovuto stare a sinistra. Beato dissero il popolo che ha tali cose. Tu viceversa, o David, cosa dici? Cosa dici tu, corpo di Cristo? cosa voi, membra di Cristo? cosa voi, figli di Dio e non progenie forestiera? Se i figli stranieri, ciancioni come sono, han detto beato il popolo che ha tali cose, voi cosa dite? Beato il popolo che ha come suo Dio il Signore. Possedete pure, in conclusione, i beni della sinistra ma teneteli a sinistra; il vostro desiderio però sia rivolto alle cose della destra, per poter essere collocati alla destra. Tennero a sinistra i beni della sinistra tutti coloro presso i quali egli si presentò affamato ed essi gli diedero da mangiare, si presentò assetato ed essi gli diedero da bere, presso i quali fu ospite ed essi lo alloggiarono, nudo e lo vestirono 80. Tutto quello che fecero in tal genere di opere lo presero dalla sinistra e lo spostarono a destra, per essere loro stessi collocati a destra. Se pertanto quei ciarloni quali sono i figli stranieri han detto: Beato il popolo che ha tali cose, voi esclamate insieme con noi: Beato il popolo che ha come Dio il Signore. Rivolti al Signore! Amen. Grazie a Dio sempre!

SALMO 143 (142)

143
Supplica umile e fiduciosa dell’oppresso

1 Salmo. Di Davide.

Signore, ascolta la mia preghiera!
Per la tua fedeltà, porgi l’orecchio alle mie suppliche
e per la tua giustizia rispondimi.

2 Non entrare in giudizio con il tuo servo:
davanti a te nessun vivente è giusto.

3 Il nemico mi perseguita,
calpesta a terra la mia vita;
mi ha fatto abitare in luoghi tenebrosi
come i morti da gran tempo.

4 In me viene meno il respiro,
dentro di me si raggela il mio cuore.

5 Ricordo i giorni passati,
ripenso a tutte le tue azioni,
medito sulle opere delle tue mani.

6 A te protendo le mie mani,
sono davanti a te come terra assetata.

7 Rispondimi presto, Signore:
mi viene a mancare il respiro.
Non nascondermi il tuo volto:
che io non sia come chi scende nella fossa.

8 Al mattino fammi sentire il tuo amore,
perché in te confido.
Fammi conoscere la strada da percorrere,
perché a te s’innalza l’anima mia.

9 Liberami dai miei nemici, Signore,
in te mi rifugio.

10 Insegnami a fare la tua volontà,
perché sei tu il mio Dio.
Il tuo spirito buono
mi guidi in una terra piana.

11 Per il tuo nome, Signore, fammi vivere;
per la tua giustizia, liberami dall’angoscia.

12 Per la tua fedeltà stermina i miei nemici,
distruggi quelli che opprimono la mia vita,
perché io sono tuo servo.

SUL SALMO 142

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

DISCORSO AL POPOLO

1. Parlerò alla vostra Carità sul salmo che abbiamo cantato, dicendovi quel che il Signore vorrà suggerirmi. Ieri fu trattato un salmo assai breve; tuttavia, avendo tempo disponibile, anche di quei pochi versi approfittammo per parlare a lungo e di molte cose. Oggi il salmo è più esteso; quindi non potremmo dilungarci sui singoli versi, perché non succeda che il Signore ci tolga la possibilità di scorrerlo tutto intero.

Cristo parlava per bocca dei profeti.

2. [v 1.] Ecco il titolo del salmo: Per lo stesso David, quando il suo figlio lo perseguitava. Dai libri dei Re sappiamo che si tratta di fatti realmente avvenuti. Assalonne pretese ergersi a nemico di suo padre e contro di lui intraprese una guerra che fu non solo civile ma addirittura domestica. David, pur nell’abbattimento, non si comportò iniquamente ma si umiliò piamente: ricevette dalle mani del Signore la severa lezione, ne accettò la medicina, non ripagò il male col male ma tenne il cuore preparato a compiere la volontà del Signore 1. Per questo merita lodi il David della storia; ma noi dobbiamo qui riconoscere un altro David, che davvero fu robusto di mano (questo infatti significa la parola ” David “), e costui è il nostro Signore Gesù Cristo. In effetti, quegli avvenimenti del passato erano simboli di quanto sarebbe più tardi avvenuto; né occorre che spendiamo molte parole per rammentarvi cose da voi spesso udite e ottimamente conservate nella memoria. Esaminando dunque il presente salmo, indaghiamo come il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo in questa profezia preannunzi se stesso e come, attraverso i fatti di allora, predica quel ché sarebbe accaduto ai giorni nostri. Chi infatti parlava attraverso i profeti era lui e prediceva se stesso, poiché egli è il Verbo di Dio e, se loro dicevano qualcosa riguardo a questo soggetto, lo dicevano in quanto pieni del Verbo di Dio. Pieni di Cristo, essi annunziavano Cristo e, mentre precedevano colui che più tardi sarebbe venuto, non li abbandonava colui stesso che essi precedevano. Cerchiamo ora di comprendere in che modo Cristo poté essere perseguitato da suo figlio. Aveva infatti dei figli se poteva dire: I figli dello sposo non digiunano mentre lo sposo è con loro; quando poi lo sposo verrà loro sottratto, allora i figli dello sposo digiuneranno 2Figli dello sposo son dunque gli Apostoli, e tra loro ci fu uno che lo perseguitò: Giuda, che era un diavolo. È ormai ovvio che in questo salmo Cristo ci narrerà la sua passione. Ascoltiamolo.

Il capo e il corpo di Cristo.

3. Mi permetto di richiamare ancora una volta la vostra attenzione, non per insegnarvi cose a voi sconosciute ma soltanto per ricordarvi quanto sapete. Il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è il capo del suo corpo, è il mediatore unico fra Dio e l’uomo 3, lui, l’uomo Gesù, nato dalla Vergine e, per così dire, nella solitudine, come abbiamo sentito dall’Apocalisse 4. Se parla di solitudine è, a quanto mi sembra, da riferirsi al fatto che lui solo è nato così. Così lo generò la sua Madre, e sua missione sarebbe stata governare il popolo con scettro di ferro. Sua madre poi è la città di Dio del Vecchio Testamento, della quale in un salmo è detto: Cose gloriose sono state dette di te, città di Dio 5Questa città inizia con Abele, come la città del male inizia con Caino 6. Molti secoli conta quindi questa città di Dio, cui tocca sopportare di continuo le vicissitudini della terra mentre lei spera le cose del cielo. Con altri nomi è chiamata Gerusalemme e Sion. Veramente, di un certo individuo nato nella città di Sion pur essendo lui stesso il fondatore della stessa Sion, parla un salmo che dice: Madre Sion, dirà l’uomo. Quale uomo? E si è fatto uomo in essa e lui, l’Altissimo, l’ha fondata 7. In poche parole, egli stesso si è fatto uomo in Sion, anzi uomo umile; eppure, lui stesso in quanto Altissimo, fondò quella città nella quale poi si sarebbe fatto uomo. Ecco perché quella donna era coperta di sole 8, cioè del sole stesso della giustizia che è ignorato dagli empi, i quali alla fine diranno: Abbiamo dunque smarrito la via della verità, e la luce della giustizia non è brillata per noi e il sole non è sorto per noi 9Esiste dunque un sole di giustizia che non si leva per gli empi, mentre questo sole [Dio] lo fa sorgere sui buoni e sui cattivi 10. Quanto a quella donna, era rivestita di sole e portava in grembo un figlio maschio e stava sul punto di partorire. Lo stesso e identico personaggio era dunque colui che aveva fondato Sion e che nasceva in Sion, e quella donna era la città di Dio, protetta dalla luce di colui del quale corporalmente era la madre. Si comprende in tal modo anche perché la luna si trovasse sotto i suoi piedi: era perché lei, con la sua virtù, calcava la condizione mortale d’una carne che cresce e decresce. Riguardo poi al nostro Signore Gesù Cristo, egli è capo e corpo e, dopo essersi degnato di morire per noi, volle anche prestarci la voce per parlare. Ci rese sue membra e, quando parla, talora parla identificandosi con queste membra, mentre altre volte parla a nome proprio, parla da nostro capo. Egli infatti ha da dire delle cose in cui noi non c’entriamo, mentre noi senza di lui non potremmo dire assolutamente nulla. Dice l’Apostolo: Affinché io completi nella mia carne quanto manca ai patimenti di Cristo 11. Dice: Affinché io completi quanto manca ai patimenti, non miei ma di Cristo, nella carne, non di Cristo ma mia. Dice: Cristo continua a subire patimenti, non certo nella sua carne con la quale è asceso al cielo, ma nella mia carne che ancora soffre sulla terra. Dice: Cristo subisce patimenti nella mia carne, poiché non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me 12. In effetti, se non fosse vero che Cristo continua a soffrire nella persona delle sue membra, cioè dei suoi fedeli, non si spiegherebbe come mai Saulo potesse qui in terra perseguitare Cristo che ormai sedeva in cielo. Ma c’è di più. Trattando espressamente questo problema, [l’Apostolo] dice: Difatti come il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, costituiscono un corpo solo, così è anche Cristo 13. Non dice: Così è Cristo e il [suo] corpo, ma: Un sol corpo con molte membra; così è anche Cristo. Cristo dunque è la totalità; e siccome Cristo è la totalità, per questo il Capo dal cielo poteva dire: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 14 Ritenete questa verità, fissatevela tenacemente nella memoria, come si conviene a figli cresciuti alla scuola della Chiesa e ben istruiti nella fede cattolica. Sappiate riconoscere Cristo, capo e corpo, e, sempre nei riguardi del medesimo Cristo, riconoscetelo Verbo unigenito di Dio, uguale al Padre. Così facendo, vi renderete conto dell’immensa grazia che vi eleva sino a Dio, se è vero che lo stesso individuo, che è uno col Padre, è voluto diventare uno anche con noi. In che senso è uno col Padre? Io e il Padre siamo una cosa sola 15. E in che senso è uno con noi? Eccotelo! Non dice [la Scrittura]: E nei discendenti, quasi fossero molti, ma [parla] come se si trattasse di uno solo: E nel tuo discendente, che è Cristo 16. Ma qualcuno potrebbe obiettare: Se discendente di Abramo è Cristo, forse che lo siamo anche noi? Tenete in mente intanto che la discendenza di Abramo è Cristo, per cui, se risulterà che anche noi siamo discendenza di Abramo, si dovrà concludere che anche noi siamo Cristo. Come l’unico corpo ha molte membra, così anche Cristo 17, e ancora: Quanti siete stati battezzati in Cristo siete stati rivestiti di Cristo 18. In realtà, discendenza di Abramo è Cristo, né si può contraddire alle parole dell’Apostolo che sono quanto mai esplicite: E nella tua discendenza, che è Cristo. Osservate che cosa [il medesimo Apostolo] dica a noi: Se voi appartenete a Cristo, siete la discendenza di Abramo. Per questo è grande quel sacramento: I due saranno una sola carne 19. Lo afferma l’Apostolo: Questo sacramento è grande; io lo dico nei riguardi di Cristo e della Chiesa 20. Cristo e la Chiesa, ecco i due in una sola carne. Riferisci ” i due ” alla distanza originata della maestà [divina]: sono due; sicuramente due. Non siamo infatti noi il Verbo, non siamo in principio Dio presso Dio, non siamo colui ad opera del quale furono create tutte le cose 21. Si arriva però all’elemento ” carne “: lì siamo Cristo e noi e lui. Non meravigliamoci quindi all’ascolto dei salmi: il salmista molte cose dice facendo parlare la persona del Capo, mentre altre ne dice dove chi parla sono le membra; comunque l’insieme di questa totalità parla come se costituisse un’unica persona. Né ti devi meravigliare che i due abbiano una sola voce, se è vero che costituiscono una sola carne.

I nemici interni ed esterni della Chiesa.

4. Giuda, figlio dello sposo, perseguitava lo sposo. Fu questo un caso isolato di allora ovvero è un precedente [storico] che in seguito si sarebbe ripetuto? In effetti, la Chiesa avrebbe dovuto sopportare in epoche successive molti falsi fratelli, sicché è vero che e adesso e sempre sino alla fine del mondo ci saranno figli che perseguitano quello sposo. Dice infatti: Se mi avesse offeso un nemico, avrei accettato [tali offese], e se colui che mi odiava contro di me avesse detto cose grandi, mi sarei certo nascosto lontano da lui 22. Chi è il nemico? chi è la persona che mi odia? È colui che dice: Ma chi vuoi che fosse Cristo? Cristo fu un uomo; per quanto volesse vivere, non lo poté e difatti, dicono, eccolo morire non volontariamente ma perché sopraffatto [dai nemici], crocifisso e ucciso. I nemici parlano così. E Cristo [ti] risponde: È un nemico palese, è uno che mi odia, è uno che apertamente mi ha dichiarato guerra. È facile sopportare o anche evitare un nemico di questo genere. Ma come dovrò comportarmi con Assalonne? come con Giuda? come con i falsi fratelli? Quale sarà la mia condotta verso quei figli che, pur essendo cattivi, son sempre figli e che non bestemmiano Cristo, pensando al rovescio di noi, ma insieme con noi adorano Cristo e perseguitano Cristo nella nostra stessa persona? Di costoro si parla più avanti in quel medesimo salmo, [ove si dice]: Quanto all’altro, cioè colui che mi odiava, era facile sopportarlo o, quanto meno, nascondermi lontano da lui. Da un pagano infatti puoi nasconderti entrando magari in una chiesa. Se al contrario ciò che ti impaurisce lo trovi proprio nella chiesa, dove cercherai di nasconderti? Ascolta quello che al riguardo ti dice l’Apostolo, che geme per i pericoli causatigli dai falsi fratelli. Dice: Fuori i combattimenti, dentro i timori. Ebbene, se colui che mi odiava contro di me avesse detto cose grandi, mi sarei nascosto, certo, lontano da lui; ma tu, altro me stesso 23. Lo chiama ” altro me stesso “, in quanto in Cristo formavano una cosa sola. Ha dunque la Chiesa sofferenze esterne e sofferenze interne per cui gemere. Gli uni e gli altri però, cioè tanto i nemici di fuori come quelli di dentro, li ritenga veramente suoi nemici, e si ricordi che quelli di fuori è più facile evitarli, mentre sopportare quelli di dentro è cosa notevolmente difficile.

La carità accompagni la scienza.

5. Dica dunque il nostro Signore, dica con noi Cristo, il Cristo totale: Signore, esaudisci la mia preghiera; porgi l’orecchio alla mia supplica. Esaudisci è lo stesso che porgi l’orecchio. La ripetizione indica conferma. Nella tua verità esaudiscimi, nella tua giustizia. Non intendete a vostro talento le parole: Nella tua giustizia. Con esse infatti si inculca la grazia, sicché nessuno pensi che la giustizia sia una sua conquista personale. In realtà si tratta della giustizia di Dio, e perché tu l’avessi, Dio te ne ha fatto dono. Quanto invece a coloro che si vantano della propria giustizia, cosa dice l’Apostolo? Eccotelo. Io rendo loro testimonianza – dice – che hanno zelo per Iddio. Parla dei giudei e dice che hanno zelo per Iddio ma non secondo scienza 24. Che vuol dire: Non secondo scienza? Qual è la scienza che ci insegni come veramente utile? Forse quella che, essendo sola, altro non fa che gonfiare? Qual è allora? Forse quella che, per non essere accompagnata dalla carità, è incapace di edificare? No! non è questa, ma un’altra: quella che ha per compagna la carità e per maestra l’umiltà 25. Osserva se non sia proprio questa. Dice: Hanno zelo per Iddio ma non secondo scienza. Cispieghi a quale scienza si riferisca. Ignorando la giustizia di Dio e volendo stabilire la propria, non sono soggetti alla giustizia di Dio 26. Ma chi sono quei tali che vogliono stabilire la propria giustizia? Coloro che, quando compiono il bene, lo attribuiscono a sé, quando invece compiono il male lo attribuiscono a Dio. Gente completamente pervertita, che allora soltanto potrà raddrizzarsi quando cambierà fondamentalmente indirizzo. Sei un pervertito quando attribuisci a Dio ciò che è male e a te ciò che è bene. Se vuoi essere retto, attribuisci a te il male che compi e a Dio il bene. Eri infatti un empio, né ti sarebbe dato di vivere nella giustizia se non fossi stato reso giusto da colui che giustifica l’empio 27. Per questo dice: Nella tua verità esaudiscimi, nella tua giustizia, non nella mia, affinché venga trovato in lui privo di ogni mia giustizia, proveniente dalla legge, ma con quella giustizia che è dalla fede 28Ecco cosa significa: Nella tua giustizia esaudiscimi. Guardando infatti a me stesso, di mio non trovo altro all’infuori del peccato.

Confrontati con la norma suprema, siamo deformi.

6. [v 2.] E non entrare in giudizio col tuo servo. Chi son coloro che vogliono entrare con lui in giudizio se non quei tali che, ignorando la giustizia di Dio, vogliono affermare la propria? Come mai accadde che noi digiunammo e tu non l’hai visto; privammo [del necessario] la nostra persona e tu non te ne sei accorto? 29 È come se dicessero: Noi abbiamo adempiuto i tuoi comandi; perché non ci accordi la ricompensa promessa? Dio ti risponde: Quel che t’ho promesso lo riceverai; io te lo darò come sono stato io a darti la possibilità di compiere quelle opere per cui ora ricevi la ricompensa. A questi superbi si rivolge il profeta quando dice: Cosa vi passa per la testa? contendere con me in giudizio? Tutti mi avete abbandonato, dice il Signore 30Come presumete d’intentare a me un processo, elencandomi le vostre giustizie? Elencatele pure queste vostre giustizie; io conosco i vostri misfatti. Come farò ad approvare la vostra giustizia, se ho da condannare in voi la superbia? Molto opportunamente parla invece questo umile fra le membra di Cristo, che dal Capo ha imparato ad essere mite ed umile di cuore 31. Dice: Non entrare in giudizio con il tuo servo. Non creiamo contrasti! Non è affatto mia intenzione intentare una causa con te per difendere la mia giustizia e venir convinto da te circa la mia colpevolezza.Non entrare in giudizio con il tuo servo. Perché questo? perché teme? In realtà nessun vivente sarà giustificato dinanzi a te. Nessun vivente, naturalmente fra quanti vivono quaggiù nella carne, fra quanti vivono incamminati verso la morte: nessun uomo che vive generato da uomini, nessun superstite di Adamo, nato da Adamo. Chi conduce la vita in quest’ordine di cose potrà, forse, essere giustificato, ma agli occhi suoi, non agli occhi tuoi. Che vuol dire: ” Giustificato ai suoi occhi “? Che può piacere a se stesso, sebbene dispiaccia a te. Agli occhi tuoi, comunque, nessun vivente può essere giustificato. Non entrare dunque, o Signore mio Dio, in giudizio con me. Per quanto infatti io mi senta giusto, se tu dal tuo profondo tiri fuori la norma per misurarmi e mi ci confronti, senz’altro risulterò deforme. Non entrare in giudizio con il tuo servo. Bene con il tuo servo! Non è cosa che a te convenga intentare una lite con un tuo servo, e nemmeno con un tuo amico. Sta scritto infatti: Dico a voi, miei amici 32, e questo non lo diresti se da servi tu stesso non ci avessi fatti amici. Sebbene tu mi chiami amico io mi professo tuo servo: ho bisogno di compassione, torno dopo essermi dato alla fuga, cerco la pace; non son degno d’essere chiamato tuo figlio. Non entrare in giudizio con il tuo servo, poiché dinanzi a te non sarà giustificato alcun vivente. Prima della morte non lodare alcun uomo 33Assolutamente, nessun vivente. Ma che dire di quei nobili arieti, gli Apostoli, dei cui figli è detto: Recate al Signore i figli degli arieti 34? Uno di loro è Paolo, e proprio Paolo ci attesta che non ha raggiunto la perfezione. Dice: Non che già abbia conseguito [la meta] o sia già perfetto 35Perché poi, o fratelli, abbiate a convincervi subito [della cosa], [ricordate che] furono proprio gli Apostoli ad imparare [per primi] quella preghiera che noi ripetiamo; a loro venne data dal celeste Magistrato la norma di ciò che [tutti] dobbiamo chiedere. Disse [loro]: Pregherete così 36e dopo alcune premesse fu esposto quel che avrebbero dovuto ripetere i nostri arieti, i condottieri delle pecore, le membra più qualificate di quel Pastore che vuol radunare tutto intero il gregge. Ebbene, anche a loro fu insegnato di pregare dicendo: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori 37Non avrebbero dovuto dire: Ti ringraziamo perché ci hai rimesso i nostri debiti a quel modo che noi li rimettiamo ai nostri debitori, ma: Rimetti come noi rimettiamo. E quando pronunziavano le parole di questa preghiera erano certamente cristiani, anzi già apostoli, poiché in realtà questa preghiera del Signore è propriamente riservata ai fedeli. Se i debiti di cui lì si parla fossero solamente quelli che vengono rimessi mediante il battesimo, le parole: Rimetti a noi i nostri debiti starebbero meglio sulla bocca dei catecumeni. Siano invece gli Apostoli a pronunziare queste parole e a dire: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. E se si porrà loro la domanda: Ma perché pregate così? quali sono i vostri debiti?, ci rispondano: Difatti nessun vivente sarà giustificato dinanzi a te.

Resistiamo ai nemici spirituali.

7. [v 3.] Poiché il nemico ha perseguitato la mia anima ha umiliato in terra la mia vita. Osserva come ora si riferisce a noi, osserva il nostro Capo [dire] per noi: Poiché il nemico ha perseguitato la mia anima. Certo, il diavolo perseguitò l’anima di Cristo e lo stesso fece Giuda: perseguitò l’anima del Maestro; ma anche ai nostri giorni non ha smesso il diavolo di perseguitare il corpo di Cristo, come pure altri Giuda son successi a Giuda [iscariota]. Non mancano quindi motivi per cui anche il corpo [di Cristo] dica: Poiché il nemico ha perseguitato la mia anima, ha umiliato in terra la mia vita. Dice: Ha umiliato in terra la mia vita, mentre in un altro passo aveva detto: Hanno curvato la mia anima 38. Cosa si propone infatti ogni nostro persecutore se non che, dimenticando la speranza di quel che ci attende in cielo, nutriamo sentimenti terreni e, cedendo al persecutore, attacchiamo il nostro cuore alle cose di quaggiù? Ovviamente, questi nemici, per quanto è in loro potere, fanno tentativi in questo senso; ma noi non dobbiamo cadere nel tranello. Valgono infatti per noi le parole: Se siete risorti con Cristo, gustate le cose di lassù dov’è Cristo, assiso alla destra di Dio; cercate le cose di lassù, non quelle della terra. Siete infatti morti 39In effetti, nessun vivente sarà giustificato dinanzi a Dio. Se quindi i nostri nemici o con persecuzione aperta o con insidie occulte fan di tutto per sospingere verso la terra la nostra vita, noi vigileremo contro di loro, per poter ripetere: La nostra dimora è nel cielo 40. Il nemico – dice – ha umiliato la mia vita sulla terra.

Cristo muore per fare la volontà del Padre.

8. Mi hanno confinato in luoghi tenebrosi come i morti del secolo. Più speditamente ascolterete questo verso se vi rifarete al Capo; nel Capo ne comprenderete più speditamente il senso. Egli infatti morì per noi ma non fu uno dei morti di questo secolo. Chi sono i morti di questo secolo? e per qual motivo lui non fu uno di questi morti? Morti di questo secolo son coloro che si sono meritati la morte, nella quale ricevono il compenso della loro iniquità; son coloro che han contratto la morte per l’appartenenza a una stirpe peccatrice. Ne risuona quella voce che asserisce: Io sono stato concepito nelle iniquità e nei peccati mi ha nutrito nel suo grembo mia madre 41. Lui viceversa venne prendendo la carne da una vergine; quindi della carne non contrasse la colpevolezza, avendo preso una carne monda e capace di render mondi gli altri. C’era, sì, chi lo riteneva un peccatore e di conseguenza lo annoverava fra i morti di questo secolo, ma lui in un altro salmo poteva dire: Allora ho soddisfatto [il debito] per cose che non avevo rubate 42e nel Vangelo: Ecco viene il principe di [questo] mondo 43cioè il dominatore [del regno] della morte, l’ispiratore di ogni opera cattiva, l’esecutore della pena [meritata peccando]. Viene dunque costui – diceva – ma in me non troverà nulla 44Cosa vuol dire: In me non troverà nulla? Nessuna colpa, nessun motivo per cui io debba morire. Ma affinché tutti sappiano – diceva ancora – che io faccio la volontà del Padre mio, levatevi, andiamocene da qui 45. E voleva dire: Se muoio, è per fare la volontà del Padre mio; non che io sia reo di morte. Non ho fatto nulla per cui debba morire, ma faccio in modo di morire, affinché per la morte dell’innocente siano liberati coloro che meritavano di morire. Mi hanno confinato in luoghi tenebrosi, press’a poco nel mondo sotterraneo, nel sepolcro o anche nella stessa passione. [Collocarono] come i morti di questo secolo colui che dice: Son diventato come un uomo privo di aiuto, libero tra i morti 46Che significa: Libero? e perché: Libero? Perché servo del peccato è colui che commette il peccato 47. Ora lui non ci avrebbe sciolti dai legami del peccato se lui stesso non ne fosse stato libero. Essendo libero, uccise la morte, legò il vincolo [della morte], prese prigioniero il popolo degli imprigionati. Questo, quando lo collocarono in luoghi tenebrosi quasi che si fosse trattato dei morti di [questo] secolo.

9. [v 4.] Dice: E il mio spirito in me ha sofferto ansietà. Ricordate: La mia anima è triste fino alla morte 48Notate come unica sia la voce; ma forse che non appare evidente il passaggio dal capo alle membra e dalle membra al capo? Dice: Il mio spirito ha in me sofferto ansietà. Vi riconosciamo quel La mia anima è triste fino alla morte 49Ma anche in quell’occasione eravamo presenti noi. Egli aveva assunto in se stesso la forma del nostro corpo miserabile e l’aveva modellata sull’immagine del suo corpo glorioso. Così il nostro uomo vecchio fu confitto alla croce insieme con lui 50. In me il mio cuore è conturbato. Dice: In me, non negli altri. Gli altri infatti mi abbandonarono, e perfino i miei fedelissimi se la svignarono. Vedendomi morire, mi credettero qualcosa di diverso [da ciò che realmente ero] e furono superati dal ladrone, in quanto lui credette, gli altri non ressero [alla prova] 51.

Dio ci ha dato l’esistenza e ci dona la giustizia.

10. [v 5.] Adesso si passa alle membra. Mi son ricordato dei giorni antichi. Forse che a ricordarsi di questi giorni antichi è stato colui che creò tutti i giorni? Ma a parlare qui è il corpo: parla ogni uomo giustificato dalla grazia del Signore e a lui unito intimamente mediante la carità e l’umiltà devota. Parla e dice: Mi son ricordato dei giorni antichi; ho meditato su tutte le tue opere. Tu infatti hai creato buone tutte le cose e nulla avrebbe l’esistenza se non l’avesse ricevuta da te. Contemplo lo spettacolo del mondo da te creato: guardando l’opera ne ricerco l’artefice; guardando le varie creature dell’universo ne ricerco il creatore. Perché questo? Che senso ha tutto questo, se non far capire all’uomo che, quanto ha in sé di buono, è stato creato da lui? Si evita così l’inconveniente di misconoscere la giustizia di Dio e di voler affermare la propria, col risultato di non essere soggetti alla giustizia di Dio 52, e ci si adegua alla parola detta antecedentemente: Nella tua verità e nella tua giustizia 53. Quindi, in tutte le opere di Dio e nella contemplazione di tali opere inserisce il richiamo alla grazia di Dio, inculca la grazia, si gloria per aver trovato la grazia: quella grazia per la quale siamo stati salvati gratuitamente, poiché è incontestabile che siamo stati salvati gratuitamente. Cosa ti glori dunque della tua giustizia? cosa ti gonfi misconoscendo la giustizia di Dio? Hai forse sborsato qualcosa per ottenere la salvezza? E per essere uomo, forse che hai sborsato qualcosa? Volgi dunque lo sguardo all’artefice della tua vita, all’autore della tua natura, della tua giustizia e della tua salvezza. Medita gli interventi delle sue mani, e ti renderai conto che anche la tua giustizia è opera delle sue mani. Ascolta al riguardo l’insegnamento dell’Apostolo. Dice: Non [è] dalle opere, affinché nessuno se ne glori 54. Non abbiamo dunque opere buone? Certo che le abbiamo, ma nota cosa aggiunge. Dice: Di lui infatti siamo creazione 55. Sì, di lui siamo creazione. Ora, menzionando questa creazione, voleva forse riferirsi alla nostra natura per la quale siamo uomini? No di sicuro; parlava delle opere. Infatti diceva: Non [è] dalle opere, affinché nessuno se ne glori. Ma non lavoriamo di fantasia! lasciamolo proseguire: Di lui infatti siamo creazione, [in quanto] creati in Cristo Gesù per le opere buone 56. Non credere dunque che tu possa compiere qualche opera se non per quel tanto che sei cattivo. Sepàrati quindi da ciò che tu compi e volgiti all’opera di colui che ti ha creato. Lui ti ha dato la forma; sia pertanto lui a restaurare questa forma che un giorno ti aveva data e che tu avevi guastata. Fu infatti opera di Dio l’avere tu avuto l’esistenza; ugualmente è opera sua che tu sia buono, se davvero sei buono. Dice: Con timore e tremore operate la vostra salvezza 57. Se siamo noi ad operare la nostra salvezza, perché operarla con timore e tremore, essendo in nostro potere quel che dobbiamo operare? Ascolta perché occorrano timore e tremore. È Dio infatti colui che opera in voi e il volere e l’operare secondo la buona volontà 58. Per questo ci comporteremo con timore e tremore, perché al nostro artefice piaccia agire in noi, scesi in fondo alla valle. Egli infatti, che giudica le genti e restaura le macerie, in tal modo opererà in noi divenuti come mura abbattute. Ho meditato sugli interventi delle tue mani. In conclusione, ho veduto e mirato bene le tue opere, e mi son persuaso che nessun bene può essere in noi se non lo compi tu, nostro creatore.

11. [v 6.] Per tuo dono vidi che ogni elargizione di massimo pregio e ogni dono perfetto viene dall’alto, scende dal Padre di ogni luce presso il quale non c’è mutamento né oscuramento, sia pur temporaneo 59. E allora cosa feci? Vedendo tutto questo, volsi le spalle alle opere cattive da me compiute e in me esistenti e protèsi le mie mani a te. Dice: Protèsi a te le mie mani; l’anima mia [era] dinanzi a te come terra senz’acqua. Par che dica: Irrorami affinché produca buon frutto. Chi infatti dà la dolcezza per cui la nostra terra produce il suo frutto è il Signore 60Protesi le mie mani a te; l’anima mia [era] dinanzi a te, non dinanzi a me, come terra senz’acqua.Posso aver sete di te, non posso irrigare me stesso. La mia anima [era] dinanzi a te come terra senz’acqua, perché l’anima mia aveva sete del Dio vivente 61. Quando andrò [da lui] se non quando lui verrà a me? La mia anima ha sete del Dio vivente, perché la mia anima [è] dinanzi a te come terra senz’acqua. Il mare è immenso e dilaga con le sue onde; è sterminato e solleva flutti, ma è amaro. L’acqua fu separata e apparve nella sua aridità l’anima mia 62. Irrorala poiché è dinanzi a te come terra senz’acqua.

Necessità dello Spirito Santo per la crescita spirituale.

12. [v 7.] Prontamente esaudiscimi, Signore. Se sono così assetato, che motivo c’è di farmi aspettare? Forse perché la mia sete divenga più ardente? Tu rimandavi ad altro tempo la pioggia affinché io la accogliessi e me ne inzuppassi, e non rigettassi l’acqua con cui venivi a bagnarmi. Se questo era il motivo del tuo differire, dammela pure perché ora la mia anima [è] dinanzi a te come terra senz’acqua. Esaudiscimi prontamente, Signore; il mio spirito è venuto meno. Mi riempia il tuo spirito perché il mio spirito è venuto meno. Essendo venuto meno il mio spirito, per questo esaudiscimi prontamente. Sono ormai diventato povero di spirito; rendimi beato nel regno dei Cieli 63. Finché infatti in qualcuno vive il suo proprio spirito, è superbo e con questo suo spirito si solleva contro Dio. Che a lui succeda quel beneficio altrove descritto:Toglierai il loro spirito e verranno meno e torneranno alla loro polvere 64, affinché confessando dicano: Ricordati che siamo polvere 65. Se diranno: Ricordati che siamo polvere, dovranno anche dire: L’anima mia [è] dinanzi a te come terra senz’acqua. C’è infatti una terra così priva di acqua come la polvere? Ma tu, esaudiscimi prontamente, Signore irrorami, consolidami, affinché non sia polvere ché il vento sospinge qua e là sulla terra 66. Prontamente esaudiscimi, Signore; è venuto meno il mio spirito. Non si prolunghi la mia miseria! Tu hai a me sottratto il mio spirito affinché, venuto meno e cambiato in polvere, ti dicessi: L’anima mia [è] dinanzi a te come terra senz’acqua. Fa’ dunque anche quel che il medesimo salmo soggiunge: Manderai il tuo spirito e saranno creati e rinnoverai la faccia della terra 67. Se pertanto s’è effettuata in Cristo la nuova creatura, è segno che le cose vecchie son passate 68. Son passate insieme con il loro spirito; nel tuo spirito tutto si è rinnovato.

Che il Signore non distolga da noi il suo volto.

13Non rivolgere da me la tua faccia. La volgesti lontano da me quando ero superbo, poiché ci fu un tempo in cui abbondavo [di cose mie] e nella mia abbondanza ero pieno di orgoglio. Un tempo infatti io nella mia abbondanza dissi: Non sarò smosso in eterno 69Dissi che non sarei smosso quando mi trovavo nella mia abbondanza,ma dissi questo perché non conoscevo la tua giustizia e pretendevo d’affermare una mia giustizia 70; tu invece, Signore, per tua volontà hai conferito vigore alla mia dignità 71. Nella mia abbondanza dissi: Non sarò smosso; invece ogni cosa di cui abbondavo mi proveniva da te. E per dimostrarmi che derivava proprio da te, hai distolto la tua faccia da me e io ne sono stato sconvolto. Avendo tu allontanato la tua faccia [da me], io caddi nel turbamento, il mio spirito assaporò l’angoscia e il mio cuore si turbò. Questo, quando tu allontanasti da me il tuo volto e io divenni dinanzi a te come terra senz’acqua. Non volger quindi, il tuo volto [lontano da me]. Me ne privasti quando fui superbo, ora che son umile restituiscimelo. Non volger quindi il tuo volto [lontano da me], poiché se lo volgi lontano, sarò simile a coloro che scendono nella fossa. Che significa: A coloro che scendono nella fossa? Il peccatore, giunto al più profondo dei mali, diviene sprezzante 72. Scendono nella fossa coloro che non riescono a confessare, mentre il rovescio è descritto nelle parole: Non chiuda sopra di me il pozzo la sua bocca 73. La Scrittura dà il nome di fossa a quell’abisso nel quale giunto il peccatore diviene sprezzante. Che vuol dire: Diviene sprezzante? Non crede più ormai nemmeno alla Provvidenza, o, se crede che ce ne sia, non ritiene di interessarla. Si propone di peccare sfrenatamente e di correre a briglie sciolte, senza speranza di perdono, nella via dell’iniquità. Non dice: Tornerò a Dio, affinché Dio torni in me, né fa caso alle parole: Convertitevi a me e io tornerò a voi 74, perché, giunto nel profondo del male, è divenuto sprezzante. Dice infatti [la Scrittura]: Da chi è morto, come da chi non esiste, esula la confessione 75. Pertanto, non rivolgere da me la tua faccia, perché io non sia simile a chi scende nella fossa.

14. [v 8.] Fa’ che senta fin dal mattino la tua misericordia, perché in te ho sperato. Ecco, sono nella notte; ma spero in te finché non sia passata l’iniquità della notte 76Abbiamo infatti – come dice Pietro – ancora più sicuro il messaggio profetico al quale fate bene a volgere lo sguardo come a lucerna che risplenda in luogo caliginoso, finché non splenda il giorno e la stella del mattino non sorga nei vostri cuori 77. Chiama quindi mattino il periodo che succederà alla fine del mondo, quando ci sarà dato vedere ciò che nel tempo abbiamo creduto. Per questo dice: Al mattino esaudirai la mia voce; al mattino starò accanto a te e contemplerò 78. Fa’ che senta fin dal mattino la tua misericordia, perché in te ho sperato. Se infatti speriamo cose che non vediamo, le aspettiamo con pazienza 79. La notte esige pazienza, il giorno arrecherà letizia. Fa’ che senta fin dal mattino la tua misericordia, perché in te ho sperato.

Prepararsi alla venuta del Signore.

15. Ma cosa [faremo] quaggiù finché non giunga quel mattino? Non basta infatti tener desta la speranza in quel mattino; occorre anche fare qualcosa. Perché questa necessità di fare qualcosa? Lo si dice in un altro salmo: Nel giorno della mia tribolazione ho cercato Dio 80. Cercai Dio quand’era, diciamo così, per me notte. E come lo cercasti? Con le mie mani di notte dinanzi a lui, e non sono stato deluso. Occorre, durante questa notte, cercare Dio con le mani. Che significa: Con le mani? Con le opere buone. Dinanzi a lui. Cioè: Quando fai l’elemosina, non suonare la tromba, e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne ricompenserà 81. Occorre, in una parola, sperare il mattino e con questa speranza sopportare la notte, perseverando nella pazienza finché non splenda il giorno. E nel frattempo cosa si dovrà compiere? Riuscirai forse con le tue forze a realizzare alcunché e in virtù di queste opere meriterai di giungere al mattino? O Signore, fammi conoscere la via che debbo imboccare. Per questo ha acceso la fiaccola profetica; per questo ha inviato lo stesso nostro Signore, racchiuso – diciamo così – nel vaso d’argilla della carne, tanto che poteva dire: S’è seccato come un coccio il mio vigore 82. Cammina alla luce della profezia, cammina seguendo la lucerna delle realtà future che ti sono state preannunziate, cammina al seguito delle parole di Dio. Non vedi ancora il Verbo che era in principio, Dio presso Dio 83; cammina seguendo la natura del servo e giungerai alla natura del padrone. O Signore, fammi conoscere la via che debbo imboccare, poiché a te ho elevato la mia anima. L’ho elevata a te, non contro di te. Presso di te c’è la fonte della vita 84, eio ho elevato a te la mia anima, come chi avvicina la brocca alla fonte. Riempimi dunque, poiché a te ho elevato la mia anima.

I nemici spirituali. La sorte di Giuda.

16. [v 9.] Liberami dai miei nemici, Signore, poiché presso di te mi sono rifugiato. Un giorno fuggii da te, ma ora mi sono rifugiato presso di te. In effetti, Adamo fuggì dalla presenza di Dio e si nascose fra gli alberi del paradiso 85. Parlando di lui si dice nel libro di Giobbe: Come il servo che fugge dal suo padrone e segue le ombre 86. Fuggì dalla presenza del suo Signore e finì nell’ombra: fu infatti ombra ciò che raggiunse fuggendo fra gli alberi del paradiso. Guai a lui se fosse rimasto nell’ombra! Sarebbero state per lui le parole: Ogni cosa è passata come ombra 87Liberami dai miei nemici. Non mi riferisco qui a nemici uomini; la nostra lotta non è contro la carne e il sangue 88. Ma allora contro chi? Contro i principi e le potenze che reggono il mondo 89. Quale mondo? Non il cielo e la terra, poiché non è di loro dominio ciò che essi non hanno creato. Reggono il mondo, ma quale mondo? Il mondo di queste tenebre 90. Quali tenebre? Certamente i malvagi. Un tempo infatti eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore 91. Reggitori del mondo, di queste tenebre, coloro che dominano sugli iniqui. È contro costoro che dovete lottare. Grande battaglia vi si para dinanzi: vincere un nemico invisibile. Contro i reggitori di questo mondo, di queste tenebre 92, Cioè il diavolo e i suoi angeli. Non quindi coloro che esercitano il potere in quel mondo di cui è detto: E il mondo fu fatto ad opera di lui 93, ma in quell’altro mondo di cui si dice: E il mondo non lo riconobbe. Liberami dai miei nemici, Signore, poiché presso di te mi sono rifugiato. Dai miei nemici: non da Giuda, ma da colui che invase il cuore di Giuda. Giuda lo vedo e lo sopporto, l’altro non lo vedo ma lo sconfiggo. Ecco Giuda: prese il boccone e satana entrò in lui 94, affinché il nostro David fosse perseguitato dal suo stesso figlio. Quanti Giuda son posseduti da satana, e ricevono indegnamente il boccone di pane a loro condanna! Chi infatti mangia e beve indegnamente [a quella mensa] si mangia e beve la propria condanna 95. Non che sia cosa cattiva quel che vien dato ma, dandosi a chi è cattivo una cosa buona, gli vien data a condanna. Non può essere un bene ricevere male ciò che è buono. Pertanto, liberami dai miei nemici poiché presso di te mi sono rifugiato. Dove infatti mi sarei dovuto rifugiare? Dove andrò lontano dal tuo spirito? Se salirò in cielo, lì tu ci sei; se scenderò nell’inferno, sei presente. Cos’altro rimane? Se prenderò le mie penne come colomba e volerò fin nelle estremità del mare – per abitare cioè mediante la speranza nella fine del mondo -, anche lì è la tua mano che mi ci accompagna e la tua destra che mi ci conduce 96. Liberami dai miei nemici poiché presso di te mi sono rifugiato, Signore.

Efficacia e necessità della grazia.

17. [v 10.] Insegnami a fare la tua volontà, poiché tu sei il mio Dio. O confessione, o ammonimento [salutare]! Dice: Poiché tu sei il mio Dio. Correrò da un altro perché, mi riformi se è stato un altro a formarmi. Ma tu sei il mio tutto, poiché tu sei il mio Dio. Cercherò un padre per ottenere l’eredità? Tu sei il mio Dio: non solo quindi colui che mi dona l’eredità ma colui che costituisce l’eredità stessa. Il Signore è la porzione della mia eredità 97. Cercherò un padrone per il riscatto? Tu sei il mio Dio.Cercherò un patrono per la liberazione? Tu sei il mio Dio. E finalmente, voglio essere una nuova creatura dopo essere stato già una prima volta creato? Tu sei il mio Dio:tu il mio creatore, che col tuo Verbo mi creasti e con lo stesso Verbo mi hai ricreato. Mi creasti col tuo Verbo esistente presso di te, mi hai ricreato con lo stesso Verbo fattosi carne per amore nostro. Orbene, insegnami a fare la tua volontà, poiché tu sei il mio Dio. Se tu non mi farai da maestro, io seguirò la mia volontà e il mio Dio si allontanerà da me. Insegnami a fare la tua volontà poiché tu sei il mio Dio. Insegnami. Non è infatti possibile che tu sia il mio Dio e io sia il mio maestro. Notate come venga sottolineata la necessità della grazia! Tenetelo a mente, imprimetevelo nella memoria e che nessuno ve lo cacci dal cuore, se non volete avere, verso Dio, uno zelo non guidato da scienza, se non volete essere di quelli che, misconoscendo la giustizia di Dio e volendo affermare la propria, non sottostanno alla giustizia di Dio 98. Vi son certo note queste parole dell’Apostolo. Quindi dite pure col salmo: Insegnami a fare la tua volontà, poiché tu sei il mio Dio.

Meriti dell’uomo e gratuità della grazia.

18. [vv 10-12.] Il tuo Spirito buono, non il mio spirito cattivo, il tuo Spirito buono mi condurrà nella terra piana. Il mio spirito cattivo mi condusse infatti nella terra della perversione, e cosa ci guadagnai? Se non ci fosse stato il tuo aiuto, quali opere buone da me compiute avrei potuto mettere in conto per ottenere, ed esserne degno, che il tuo Spirito buono mi conducesse nella terra della rettitudine? Quali mie opere e quali miei meriti? Per amore del tuo nome, Signore, mai darai la vita. Osservate con tutto il vigore che potete come venga inculcata la grazia per la quale gratuitamente avete conseguito la salvezza. Per amore del tuo nome, Signore, mi darai la vita. Non a noi, Signore, non a noi ma al tuo nome dà gloria 99Per amore del tuo nome, Signore, mi darai la vita. Nella tua giustizia, non nella mia. Non perché io abbia meritato qualcosa ma perché tu hai avuto compassione di me. Se infatti io avessi voluto far mostra dei miei meriti, da te non avrei meritato altro che il supremo castigo. Tu però strappasti via i miei meriti e li sostituisti con i tuoi doni. Per amore del tuo nome, Signore, mi darai la vita. Nella tua giustizia libererai la mia anima dalla tribolazione e nella tua misericordia condurrai al supplizio i miei nemici. E disperderai tutti coloro che tormentano la mia anima, poiché io sono tuo servo.

SALMO 142 (141)

(Testo CEI2008)

142
Invocazione a Dio nella tribolazione

1 Maskil. Di Davide. Quando era nella caverna. Preghiera.

2 Con la mia voce grido al Signore,
con la mia voce supplico il Signore;

3 davanti a lui sfogo il mio lamento,
davanti a lui espongo la mia angoscia,

4 mentre il mio spirito viene meno.
Tu conosci la mia via:
nel sentiero dove cammino
mi hanno teso un laccio.

5 Guarda a destra e vedi:
nessuno mi riconosce.
Non c’è per me via di scampo,
nessuno ha cura della mia vita.

6 Io grido a te, Signore!
Dico: «Sei tu il mio rifugio,
sei tu la mia eredità nella terra dei viventi».

7 Ascolta la mia supplica
perché sono così misero!
Liberami dai miei persecutori
perché sono più forti di me.

8 Fa’ uscire dal carcere la mia vita,
perché io renda grazie al tuo nome;
i giusti mi faranno corona
quando tu mi avrai colmato di beni.

SUL SALMO 141

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

DISCORSO AL POPOLO

Ruminare la parola di Dio.

1. La solennità dei martiri, come esige da voi una devota partecipazione, così da noi esige il ministero della parola. La vostra Carità deve tuttavia ricordare quanto ampio sia stato il discorso di ieri. È vero infatti che con l’avidità che distingue la bocca del vostro [uomo] interiore, per tutto il discorso siete stati ad ascoltare come se foste arrivati in quel momento; questo però non deve farci dimenticare la nostra comune fragilità. Bisogna inoltre rendere onore alle parole che rivestono una incomparabile nobiltà, come è stato scritto: Eccellenti quant’altre mai sono le parole di sapienza del Signore Iddio. Queste parole sono a voi dispensate per mezzo nostro, che siamo strumenti miseri, sicché, mentre il pane è roba di cielo, il recipiente con cui lo si serve è di terracotta. Lo dice l’Apostolo: Abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché il prestigio sia della potenza di Dio 1. Tesoro e pane sono la stessa cosa. Se infatti non lo fossero, non troveremmo scritto in un altro passo, sempre a proposito del tesoro: Un tesoro desiderabile è riposto nella bocca del sapiente; lo stolto viceversa se lo inghiotte 2Esortiamo pertanto la vostra Carità a nascondere nel – ci si permetta la parola – ventre della memoria le cose ascoltate: meditatele ancora e col pensiero in certo qual modo ruminatele. Questo infatti è il senso della massima: Un tesoro desiderabile è riposto nella bocca del sapiente; lo stolto viceversa se lo inghiotte. Avrebbe potuto dire più succintamente: Il sapiente rumina, lo stolto no 3. Questo ruminare poi, a volerlo dire con chiarezza e con termini latini, che significa? Il sapiente ripensa alle cose ascoltate, lo stolto se ne scorda. Né per altro motivo nella Legge vengon chiamati mondi gli animali che ruminano e immondi quelli che non ruminano, se è vero che in se stesso ogni essere creato da Dio è mondo 4. Dinanzi a Dio creatore il porco è mondo alla stessa maniera dell’agnello. Tutte le cose create erano infatti assai buone e, come dice l’Apostolo, ogni creatura di Dio è buona 5e ancora: Tutto è puro per chi è puro 6In se stessi dunque e per natura porco e agnello sono mondi; come simboli invece l’agnello rappresenta qualcosa di puro, il porco al contrario qualcosa di impuro. L’agnello rappresenta l’innocenza del saggio che medita, il porco il sudiciume dello stolto che dimentica. A motivo della solennità è stato recitato un salmo breve: vediamo se sia possibile esporlo con altrettanta brevità.

2. [v 2.] Con la mia voce ho gridato al Signore. Sarebbe bastato dire: Con la voce ho gridato al Signore, ma forse non senza motivo vi è stato aggiunto quel mia. Sono infatti molti a gridare al Signore non con la loro voce ma con la voce del loro corpo. Ne segue che l’uomo interiore, nel quale Cristo ha cominciato ad abitare mediante la fede 7, ha da gridare al Signore con la propria voce: non cioè con lo strepito delle labbra ma con l’affetto, del cuore. Ivi non è uditore l’uomo ma Dio. L’uomo non ti ode se tu non gridi con la voce che esce dai polmoni, dalle viscere e dal moto della lingua; mentre dinanzi al Signore lo stesso pensiero è già un grido. Con la mia voce ha gridato al Signore; con la mia voce ho elevato suppliche al Signore. La parola: Ho gridato viene specificata dall’aggiunta: Ho elevato suppliche. In effetti elevano il proprio grido al Signore anche i bestemmiatori. Il salmo però, dopo aver segnalato nel verso che precede il fatto del gridare, nel verso successivo spiega in che cosa consista questo grido. Suppone che gli sia chiesto: Che sorta di grido hai elevato al Signore?, e risponde: Al Signore ho elevato la mia supplica. Mio grido è la mia supplica: non si tratta di ingiuria, di protesta, di bestemmia.

Pregare nella cella interiore del cuore.

3. [v 3.] Effondo davanti a lui la mia preghiera. Che significa: Davanti a lui? Al suo cospetto. E per ” suo cospetto ” cosa s’intende? Là dov’egli vede. Ma che c’è forse un qualche luogo in cui non veda? Parliamo infatti di luogo posto sotto il suo sguardo quasi che ce ne sia un altro dove il suo sguardo non arrivi. Ma nell’ordine materiale delle cose vedono anche gli uomini, anche gli animali. Lui invece vede anche dove l’uomo non vede: ad esempio, nel tuo pensiero. Nessun uomo lo vede, ma Dio lo vede. Sia dunque la tua preghiera pronunciata là dove la vede soltanto colui che te ne ricompenserà, poiché anche il Signore Gesù Cristo ti comandò di pregare in segreto. Devi quindi essere pratico della tua stanzuccia appartata, devi anche averla ripulita per pregarvi Dio. Dice: Quando pregate non siate come gli ipocriti, che pregano stando in piedi nelle piazze e per le strade per essere osservati dagli uomini. Tu invece, quando preghi, entra nella tua stanzetta e, chiusa la porta, prega il tuo Dio in segreto; e colui che vede nel segreto le ne ricompenserà 8Se la ricompensa dovranno dartela gli uomini, indirizza pure all’uomo la tua preghiera, ma se chi ti ricompenserà è Dio, rivolgi a lui la tua preghiera e chiudi la porta per non far entrare il tentatore. Questo tentatore non si stanca di bussare per balzar dentro, ma finché trova chiusa la porta deve tirar via. Lo insinua l’Apostolo: è in nostro potere chiudere questa porta, cioè la porta del cuore (non quella fissata alle pareti di casa), poiché è nel cuore che si trova la nostra stanzuccia segreta. Insegnandoci quindi che è in nostro potere chiudere questa porta, diceva: Non fate posto al diavolo 9Se è entrato e vi ha preso possesso, bada un po’ se non sia stato perché tu avevi chiuso male o non t’eri preoccupato affatto di chiudere.

La porta del cuore e la preghiera a porte chiuse.

4. Che s’intende per ” chiudere la porta “? Questa porta ha come due bande: quella del desiderio e quella del timore. Se desideri qualcosa di terreno, ti entra per questa porta; se temi qualcosa di terreno, egli entra ugualmente per di là. Chiudi dunque in faccia al diavolo la porta del timore e del desiderio, ed aprila a Cristo. Ma come farai ad aprire a Cristo le bande della tua porta? Desiderando il regno dei cieli e temendo il fuoco della geenna. Il diavolo entra attraverso i desideri mondani, Cristo entra attraverso il desiderio della vita eterna; il diavolo entra attraverso il timore delle pene temporali, Cristo entra attraverso il timore del fuoco eterno. Guardate ai martiri! Essi chiusero la porta al diavolo e l’aprirono a Cristo. Il mondo prometteva loro numerosi vantaggi, ma loro se ne risero e chiusero la porta del desiderio in faccia al diavolo. Il mondo minacciava loro le belve, il rogo, la croce, ma essi restarono impavidi e chiusero al diavolo la porta del timore. Vediamo ora se l’abbiano aperta a Cristo: Chi mi avrà confessato dinanzi agli uomini – diceva – anche io lo confesserò dinanzi al Padre mio che è nei cieli 10Amarono il regno dei cieli, dove Cristo li riconoscerà [per suoi]. Come li riconoscerà? Venite, benedetti del Padre mio! possedete il regno che vì è stato preparato fin dall’origine del mondo 11Proclamerà pubblicamente che sono collocati alla destra. E vediamo ancora se essi abbiano aperto a Cristo la porta del timore, che avevano sbarrata al diavolo. In un unico e identico brano il Signore esorta a fare le due cose, cioè a chiudere al diavolo e ad aprire a lui. Dice: Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima 12. Insegna a sbattere in faccia al diavolo la porta del timore. Non ci sarà dunque proprio nulla da temere? Non si dovrà per contro aprire la porta del timore a Cristo, dopo che la si è chiusa al diavolo? Lo precisa subito dopo, quasi a dire: Hai allontanato lui; ebbene, apri a me. Dice: Temete piuttosto colui che ha il potere di uccidere e l’anima e il corpo nella geenna di fuoco. Or dunque, se hai abbracciato la fede e hai aperto a Cristo, serra l’uscio al diavolo. Dentro c’è Cristo, vi abita lui. A lui rivolgi la tua preghiera, non andare in cerca quasi che egli ti ascolti da lontano. Non ti sta lontano la Sapienza di Dio che raggiunge con fortezza [tutte le cose] da un estremo all’altro e tutte le dispone con soavità 13. Indirizza quindi la tua preghiera dentro di te, riversandola dinanzi a lui. Là sono i suoi orecchi. Infatti non in Oriente, non in Occidente, non nei monti deserti; poiché giudice è Iddio 14. Se è giudice, vedi un po’ quale causa ti trascini nel cuore.

Svuotarsi del proprio spirito per ricevere lo Spirito di Dio.

5. [v 4.] Effondo davanti a lui la mia preghiera, paleso al suo cospetto la mia tribolazione. È una ripetizione: quanto detto nei due versi precedenti lo sì ripete adesso in quelli che seguono. Due frasi abbinate e ripetute. Una è: Con la mia voce ho gridato al Signore, con la mia voce ho elevato al Signore la mia supplica; l’altra è: Effondo davanti a lui la mia preghiera, paleso al suo cospetto la mia tribolazione. La stessa cosa infatti significano: Davanti a lui e: Al suo cospetto; e la stessa cosa: Effondo la mia supplica e: Paleso la mia tribolazione. Ma quand’è che compi questo? Chi parla così è nella persecuzione, come s’affretta a precisare: Mentre viene meno il mio spirito. Ma perché viene meno il tuo spirito, o martire provato dalla persecuzione? Perché io non attribuisca a me stesso le forze di cui dispongo, ma mi renda conto che ogni successo deriva da un altro. In tal senso il Signore ammoniva quanti voleva rendere suoi testimoni. Diceva: Quando vi consegneranno ai giudici, non preoccupatevi di cosa direte; non siete infatti voi a parlare ma lo Spirito del Padre vostro parlerà in voi 15. Venga meno, dunque, il tuo spirito e parli lo Spirito di Dio. Questo il motivo per cui voleva renderli poveri di spirito, dicendo: Beati i poveri di spirito perché di essi è il Regno dei cieli 16Beati dunque coloro che sono poveri di spirito proprio e ricchi dello Spirito di Dio. Chi invece si lascia guidare dal suo proprio spirito è superbo. Sottometta il suo spirito [a Dio] se vuol ricevere lo Spirito di lui. Andava verso le alture: scenda a valle, poiché andando verso l’alto le acque defluiranno da lui, mentre invece, se scenderà a valle, sarà riempito di acqua e diverrà quel ventre di cui sta scritto: Fiumi di acqua viva usciranno dal suo ventre 17Ebbene, mentre vien meno in me il mio spirito, paleso al tuo cospetto la mia tribolazione. Son diventato umile e, mancandomi il mio spirito, ho confessato a te [il mio male] e sono stato riempito del tuo Spirito.

La via del giusto e la via dell’empio.

6. Forse la gente venne a sapere che mi era venuto a mancare lo spirito e, dando per disperato il mio caso, diceva: L’abbiamo preso, l’abbiamo schiacciato; ma tu hai conosciuto i miei sentieri. Loro mi credevano steso a terra, tu invece vedevi come stessi in piedi. I persecutori che mi avevano accerchiato credevano che i miei piedi fossero impastoiati, mentre invece ad avere i piedi avviluppati sono stati loro e per questo sono caduti; noi al contrario ci siamo alzati e stiamo dritti 18. I miei occhi son sempre [rivolti] al Signore, poiché egli strapperà i miei piedi dai lacci [che mi hanno teso] 19. Ho perseverato nel camminare. Infatti chi persevererà sino alla fine, costui sarà salvo 20. Loro mi credevano prostrato a terra, io invece camminavo. Dove camminavo? Per sentieri che non riuscivano a scorgere quanti mi credevano prigioniero: per i sentieri della tua giustizia, per i sentieri dei tuoi comandamenti. Tu veramente conoscevi i miei sentieri. Non li conosceva il persecutore, altrimenti non mi avrebbe ostacolato lungo il cammino ma vi avrebbe camminato insieme con me. Quali sono queste vie? Certo quelle di cui in un passo scritturale è detto: Il Signore conosce la via dei giusti, mentre la via degli empi andrà in rovina 21Non dice: Egli non conosce la via degli empi, ma: Conosce [la via] dei giusti, mentre quella degli empi andrà in rovina. Ciò che lui non conosce va infatti in rovina. In molti passi della Scrittura troviamo che, quando di Dio si dice che riconosce, vuol dire che egli salva, che custodisce, mentre il suo non conoscere equivale a dannare. Per qual motivo 22? infatti lui che conosce ogni cosa dirà alla fine: Non vi conosco. Non se ne rallegrino dicendo: Non saremo puniti poiché il giudice non ci conosce. Il fatto stesso che il giudice non li conosca è già castigo. Ebbene, quelle che altrove son chiamate vie note al Signore qui son chiamate sentieri, con le parole: Tu hai conosciuto i miei sentieri. Difatti ogni sentiero è anche via, sebbene non ogni via sia sentiero. E perché mai quelle vie son dette sentieri se non per la loro strettezza? Difatti, mentre la via degli empi è spaziosa, la via dei giusti è stretta.

Una e molteplice è la via del Signore.

7. È lo stesso dire una via e molte vie, come dire una Chiesa e molte chiese, un cielo e più cieli. Son termini usati al plurale e al singolare. La Chiesa si dice una per l’unità che vi regna. Una è la mia colomba; essa è l’unica di sua madre 23. Per le assemblee di fratelli adunate in varie località si parla invece di molte chiese. Dice: Le chiese della Giudea che erano in Cristo godevano per il fatto che colui che ci perseguitava ora evangelizza la fede che prima bistrattava, e in me glorificavano Dio 24. Con tali parole menziona parecchie chiese, mentre riguardo all’unica Chiesa dice: Non siate d’inciampo né ai giudei né ai greci né alla Chiesa di Dio 25. Lo stesso vale per le [molte] vie e per l’unica via, i [molti] sentieri e l’unico sentiero. Perché molti sentieri e un solo sentiero? Come abbiamo motivato la terminologia ” più chiese e una Chiesa “, così dobbiamo addurre il motivo per cui parliamo di più vie e di un’unica via. Si parla di vie di Dio, perché molti sono i suoi comandamenti; ma, siccome tutti questi comandamenti si riducono a un solo comandamento (quello della carità, che è la pienezza della legge 26), per questo le molte vie, consistenti in molteplici precetti, si riducono a una sola via e si chiamano via unica, indicando che la nostra via è la carità. Vediamo quindi se la carità sia davvero una via; ascoltiamo l’Apostolo.Voglio – dice – mostrarvi una via di gran lunga superiore 27. Di qual via parli, o Apostolo? Qual è la via che definisci di gran lunga superiore? Ascolta le mie parole: Se io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come un bronzo risuonante o un cembalo sonoro; e se avessi la profezia e conoscessi tutti i misteri e tutto lo scibile, e se avessi la fede in misura tale da spostare le montagne, ma non avessi la carità, sarei un niente; e se distribuissi ai poveri tutte le mie sostanze e se consegnassi il mio corpo alle fiamme, ma non avessi la carità, non mi gioverebbe a nulla 28. Chiama dunque via di gran lunga superiore la carità. Grande via è questa, fratelli. Grandezza mirabile è in essa contenuta. È certamente questa la via che, per essere superiore [ad ogni altra], è anche la via per eccellenza. Essere infatti superiore è lo stesso che eccellere sugli altri. Nulla quindi è più sublime della via della carità; eppure in essa non camminano se non gli umili. Sta di fatto però che, quando il salmo parla di suoi sentieri, si riferisce ai precetti della carità. Dice: Tu hai conosciuto i miei sentieri. Tu sai che, quanto soffro per te, lo soffro con amore; tu sai che è la carità colei che mi fa sopportare ogni prova; tu sai che, anche nel dare alle fiamme il mio corpo, ho quella carità senza la quale lo stesso gesto [dell’immolazione] non recherebbe all’uomo alcun giovamento.

Il Signore guida nella sua via colui che è mite.

8. Ma chi conosce, o miei fratelli, queste vie dell’uomo se non colui al quale fu detto: Tu hai conosciuto i miei sentieri? Tutte le azioni che l’uomo compie all’esterno cadono sotto lo sguardo dell’osservatore, ma rimane sempre incerto con quale animo vengano compiute. E quanti empi ci sono che prendono se stessi come norma e, misurandosi appunto su se stessi, dicono di noi che nella Chiesa ci stiamo perché smaniosi di onori, lodi e vantaggi temporali! Quanti ce ne sono che, nei confronti di me personalmente, dicono che in tanto vi parlo in quanto raccolgo acclamazioni ed elogi, e nel parlarvi non ho altro fine né altra preoccupazione! Come dimostrar loro che non parlo mosso da questi intenti? Non mi resta che esclamare: Tu hai conosciuto i miei sentieri. Come fanno a saper loro ciò che nemmeno voi sapete? Come sanno loro ciò che a mala pena conosco io stesso? Non voglio infatti essere io giudice di me stesso: chi mi giudicherà è il Signore 29. Un giorno Pietro, ignaro di se stesso, presunse una certa riuscita, ma il medico che vagliava le sue forze vedeva un ben diverso risultato. Suvvia dunque! Con cuore devoto e puro gridiamo al Signore, poiché corrisponderà a verità il nostro grido: Tu hai conosciuto i miei sentieri. Vuoi però che egli ti accompagni in tali sentieri? Sii docile, sii mansueto! Non essere indomito né superbo; non procedere scuotendo e alzando la testa come fanno il cavallo e il mulo, bestie prive di ragione 30. Se infatti sarai docile, se sarai mansueto, il Signore ti adoprerà come sua cavalcatura e ti guiderà per le sue vie: egli che dirige i miti nel giudizio e insegna le sue vie ai mansueti 31Tu, dunque, hai conosciuto i miei sentieri.

La via del giusto è circondata da insidie.

9Su questa via in cui cominciavo a camminare mi hanno nascosto un laccio. La via in cui iniziava a camminare è Cristo: lì nascosero un laccio coloro che perseguitano chi è in Cristo, e ciò fecero a motivo del nome cristiano. Lì dunque mi hanno nascosto un laccio. Che c’è in me che possa eccitare la loro gelosia o spingerli alla persecuzione? Il fatto che sono cristiano. Se veramente perseguitano la mia condizione di cristiano, mi hanno nascosto un laccio nella via in cui cominciavo a camminare.Per quanto è in loro, mi hanno nascosto un laccio nella via in cui mi disponevo a entrare; per quanto concerne la loro voglia, il loro sforzo, il loro desiderio, essi volevano che nella stessa via io inciampassi nel laccio e vi fossi preso. Ma il Signore conosce la via dei giusti 32, e ancora: Tu hai conosciuto i miei sentieri. È vero che essi avevano tali intenzioni, ma tu non permetti che si servano di te per crearmi scandalo, poiché tu sei la mia via. Questo vale, ad esempio, per gli eretici. Vogliono a nostro danno celare dello scandalo nello stesso nome di Cristo, ma si ingannano. Anche se loro credono di porlo dentro la via, in effetti lo pongono al di fuori, poiché loro stessi sono al di fuori [di detta via] e non possono collocare il laccio là dove loro non possono arrivare. Quanto qui è detto nel salmo è commensurato alla loro volontà, al loro desiderio, al loro convincimento; tant’è vero che in un altro passo si dice espressamente: Presso i sentieri mi hanno posto degli scandali 33. Quanto si dice qui, e cioè:Nella via, lo si dice in relazione alla loro volontà e al loro desiderio; l’altra espressione, cioè: Presso la via o, meglio, presso i sentieri, corrisponde invece alla realtà. In effetti è impossibile porre lacci nel sentiero o all’interno della via in se stessa, perché la via è Cristo 34. Per forza quindi li pongono ai margini della via. Cristo infatti non tollera che pongano inciampi nella via sicché ci sia ostacolato il passaggio; lascia solo che li pongano ai margini della medesima per impedire che ne usciamo fuori. Quando il pagano viene a dirmi: Tu adori un dio crocifisso, crede di pormi un intoppo in mezzo alla strada. Sbraita contro la croce di Cristo senza averci capito un’acca. Crede di porre in Cristo uno scandalo, che invece pone soltanto ai margini della strada. Se io non mi allontanerò da Cristo né abbandonerò la via, non cadrò nella trappola. Insulti pure, quell’incosciente, a Cristo crocifisso; permetta però che io guardi la croce di Cristo impressa sulla fronte dei re. In quello che lui schernisce io trovo salvezza. Non c’è atteggiamento più strafottente di quello d’un malato che si burli della sua medicina. Se smettesse di denigrarla, la prenderebbe e guarirebbe. Quella croce è simbolo di umiltà, e lui, traboccante com’è di superbia, non riconosce da che cosa potrebbe essere guarita la gonfiezza della sua anima. Se al contrario io tutto questo riconosco, già cammino all’interno della via, e non solo non arrossisco della croce di Cristo, sicché la porto in segreto, ma giungo a portarla addirittura sulla fronte. Molti sono i sacramenti e diverse le maniere di riceverli: alcuni, come sapete, li riceviamo in bocca, altri li riceviamo con tutto il corpo. Siccome però il rossore si palesa sulla fronte e d’altra parte c’è stato chi ha detto: Chi si sarà vergognato di me dinanzi agli uomini, anch’io mi vergognerò di lui dinanzi al Padre mio che è nei Cieli 35, è stato lui stesso – in certo qual modo – a collocare nel luogo dove si palesa la nostra vergogna l’oggetto ignobile che i pagani deridono. Ti capita di ascoltare uno che insulta un suo simile dandogli dello svergognato: gli dice che è uno sfrontato. Che vuol dire: Essere sfrontato? Essere svergognato. Che io non abbia la fronte scoperta! Me la copra la croce del mio Signore! Dunque, sulla via in cui cominciavo a camminare mi hanno nascosto un laccio, per quanto era in loro e di fatti [lo] posero ai margini della strada. Io al contrario sarò sicuro, se non uscirò fuori strada. Dice la Scrittura: Tu non sai che entri in mezzo a dei lacci 36. Cosa vuol dire: In mezzo a dei lacci? Nella via di Cristo ci son lacci di qua e lacci di là, lacci a destra e lacci a sinistra. Lacci a destra sono le prosperità mondane, lacci a sinistra le avversità mondane; lacci a destra le promesse, lacci a sinistra le minacce. Quanto a te, entra pure nel groviglio di questi lacci; non allontanarti dalla via. Non ti incantino le promesse, non ti abbattano i timori. Su questa via in cui cominciavo a camminare mi hanno nascosto un laccio.

Nella tribolazione non attendersi consolazioni umane.

10. [v 5.] Guardavo a destra e vedevo. Guardava verso destra e vedeva: chi guarda verso sinistra diventa cieco. Che significa guardare a destra? Guardare là dove saranno coloro ai quali verranno rivolte le parole: Venite, benedetti del Padre mio! possedete il regno 37Ci saranno poi degli altri, posti a sinistra, ai quali verrà detto:Andate al fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e i suoi angeli 38Mentre dunque tutto il mondo, fremente d’ira, minacciava persecuzioni, mentre da ogni parte si levavano numerosi gli insulti e le minacce degli uomini, egli non si curava del presente ma guardava all’avvenire: fissava l’occhio [del cuore] alla destra dove sarebbe venuto un giorno a trovarsi. Considerava d’essere già in quel luogo e vi fissava la mente: vedendone [la magnificenza], sopportava ogni dolore. Quelli invece che lo perseguitavano non vedevano. Per questo, dopo aver detto: Guardavo a destra e vedevo, soggiunge: E non c’era chi mi conoscesse. Difatti, quando tu sopporti le varie avversità, chi penetra nelle tue intenzioni? chi sa se esse sono volte a destra o a sinistra? Se nell’affrontare le tribolazioni cerchi l’approvazione degli uomini, sei orientato a sinistra; se cerchi le promesse di Dio, allora sopporti il male orientato a destra. Se poi sei orientato a destra, vedrai [la luce]; se invece sei orientato a sinistra, diverrai cieco. Osserva ancora, però, che quando ti volgerai a guardare verso destra non ci sarà chi ti apprezzi. Chi ti consolerà infatti, se non il Signore, al quale tu dici: E tu hai conosciuto i miei sentieri 39? Né c’era chi mi conoscesse.

Non fuggire di fronte al persecutore.

11. Mi è stata impedita [ogni] fuga. Quasi fosse circondato da ogni parte ha detto: Mi è stata impedita ogni fuga. Lo scherniscano pure i persecutori! Di fatti egli è schiacciato, catturato, circondato, sconfitto. Ogni fuga gli è impedita. Ogni possibilità di fuggire è tolta a chi di fatto non fugge. Chi poi non fugge affronta tutti i possibili patimenti per la causa di Cristo: cioè non se ne sottrae col cuore. Quanto al corpo infatti è consentito fuggire: lo concesse e permise il Signore quando disse: Se vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra 40Viceversa quando uno con l’animo non fugge, allora gli viene impedita la fuga. È tuttavia necessario distinguere fra i motivi per cui non si fugge: se non si fugge perché si è circondati, imprigionati, ovvero perché si è forti. La fuga è negata tanto al prigioniero incatenato quanto all’uomo forte. Qual è allora la fuga che si deve evitare? quale la fuga che dev’esserci impedita? Quella di cui dice il Signore nel Vangelo, quando, a proposito del buon pastore,afferma che egli espone la sua propria vita per le pecore, mentre il mercenario e chi non è pastore, quando vede venire il lupo, fugge 41Vede l’aggressore e fugge: perché? Perché non ha cura delle pecore 42Una fuga di questo genere era stata negata al nostro salmista, tanto se prendiamo questa espressione del nostro Signore Gesù Cristo, morto per la salvezza di tutti, come detta dal Capo in persona propria quanto se detta dalle sue membra, cioè dai nostri martiri, i quali anche loro hanno sofferto per i propri fratelli. Ascolta cosa dice Giovanni: Difatti come egli ha offerto la sua vita per noi, così anche noi dobbiamo offrirla per i nostri fratelli 43È quindi vero che, quando un martire offre [la sua vita], è Cristo che l’offre, poiché quando loro, subiscono la persecuzione Cristo grida: Perché mi perseguiti? 44 Mi è stata impedita [ogni] fuga e non v’è chi ricerchi l’anima mia. Non c’è dunque nessuno che ricerchi la sua anima? I suoi occhi vedono [tanti] uomini con nell’animo la ferocia che li spinge a tramare la sua morte e a versare il suo sangue: come può dire che non c’è chi ricerchi la sua anima? Inoltre, anche questa frase può essere presa in due diversi significati, come due erano i significati dell’altra frase dove si diceva che gli era impedita ogni fuga. La fuga è impedita e all’uomo imprigionato e all’uomo forte; l’anima dell’uomo è cercata parimenti da due punti di vista: o dai persecutori o dagli affezionati. Nel nostro caso però: Non c’è chi ricerchi la mia anima è detto dei primi. Perseguitano, è vero, la mia anima e non la ricercano. Se la ricercassero, la troverebbero unita interamente a te e se sapessero cercarla saprebbero anche imitarmi. Perché poi vi convinciate che anche dai persecutori viene ricercata l’anima dell’uomo, [basta che] ricordiate quanto è detto altrove: Siano confusi e svergognati coloro che cercano la mia anima 45.

12. [v 6.] Ho gridato a te, Signore; ho detto: Tu sei la mia speranza. Quando pativo, quando ero nella tribolazione ho detto: Tu sei la mia speranza. Mia speranza adesso: per questo resisto alla sofferenza; mia porzione [ereditaria] invece, non adesso, ma nella terra dei viventi. Dio ci darà la porzione [di eredità] nella terra dei viventi, e non sarà qualcosa distinto da lui o estraneo a lui. Cosa darà a chi lo ama se non se stesso?

13. [v 7.] Presta attenzione alla mia preghiera poiché sono stato umiliato grandemente. Umiliato dai persecutori, umiliato nella confessione. Umilia se stesso all’insaputa di tutti; dai nemici viene umiliato pubblicamente. Da Dio, al contrario, viene sollevato e in pubblico e nell’intimo della coscienza. In modo invisibile i martiri sono stati già esaltati; pubblicamente lo saranno nella resurrezione dei morti, quando il nostro corpo corruttibile rivestirà l’incorruttibilità 46, quando quella parte di noi contro la quale esclusivamente poterono infierire i persecutori sarà redintegrata. Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima 47. Cos’è ciò che perisce? cos’è quel che uccidono? O si permette loro, forse, che quanto hanno ucciso vada perduto? Non ci andrà. Ascoltane la promessa fatta di persona dal nostro Signore: In verità vi dico, un solo capello della vostra testa non andrà perduto 48. Perché dunque essere in angustia sulla sorte delle altre membra, quando nemmeno un tuo capello potrà essere dannificato?

I nostri peggiori nemici sono il diavolo e i suoi satelliti.

14. Liberami dai miei persecutori. Da chi credete voglia essere liberato attraverso la preghiera? Da persecutori umani? Ma è proprio vero che i nostri nemici sono gli uomini? Abbiamo altri nemici, nemici invisibili, che ci perseguitano sotto altra forma. L’uomo ci perseguita volendo uccidere il corpo, l’altro nemico ci perseguita volendo accalappiare l’anima. Egli dispone anche di strumenti essendo scritto di lui che opera mediante i figli dell’incredulità 49. Servendosi, di questi suoi strumenti nei quali agisce lui personalmente, perseguita il corpo per ottenere la rovina interiore del cuore. Se infatti pur cadendo il corpo, l’anima resta salda, la trappola va in frantumi e noi siamo liberi 50. Ci son dunque altri nemici che ci minacciano e dai quali dobbiamo supplicare Dio che ci liberi, che non permetta veniamo sedotti né per la stanchezza causataci dalle tribolazioni mondane né per l’attrattiva di [false] lusinghe. Chi sono questi nemici? Vediamo se non ce ne abbia lasciata una chiara descrizione un servo del Signore, un soldato perfetto che con loro sostenne gravi combattimenti. Ascolta l’Apostolo, che ti dice: La vostra lotta non è contro la carne e il sangue 51Non convogliate – sembra dirci – il vostro rancore contro esseri umani, credendoli vostri nemici o supponendo che a demolirvi [spiritualmente] sia la loro inimicizia. Questi uomini che voi temete sono carne e sangue; ora la vostra lotta non è contro la carne e il sangue. Si espresse così per ridimensionare l’uomo e la sua condizione mortale. Ma contro chi allora? Dice: Contro i principati e le potestà, contro i reggitori di questo mondo tenebroso 52All’udire: Reggitori del mondo t’eri spaventato. Sì tratta di ” reggitori di questo mondo “: per non subirne quindi gli assalti dovrai forse uscire dal mondo? Dovrai uscire dal mondo per essere sottratto al loro potere? Intendi dunqueReggitori del mondo Reggitori di queste tenebre non nel senso di dominatori del cielo e della terra, poiché l’universo è opera di Dio. Col nome di ” mondo ” ci si chiamano il cielo e la terra ma ci si chiamano anche gli uomini cattivi. Perché anche questi son chiamati mondo? Perché amano il mondo, e, se si chiamano tenebre, lo si deve alla loro empietà. Cosa dice infatti l’Apostolo alle moltitudini dei credenti provenienti di frammezzo a loro? Un tempo foste tenebre, ora però siete luce nel Signore 53Prima di essere luce eravate tenebra, e notate chi fosse allora il vostro dominatore. Qual principe infatti hanno gli empi se non il diavolo, a quel modo che i buoni, i fedeli, hanno per capo Cristo? Chiama dunque reggitori del mondo il diavolo e i suoi angeli, nel senso che sono essi a dominare su coloro che amano il mondo, sui peccatori, qualificati come le tenebre di quaggiù. Ecco chi sono i nemici da cui dobbiamo scongiurare il Signore che ci voglia liberare.

Mondo e mondo.

15. Ascolta come in un unico passo della Scrittura, del Vangelo per la precisione, si parli apertamente di mondo e di mondo: del mondo creato da Dio e del mondo dominato dal diavolo, cioè degli amici di questo mondo. In effetti, Dio creò gli uomini ma non creò gli amici di questo mondo. Se infatti amare il mondo è peccato, Dio non ha potuto essere autore del peccato. Ascolta dunque, come avevo iniziato a dire, un testo dove si parla di mondo e di mondo. È stato detto: Egli era in questo mondo 54Di chi si dice che era nel mondo se non della Sapienza di Dio, cioè di Gesù Cristo? Di tal Sapienza erano anche state dette le parole che poc’anzi ricordavo:Essa si estende da un confine all’altro [dell’universo] e dispone ogni cosa con soavità 55. Ogni luogo infatti essa raggiunge a causa della sua purità, e nessuna macchia si trova in lei 56Pertanto, egli era in questo mondo e il mondo fu creato per mezzo di lui e il mondo non lo conobbe 57Hai udito due mondi: Il mondo [che] fu fatto per opera di lui e il mondo [che] non lo volle riconoscere. Non è quindi il mondo creato ad opera di Gesù che viene signoreggiato da quei principi e potentati delle tenebre. È piuttosto quell’altro mondo, quello che non volle riconoscere Gesù o, in altre parole, sono gli amici del mondo, i peccatori, gli iniqui, i superbi, gli increduli 58Ma perché chiamare ” mondo ” i peccatori? Perché amano il mondo e mediante l’amore fissano la loro dimora nel mondo. È come quando si parla di una casa: termine che indica e l’edificio e gli abitatori del medesimo. Una buona casa normalmente significa un bell’edificio, ma per buona casa si intende anche che son buoni coloro che vi abitano dentro. Analogamente, duplice è il significato della frase: Sta’ lontano da quella casa perché è cattiva. È una casa cattiva, stanne lontano, forse perché minaccia di crollare e crollando potrebbe accopparti. Ma lo si potrebbe dire anche in altro senso, ad esempio questo: Tienti lontano da quella casa, che è cattiva, per non impigliarti nel laccio dei cacciatori: per non essere oppresso, tu povero, dal ricco; per non essere frodato. Come dunque si parla di casa in doppio senso, così anche di mondo. Ma perché dei giusti, che pur sono nel mondo, non si dice che sono il mondo? Lo dice l’Apostolo: Pur camminando in carne mortale, non combattiamo secondo la carne; la nostra dimora è infatti nei cieli 59Il giusto abita nel mondo col corpo, ma il suo cuore è con Dio. Anch’egli merita il nome di ” mondo ” se senza profitto ascolta [l’invito] di tenere in alto il cuore. Se invece lo ascolta utilmente, abiti davvero in alto, come dice [l’Apostolo]: Voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio 60. Ci son dunque certuni che conducono una vita a livello terreno: il loro desiderio e il loro amore son limitati quaggiù; quaggiù si logorano e quaggiù sono avviluppati. Ora questi tali a buon diritto son chiamati abitatori del mondo, e, se davvero abitano nel mondo, è giusto chiamarli “mondo”, come giustamente son chiamati “casa” gli abitanti di una casa. C’è dunque mondo e mondo. Il mondo fu creato per opera di lui il mondo non lo riconobbe 61Ecco, un mondo creato ad opera del Signore e un mondo che non ha conosciuto il Signore. Quanto a te, elogia l’edificio ma ama l’architetto. Non crederti felice perché abiti nell’edificio; cerca piuttosto di abitare in colui che l’ha costruito.

16. Liberami dai miei persecutori perché si sono rafforzati contro di me. Chi dice: Si sono rafforzati contro di me? Lo grida il corpo di Cristo: è la voce della Chiesa. Son le membra di Cristo che gridano: Troppo grande è diventato il numero dei peccatori; e, abbondando l’iniquità, si raffredda in molti la carità 62. Liberami dai miei persecutori perché si sono rafforzati contro di me.

Il giusto desidera essere liberato dal carcere di questo mondo.

17. [v 8.] Trai fuori dal carcere la mia anima, affinché confessi al tuo nome. Varie le interpretazioni degli antichi nei confronti di questo carcere. Non è, forse, errato identificare questo carcere con la spelonca di cui si parla nell’iscrizione del salmo, che ha per titolo: Intelligenza, per lo stesso David quando era nella spelonca, orazione.Questa spelonca sarebbe la stessa cosa che il carcere. Proponiamo alla vostra riflessione due realtà da comprendere; ma, se ne avremo compresa una, saremo a posto con tutt’e due. Ciò che rende carcere un’abitazione è il motivo [per cui ci si è dentro]. Si può essere in due in uno stesso locale, e per l’uno esso è una casa, per un altro è una prigione. Pensate ai custodi dei carcerati. Anche se li tengono chiusi nelle loro case, certo quelli che si trovano sotto severa vigilanza sono in carcere; ma dovremo forse dire che sono in carcere anche i loro custodi? Abitano gli uni e gli altri in una stessa stanza, ma questa stanza è per chi gode la libertà una casa, per chi è prigioniero un carcere. Orbene, a certi commentatori è sembrato opportuno identificare questa spelonca, o carcere, col mondo presente. In tal senso prega anche la Chiesa quando chiede di essere tratta fuori dal carcere, cioè da questo mondo collocato sotto il sole, dove tutto è vanità. Così infatti è detto: Tutto è vanità, e presunzione di spirito in ogni opera dell’uomo, che egli con fatica compie sotto il sole 63Fuori di questo mondo quindi Dio ci promette d’essere un giorno in non so quale pace; e sarebbe, nell’ipotesi, questo mondo il luogo da cui gridiamo: Trai fuori dal carcere la mia anima. Se infatti è vero che la nostra anima mediante la fede e la speranza è in Cristo – come asserivo poc’anzi: La vostra vita è nascosta con Cristo in Dio 64 – tuttavia è anche vero che il nostro corpo è in questo carcere, cioè in questo mondo. Se pertanto dicesse: Trai fuori dal carcere il mio corpo, senza esitazione per ” carcere ” intenderemmo il mondo. Ricordiamoci tuttavia del fatto che noi siamo ostacolati da certi desideri terreni, contro i quali ci tocca lottare ed essere in guerra, in quanto vedo nelle mie membra un’altra legge che è in contrasto con la legge della mia mente 65Per questo motivo, forse, diciamo [al Signore] che sottragga la nostra anima da questo mondo, cioè dai travagli e dalle molestie di questo mondo. Non è infatti mia prigione la carne che tu hai creata, ma la corruzione della carne, le sue molestie, le sue tentazioni.

Ci attende l’incorruttibilità.

18. Ci sono stati poi altri interpreti che hanno visto nel corpo stesso la prigione e la spelonca, di cui si dice [nel salmo]: Trai fuori dal carcere la mia anima. Ma anche questa interpretazione è, in parte almeno, claudicante. Che gran richiesta infatti è [dire a Dio]: Trai fuori dal carcere la mia anima, nel senso di: Libera la mia anima dal corpo? Non escono forse dal corpo anche le anime degli assassini e dei delinquenti, per incontrare pene peggiori di quelle che dovevano sostenere qui in terra? Che gran richiesta è poi pregare [Dio] che tragga fuori dal carcere la mia anima, quando è inevitabile che essa, presto o tardi, lo abbandoni? Il giusto potrebbe forse dire: Fa’ che io muoia presto, libera la mia anima dalla prigione del mio corpo. Ma, se è troppo frettoloso, non ha la carità. Deve certo desiderare questa liberazione e aspirarvi con tutto il cuore, come diceva l’Apostolo: Avendo desiderio di essere sciolto [dai legami del corpo] e d’essere con Cristo: cosa di gran lunga migliore 66Ma dove sarebbe allora la carità? Ragion per cui egli continua: Ma il restare nella carne [è] necessario per il bene vostro 67. Ci sottragga dunque Dio ai legami del corpo, ma quando sarà sua volontà. Quanto al corpo in se stesso, è vero che lo si potrebbe chiamare prigione, non nel senso che sia prigione il corpo stesso quale fu creato da Dio, ma in quanto porta la pena della mortalità. Nel nostro corpo infatti ci sono due elementi da valutare con attenzione: l’opera di Dio e la pena del peccato. La forma [esterna] del corpo, la posizione eretta, la facoltà di muoversi, l’ordine delle membra, la disposizione degli organi sensoriali, la capacità di vedere, di udire, di odorare, il gusto, il tatto, ognuna di queste cose che formano la struttura, così unita e così distinta, del nostro corpo non poteva essere opera se non di Dio, autore di tutte le cose, celesti e terrestri, le più alte e le più basse, quelle visibili e quelle invisibili. Ma allora cos’è che nel corpo costituisce la nostra punizione? L’essere la nostra carne corruttibile, fragile, mortale, misera. Tutto questo non ci sarà più una volta conseguito il premio. Non che saremo senza corpo, poiché il corpo risorgerà. Ma cos’è quello che non ci sarà più? La corruzione. Difatti il nostro essere corruttibile si rivestirà d’incorruttibilità 68. Se pertanto tua prigione è la carne, non dire questo del tuo corpo [in quanto tale], ma della corruttibilità del tuo corpo. In effetti, il tuo corpo è stato creato buono da un Dio che è buono; tuttavia, essendo egli giusto, e giudice [giusto], vi ha cacciato dentro la corruttibilità. Il corpo è un dono gratuito, la miseria del corpo un tormento. Se dunque [il salmista] dice: Trai fuori dal carcere la mia anima, vuol forse significare: Trai fuori dalla corruzione la mia anima. Intendendo il testo in questa maniera non diciamo bestemmie, ma ci atteniamo a un’interpretazione consistente.

Liberati dal corpo, loderemo perfettamente Dio.

19. Voglio finalmente, fratelli, dirvi un’altra opinione. Forse ha detto: Trai fuori dal carcere la mia anima nel senso di: Libera[mi] dall’angustia. Quando infatti si sta bene, anche una prigione sembra larga; quando invece si è tristi, anche una prateria è stretta. Costui pertanto prega d’essere liberato dall’angustia. È vero infatti che nella speranza gode la spaziosità [del regno celeste], in concreto però attualmente egli è nella strettezza. Osserva le angustie dell’Apostolo. Dice: Non trovai riposo al mio spirito poiché non vi incontrai il mio fratello Tito 69E in un altro passo: Chi è infermo senza che diventi infermo anch’io? chi è scandalizzato senza che io ne bruci? 70Se pertanto era infermo e bruciava, non era forse fra le pene e come in una prigione? Sono però queste pene che, mediante la carità, producono la corona. Tant’è vero che lo stesso Apostolo in un altro passo dice: Mi resta la corona della giustizia, che darà a me in compenso il Signore, giudice giusto, quando arriverà quel giorno 71.Proprio di questo trattano le parole: Trai fuori dal carcere la mia anima, affinché confessi al tuo nome. Liberata ormai dalla corruzione, cos’ha da confessare? Lassù non ci saranno più peccati ma ci sarà la lode. E “confessare” si intende proprio in due diversi significati: quello di confessione dei peccati e quello di confessione della lode di Dio. La confessione nel senso di accusa dei peccati è cosa nota; anzi tanto nota che, non appena in una lettura si ode il nome ” confessione “, tanto se lo si dice nel senso di lode quanto se lo si dice nel senso di accusa, subito ci si batte il petto. Che dunque il nome ” confessione ” abbia attinenza col peccato, è cosa risaputa; cerchiamo ora una confessione che significhi lode. Dove la troveremo? Nella Scrittura leggi queste parole: E questo direte nella [vostra] confessione: Tutte le opere del Signore sono buone assai 72Evidentemente qui ” confessione ” è detto nel senso di lode. E in un altro passo dice il Signore: Confesso a te, Padre, Signore del cielo e della terra 73Cosa confessava? Forse i peccati? Per Cristo, dunque, confessare altro non era se non lodare. E ascolta questa lode del Padre. Diceva: Perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli 74Ebbene, siccome terminate le angustie che ci causa la corruttibilità della nostra condizione attuale noi abiteremo nella casa di Dio, allora tutta la nostra vita non sarà altro che una lode di Dio. Più volte vi è stato esposto come lassù, mancando i bisogni, verranno a cessare tutte le varie faccende imposte dal bisogno, né ci saranno attività [da svolgere]. Non parlo [del lavorare] di giorno e di notte, poiché la notte non ci sarà più, ma anche di giorno – quell’unico giorno [che è l’eternità] – non ci sarà più alcuna occupazione a cui dedicarci. Dovremo solo lodare colui che amiamo e che allora ci sarà dato anche contemplare. Ora non lo vediamo, eppure lo desideriamo e lo amiamo; lassù lo ameremo vedendolo [svelatamente], e potremo non lodarlo? Tutt’altro! La nostra lode non avrà fine, come non avrà fine l’amore. Se quindi è vero che questa sarà la nostra attività lassù, certo trai fuori dal carcere la mia anima affinché confessi al tuo nome. Difatti, beati coloro che abitano nella tua casa: ti loderanno, nei secoli dei secoli 75Questa lode ora ce l’impedisce la nostra prigione, poiché il corpo corruttibile appesantisce l’anima 76Non appesantisce l’anima il corpo in quanto tale (poiché anche nell’aldilà avremo il corpo) ma il corpo in quanto soggetto a corruzione. Ciò che dunque costituisce la nostra prigione non è il corpo ma la corruttibilità del corpo. Trai fuori dal carcere la mia anima affinché confessi al tuo nome. La voce con cui il testo continua porta il timbro del Capo: è la voce del nostro Signore Gesù Cristo. È la stessa che trovavamo anche ieri verso la fine [del salmo]. Se ben ricordate, anche ieri l’ultima espressione era questa: Solitario sono io finché non sarò passato 77Oggi qual è? Me attenderanno i giusti finché tu non mi abbia ricompensato.

SALMO 141

(Testo CEI2008)

141
Invocazione a Dio contro il peccato

1 Salmo. Di Davide.

Signore, a te grido, accorri in mio aiuto;
porgi l’orecchio alla mia voce quando t’invoco.

2 La mia preghiera stia davanti a te come incenso,
le mie mani alzate come sacrificio della sera.

3 Poni, Signore, una guardia alla mia bocca,
sorveglia la porta delle mie labbra.

4 Non piegare il mio cuore al male,
a compiere azioni criminose con i malfattori:
che io non gusti i loro cibi deliziosi.

5 Mi percuota il giusto e il fedele mi corregga,
l’olio del malvagio non profumi la mia testa,
tra le loro malvagità continui la mia preghiera.

6 Siano scaraventati sulle rocce i loro capi
e sentano quanto sono dolci le mie parole:

7 »Come si lavora e si dissoda la terra,
le loro ossa siano disperse alla bocca degli inferi».

8 A te, Signore Dio, sono rivolti i miei occhi;
in te mi rifugio, non lasciarmi indifeso.

9 Proteggimi dal laccio che mi tendono,
dalle trappole dei malfattori.

10 I malvagi cadano insieme nelle loro reti,
mentre io, incolume, passerò oltre.

SUL SALMO 140

ESPOSIZIONE DI SANT’AGOSTINO

DISCORSO AL POPOLO

Le Scritture sono piene di misteri.

1. Fratelli, quando un istante fa vi si leggeva la lettera dell’Apostolo, avete ascoltato dalla sua bocca quello che è anche il nostro ammonimento e la nostra pressante richiesta. Egli diceva: Siate perseveranti nella preghiera e in essa vigili; pregate anche per noi, affinché Dio ci apra la porta della parola per annunziare il suo mistero e io lo sappia manifestare com’è mio dovere parlarne 1. Degnatevi di considerare tali parole come se fossero anche mie, e ricordatevi che nelle Scritture son contenuti misteri profondi, che vengono celati perché non perdano di valore. Essi debbono essere investigati perché lo spirito di continuo si alleni [nella ricerca] e alla fine vengono palesati per essere di cibo [al ricercatore]. Il salmo che abbiamo cantato adesso in molte sue espressioni si presenta con più o meno notevoli oscurità. Ma quando nel corso dell’esposizione comincerà a venire alla luce, con l’aiuto del Signore, il senso di ciò che avevate pronunciato, vi accorgerete voi stessi che si tratta di cose già note e che, se le ripete parecchie volte, ciò tende a impedire, mediante il variare della fraseologia, un’eventuale nausea per la verità.

La dottrina scritturale si compendia nella carità.

2. Ci potrà essere infatti, o fratelli, fra i precetti che mai vi sarà dato ascoltare e conoscere, uno più vasto ed efficace per la salvezza di quello che ingiunge: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente 2e: Amerai il prossimo tuo come te stesso 3? Non crediate che si tratti di precetti piccoli. Dice infatti: Da questi due precetti dipende tutta la Legge e i Profeti 4Pertanto ogni pensiero salutare che si concepisca con la mente o si esprima con la bocca, ogni direttiva che si ricava dai libri divini non ha altro fine che la carità. Ma non si tratta qui di carità in senso qualunquistico, quale, ad esempio, quella che esiste tra i malviventi. Come presi in una stessa rete, essi si sentono solidali nella loro perversa coscienza, e dicono di amarsi e di non volersi mai separare gli uni dagli altri. Attraverso lo scambio di idee si affratellano; quando uno è assente ne sentono la mancanza, mentre invece si rallegrano quando è presente. Un amore di questo tipo è infernale: contiene visco che fa sprofondare nell’abisso, non ali che sollevano al cielo. Come dovrà essere allora la carità [genuina] perché la si possa distinguere e separare dalle altre cosiddette carità? La vera carità, quella che è propria dei cristiani, è stata descritta da Paolo; per quanto si tratti d’una realtà che per essere divina è infinita, egli la circoscrive nei suoi limiti, per cui è facile distinguerla dalle sue contraffazioni. Dice: Fine del precetto è la carità 5Poteva fermarsi qui, come di fatto ci si ferma in altri passi dove il suo discorso è rivolto a persone, diciamo così, progredite nella scienza. Pienezza della legge – diceva – è la carità 6senza spiegare di quale carità volesse parlare. Non ne parlò in quell’occasione perché ne aveva parlato altrove. Non è infatti possibile né obbligatorio ripetere tutto sempre e dovunque. Così qui. Dice: Pienezza della legge è la carità. Gli avresti voluto forse chiedere: Ma quale carità? o come vuoi che sia questa carità? Ascoltane la risposta in quell’altro passo: Fine del precetto è la carità [che procede] da un cuore puro 7Già subito vi accorgete se la carità che esiste fra gli assassini proceda da cuore puro. Cuore puro nella carità si ha quando ami l’uomo in ordine a Dio. Difatti anche l’amore verso te stesso dev’esser tale che non tradisca la norma: Amerai il prossimo tuo come te stesso 8Se l’amore che hai per te stesso è cattivo, è anche inutile, e lo stesso vale per il prossimo: se lo ami così, che profitto gli rechi? Ma quand’è che hai per te stesso un amore cattivo? Te lo indica la Scrittura, la quale non adula nessuno. Essa ti convince che a volte non solo non ti ami ma addirittura ti odii. Dice infatti: Chi ama l’iniquità odia la propria anima 9Se pertanto ami l’iniquità, credi forse d’amarti? Ti sbagli. Così è del prossimo. Se col tuo amore lo porti al male, questo tuo amore è una trappola per colui che ami. Quindi la carità procede da cuore puro quando è secondo Dio e proviene da coscienza retta e da fede genuina 10Una tale carità, dall’Apostolo delineata in questi termini, ha due precetti: dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo. Nell’intera Scrittura non cercate altro [precetto], e che nessuno venga ad ordinarvi altro [fuorché la carità]. Nei passi oscuri della Scrittura si cela la carità, nei passi chiari la carità ti diventa palese. Se mai ti fosse palese, non potrebbe nutrirti; se mai fosse nascosta, non t’invoglierebbe a scrutare. Ora è questa carità che dal fondo del cuore puro grida con le parole del salmo: grida dal fondo del cuore di coloro che somigliano al nostro orante. Chi poi sia costui ve lo dico in una parola. È Cristo.

Le parole di Cristo capo sono anche parole delle membra.

3. Ascolterete delle parole che non vi sembrerà conveniente riferire al nostro Signore Gesù Cristo. Qualcuno anzi, limitato nella comprensione, penserà che io troppo alla leggera abbia detto che in questo salmo è da vedersi la persona di Cristo. Del nostro Signore Gesù Cristo infatti sappiamo che è l’agnello senza macchia, che in lui – e solo in lui – non si trova peccato, che lui soltanto con assoluta verità poté affermare: Ecco viene il principe di questo mondo e in me non troverà nulla 11, cioè nessuna colpa, nessun reato. Egli solo sborsò il compenso per cose che non aveva rubate 12, egli solo versò innocentemente il proprio sangue. Era infatti l’unico Figlio di Dio che prese la nostra carne, non per sminuire se stesso ma per arricchire noi. Come dunque si possono applicare convenientemente a una tale persona parole come le seguenti: Poni, Signore, una custodia alla mia bocca e una porta, quella della continenza, attorno alle mie labbra, per non piegare il mio cuore a parole maligne e trovare scuse per i peccati 13? È infatti quanto mai chiaro che il loro significato è questo: O Signore, custodisci la mia bocca con una porta, con l’uscio dei tuoi comandamenti, affinché il mio cuore non devii verso parole maligne. Quali parole maligne? Quelle con cui si vogliono scusare i peccati. Che non succeda – dice – che io preferisca scusare i miei peccati anziché accusarli. Parole come queste non convengono alla persona del nostro Signore Gesù Cristo. Quale peccato infatti egli commise, di cui avrebbe dovuto, non difendersi, ma riconoscersi colpevole? Nostre sono queste parole, anche se a dirle è certamente Cristo. Ma, se sono parole nostre, come può pronunciarle Cristo? Che mai? dov’è andata a finire la carità di cui or ora vi parlavo? Non ricordate come per la carità siamo una cosa sola in Cristo? È la carità che, partendo dal nostro cuore, grida a Cristo; è la carità che, partendo da Cristo, grida a nostro favore. In che senso la carità, partendo da noi, grida a Cristo? E avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvo 14. In che senso poi la stessa carità, partendo da Cristo, grida per noi? Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 15. E l’Apostolo:Voi siete il corpo di Cristo e [sue] membra 16. Pertanto, se egli è il capo e noi il corpo, unico è l’uomo che parla: parli il capo o parlino le membra, è sempre l’unico Cristo a parlare. E più propriamente è compito del capo parlare anche in vece delle membra. Osservate quel che ordinariamente facciamo anche noi. Notate in primo luogo come fra tutte le nostre membra nessuno è dotato di parola all’infuori della testa, e notate ancora come la testa parli a nome di tutte le altre membra. In un locale stretto ecco che uno ti pesta il piede. ” Mi pesti “, dice la testa. Uno ti ha ferito la mano. ” Mi hai ferito “, dice la testa. Nessuno ha toccato la tua testa, ma per mezzo di essa parla l’unità compaginata del tuo corpo. La lingua, che ha sede nella tua testa, s’è presa le parti di tutte le membra, e parla a nome di tutte. Così dobbiamo ascoltare Cristo quando parla: ognuno deve poter riconoscere in lui la sua propria voce, come di chi si tiene compaginato nel corpo di Cristo. Potrà succedere a volte che egli pronunzi parole nelle quali nessuno di noi scopra la propria persona, ma che appartengono esclusivamente al capo. Egli tuttavia non si stacca mai dalle nostre parole ma le innalza identificandole con le sue; e poi mai succede che dalle sue parole non torni alle nostre. Di lui infatti e della sua Chiesa fu detto: I due saranno una sola carne 17. Ed egli stesso, parlando della medesima cosa, diceva nel Vangelo: Orbene, non sono due ma una sola carne 18. Non son novità quelle che vi dico – le avete ascoltate da sempre! – ma, quando ci si presenta l’occasione, è d’obbligo ricordarle: prima di tutto perché le Scritture che veniamo esponendo son così intrecciate fra loro che si ripetono spesso e su molte cose, e poi perché si tratta di materia [a voi sempre] utile. Le faccende di questo mondo producono infatti quelle spine che tentano di soffocare il seme, per cui è una esigenza vitale lasciarsi rammentare molto spesso dal Signore ciò che il mondo vorrebbe ad ogni costo farci dimenticare.

Il grido invocante della Chiesa durerà sino alla fine del mondo.

4. [v 1.] Signore, ho gridato a te: ascoltami. Son parole che possiamo dire tutti: parole che non dico io ma il Cristo totale. È tuttavia più appropriato ritenerle pronunziate a nome del corpo, poiché [il Capo] anche quand’era qui [in terra] pregò unito alla carne. Pregò il Padre a nome del suo corpo, e accadde che, mentre pregava, da tutto il suo corpo grondavano a terra gocce di sangue. Così è scritto nel Vangelo: Gesù pregò con un’orazione intensa e sudò sangue 19. Cos’è questo versare sangue da tutto il corpo se non le sofferenze sostenute dai martiri in tutta la Chiesa? Signore, ho gridato a te: ascoltami. Presta attenzione alla voce della mia supplica, mentre io grido a te. Dicendo: Ho gridato a te, tu pensavi che la faccenda del gridare fosse ormai terminata. Hai gridato, è vero, ma anche adesso non crederti al sicuro. Se fosse terminata la tribolazione, sarebbe finito anche il gridare; ma se la tribolazione della Chiesa e del corpo di Cristo durerà sino alla fine dei tempi, dica non soltanto: Ho gridato a te, ascoltami; ma anche: Presta attenzione alla voce della mia supplica, mentre io grido a te.

Sacrificio vespertino fu la morte di Cristo.

5. [v 2.] S’innalzi la mia preghiera come incenso al tuo cospetto: l’elevazione delle mie mani [sia] come il sacrificio vespertino. Queste parole di solito vengono applicate al capo: lo sa ogni cristiano. Fu infatti quando il giorno volgeva ormai alla sera che il Signore sulla croce esalò l’anima per riprenderla, senza che alcuno gliela strappasse contro sua voglia. Tuttavia anche in quell’occasione c’è del simbolismo per noi. Di Cristo infatti cosa fu sospeso al patibolo se non quel che egli aveva assunto da noi? Ovvero come poté succedere che Dio Padre abbandonasse e lasciasse solo, sia pur temporaneamente, l’unico [suo] Figlio, che insieme con lui è un unico Dio? Egli tuttavia confisse alla croce la nostra fragilità, e lì, come dice l’Apostolo, il nostro uomo vecchio fu confitto alla croce insieme con lui 20. Per questo, parlando con accenti della nostra umanità, gridava: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 21 Ecco dunque qual è il sacrificio vespertino: la passione del Signore, la croce del Signore, l’offerta della vittima di salvezza, l’olocausto accetto a Dio. Quel sacrificio vespertino si tramutò, mediante la resurrezione, in dono mattutino. Quando dunque dal cuore dei credenti si innalza con purezza la preghiera, è come un incenso che si solleva dal santo altare. Non c’è cosa più deliziosa del profumo del Signore, e così debbono essere profumati tutti i credenti.

Cristo grida gravato dalle nostre colpe.

6. [v 3.] Il nostro uomo vecchio – per dirla con l’Apostolo – è stato dunque confitto in croce insieme con lui, affinché – dice – si svuoti [del suo potere] il corpo del peccato e noi non serviamo più oltre al peccato. In vista di ciò si dice nel salmo: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontano dalla mia salute – vi si aggiunge immediatamente – le parole dei miei delitti. Ma quali delitti, se ci si limita a considerare il Capo? Eppure le parole di questo salmo son proprio sue. Lo attestò lui stesso dall’alto della croce, dicendo tali parole, pronunziando questo verso. Non c’è posto per congetture cervellotiche; nessun cristiano ha facoltà di negare [l’appropriazione]: quanto leggo nel salmo ascolto anche dalle labbra del Signore. Ma c’è di più. Trovo in quel salmo le stesse cose che leggo nel Vangelo: Hanno forato le mie mani e i miei piedi; hanno contato tutte le mie ossa; essi mi spiavano e guardavano biechi; si son divisi le mie vesti e sulla mia tunica han gettato le sorti 22Cose tutte che accaddero come erano state predette. Come le avevamo ascoltate così le abbiamo vedute. Dopo ciò si comprende come il nostro Signore Gesù Cristo, pur essendo personalmente senza peccato, poté dire: Le parole dei miei delitti 23Lo disse in quanto nella carità del suo corpo rappresentava noi; lo disse a nome del suo corpo. Chi infatti, fra le membra di Cristo, oserebbe dire di essere senza peccato, se non colui che sulla base di una falsa giustizia personale diventasse talmente orgoglioso da accusare di falsità lo stesso Cristo? Ma tu, o membro [di Cristo], riconosci la verità di quello che a nome tuo asserì il tuo Capo. Per darci la possibilità di una tale confessione, e potessimo compierla di fatto, per impedire cioè che noi ci sentissimo giusti dinanzi all’unico Giusto, a colui che giustifica l’empio 24, ecco il salmo aggiungere subito le parole del corpo. Dice: Poni, Signore, una custodia alla mia bocca: un uscio, quello della continenza, intorno alle mie labbra. Non dice: Un muro di contenimento, ma: Un uscio. L’uscio si apre e si chiude. Quindi, se è un uscio, occorre aprirlo e chiuderlo: aprirlo alla confessione del peccato e chiuderlo alla scusa del peccato. In tal modo sarà una porta di contenimento, non di rovina.

Cristo abita in noi mediante la fede.

7. [v 4.] Qual vantaggio ci arreca una tal porta di contenimento? Cosa chiede Cristo pregando a nome del suo corpo? Dice: Per non piegare il mio cuore a parole maligne.Cos’è questo Mio cuore? Il cuore della mia Chiesa; sì, il cuore del mio corpo. Ripensate a quelle parole che per noi sono paradigmatiche: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 25 Le dice quando, lui personalmente, nessuno lo toccava. Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere 26 e così via di seguito. Gli risponderanno: Ma quando ti abbiamo visto affamato o assetato? 27 E lui: Ogni volta che l’avete fatto a uno solo di questi miei [fratelli], anche il più piccolo, l’avete fatto a me 28Queste verità debbono essere familiari ai cristiani, specialmente a coloro che si son fissati in mente le norme per capire il resto [della rivelazione]. In questa maniera essi o non avranno a subire turbamenti o presto torneranno sul retto sentiero. In quel giorno dunque i giusti diranno: Signore perché hai detto: Ho avuto fame e voi mi avete dato da mangiare? e ancora: Quando ti abbiamo visto affamato? Egli risponderà: Ogni volta che l’avete fatto a uno solo di questi miei [fratelli], anche il più piccolo, l’avete fatto a me. La stessa cosa dobbiamo dire noi adesso e dirla a Cristo, che è dentro di noi, nel nostro uomo interiore dove egli si degna di abitare per mezzo della fede 29. Egli non è a noi assente, sicché non abbiamo a chi rivolgerci; viceversa, egli ci ha detto: Ecco io sono con voi sino alla fine del mondo 30Diciamogli pertanto anche noi quel che ci suggerisce il salmo, in cui echeggia la sua voce. Difatti, per comune riconoscimento, è sua la voce che prega:L’elevazione delle mie mani in sacrificio vespertino. Di conseguenza di’ anche tu: Poni, Signore, una custodia alla mia bocca; una porta, quella della continenza, attorno alle mie labbra, per non piegare il mio cuore a parole maligne e trovare scuse per i peccati. Perché, Signore, preghi in questa maniera? Di quali tuoi peccati vuoi scusarti? Ti risponde: Quando prega così il più piccolo fra le mie membra, son io che così prego. Come là dove rispose: Ogni volta che l’avete fatto a uno dei miei [fratelli], anche il più piccolo, l’avete fatto a me 31.

Simone fariseo e la peccatrice perdonata da Cristo.

8. Bisogna però che il tuo cuore, o membro di Cristo, non devii: non devii verso le parole maligne, per trovare scuse ai tuoi peccati insieme con gli uomini che operano l’iniquità, e che non faccia lega con i loro eletti. Così infatti prosegue: Non farò lega con i loro eletti. Chi sono i loro eletti? Quelli che si ritengono giusti e disprezzano gli altri, come quel fariseo che nel tempio diceva: O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini 32Chi sono i loro eletti? Quest’uomo, se fosse un profeta, saprebbe certamente che sorta di donna gli si è avvicinata ai piedi 33. Riconoscete qui le parole di quell’altro fariseo che invitò il Signore, quando poi venne quella donna che nella città era “la peccatrice” e si buttò ai piedi di lui. Era stata una svergognata, s’era data sfacciatamente alla prostituzione, e ancor più sfacciata fu quando, in cerca di salute, s’introdusse in casa d’altri. Ma non era ” un altro ” colui che stava lì a mensa, e lei non era un’estranea postasi sulle tracce d’un commensale qualunque, ma una serva che voleva seguire il suo padrone. Si accostò ai suoi piedi, poiché desiderava seguirne le orme; li lavò con le lagrime, li asciugò con i capelli. E chi sono i piedi di Cristo se non coloro ad opera dei quali egli ha percorso tutto il mondo? Quanto son belli i piedi di coloro che annunziano la pace, che annunziano il bene! 34 Orbene, quanti hanno accolto ospitalmente i piedi del Signore, per cui, ricevendo un giusto in quanto giusto, ricevettero la ricompensa del giusto! E quanti hanno ricevuto un profeta in quanto profeta, ricevendo la ricompensa dovuta al profeta! Ma – dice ancora – chiunque avrà dato da bere a uno solo di questi [miei], fosse anche il più piccolo, un bicchiere di acqua fresca, solo per il fatto che è discepolo, in verità vi dico, non perderà la sua ricompensa 35Chi dunque accoglie con simili tratti di cordialità i piedi del Signore, di che cosa si serve se non delle cose superflue che ha in casa? Se poi è vero che i capelli sono cosa più o meno superflua, molto opportunamente quella donna se ne serviva per asciugare i piedi del Signore. Le tue cose superflue diventano a te necessarie se con esse presterai ossequio ai piedi del Signore. Così quella donna. Consapevole della grandezza della sua piaga, voleva esser[ne] curata. Grande era, veramente, la piaga ma forse che il medico era piccolo? All’altro estremo c’erano i farisei, che rifiutavano d’essere perfino toccati da chi era impuro, rifuggivano da ogni contatto con i peccatori e, se talvolta per necessità ne erano toccati, subito si purificavano [con abluzioni]. Quasi ad ogni ora si lavavano, e non soltanto se stessi ma anche i propri utensili, i letti, i bicchieri e le coppe, come ricorda il Signore nel Vangelo. Ora, quella donna era nota al fariseo ospitante, e certamente, se si fosse avvicinata ai suoi piedi, egli l’avrebbe allontanata, non permettendo che venisse contaminata la sua santità. Si trattava infatti di una santità situata nel corpo, non nel cuore 36, e per questo – perché cioè non risiedeva nel cuore – quella santità che gli rivestiva il corpo era una santità falsa. Comunque, egli avrebbe scacciato la donna e, quando vide che il Signore non faceva altrettanto, pensò che egli non conoscesse chi fosse e dentro di sé si andava dicendo: Costui, se fosse stato un profeta, avrebbe saputo che sorta di donna gli si è avvicinata ai piedi 37Non concluse: L’avrebbe scacciata, ma solo: Avrebbe saputo di chi si tratta, dando per scontata la conseguenza che, se l’avesse saputo, l’avrebbe scacciata. Dal fatto quindi che non la scacciava, il fariseo arguì con certezza che non la conosceva. Dal canto suo il Signore, come aveva occhi per osservare quella donna, così aveva orecchi per raggiungere il cuore del fariseo. Ascoltando quindi i suoi pensieri, gli propose la parabola che conoscete. Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi con che pagare, condonò [il debito] a tutt’e due. Ti domando – disse – quale [dei due] lo amerà di più. E l’altro,costretto dalla [forza della] verità a pronunziarsi contro se stesso, rispose dicendo: Credo, Signore, che sia colui al quale è stato condonato di più. E rivolgendosi alla donna, disse a Simone: Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e non mi hai dato il bacio, costei invece mai ha smesso di baciarmi i piedi; tu non mi hai dato acqua per i piedi, costei invece mi ha lavato i piedi con le lagrime; tu non mi hai unto con l’olio, costei mi ha unto con il balsamo. Ti dico pertanto: Le sono rimessi i suoi molti peccati perché ha molto amato 38Perché? Perché confessò i suoi peccati, perché pianse, perché il suo cuore non deviò volgendosi a parole maligne con cui scusare il peccato, perché non fece lega con i loro eletti, cioè quelli che vogliono difendersene.

Malizia di chi difende il proprio peccato.

9. Né si può dire che a quella donna, se il suo cuore avesse deviato volgendosi a parole maligne, mancasse modo per discolparsi del suo peccato. Non ci imbattiamo ogni giorno in donne come lei disoneste ma non come lei pronte alla confessione? Quante prostitute, adultere, depravate, ci sono che difendono i loro peccati! Se nessuno le scopre, negano [la colpa]; se invece le si sorprende sul fatto, o ne vengono convinte [in giudizio], o compiono il loro mestiere allo scoperto, avanzano scuse. E come son abili a difendersi! come hanno pronta la scusa!, una scusa che però è avventata, trita per la quotidiana ripetizione e sacrilega. ” Bah! se Dio non lo volesse, io non lo farei “. ” L’ha voluto Dio, l’ha voluto la sorte, l’ha voluto il destino “. Non dicono: Io ho detto: Signore, pietà di me 39, né, come quella peccatrice che venne ai piedi del medico: Sana la mia anima perché ho peccato contro di te. Ma chi sono, miei fratelli, coloro che si difendono in questa maniera? Non sono solo gli ignoranti ma anche i dotti. Seggono e scrutano gli astri, ne fissano gli intervalli, il corso, le orbite, il tempo in cui stan fermi o si muovono. Descrivono, congetturano. E si dan l’aria di dotti, di grandi! Dottrina e grandezza che nient’altro sono se non una difesa del peccato. Tu saresti adultero perché tale ti è presentata Venere, saresti omicida perché tale ritieni Marte: sicché l’omicida non sei tu ma Marte, l’adultero non sei tu ma Venere! Sta’ però attento che non Marte o Venere andranno in perdizione, ma tu. A condannarti sarà infatti Dio, il quale da giudice ben informato sa che sei tu [il reo] anche se gli dici: Non sono io. Osserviamo poi il comportamento dell’astrologo stesso che a te vende quelle favole che ti intrappolano, facendo sì che anche la morte che ti procuri ti costi qualcosa. A suon di quattrini infatti te la comperi dall’astrologo, mentre rifiuti in malo modo la vita che Cristo ti offre gratis. Ebbene, se quell’astrologo sorprende sua moglie a discorrere con civetteria con qualcuno o la trova ad ora inconsueta che aspetta uno non di casa o che con troppa frequenza si reca a sbirciare alla finestra, non la prende a bastonate, riportando ordine in casa? Provi la moglie a rispondergli: Picchia Venere, se ce la fai, non me. Non le replicherebbe il marito: Stupida che altro non sei! un conto è quel che mi spetta come responsabile [della casa], un altro è quel che si spaccia a chi viene a comprar [frottole]? Chi son dunque i loro eletti? Gli eletti dei cattivi, degli empi, con i quali è vietata ogni connivenza, o, in altre parole, non si deve avere alcuna relazione. Ma chi sono in concreto? Coloro che si ritengono giusti e disprezzano gli altri, da loro definiti peccatori, come facevano quei farisei 40. Lo sono ancora quei tali che, quando i loro peccati son palesi, o perché li si sorprende sul fatto o perché peccano pubblicamente, fan di tutto per scolparsene e tutto affermano pur di non venire incolpati. Al colmo, perché non li si giudichi responsabili del male compiuto, buttano tutta la colpa su Dio, in quanto è stato lui – dicono – a creare così l’uomo, a ordinare le stelle, ovvero non si cura delle vicende umane. Son le difese degli eletti di questo mondo. Il contrario dica ogni membro di Cristo; dica l’intero corpo di Cristo o, meglio, Cristo stesso a nome del suo corpo: Non piegare il mio cuore verso parole maligne per scusare i miei peccati insieme con gli uomini che operano l’iniquità, e non farò lega con i loro eletti.

Dottrina manichea sui rapporti fra uomo e Dio.

10. C’è un fatto che voi, fratelli, sapete ma su cui non si deve sorvolare. Anche fra i manichei ci sono i cosiddetti eletti, cioè i giusti più progrediti, coloro che hanno come raggiunto il culmine della giustizia. Chi è al corrente della cosa ci ripensi; chi ne è all’oscuro voglia ascoltare. Tutti i santi sono, come afferma la Scrittura, eletti di Dio; ma costoro hanno usurpato quel titolo e, per così dire, addomesticandolo lo hanno applicato a se stessi: per cui d’ora in poi, a parlar propriamente, loro [soli] dovrebbero essere chiamati eletti. Ma chi sono questi eletti? Son gente che, se le vai a dire che ha peccato, subito la senti pronunziare, a sua discolpa, parole empie, peggiori e più sacrileghe di quelle che usano gli altri. Dicono: Non ho peccato io, ha peccato il popolo delle tenebre. Ma chi è questo popolo delle tenebre? Un popolo che fece guerra a Dio. E allora? quando tu pecchi, pecca questo popolo? Certamente, rispondono, e ciò in quanto io son mescolato con esso. Ma Dio, autore di questo miscuglio, aveva forse qualcosa da temere? Questo infatti essi insegnano: che quel popolo delle tenebre si ribellò a Dio prima della creazione del mondo e Dio volle prendere provvedimenti affinché i suoi domini non fossero localmente devastati al sopraggiungere dell’invasione nemica. Per ottener questo, mandò quaggiù le sue membra, la sua sostanza, quello che lui è: oro se si tratta di oro, luce se si tratta di luce e così di qualunque altra cosa. Tutto ciò che esiste [quaggiù] ve l’ha mandato [Dio] e l’ha mescolato con le viscere del popolo delle tenebre – così dicono – e con questo ha strutturato il mondo. Quanto a noi – dicono ancora – le nostre anime son tratte dalle stesse membra di Dio, ma in questo mondo siamo sotto il peso delle membra del popolo delle tenebre e, quando ci si dice che pecchiamo, chi pecca è quel popolo. Dan l’impressione, è vero, d’aver trovato una scusa per il proprio peccare; tuttavia non hanno ragioni valide per sottrarre il loro dio all’accusa di codardia né per esentare la stessa natura divina dall’accusa di corruttibilità. Se infatti Dio è incorruttibile, immutabile, non soggetto né a contaminazioni né a macchie, se è impenetrabile, cosa poteva fargli quel popolo? Poteva muovere tutti gli assalti che voleva; ma poteva forse incutere paura a un essere impenetrabile, inviolabile, non soggetto a contaminazioni né a mutamenti né a corruzione? Se pertanto Dio è così [come voi dite], è un dio crudele perché senza alcun motivo, senza che alcuno potesse nuocergli, vi ha mandato in questo mondo. E perché vi ci ha mandati? Notate bene! Il popolo delle tenebre non poteva recargli alcun nocumento, mentre lui a voi ha arrecato un danno veramente grave. Vostro nemico dunque fu, più che non quel popolo, Dio stesso, sebbene anche quel popolo avrebbe potuto danneggiarvi. Inoltre se è stato possibile che voi foste sopraffatti, presi prigionieri, insudiciati e corrotti, anche Dio, di conseguenza, ha potuto subire la stessa sorte. A soggiogare tutta intera la massa è stato infatti quel pezzetto, diciamo così, o quella minuscola parte della sua natura, poiché identico è ciò che ha mandato in questo mondo e ciò che è rimasto lassù. Lo affermano loro stessi, i quali poi professano che due sono le sostanze: una quella e un’altra questa. Lo si trova nei loro scritti, e, se volessero negarlo, basterebbe andare a leggerli per convincerli.

Seguita la polemica con i manichei.

11. E allora? Per non dilungarmi maggiormente su quest’unico tema iniziale, ometterò di raccontare gli aspetti più deteriori e nefandi. Osservate intanto come già nel loro punto di partenza, quando cioè tirano in ballo la guerra, vengano loro stessi debellati e come, mentre parlano di battaglie ingaggiate dal popolo delle tenebre contro Dio, loro stessi rimangano intrappolati nella propria verbosa polemica. Nulla hanno infatti da rispondere né hanno scampo dove rifugiarsi. Eccoti dunque, o eletto falso e scellerato! tu vuoi scusare il tuo peccato, vuoi mostrare che, se compi il male, non l’hai compiuto tu. Cercando qualcuno sul quale scaricare il tuo peccato, lo riversi sul popolo delle tenebre. Ma bada bene a Dio e se per caso non lo riversi su di lui. Se infatti quel vostro immaginario popolo delle tenebre potesse parlare, ti direbbe: Cosa stai ad accusarmi? Potevo io o non potevo danneggiare il tuo Dio? Se lo potevo, significa che sono più forte di lui; se non lo potevo, che motivo c’era di temermi? E se non mi temeva, perché ti ha spedito quaggiù a soffrire tanti malanni, tu che sei membro di lui e sostanza di lui? Se non aveva nulla da temere, vuol dire che ha agito per invidia; se non ha agito per timore, ha agito per crudeltà. Quanto grande è dunque la sua cattiveria! Nessuno poteva danneggiarlo, e lui ha preso delle sue membra e le ha sottoposte quaggiù a tanti disagi! Ovvero era soggetto a nocumenti? Ma in questo caso egli non sarebbe più incorruttibile. In conclusione, finché vorrai scusare il tuo peccato, ti sarà impossibile lodare Dio. La lode di Dio non ti diventerà un cappio, a meno che tu non ti pavoneggiassi a lodare te stesso. Cambia sistema!, comincia a disapprovare te stesso, e loderai Dio. Torna alle parole dei salmi, da voi detestati, e di’: Io ho detto: Signore, pietà di me! Sana la mia anima perché ho peccato contro di te 41Io ho detto: Ho peccato io, non la sorte, non il fato, non il popolo delle tenebre. E se hai peccato tu, vedi subito quanto sia spaziosa la [via alla] lode di Dio, quella via che prima, quando volevi scusarti, ti era così stretta. Molto meglio è però che ti senta stretto quanto al tuo peccato e ti dilati nella lode di Dio. E una volta che tu hai confessato il tuo peccato, vedi come venga lodato Dio: è lodato o per la sua giustizia, e questo quando ti punisce perché ostinato, o per la sua misericordia, e questo quando ti spinge alla confessione e ti libera [dalla colpa]. Per questo dice: Non piegare il mio cuore verso parole maligne per trovare scuse al peccato. Che io, cioè, non dica che a compiere quel che ho compiuto io sia stato il popolo delle tenebre.

Conseguenze insensate della dottrina manichea.

12. Con gli uomini che commettono iniquità. Quale iniquità? Limitiamoci a raccontare qualcuna soltanto delle loro iniquità e nefandezze. Ascoltate un’iniquità o scelleraggine dei manichei: è una cosa di pubblico dominio e loro stessi la riconoscono. Dicono che per l’uomo è meglio essere usuraio che non agricoltore. Domandi loro il perché ed essi te lo spiegano; ma vedi se il motivo addotto non debba qualificarsi come pazzia. Dicono: Chi presta denaro con usura non intacca la croce della luce (molti non comprenderanno ma poi lo spiegherò); chi invece si dà all’agricoltura – dicono ancora – intaccano, e profondamente, la croce della luce. Chiedi loro: Ma cos’è codesta croce della luce? Rispondono: Sono le membra di Dio imprigionate in quella guerra e sparse in tutto il mondo, tanto che si trovano negli alberi, nelle erbe, nei frutti e nei prodotti campestri. Chi ara la terra infierisce contro le membra di Dio; chi strappa dalle terre l’erba, infierisce contro le membra di Dio; chi stacca un frutto da una pianta infierisce contro le membra di Dio. E allora, per non commettere con l’agricoltura questi falsi omicidi, compie con l’usura veri omicidi! Il manicheo non stende il pane al mendicante. Osservate se possa esserci iniquità che superi questo tipo di giustizia. Egli non stende il pane al mendicante. Gli domandi: Ma perché? Perché quel mendicante non si appropri della vita che è nel pane e che, dicono, è membro di Dio e sostanza divina e non lo aggioghi alla carne. Ma voi cosa fate? cosa? Perché mangiate? O che voi siete forse senza carne? Replicano: Effettivamente noi, almeno noi eletti, siamo stati illuminati dalla fede di Mani; pertanto con le nostre preghiere e i nostri salmi noi purifichiamo, così facendo, la vita rinchiusa in quel pane e la spediamo nelle dispense celesti. Sono insomma, quegli eletti, così straordinari che non hanno bisogno d’essere salvati da Dio ma Dio deve a loro la sua propria salvezza. E lo stesso vale per Cristo, il quale – dicono – è crocifisso in tutto il mondo. Veramente, io dal Vangelo avevo appreso che Cristo è il salvatore, ma voi, stando almeno ai vostri libri, sareste i salvatori di Cristo! Sia però chiaro! voi siete bestemmiatori di Cristo e per questo non potete essere salvati da Cristo. Comunque, non daremo un tozzo di pane al mendicante e non faremo piangere il membro di Dio racchiuso in quel pane, incuranti se quel mendico finirà col morire di fame! Per una cervellotica misericordia verso il pane si commette un vero omicidio ai danni di quel poveraccio! Ma chi sono alla fin delle fini questi loro eletti? Non piegare il mio cuore verso parole maligne, e io non farò lega con i loro eletti.

Salutare il rimprovero del giusto, ridicolo il plauso dell’adulatore.

13. [v 5.] Il giusto mi riprenderà con misericordia e mi sgriderà. Ecco un peccatore che confessa [la sua colpa]: preferisce essere caritatevolmente redarguito anziché essere lodato con false lusinghe. Il giusto mi riprenderà con misericordia, appunto perché è giusto e misericordioso, quando mi vedrà cadere in peccato. Son parole, queste, che certe membra di Cristo pronunciano e le pronunciano di altre membra, però sempre nell’unità del medesimo corpo. È il Signore che parla degnandosi di presentarsi come colui che rimprovera, senza per questo rifuggire d’identificarsi con chi è o dev’essere rimproverato. Difatti tutte le membra si unificano in lui, e intanto egli dice: Il giusto mi riprenderà. Qual è il giusto che ti riprenderà? Il capo rimprovera tutte le membra. Il giusto mi riprenderà con misericordia e mi sgriderà. Mi sgriderà, ma spinto da misericordia; mi sgriderà, ma senza odiarmi; anzi tanto più forte sarà la riprensione quanto meno è dettata dall’odio. E guardiamo al salmista: perché ringrazia? Perché riprendi il saggio e ti amerà 42. Mi riprenderà forse il giusto per perseguitarmi? Tutt’altro! Se riprendesse perché spinto dall’odio, meriterebbe lui il rimprovero. Ma chi allora lo muove a rimproverare? La misericordia. E mi sgriderà. Mosso da che? Dalla misericordia. Ma l’olio del peccatore non ungerà la mia testa. Che significano le parole: Ma l’olio del peccatore non ungerà la mia testa? La mia testa non ingrosserà per le adulazioni. È adulazione ogni lode falsa; e la lode falsa dell’adulatore è olio del peccatore. In tal senso anche fra la gente, quando si mena per il naso qualcheduno tributandogli lodi false, si dice di lui che gli si è unta la testa. Ebbene, amate essere ripresi caritatevolmente dal giusto e non compiacetevi delle lodi che beffandovi vi tributa il peccatore. Siate voi stessi forniti di olio, per non doverne cercare presso il peccatore. Ricordate quelle vergini sagge che portavano con sé l’olio 43. Il fatto che esse, da vergini sagge, portassero l’olio significa che la loro coscienza rendeva loro [buona] testimonianza. L’olio infatti è segno di gloria: splende, riluce al di fuori; ma deve trattarsi di gloria buona, di gloria vera, sicché l’olio rimanga dentro, rinchiuso nei suoi vasi. Ascolta che vuol dire essere nei vasi: Si esamini pertanto ogni uomo, e allora avrà gloria in se stesso e non in altri 44Che significa quindi essere nei suoi vasi? Ascolta ancora l’Apostolo: Questa è la nostra gloria: la testimonianza della nostra coscienza 45.

Trattarsi con severità per ottenere misericordia.

14. Finalmente, siccome pur essendo nel corpo di Cristo porti in te una dose di mortalità, sii giusto con te stesso e in te stesso. Sei peccatore: ebbene, ripara la tua colpa. Torna dentro la tua coscienza, imponiti un castigo, mortificati. In questa maniera offri un sacrificio a Dio. Un peccatore diceva: Se tu avessi gradito il sacrificio, te l’avrei dato, ma tu non provi gusto per gli olocausti 46E allora? Non accetterà alcun sacrificio? Sacrificio [gradito] a Dio è uno spirito contrito; un cuore affranto e umiliato Dio non disprezza 47Umilia il tuo cuore, spezzalo, mortificalo. In tal modo ti imporrai la pena usandoti compassione. Se infatti sarai intransigente con te stesso, non è perché ti odii. Sebbene nella parte che hai da correggere tu sia ancora peccatore, in quanto ti correggi sei giusto; sebbene nella parte che ti dispiace tu sia iniquo, in quanto questo essere iniquo ti dispiace sei giusto. Vuoi toccare con mano che davvero sei giusto? Rifletti come a te dispiace la stessa cosa che dispiace a Dio. Sei già d’accordo con la volontà di Dio, in quanto odii in te non quel che Dio ha creato ma quello che Dio ha in odio. Odiando in te il male che hai commesso – cosa che fa anche Dio pur non avendolo causato – hai cominciato a trattarti con severità, e per questa tua severità Dio ti userà misericordia. Non essendoti tu sottratto alla pena, egli ti lascerà impunito. Per un lato quindi sei gradito ai suoi occhi: in quanto cioè provi gusto nella sua legge, riprendi in te stesso quanto la sua legge vi riprende e ti dispiace di trovare in te cose che dispiacciano anche agli occhi di Dio. Da tutto questo puoi arguire che già sei giusto. Dall’altro lato però ti senti incline al male e fai cose che dispiacciono a Dio: fragile e debole nella tua condizione umana, in tali cose cadi facilmente; rivestito di carne con le sue debolezze, gemi consapevole della lotta che sostieni. Sotto questo aspetto sei dunque iniquo e peccatore.

Ti dispiaccia d’essere deforme.

15. Obietterai: Ma come potrò essere per una parte giusto e per un’altra peccatore? Cosa mai ci racconti? Stentiamo [a capirlo]: sembrerebbero affermazioni fra loro contrastanti. Ma ecco venirci incontro l’autorità dell’Apostolo. Ascolta quanto egli dice, e non rimproverarmi d’aver capito male. Dice: Secondo l’uomo interiore provo gusto per la legge di Dio 48Ecco il giusto. O che non sia giusto uno che prova piacere nella legge di Dio? Ma allora come potrà essere peccatore? Vedo nelle mie membra un’altra legge, che contrasta con la legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato 49. Sono tuttora in guerra con me stesso; non sono ancora totalmente riformato secondo l’impronta del mio Creatore. Ho cominciato ad essere scolpito di bel nuovo e, da quel lato che sono stato restaurato, provo dispiacere per quanto resta ancora in me di deforme. Cosa dunque spero finché sono così? O uomo infelice che sono! chi mi libererà dal corpo di questa morte? La grazia di Dio per opera del nostro Signore Gesù Cristo 50La grazia di Dio ha cominciato a scolpire la nuova immagine, la grazia di Dio infonderà in te la dolcezza per cui nell’uomo interiore proverai gusto per la legge di Dio. Ciò che ti ha parzialmente risanato ti darà la salute completa; intanto però, siccome sei ancora ferito, gemi, castìgati e prova dispiacere di te stesso.

Castigare il proprio corpo.

16. Dice [Paolo]: Non faccio del pugilato come uno che dia colpi nell’aria; ma tratto duramente il mio corpo e lo tengo sottomesso come uno schiavo, affinché non succeda che, dopo aver predicato agli altri, io risulti disapprovato 51Chi castiga il suo corpo, forse che lo odia? È come quando uno castiga il servo: forse che lo odia? E se un padre picchia suo figlio, forse che lo odia? Ma, riferendoci a un’unione ancora più intima, la tua carne è per te una specie di coniuge. Lo afferma lo stesso Apostolo: Nessuno ha mai avuto in odio la sua carne, ma la nutre e custodisce, come anche Cristo [fa con] la Chiesa 52Certo, la tua carne è per te come una sposa e nessuno odia la propria carne. Eppure cosa dice in un altro passo? La carne ha desideri contrari a quelli dello spirito, e lo spirito desideri contrari a quelli della carne 53.È come una tua sposa, eppure ha brame contrastanti con te. Amala quindi e insieme castigala, finché non si sia redintegrata l’unità e nell’unità non si ottenga la concordia. E quando sarà questo? Non adesso, poiché adesso gridi: O uomo infelice che sono! chi mi libererà dal corpo di questa morte? 54 Ma forse che un giorno quando questo corpo si separerà da te, allora sarai sicuro? Peraltro che senso hanno le parole: Gemiamo in noi stessi, in attesa dell’adozione, della redenzione del nostro corpo 55? Sì, esso sarà redintegrato passando dallo stato di mortalità a quello d’immortalità, e allora non opporrà più alcuna resistenza, perché non ci sarà più la mortalità a resistere. Castiga dunque il tuo corpo; domalo adesso per recuperarlo nell’aldilà; lascialo venir meno affinché nell’eternità sia valido. Nella vita presente infatti, finché si porta l’elemento mortale, non è possibile che sia redintegrato. Non farti disarcionare, non permettere rotture! Reggilo, trattalo con severità, castigalo: alla fine sarà redintegrato. E siccome è vero che nessuno ha mai avuto in odio la propria carne, anche la carne risorgerà. Ma in qual maniera? Dovrai forse lottare anche allora? Dice: Bisogna che questo corpo corruttibile si rivesta d’incorruzione e questo corpo mortale si rivesta d’immortalità 56.

Disprezzare le lodi degli adulatori.

17. Dice dunque: Mi riprenderà e mi sgriderà. Chiunque sia ad intervenire, fratello, amico, vicino o anche tu stesso, nella riprensione e nel castigo si deve agire con carità. Ma l’olio del peccatore non ungerà la mia testa. Mi dirai: Ma cosa ho da fare? Gli adulatori debbo per forza sorbettarmeli, poiché mai cessano di baccagliare. Mi lodano per cose di cui non vorrei essere lodato, per cose che per me non rappresentano niente, mentre mi rinfacciano quello che mi sta a cuore. Adulatori, menzogneri, ingannatori. Che grand’uomo – per fare un esempio – quel Gaio o quel Seio! Grande, istruito, saggio: ma perché farsi cristiano? In effetti grande è la sua cultura, grande la conoscenza in fatto di lettere, grande la sua saggezza. Se grande è la sua saggezza, approva l’essersi convertito al cristianesimo; se grande è la sua cultura, avrà certo scelto con cognizione di causa. In fine, il fatto stesso che tu lo disapprovi fa piacere alla persona da te lodata. Ma cosa dire? Le sue lodi non ti debbono rammollire: è olio del peccatore. Ma se non la smette con le sue ciance! Che la tua testa non si lasci ingrassare: cioè non godere per tali elogi, non accettarli, non consentire, non congratularti come di un successo. Lasciagli pur versare su di te l’olio dell’adulazione: la tua testa resti sana, non si gonfi, non si inorgoglisca. Se infatti questa tua testa si gonfierà per orgoglio, si appesantirà e finirà col precipitarti [nell’abisso]. Ma l’olio del peccatore non unga la mia testa.

Nessuno è esente da peccato.

18. Poiché ancora un poco e la mia preghiera [incontrerà] il loro beneplacito. Sappi attendere. Ora mi dileggiano, dice Cristo. Nei primi tempi del cristianesimo i cristiani erano dovunque malvisti. Aspetta ancora un poco la mia preghiera [incontrerà] il loro beneplacito. Verrà tempo in cui prenderanno il sopravvento le migliaia di persone che, battendosi il petto, diranno: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori 57Già ora quanta ce n’è rimasta di gente che si vergogni di battersi il petto? Lasciamoli dunque biasimare! sopportiamoli. Continuino pure a biasimarci, a odiare, ad accusare e a calunniare. Ancora un poco e la mia preghiera[incontrerà] il loro beneplacito. Verrà tempo in cui la mia preghiera piacerà a loro. Si solleveranno infatti, quasi fossero giusti per le loro risorse, ma saranno sopraffatti nella lotta. E siccome si sono innalzati per superbia, saranno precipitati a terra: incatenati dal peccato, constateranno d’essere iniqui e così si adempiranno le predizioni fatte dai profeti. Convinceranno a temere il giudizio e con l’acume della [loro] anima si volgeranno a se stessi prendendo coscienza dei propri peccati, e tornerà loro gradita la preghiera: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Oh, la filastrocca di chi difende l’iniquità! Son cose, queste, che popolazioni intere già dicono, né mai s’interrompe il fragore delle moltitudini che si battono il petto. È proprio vero che emettono tuoni le nubi nelle quali abita Dio. Dov’è andata a finire quella logorrea, quella sicumera [che faceva dire]: Sono giusto, non ho fatto nulla di male? Effettivamente, se ti fermi a guardare la norma di giustizia che ti vien data dalle sacre Scritture, per quanti progressi abbia tu fatti, ti riscontrerai [sempre] peccatore. Hai certamente fatto progressi adorando l’unico Dio. Benissimo! Inoltre non ti permetti nessuna di quelle fornicazioni che, abbandonando lui, ti fan ricorrere agli idoli, agli indovini, ai maghi, agli aruspici, agli auguri, agli stregoni. Tutto questo infatti sarebbe un fornicare dal Signore Dio, mentre tu ormai sei annoverato fra le membra di Cristo. Ebbene, comincia ad osservare quanti peccati [commetti per essere] della famiglia umana. Tu non uccidi, non commetti adulterio con la moglie altrui, non ti rendi ingiusto con tua moglie frequentando altre donne, non ti disonori con nessun’altra sorta di aberrazioni e sudicerie. Trattieni le mani dal rubare, la lingua dagli spergiuri, il cuore dal desiderare la roba del tuo prossimo. Sei insomma un uomo ormai giusto. Bada però anche al resto: non insuperbirti! È proprio vero che non commetti alcun peccato di lingua? che non ti escono parole sgarbate? Ma che male c’è?, dirai. Che male c’è? Chi avrà detto al suo fratello: Stupido!, sarà meritevole del fuoco della geenna 58Ecco che tutta l’alterigia di prima comincia a traballare. Sì, è vero che lui non fa assolutamente nulla per cui Dio venga bestemmiato a causa di una qualsiasi empietà (così almeno sembra): non si scaglia contro il prossimo per danneggiarlo, non fa al suo simile ciò che a lui stesso non piace ricevere. Ma, riguardo alla lingua, chi riesce a domarla? Tuttavia voglio ammettere che tu sia riuscito anche a frenare la lingua, sebbene chi è così provetto da aver raggiunto in questo l’assoluta perfezione? Ammettiamo comunque che tu l’abbia frenata: ma come la metterai con i tuoi pensieri? come la metterai con il cumulo tumultuoso dei tuoi desideri ribelli? Non li fai dominare sulle tue membra. Lo credo, anzi lo vedo. Tuttavia non di rado i pensieri ti piegano [a sé] e ti distraggono da te, e questo, almeno di frequente, quando stai in ginocchio a pregare. Ti prostri col corpo, chini la testa confessando i peccati e adorando Dio. Eppure, mentre vedo dov’è disteso il corpo, cerco dove vada svolazzando il cuore. Vedo le membra stese per terra: ebbene, vediamo un po’ se stia ferma la mente, se sia fissa a contemplare colui che adora, o non, piuttosto, se il più delle volte non si lasci distrarre dai suoi pensieri, come da marosi, e dalla tempesta non venga sospinta di qua e di là. Fa’ conto che tu ora stia parlando con me. Se improvvisamente ti volgessi al tuo servo, piantando in asso me, da cui non dico t’eri recato per chiedere un qualche favore ma col quale parlavi da pari a pari, non dovrei io considerare il tuo gesto come un’offesa? Eppure, è proprio quello che tu ogni giorno fai con Dio. Ma di chi sto ora parlando, fratelli? Di uno che adora l’unico Dio, che professa la fede in Cristo, che sa come l’unico Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo, e non lo tradisce deviando dal suo servizio, non adora i demoni, non ricorre al diavolo in cerca d’aiuto, ma si tiene fedele alla Chiesa cattolica. È uno sul conto del quale nessuno si lagna per essere stato defraudato, uno che non ha mai oppresso il suo vicino più debole sì da farlo gemere, uno che non tenta la moglie altrui ma si contenta della propria, che anzi non usa nemmeno della propria, regolandosi su quel che è lecito e corrisponde alle concessioni disciplinari fatte dall’Apostolo, cioè quando c’è l’accordo di tutt’e due le parti 59, o quando non ha ancora contratto definitive nozze. Ecco, uno è così spirituale, eppure si trova imbrigliato nelle miserie che elencavo sopra.

Cristo e le filosofie del paganesimo.

19. [v 6.] Giunge dunque il tempo di cui è detto: Ancora un poco e la mia preghiera [incontrerà] il loro beneplacito. Lo dice della preghiera da lui insegnata o di quella che, come nostro avvocato, eleva per noi. E in verità, in tutti questi peccati quotidiani dove troveremmo la nostra speranza se non nel ripetere con umiltà di cuore la preghiera insegnataci dal Signore, che ormai incontra il nostro beneplacito? Non scuseremo quindi i nostri peccati ma confesseremo: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori 60Così avremo per avvocato presso il Padre Gesù Cristo, il giusto, e sarà lui la vittima di propiziazione dei nostri peccati 61. Parlino pure adesso quanto vogliono i superbi: sono superati dal numero, dalla moltitudine dei popoli. Tutta la terra da oriente a occidente loda il nome del Signore. Cosa resta da fare a quel minuscolo gruppo che si accanisce a sostenere dottrine contrarie? Sono giudici di gente empia. A te cosa interessa? Vedi come continua [il salmo]: Sono stati inghiottiti accanto alla pietra i loro giudici. Che significa: Sono stati inghiottiti accanto alla pietra? E la pietra era Cristo 62. Sono stati inghiottiti accanto alla pietra. Accanto, cioè furono confrontati [con tal pietra] i [loro] giudici, vale a dire i grandi, i potenti, i dotti, poiché è a costoro che si dà il nome di giudici del popolo, essendo le persone qualificate nel giudicare i costumi e formularne le norme. Così ha detto Aristotele. Avvicinalo alla Pietra e lo vedrai [da questa] inghiottito. Chi è Aristotele? Fategli ascoltare cosa abbia detto Cristo e comincerà a tremare anche nel sepolcro. Così ha detto Pitagora, così Platone. Avvicinali alla Pietra: confronta la loro autorità con l’autorità del Vangelo; confronta questi boriosi con il Crocifisso. Diciamo loro: Voi avete stampato i vostri libri nel cuore di uomini superbi; lui ha piantato la croce nel cuore dei re. E, finalmente, egli è morto ma è risuscitato; voi siete morti ma come risorgerete non voglio nemmeno domandartelo. Sì, sono stati inghiottiti accanto aquesta pietra i loro giudici. Il loro dire sembra avere un certo contenuto, ma solamente finché non vengono confrontati con la Pietra. Di conseguenza, se si riscontra che qualcuno di loro abbia detto le stesse cose che ha detto Cristo, noi ce ne rallegriamo ma non diventiamo suoi seguaci. Ma quel filosofo è stato anteriore a Cristo! E con questo? uno che dice il vero sarà da prima della verità? O uomo, non fermarti a guardare Cristo nel momento che è venuto incontro a te; guardalo quando ti creava. Anche il malato potrebbe dire: Io mi son messo a letto prima che arrivasse il medico. Si capisce! Prima tu cadesti; successivamente, a seguito della tua caduta, è venuto lui.

Temono gli idolatri, trionfano i martiri.

20. Osservate quindi il testo del salmo: Ancora un poco e la mia preghiera [incontrerà] il loro beneplacito. Molti però si leveranno a contraddire; sono stati inghiottiti accanto alla pietra i loro giudici. E cosa succederà? Ascolteranno le mie parole perché hanno prevalso. Sulle parole loro hanno prevalso le mie parole. Essi hanno parlato con molta eloquenza su certi argomenti, ma io ho detto la verità, e una cosa è lodare l’uomo perché facondo, un’altra lodarlo perché è veritiero. Ascolteranno le mie parole perché hanno prevalso. In che senso hanno prevalso? Chi di loro è stato sorpreso mentre sacrificava – cosa proibita dalle leggi vigenti – e non l’ha negato? Chi di loro è stato sorpreso ad adorare gli idoli e non s’è messo a gridare: Non è vero, temendo però che qualcuno portasse delle prove irrefutabili? Ecco quali ministri aveva il diavolo. In che senso, al contrario, han prevalso le parole del Signore? Ecco, io vi mando come agnelli fra i lupi. Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può mandare nella geenna di fuoco e l’anima e il corpo 63Incute timore, alimenta la speranza, infiamma la carità. Dice: Non temete la morte. Temete forse la morte? Ecco, muoio io per primo. Temete che vada perduto qualche capello della vostra testa? Per primo io risorgo nella carne e risorgo tutto intero. Per forza dovevate udire le sue parole e com’esse abbiano prevalso. Parlavano e venivano uccisi; cadevano ma sì rialzavano. E dall’uccisione di tanti martiri cosa è derivato se non che le parole di Cristo prevalessero e, quasi che la terra fosse irrorata dal sangue dei testimoni di Cristo, germogliasse dovunque [nel mondo] la messe della Chiesa? Dice: Ascolteranno le mie parole perché hanno prevalso. In che modo hanno prevalso? L’abbiamo già detto: in quanto vengono predicate da gente impavida, da gente che non teme né l’esilio, né la perdita dei beni, né la morte, né la croce. Non soltanto la morte ma nemmeno la croce, genere di morte più d’ogni altro abominevole. Ma il Signore prese su di sé la croce affinché i discepoli non solo non temessero la morte ma non rifuggissero nemmeno da quell’orrendo genere di morte. In quanto dunque pronunziate da persone impavide le parole di Cristo hanno prevalso.

Dal sangue dei martiri la fecondità della Chiesa.

21. [v 7.] Ebbene, che ne venne dall’uccisione di tutti quei martiri? Cosa ne conseguirono [gli uccisori]? Ascolta! Come il concime della terra si sparge sopra la terra, cosìle nostre ossa sono state sparpagliate presso i sepolcri. Presso i sepolcri furono sparpagliate le ossa dei martiri, cioè le salme dei testimoni di Cristo. I martiri furono uccisi e si direbbe che gli uccisori prevalsero [su di loro]. Se però costoro prevalsero perseguitando, fu perché prevalessero le parole di Cristo predicate [dai martiri]. Cosa avveniva infatti quando i santi erano uccisi? Come il concime della terra si sparge sopra la terra, così le nostre ossa sono state sparpagliate presso i sepolcri. Che significa: Il concime della terra si sparge sopra la terra? Sappiamo che concime della terra è ogni sorta di rifiuti. I rifiuti dell’uomo rendono fertile il terreno. E in effetti c’è un salmo in cui, dei santi uccisi, si dice che giacquero senza che alcuno li seppellisse 64. Ma la morte di tutti questi santi è diventata concime della terra. Come la terra riceve l’umore che la fertilizza da cose spregevoli quali i rifiuti, così da ciò che il mondo presente disprezzava la terra è stata concimata, e più copiosa è spuntata dal suolo la messe della Chiesa. Voi infatti sapete, fratelli, che si tratta di cose banali di questa terra (sebbene siano esse a rendere fertile la stessa terra), per cui io non vorrei neppure nominarle, non essendo di buon gusto. Ma in queste cose c’è un nutrimento per la terra, come una sorta di grasso. Gli uomini le trovano stomachevoli e quasi sporche e le buttano via. Ma costui cosa ne ha fatto? Mi sia consentito dirvelo con le sue stesse parole. Ha innalzato il misero dalla terra, ha sollevato il povero dal letamaio per collocarlo insieme con i principi, con i principi del suo popolo 65. Eccolo là buttato in terra; come concime della terra, è sparso qua e là sulla superficie del campo. Pensate a quel Lazzaro: era disteso a terra coperto di ulceri, eppure fu dagli angeli elevato fino al seno di Abramo 66Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi santi 67. Quanto è spregevole per il mondo, altrettanto è preziosa per l’agricoltore, il quale sa quanto sia utile e qual nutrimento ferace possegga: sa cosa esigere e cosa scegliere perché ne provenga un raccolto abbondante. Anche se il mondo presente la disprezza. Non sapete che Dio ha scelto le cose spregevoli del mondo e le cose che non sono, quasi che fossero, per rendere inefficaci le cose che sono 68? Furono sollevati dal letamaio Pietro e Paolo, i quali, quando furono uccisi, erano oggetto di disprezzo, ma ora che la terra è stata ingrassata dal loro martirio, ne spunta fuori una messe [copiosa] per la Chiesa. Ecco una realtà sublime e straordinaria [succedere] in questo mondo: un generale vittorioso torna a Roma, e dove si dirige per primo? al tempio dell’imperatore o al sepolcro del Pescatore? Tant’è vero checome il concime della terra si sparge sopra la terra, così le nostre ossa sono state sparpagliate presso i sepolcri.

22. [v 8.] Poiché a te, Signore, [son rivolti] i miei occhi: in te ho sperato; non togliermi la mia anima. Furono sottoposti a numerosi tormenti durante le persecuzioni e molti cedettero. In relazione alla prigionia sofferta durante le persecuzioni aveva detto: Come il concime della terra si sparge sopra la terra, così sono state sparpagliate presso i sepolcri le nostre ossa. Gli viene ora in mente che molti vennero meno nella prova e molti furono in pericolo di cedere, e, come se si trovasse in mezzo alla prova della persecuzione, gli esce quella voce implorante: A te, Signore, [son rivolti] i miei occhi. Non curo le minacce di chi mi attornia; i miei occhi [son rivolti] a te, Signore. Fisso lo sguardo più sulle tue promesse che non sulle loro minacce. So infatti cosa tu abbia sofferto per me e cosa mi abbia promesso: A te, Signore, [son rivolti]i miei occhi: in te ho sperato; non togliermi la mia anima.

23. [v 9.] Preservami dalla trappola che mi hanno preparato. Qual era la trappola? Se consenti, ti lascio libero. Sulla trappola c’era un’esca, la vita presente. Se l’uccello ama quest’esca cade nella trappola; se invece ha le risorse per dire: E il giorno dell’uomo non ho bramato, tu lo sai 69, allora i suoi occhi non si distolgono da Dio, e Dio libererà dal laccio i suoi piedi 70Preservami dalla trappola che mi hanno preparato e dagli scandali di coloro che commettono l’iniquità. Menziona due cose, che occorre distinguere l’una dall’altra. Dice che i persecutori gli hanno preparato una trappola, mentre una serie di scandali gli è stata causata da coloro che, cedendo [al persecutore], hanno apostatato. Dai due [mali] vuol essere preservato. Da un lato c’è chi si accanisce minacciando, dall’altro il pericolo di scivolare consentendo. Temo che l’uno sia davvero tale da far paura, temo che l’altro sia uno da lasciarsi imitare. Ecco cosa ti faccio se non consentirai; preservami dalla trappola che mi hanno preparato. Ecco che tuo fratello ha consentito. E [preservami] dagli scandali di coloro che commettono l’iniquità.

La negazione di Pietro.

24. [v 10.] Cadranno nelle sue reti i peccatori. Cosa significheranno mai, o fratelli, le parole: Cadranno nelle sue reti i peccatori? Ma non tutti i peccatori. Nella trappola cadono solo quei peccatori che si rendono colpevoli al punto da innamorarsi della vita presente e da anteporla alla vita eterna. Ma cosa dici? Credi sul serio che [solo] costoro cadano nelle sue reti? Cosa dire allora dei tuoi stessi discepoli, o Cristo? Ecco, quando divampò la persecuzione, ti abbandonarono tutti lasciandoti solo e se ne andarono ciascuno per la sua strada 71. Tu lo avevi previsto e predetto; ma non perché l’avevi predetto tu fosti responsabile del fatto, come neppure fosti tu a rinnegare te stesso per bocca di loro. Comunque, ecco anche i tuoi più intimi vennero meno nella prova e nella persecuzione che t’incolse, quando cioè i tuoi nemici ti cercavano per crocifiggerti. Ce ne fu uno più audace il quale ti assicurò che sarebbe stato con te fino alla morte; tuttavia, essendo malato, gli toccò udire dal medico cosa maturava nel suo interno. Era infatti febbricitante e si diceva sano, mentre il medico gli tastava il polso. Venne quindi la tentazione, venne la prova; ed egli fu posto sotto accusa. Fu interrogato non da un grande dignitario ma dall’ultimo degli schiavi, anzi delle schiave. Interrogato da una servetta, fece un capitombolo: rinnegò tre volte. Negò una volta, ma, richiamatogli alla mente [il suo dire], negò di nuovo; e dopo la seconda negazione, richiamatogli ancora alla mente [quanto detto prima], negò per la terza volta. Così aveva predetto il Signore: predetto, non comandato, non costretto. O se c’è qualcuno che pensi essere retto il comportamento di Pietro in quanto il Signore aveva predetto la cosa, anche Giuda avrebbe allo stesso modo agito bene, perché anche il suo tradimento era stato predetto dal Signore. Lungi dal pensarlo, miei fratelli! Queste affermazioni starebbero bene sulla bocca di quegli ” eletti ” che, invece di confessare i propri peccati, li difendono. Badiamo piuttosto al comportamento di Pietro. Se non avesse peccato, perché mettersi a piangere? Nei riguardi di Pietro non indaghiamo altro fuorché le lagrime di Pietro. Su di lui nessun’altra testimonianza troveremmo che sia più fedele [di quelle lagrime]. Dice: Pianse amaramente 72. Non era in grado di affrontare la passione; difatti gli era stato detto: Mi seguirai più tardi 73. Ma sarebbe diventato robusto fra poco, quando la resurrezione del Signore gli avrebbe somministrato la forza.

I discepoli prima e dopo la Pasqua.

25. Non era quindi ancor giunta l’ora che quelle ossa venissero sparse attorno ai sepolcri. Vedete infatti quanti defezionarono: anche i più ragguardevoli: coloro stessi che vedevamo pendere dalle sue labbra, anche loro vennero meno. Perché questo? Io sono solitario finché non passerò. Così infatti continua il salmo. Aveva detto prima:Preservami, Signore, dalla trappola che mi hanno preparato e dagli scandali di coloro che commettono l’iniquità. Dalla trappola e dagli scandali 74: da chi cioè vuole spaventarmi e da chi è caduto. Ma durante la sua passione sarebbero venuti meno anche i notabili, coloro che sarebbero stati i capi della Chiesa e le colonne della terra, poiché non s’erano ancora realizzate le parole di quell’altro salmo: Io ho rafforzato le sue colonne 75. Che significa: Io sono solitario finché non passerò? È un’espressione posta in bocca al Capo. Io sono solitario finché non passerò. Che significa: Solitario? Durante la passione tu patirai da solo: tu solo sarai ucciso dai nemici.Io sono solitario finché non passerò. E finché non passerò, cosa significa? Lo dice l’Evangelista: Essendo venuta l’ora per Gesù di passare da questo mondo al Padre 76. Che significa dunque: Finché non passerò, se non: Passerò da questo mondo al Padre? Difatti le sue colonne, cioè le colonne della terra, furono consolidate quando nella mia resurrezione appresero in maniera incontrovertibile che la morte non dev’essere temuta. Dunque: Io sono solitario finché non passerò; quando invece sarò passato mi moltiplicherò: molti mi imiteranno, molti soffriranno tormenti per il mio nome. Son quindi solo finché non sia passato; dopo che sarò passato, molti in me formeranno un solo uomo. Io sono solitario finché non passerò. Porgete l’orecchio anche al mistero della parola che usa. Secondo la terminologia greca, infatti, Pasqua sembrerebbe significare ” passione “, poiché il verbo  corrisponde a ” patire “. Tuttavia stando all’ebraico, come hanno tradotto gli esperti, Pasqua vuol dire ” passaggio “. Inoltre, se ponete agli stessi greci una domanda precisa, vi risponderanno che Pasqua non è parola greca. Ha, veramente, col verbo  cioè patire, una certa assonanza, ma non deriva da tale radice. Passione infatti in greco si dice , non Pasqua. Stando quindi al parere degli esperti (che son poi coloro che ci han tradotto il testo che leggiamo), Pasqua vuol dire ” passaggio “. Per questo, all’avvicinarsi della passione del Signore, l’Evangelista, come per usare la parola più propria, dice: Essendo giunta per Gesù l’ora di passare da questo mondo al Padre. Così anche nel nostro verso c’è un’eco della voce Pasqua: Io sono solitario finché non passerò. Dopo la Pasqua non sarò più solitario, dopo il passaggio non sarò più solitario. Molti mi imiteranno, molti mi seguiranno. E se lo seguiranno, cosa succederà? Io sono solitario finché non passerò. Cosa significano le parole dette dal Signore nel nostro salmo: Io sono solitario finché non passerò? Cosa significa quanto abbiamo esposto? Se l’abbiamo compreso, poni mente alle parole che egli dice nel Vangelo. In verità, in verità vi dico – così lui – se il chicco di frumento caduto per terra non muore, rimane solo; se invece muore, porta molto frutto 77. Diceva queste parole nella stessa pagina dove diceva: Quando sarò sollevato da terra attirerò tutto a me. Diceva dunque: Se il chicco di frumento caduto per terra non muore, rimane solo; se invece muore, porta molto frutto 78. In conclusione, quel granello doveva produrre molta messe; ma aspetta! occorre che muoia ancora, poiché il grano, se non cade in terra e non muore, rimane solo.

Cristo, primo fra i martiri.

26. Dunque, prima che fosse ucciso era solo. Per lo stesso motivo anche Pietro non aveva forza sufficiente. Di lì a poco avrebbe ricevuto le forze necessarie per seguire Cristo, mentre prima, quando voleva precederlo, non le aveva 79. Nessuno infatti, prima che morisse Cristo, ha affrontato la morte per Cristo, cioè per la confessione del nome di Cristo, per cui siamo cristiani. Non so se a voi risulti diversamente. Molti, è vero, morirono [prima di Cristo] e sono martiri; molti profeti hanno subito uguali tormenti. Tuttavia non morivano perché preconizzavano Cristo, ma perché rinfacciavano alla gente i peccati commessi e si opponevano con franchezza alla loro malizia: e quindi sono annoverati fra i martiri. Giustissimo! poiché, se non furono uccisi per la confessione del nome di Cristo, furono uccisi per la causa della verità. Sta di fatto, però, che per il nome di Cristo, cioè per la confessione del nome di Cristo, nessuno morì prima che cadesse in terra quel granello in riferimento al quale era stato detto: Io sono solitario finché non sarò passato. Ciò è tanto vero che nemmeno Giovanni, ucciso poco prima e dato in premio dal re malvagio alla ragazzetta ballerina, nemmeno lui – dico – fu ucciso per aver confessato Cristo 80. Certo, poteva essere ucciso anche per questo motivo e da molti. Se infatti fu ucciso da un solo [nemico] per un motivo diverso [da Cristo], quanto più avrebbero potuto ucciderlo per la causa di Cristo quegli stessi che uccisero Cristo? Giovanni infatti rendeva testimonianza a Cristo; eppure coloro che ascoltavano Cristo, mentre volevano uccidere Cristo stesso, non cercavano di uccidere il suo testimone. È certo comunque che, se avessero aggredito Giovanni perché fedele a Cristo, egli non l’avrebbe rinnegato. C’era infatti in lui una fortezza straordinaria, per cui meritò il nome di amico dello Sposo 81. Grande in lui la grazia, sublime la dignità. Tra i nati di donna non è sorto alcuno maggiore di Giovanni il Battista 82. In conclusione, si lascia assalire uno che non ha abbastanza forze: si lascia assalire Pietro; si risparmia Giovanni. E la forza di Giovanni la riceverà anche Pietro, ma più tardi: allora era debole. Comunque, viene posto a interrogatorio sul nome di Cristo colui che non ha forze, mentre colui che avrebbe avuto forze non subisce persecuzioni per la causa di Cristo, affinché nel patire per il nome di Cristo non avesse a precedere lo stesso Cristo. I giudei non uccidono colui che liberamente rendeva testimonianza a Cristo, il quale sarà appunto ucciso dai giudei. Lo uccide Erode, perché Giovani gli diceva: Non ti è lecito avere [in moglie] la moglie di tuo fratello 83. Non si trattava infatti del caso d’un fratello morto senza prole. Viene ucciso per la legge della verità, per l’imparzialità, per la giustizia. Per questo è santo, è martire. Tuttavia egli non è stato ucciso per la confessione di quel nome per cui noi ci diciamo cristiani. Perché questo se non perché si dovevano adempire le parole: Io sono solitario finché non passerò?.